lunedì 18 gennaio 2010

Le lectio del prete Carmine Miccoli

Giovanni 2,1-11

Note di esegesi per la comprensione del testo

Il brano di oggi è una vera e propria perla evangelica, una miniera inesauribile di
simboli e signifcati. Esso offre una visione prospettica sulla nuova Alleanza, alla
luce e come compimento di quella antica: la memoria di ciò che è stato diventa
alimento del desiderio di ciò che sarà e che la Parola rende già presente.
La liturgia e la tradizione interpretativa riducono il testo al tema generale delle
«nozze di Cana», indirizzando il senso del testo nella direzione della celebrazione
del matrimonio-sacramento. In questo modo si fa «eis-egesi», cioè si «mette dentro
» al testo un signifcato e un senso che il testo non ha e non intende avere; è
una violenza al testo e alla intenzione dell’autore. Al contrario, la nostra lettura è
«es-egesi»: cioè dobbiamo interrogare il testo per «trarne fuori» il senso e il signifcato,
nella fedeltà creativa alla mente dell’autore.
Come accade sempre nel vangelo di Gv, anche nel racconto delle nozze di Cana
ci troviamo di fronte a due livelli di lettura: quello letterale e quello profondo, che
dobbiamo scoprire oltre l'ovvietà delle parole. Il primo livello è presto liquidato,
perché si tratta di uno sposalizio come tanti, cui viene invitato Gesù con i suoi discepoli
e sua madre. Il testo non dice il motivo di questo invito, se per ragioni di
parentela o già per la fama del giovane rabbì. Al tempo di Gesù, il matrimonio si
svolgeva sempre di martedì, perché secondo la Mishnàh1 il matrimonio va celebrato
«il 3° giorno» dopo il sabato, per due motivi: 1. nel 3° giorno della creazione
(Gen 1,9-13), Dio riserva due benedizioni, una alla creazione della terra e l'altra
alla creazione dei germogli fecondi della terra; questo giorno di fecondità è il
giorno più adatto per celebrare la fecondità dei fgli e delle fglie d’Israele; 2. nel
3° giorno, il Signore si è manifestato sul Sinai ai fgli/e d’Israele per dare loro la
Legge (cf. Es 19,10-11.16). Come YHWH, lo Sposo, si lega alla sua sposa, Israele,
mediante la Legge data nel 3° giorno, così, a imitazione di Dio, anche i fgli/e d’Israele
che acquistano una sposa 2.
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1 Cf. Kethuboth, 1. Per la complessa questione della datazione e le varie interpretazioni, cf.
R. BROWN, Giovanni, I,125-126.
2 Per i due dati, cf. F. MANNS, Il Giudaismo, 85; Jésus, 72. Un altro motivo, di ordine pratico,
che imponeva la scelta del martedì, era il fatto che il tribunale si riuniva il giorno dopo,
per cui era possibile accedervi subito dopo la prima notte di nozze, in caso che la sposa
non fosse stata trovata vergine. Per la questione del computo del ‘terzo giorno’ nel contesto
di Gv 1, cf. MATEOS-BARRETO, 133.
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Il 3° giorno è un tema che attraversa tutta la Scrittura3. Citiamo solo tre esempi:
1. in questo giorno Abramo sacrifcò Isacco (Gen 22,4); 2. Giona fu salvato dal pesce
(Gn 2,1)4; 3. la regina Ester si presentò ad Assuero per salvare il suo popolo
(Est 4,16; 5,1)5. Peccato che la lettura fatta nella liturgia toglie questo dato così
cruciale per un più generico “in quel tempo”!
Al tempo di Gesù il matrimonio non era solo una festa sociale, ma principalmente
un memoriale della storia della salvezza e nessun ebreo osservante poteva rifutare
un invito di matrimonio, perché era l’occasione per compiere la prima opera
di misericordia in ricordo di Dio che unì Adamo ed Eva. Partecipare al matrimonio
signifcava, dunque, imitare il comportamento di Dio. È importante sottolineare
questi aspetti per comprendere la dinamica con cui il IV Vangelo struttura il
racconto, all’interno della stessa cultura e mentalità6. Secondo l’usanza del tempo,
la sposa era «acquistata», nel senso nobile del termine, dallo sposo e trasportata
solennemente dalla casa del padre alla casa dello sposo. Sia la letteratura rabbinica
che i Padri della Chiesa giocano con il nome della cittadina «Cana», che è soggetta
ad alcune e suggestive interpretazioni perché in ebraico il nome signifca
«acquisto»: in questo senso il nome stesso sarebbe un indizio di senso7. Un altro
elemento che salta alla vista in queste nozze è la totale assenza della sposa, mentre
lo sposo è citato solo una volta (v. 9), in forma anonima, per essere rimprove-
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3 La versione dei LXX riporta l'espressione 27volte (cf. Gen 22,4; 34,25; 40,20; 42,18; Es
19,16, Lv 7,18; 19,7; Nm 7,24; 19,12.24; 29, 20; 31,19; Gdc 20,30; 1Re 30,1; 2Re 1,2; 3Re
3,18; 12,12.24; 3Re 20,5.8; 2 Cr 10,12; Est 5,1; 1Mac 11,18; Os 6,2, che parla espressamente
di risurrezione e salvezza); 2 volte si trova l’altra forma attributiva, più elegante, con un
solo articolo: «tei trìtei hemèrai» (Gen 31,22; 40,20).
4 Sulla descrizione fantasiosa, ma suggestiva, della permanenza di Giona nel ventre del pesce,
cf. MEIR GENTILI, SHLOMO BEKHOR (tradd.), Il libro di Giona, Milano 1996, 43 (commento a Gn 2,1, nota 1).
5 Secondo Ràshi, il 3° giorno coincideva con il 1° giorno di Pèsah: cf. Rav SHLOMO BEKHOR.
Meghillà di Estèr, Milano 1996, 31 (commento a 5,1, nota 1).
6 MANNS, Jésus, 71.
7 Secondo Es 19,5, con l’alleanza del Sinai Israele diventa «possesso, proprietà» di Dio,
aspetto che anche la tradizione giudaica mette in evidenza (Libro dei Giubilei 16,17; Midrash
Mekilta a Es 15,16). Dal canto suo, Origine interpreta il nome Cana con il signifcato di
«possesso», facendolo derivare dal verbo qanàh, che in aramaico signifca «proprietà»,
ben sapendo che «per Giovanni le parole geografche hanno spesso un senso teologico»
(F. MANNS, L’évangile de Jean à la lumière du Judaïsme, Jerusalem 1991, 99). Per K. HANHART, Gv in questo uso del toponimo s’ispirerebbe a Is 11,11 dove compare l’infnito costrutto leqinôt, “per acquistare”. Se questa ipotesi fosse vera si potrebbe anche stabilire un nesso nascosto tra «Cana-possesso» e «hòi ìdioi, i suoi» che è un altro flone proprio di Gv
(1,11.41; 4,44; 5,18; 10,3; 13,1; 15,19; cf. ID., Studies in John, Leiden 1970, 43). Secondo la
Mekilta ad Es 19,11 ogni israelita fu battezzato nell’acqua della purifcazione e gli furono
rimessi i peccati; tutti si purifcarono e lavarono le loro vesti prima della teofania al Sinai
(Es 19,1-2), così come tutti furono purifcati e lavati nelle acque del Mar Rosso (cf. Es
20,18).
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rato dal responsabile del banchetto perché non ha saputo valutare la quantità e la
qualità del vino. In poche parole lo sposo è accusato di superfcialità e pressappochismo.
Perché in un racconto di nozze sono assenti i due protagonisti, cioè la
sposa e lo sposo? Poiché in Gv nulla deve essere dato per scontato, bisogna capire
con attenzione il senso. I vangeli sinottici riportano ventinove miracoli di
Gesù; di questi, solo due sono ricordati dal IV vangelo: la moltiplicazione dei pani
e la camminata sulle acque. Al contrario, nel IV vangelo troviamo cinque miracoli
importanti, di cui non vi è traccia nei Sinottici, tra cui le nozze di Cana (2,1-11)8. Il
termine miracolo, però, è equivoco, perché noi lo intendiamo nel signifcato di fatto
che supera le leggi della natura. Ad eccezione del miracolo del paralitico di Betzata
(Gv 5,1-47), dove ricorre due volte il termine tecnico «èrga, opere», negli altri
quattro racconti Gv usa il termine «semèia, segni» (2,11; 4,48.54; 9,16; 11,47),
che è una chiave di lettura dell’intero IV vangelo. Il “miracolo” di Cana potrebbe
essere defnito come programmatico9 perché introduce al Vangelo, cioè alle opere
che Gesù fa e attraverso le quali manifesta la sua gloria, come dice espressamente
in 2,11, dove troviamo in relazione tre elementi: i segni, la gloria, la fede. Senza la
fede non si possono vedere i segni che Gesù opera e nello stesso tempo i segni
sono indizi che conducono a “vedere” la sua gloria.
L’espressione temporale iniziale «il terzo giorno»10 collega l’intero racconto a
quanto precede, strutturato nello schema settimanale che, sulla fligrana di Gen 1,
racconta la creazione secondo la tradizione sacerdotale. Ecco lo schema:
1,1 In principio... Lo schema «In principio...», seguito da sei
giorni, è un evidente richiamo allo schema
della creazione: le nozze di Cana, che concludono
questo schema nella prima parte di Gv,
sono l’annuncio della nuova creazione.
1,29 Il giorno dopo...
1,35 Il giorno dopo...
1,43 Il giorno dopo...
2,1 Il terzo giorno...
Le nozze di Cana sono collegate anche con ciò che segue, perché nel racconto
della guarigione del servo del centurione romano (Gv 4,46-54) si fa
espressamente riferimento all’acqua cambiata in vino a Cana. Se, poi, analizziamo
il racconto anche al suo contesto remoto, che per i primi cristiani era
inevitabilmente l’AT, il racconto delle nozze di Cana deve essere letto alla luce di
Es 19-24, dove viene descritto il dono della Toràh sul monte Sinai: Gv intende fare
quindi il parallelo tra Gesù e Mosè.
a. (Es 19, 3.20) Dio convoca (ekàlesen, chiamò) Mosè alla montagna;
(Gv 2,2) Gesù è invitato (eklêthe, fu chiamato) alle nozze.
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8 Gli altri quattro miracoli sono: la guarigione del fglio dell’uffciale a Cana-Cafarnao (Gv
4,46-54); la guarigione del paralitico di Betzatà (Gv 5,1-9 [1-47]); la guarigione del cieco
nato (Gv 9,1-7 [1-41]); la risurrezione di Lazzaro (Gv 11,33-44 [33-47]).
9 X. LÉON-DUFOUR, Lettura dell’Evangelo secondo Giovanni, Cinisello Balsamo 1990-1998,
1,292; R. FABRIS, Giovanni, Roma 1992, 211-212.
10 Nella forma greca, l’espressione «tei hemèrai tei trìtei» si trova in Gv una sola volta.
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b. (Es 19,25) Mosè scese (katèbe) dalla montagna (vv. 10. 21. 24);
(Gv 2,12) Gesù, dopo le nozze, scese (katèbe) a Cafarnao.
c. (Es 19,10) ordine al popolo di purifcarsi (aghnìzo) per due giorni;
(Gv 2,6) le sei giare di pietra sono per la purifcazione (katharisnòn).
d. (Es 19,8) il popolo farà tutto quello che YHWH ha detto;
(Gv 2,5) i servi devono fare tutto quanto Gesù dirà loro11;
e. (Es 19,9) Dio si manifesta nella densità della nube;
(Gv 2,11) Gesù manifestò la sua gloria.
f. (Es 24,12; 31,18; 34,1.4) Al Sinai Dio scrive la Toràh su tavole di pietre;
(Gv 2,6) a Cana vi sono sei giare di pietre che giacciono a terra.
g. (Es 19,9) la rivelazione di Dio ha anche come obiettivo credere a Mosè;
(Gv 2,11) con la rivelazione della gloria di Gesù, i discepoli credono in lui.
h. (Es 19,3.7.25) Mosè media tra Dio e il popolo;
(Gv 2,1.3.5) La madre-Israele, Maria, media il dono della nuova Alleanza.
In tutta la tradizione biblica l’alleanza è descritta come uno sposalizio tra Dio e il
suo popolo Israele descritto come una sposa12. Il Ct e da parte sua il midrash Cantico
Rabbà 2,4 equipara la Toràh al vino e il Sinai diventa la cantina dove Dio conserva
la Toràh-vino per la festa delle nozze messianiche13. In questo contesto
messianico di alleanza, la madre, i servi e le giare, oltre il loro senso storico proprio,
diventerebbero simbolo dell’antica Alleanza (tavole/giare di pietra) e rappresentanti
del popolo d’Israele e dell’umanità che guardano a Gesù come Messia e
liberatore. Nel brano domina il vino, che nella tradizione biblica è sinonimo di
gioia, di festa, come si legge nel Ct che tutta la tradizione giudaico-cristiana
interpreta allegoricamente come il canto dell’alleanza nuziale tra YHWH e il suo
popolo. In questo poema straordinario, il vino è citato 8 volte sempre in un
contesto erotico-amoroso, che trasporta la sposa-Israele verso lo Sposo-Dio
(1,2.4; 2,4; 4,10; 5,1; 7,3.10; 8,2). In particolare, al tempo di Gesù in sinagoga, il
Targum così commentava Ct 2,4: «L’Assemblea d’Israele disse: Il Signore mi fece
salire alla casa di studio della scuola del Sinai perché imparassi la Legge dalla
bocca di Mosè, il grande scriba14. E l’ordinamento dei suoi precetti accolsi su di
11 In Es 19,8, il popolo s’impegna prima a fare e solo dopo ad ascoltare tutto quanto
YHWH ordinerà, esattamente come in Gv 2,5 dove la madre ordina ai servi di «fare quello
che vi dirà» e i servi eseguono prontamente. Un altro sottofondo biblico illuminante a
riguardo è Gen 41,55, quando Faraone invia il suo popolo affamato da Giuseppe, dicendo
loro: «Tutto quanto egli vi dirà fate[lo]».
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12 Is 1,21; 62,5; 62,5: Ger 2,32; 3.1; Ez 16; 23; Os 1-3, ecc.
13 Cf. Ct Rabbà 2,12; cf. Nm Rabbà 2,3; Pr 9,5. In Gv 2,10 vi è un accenno a questa cantina,
quando l’arcitriclino rimprovera lo sposo di avere conservato il vino eccellente fno ad ora.
14 Sul Sinai come scuola, cf. Pirqè Avot (Massime dei Padri): «Mosè passò quaranta giorni sul
monte: e stava seduto davanti al Santo – benedetto Egli sia – come un discepolo sta seduto
davanti al suo maestro» (massime di R. Eliezer, XLVI).
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me con amore, e dissi: tutto quello che il Signore ha ordinato lo farò e
obbedirò».
Il tema del vino e della vigna ha anche una valenza messianico-escatologica (Is
55,1; Ger 2,24; Am 9,13-15; Zc 9,17), perché la venuta del Messia è vista come una
festa nuziale dove il vino abbonda in misura straripante (Am 9,13), mentre Isaia
descrive un sontuoso banchetto, senza eguali (Is 25,6-8; cf. 55,1)15. L’apocrifo dell’AT
Apocalisse di Baruc presenta la vigna come «l’albero che sedusse Adamo» e
che Dio maledì, strappando la vite e annegandola nel diluvio universale. Noè,
però, dopo il diluvio, piantò tutte le piante che trovò, compresa la vite, ma prima
di piantarla, memore della rovina del patriarca Adamo, chiese a Dio consiglio, e
questi gli suggerì di piantarla (4,15). Un altro apocrifo del II sec. a.C., il libro di Enoch,
anch’esso del genere delle apocalissi, prefgura l’era messianica come un tempo
di abbondanza strepitosa che descrive come una inondazione di vino (cf. Ireneo,
Contro le eresie, V, 33,3)16.
L’acqua cambiata in vino per la gioia è prefgurata dall’acqua del Nilo che è cambiata
in sangue per la morte (Es 4,9; cf. 7,14-25). Sulla croce, Gesù suderà acqua e
sangue e nel suo sangue laverà i fgli dell’antica e della nuova Alleanza. Con ogni
probabilità l’intero racconto deve mettersi in relazione anche ad Es 4, dove Dio
affda tre segni a Mosè prima di mandarlo allo scontro con il Faraone: il bastone
mutato in serpente, la mano divenuta lebbrosa e l’acqua mutata in sangue. Il senso generale
del racconto ci apre prospettive straordinarie per la fede e la testimonianza:
non si tratta tanto del matrimonio-sacramento, quanto della nuova Alleanza
che inagura i tempi nuovi nell’umanità di Cristo come ripresa e compimento
dell’Alleanza del Sinai che ora è restaurata e compiuta: la nuova umanità, noi,
siamo tutti invitati alle nozze di Dio con il suo popolo, che raccoglie tutti i popoli
di ogni tempo.
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15 Anche il Ct si proietta in un contesto messianico, quando la sposa conduce lo sposo
nella casa della madre, scena che il Targum commenta: «Io ti condurrò, o Re Messia, e ti
farò entrare nel mio Tempio; e tu m’insegnerai a temere il Signore e a camminare nelle
sue vie. Là ci nutriremo... e berremo il vino vecchio tenuto in serbo nei suoi grappoli fn
dall giorno che fu creato il mondo» (cf. Talmud di Babilonia Berakot 34b; Jlqut Chimoni a Gen
2,8). In Gv 2,10 l’arcitriclino rimprovera lo sposo con parole identiche.
16 P. SACCHI (a cura di), Apocrif dell’Antico Testamento, Milano 1990, I, 302-303.

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