sabato 30 ottobre 2010

Approfondiamo la Parola con la Parola - Tutti i Santi e le Sante

PAROLA CHE SI FA VITA

Alcuni brani biblici a commento della Parola domenicale:
ci aiutano ad accoglierla come avvenimento di salvezza nella nostra vita.

Chiamati ad essere santi in Cristo Gesù:
Efesini cc. 4 - 5; Colossesi 3; Ebrei 12 - 13

Santificati dallo Spirito di Gesù risorto:
Romani c. 8; 1Corinzi c. 12

Uomini e donne, primizie dell’Agnello:
Apocalisse 14,1-5; 15,1-11

Una città nuova, la Gerusalemme del Cielo
Apocalisse cc. 21 - 22

Una Comunità che celebra: Tutti i santificati in Gesù Cristo Risorto

GESU’, IL SANTO CHE TUTTI CI SANTIFICA


Narra un midrash ebraico che, dopo avere creato la terra, prima di creare l’uomo, al



crepuscolo del quinto giorno, Dio chiamò l’arcangelo Michele e gli ordinò di raggiungere


i quattro angoli della terra a nord, a sud, ad est e a ovest e di portargli un pizzico


di polvere da ogni angolo. Con quella polvere raccolta nei quattro punti cardinali


avrebbe creato l’uomo. Impastò, diede forma, animò e infine «ecco l’uomo» che nell’intenzione


di Dio non è bianco, nero, giallo, residente o immigrato, cittadino o straniero,


ma è solo «Adam» che significa «genere umano». Ogni individuo porta in sé tutta


l’umanità e tutta l’umanità porta in sé ogni persona, uomo o donna, in qualunque


paese, nazione e cultura si trova a vivere: ogni individuo, infatti, ha solo una caratteristica,


quella di essere «immagine eterna di Dio». Nessuno la può violare senza compiere


un sacrilegio. Oggi, 1o novembre, la Chiesa dà forza teologica a questa realtà: si celebra


la festa della «Comunione di tutti i Santi e di tutte le Sante del cielo e della terra


»1, senza differenze, come ci dirà la 1a lettura di oggi, tratta dall’Apocalisse: «apparve


una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo


e lingua» (Ap 7,9). Pensiamo come è bella questa prospettiva: nessuno è straniero, ma


tutti siamo cittadini; nessuno è extracomunitario, ma tutti siamo figli di una sola famiglia;


nessuno è di un’altra “razza”, ma tutti siamo cittadini del mondo; nessuno è superiore,


perché tutti siamo figli della fame e del vento, del dolore e della speranza. Oggi


prendiamo coscienza di essere orgogliosi di appartenere alla «Chiesa Cattolica» che per


sua natura e per mandato del Signore è «universale». Davanti a Dio che è «Padre nostro


», possiamo stare solo e a condizione che riconosciamo e accettiamo gli altri, tutti,


come nostri uguali con gli stessi diritti e gli stessi doveri. Facciamo festa oggi perché è


la nostra festa di battezzati nella santità di Dio che ci genera come suoi figli e figlie per


portare nel mondo la rivoluzione cristiana: annunciare che un nuovo mondo sorge


dalle macerie del vecchio, un mondo fatto di uomini e donne nuovi che annunciano


un èra di pace universale, senza divisioni, senza distinzioni, senza nazioni perché il


mondo intero è radunato sul monte del Signore, rappresentato da questo altare sul


quale insieme spezziamo il pane e distribuiamo il calice per tutte le genti. Oggi, festa di


Tutti i santi e di tutte le Sante del cielo e della terra, ascoltiamo l’invito ad essere non


piccoli come gli esseri umani, ma grandi e immensi e sconfinati come Dio stesso che


ha il cuore spalancato sul volto di ogni uomo e di ogni donna. Nel Nome di YHWH,


il Santo d’Israele (Sal 71[70],22; 89[88], 19; Is 1,4; 5,19, ecc.) viene a noi Gesù di Nazareth,


il Messia, il Santo di Dio che nel momento della sua morte lascia in eredità la stessa


santità di Dio, lo Spirito Santo, cosicché la vita trinitaria diventa il fondamento della


santità della Chiesa in ogni tempo e luogo. Entriamo dunque nella beatitudine dell’Eucaristia,


il Santo dei Santi per eccellenza, dove possiamo sono solo vedere il volto di


Dio come egli è, fragile come un pane e povero come la parola, ma possiamo anche


comunicare con lui e in lui con tutti gli uomini e le donne di buona volontà che vogliono


costruire un mondo nuovo proiettato verso l’unità e l’universalità senza limiti.
--------------------------------------------------------------------------

1 La solennità di oggi proviene dalla Chiesa Orientale, e fu accolta a Roma quando il Papa Bonifacio
IV trasformò il Pantheon, dedicato a tutti gli dèi dell’antico Olimpo, in una Chiesa in onore
della Vergine e di tutti i Santi. Era il 13 maggio del 609 e a questo giorno fu assegnata in un primo
momento la celebrazione liturgica. Alcuino di York, il maestro di Carlo Magno, fu uno dei
propagatori della festa e siccome nel suo paese i Celti consideravano il 1° novembre inizio della
stagione invernale celebrato con solennità, anche la festa cristiana fu trasferita a questa data che
restò definitiva. Nel sec. IX la festa è già estesa a tutta la chiesa e nel 1475 il papa Sisto IV fissò
definitivamente la solennità al 1° novembre con la liturgia che ancora oggi celebriamo.
--------------------------------------------------------------------------
INVOCAZIONE PENITENZIALE

Signore Gesù, Santo di Dio, risana la nostra umanità e salvaci!
Signore, pietà!

Cristo risorto, donaci il tuo Spirito che ci santifichi e ci beatifichi.
Cristo, pietà!

Signore, Primogenito del Padre, rinnova il nostro essere suoi figli.
Signore, pietà!

INNO DI LODE: Gloria a Dio…

PREGHIERA DELL’ASSEMBLEA

+ Padre, onnipotente ed eterno, che doni alla tua Chiesa la gioia di celebrare in un’unica festa tutti i cristiani santificati dal tuo Spirito: concedi a noi, tuo popolo, per la comunione con questi nostri fratelli e sorelle, l’abbondanza della tua misericordia. Per il nostro Signore... Amen.

LITURGIA DELLA PAROLA

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo 7,(2-4) 9-14

[Io, Giovanni], (vidi salire dal-l’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele. Dopo queste cose) vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello».
E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen!».
Uno degli anziani allora si rivolse a me
e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?».
Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai».
E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello». Parola di Dio!

Salmo responsoriale - 23

R./ Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.

Laudate omnes gentes, laudate Dominum!

1. Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.

2. Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.

3. Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.


Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo 3,1-3

Carissimi. Vedete con quale grande amore ci ha amato il Padre da essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma chi saremo non ci è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.
Parola di Dio.

Alleluja, alleluja!
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò riposo. Alleluja!

+ Dal vangelo secondo Matteo 5,1-12a

In quel tempo. Vedendo le folle [che cominciarono a seguirlo (4,25)], Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame
e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno,
vi perseguiteranno e, mentendo,
diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei Cieli».
Parola del Signore!

PROFESSIONE DI FEDE-SIMBOLO DEGLI APOSTOLI
Io credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.

LA PAROLA SI FA PREGHIERA
+ Fratelli e sorelle, nella comunione di tutti i Santi e le Sante, nata dal dono della vita di Cristo Gesù e dall'effusione dello Spirito, al Padre, fonte di santità, presentiamo la nostra preghiera:
R./ Dona il tuo Spirito, o Padre!

1. Alla tua Chiesa, comunione di tutti i santificati nel Battesimo: Dona il tuo...
2. Ai nostri governanti, perché promuovano la giustizia e la pace: Dona il tuo...
3. A chi ti cerca nella difesa dei poveri e nei diritti dei deboli: Dona il tuo Spirito,

4. Ai poveri, agli afflitti della terra, affamati, senza casa e lavoro, trovino solidarietà dai credenti, giustizia nelle istituzioni, speranza in Te: Dona il tuo …

5. A coloro che vogliono seguire Gesù con tutto se stessi: Dona il tuo Spirito...

6. A tutti noi che abbiamo ascoltato l'annuncio delle Beatitudini, perché troviamo in Te la nostra gioia e il nostro impegno quotidiano ci conduca tutti insieme alla santità: Dona il tuo Spirito,

DALLA PAROLA ALL’EUCARISTIA

+ Ti ringraziamo, o Padre, perché tu ci ami tutti come ami il tuo figlio Gesù!
Cosa potremmo chiedere di più?
Ti portiamo pane e vino, cibo che il tuo Spirito trasformerà per noi in corpo e sangue di Cristo.
Egli trasformerà anche noi in tuoi figli, santi e felici.
Per Cristo nostro Signore. Amen!

PREGHIERA EUCARISTICA - Acclamazioni

+ Prendete, e mangiate… per voi.
- E’ il Signore Gesù: si offre per noi!
+ Prendete, e bevetene… memoria di me.
-E’ il Signore Gesù: si offre per noi!

+ Mistero della fede!
Annunciamo la tua morte, Signore,
proclamiamo la tua risurrezione,
nell’attesa della tua venuta!

ALLA COMUNIONE

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati a causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.

Approfondiamo la Parola domenicale: Luca 19,1-10 - Le lectio del prete Carmine Miccoli

LECTIO DIVINA

“Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Luca 19,10)

Ascoltiamo la Parola del Signore dal racconto dell'evangelista Luca 19,1-10 (trad. CEI 2008).

1 Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, 2 quand’ecco un uomo, di


nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, 3 cercava di vedere chi era Gesù, ma non


gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4 Allora corse avanti e, per


riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5 Quando giunse


sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo


fermarmi a casa tua». 6 Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7 Vedendo ciò, tutti


mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8 Ma Zacchèo, alzatosi, disse al


Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a


qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9 Gesù gli rispose: 10 «Oggi per questa casa


è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è


venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Note di esegesi per la comprensione del testo

Il vangelo appena ascoltato si innesta nell'annuncio di misericordia che nel vangelo

secondo Lc è al centro della predicazione e del cammino di Gesù, che così

rompe con gli schemi dell'esclusivismo religioso di Israele e s’immerge nell’umanità,

così com'è, senza paura di compromettersi, senza timore di sporcare la sua

credibilità e la sua immagine. A Gesù interessa la persona «qui e ora», senza preoccuparsi

di quello che dicono i «malpensanti»: egli è venuto per annunciare un

nuovo ordine di cose o, come si direbbe oggi, un «altro mondo possibile» e lo fa

sapendo di spezzare un sistema basato sul perbenismo e sull'apparenza.

Il contesto geografco è lapidario e nello stesso tempo tragico: «Gesù entrò nella

città di Gerico e la stava attraversando» (Lc 19,1). Per noi che leggiamo oggi è

solo una annotazione di colore, innocua; al tempo di Gesù, però, il semplice ingresso

in questa città era un atto rivoluzionario. Gerico non è una città qualsiasi,

è la casa della maledizione perché su di essa pesa il giuramento di Giosuè: «Maledetto

davanti al Signore l’uomo che si metterà a ricostruire questa città di Gerico!

Sul suo primogenito ne getterà le fondamenta e sul fglio minore ne erigerà le

porte» (Gs 6,26; cf. 1Re 16,34; Sal 38[37],22; Is 55,11). Gesù entra nella città maledetta

e l’attraversa, cioè la percorre tutta come se volesse misurarne l’ampiezza e

immergersi dentro la maledizione che la sovrasta. Il gesto di Gesù richiama l’ingresso

e l’attraversamento di Nìnive da parte di Giona che si sdegna con Dio

perché vuole perdonare i Niniviti che si convertono (cf. Gn 3,1-4; 4,1-3), mentre

Giona vorrebbe distruggere la città. Gesù entra in Gerico quasi andando alla ricerca

di un uomo perduto al quale annunciare il vangelo del Regno: «Oggi per

questa casa è venuta la salvezza» (Lc 19,9). In questa città maledetta abita un

uomo maledetto da tutti, dalle istituzioni e dal popolo perché è un pubblicano e

quindi un collaborazionista con l’occupante romano che gli ha affdato il monopolio

delle tasse; odiato dal popolo che egli spreme non solo per conto dell’occupante,

ma anche per il suo arricchimento personale. La religione uffciale lo considera

un impuro, alla stessa stregua dei pagani perché è un fglio degenere e perduto

per sempre1.

Il racconto di Zacchèo è esclusivo di Lc e rifette il rapporto «ricchezza-povertà»

che, come abbiamo visto, è un tema molto caro al terzo evangelista, che si differenzia

da Mt che parla di «poveri in spirito», mentre Lc si riferisce semplicemente
ai «poveri» che Gesù predilige in quanto tali (cf. Lc 6,20.24 con Mt 5,2). Lc

condanna la ricchezza in sé perché la ritiene un rischio e un impedimento: il ricco

si sente sicuro, può fare quello che vuole, può comprare tutto, anche le coscienze

delle persone deboli o opportunistiche. Questa parabola conclude una lunga

serie di insegnamenti di Gesù che abbiamo ascoltato negli incontri precedenti. In

Lc 9,51 avevamo iniziato un viaggio con Gesù verso Gerusalemme, un viaggio

deciso e decisivo: un viaggio verso la conoscenza della volontà di Dio che è anche

un viaggio dentro di noi per scoprire la nostra identità di fgli/e e discepoli/e.

Lungo il viaggio di Gesù verso Gerusalemme, abbiamo incontrato il ricco avaro

che fa i conti senza la morte (cf. Lc 12,13-21), il ricco epulone (cf. Lc 16,19-31), il

fariseo e il pubblicano (cf. Lc 18,9-14), i piccoli (i bambini) difesi da Gesù contro gli

adulti (cf. Lc 18,15-17), il ricco notabile che se ne va triste abbandonando il regno

proposto da Gesù perché attaccato alle sue ricchezze (cf. Lc 18,18-30), il cieco di

Gerico che vede, in contrapposizione ai discepoli che non comprendono (cf. Lc

18,31-43) e infne, prima di «salire a Gerusalemme», approdiamo al Gerico, la

città maledetta. Il racconto di Zacchèo è quasi una sintesi di tutto ciò che

precede, perché nel breve brano vi troviamo tutti gli elementi che abbiamo

elencato: Zacchèo infatti è ricco, pubblicano, piccolo di statura, la folla gli

impedisce di vedere Gesù (come nel caso del cieco di Gerico), espone le sue

ricchezze, ma per distribuirle ai poveri e vive nella città maledetta. Zacchèo, in

ebraico Zakkài, forma abbreviata di Zekharyàh, signifca «Dio si ricorda», ma

l’aggettivo zak signifca anche «pulito, puro». Gesù viene a ricordare a Zacchèo,

che ha sporcato e reso impuro il suo progetto di vita con le sue scelte e azioni, di

essere «anch’egli fglio di Abramo» (Lc 19,9). Gesù è venuto apposta a Gerico per

rendergli la dignità del suo nome, la forza della fedeltà a se stesso e al suo

progetto. Zacchèo ha tutte le caratteristiche dispregiative per essere emarginato

e disprezzato e invece esse diventano titoli adeguati per entrare nella salvezza

che Gesù annuncia come predilezione per i senza speranza. La folla intuisce

subito di trovarsi di fronte ad una novità inaudita e scandalosa e infatti mormora

(Lc 19,7): questo mormorio è un tema ricorrente in Lc, ad esempio nella chiamata

di Levi, quando i Farisei mormorano per lo stesso motivo (cf. 5,30-32); oppure,

come scenario delle due parabole delle misericordia (cf. Lc 15,1-2). In tutti questi

casi in greco l’autore usa lo stesso verbo onomatopeico gongýzo che esprime un

mormorio confuso, ma suffciente a farsi sentire. La folla che avrebbe fatto a pezzi

Zacchèo si lamenta a bassa voce o a denti stretti contro Gesù perché destabilizza il

sentire comune e non rappresenta il Dio che la folla e la religione uffciale si

rappresentano: un Dio che castiga e premia alla maniera della giustizia umana che

ha sempre connotazioni di ferocia e di vendetta. Il mormorio della folla si oppone

alla volontà universale di salvezza di Dio che Gesù viene a manifestare (cf. 1Tm

2,4; Gv 3,16). Si direbbe che la folla sia gelosa della misericordia di Dio, volendo,

come sempre, un «dio» a propria immagine e somiglianza che pensi secondo i

pensieri e i giudizi della massa, ma i pensieri di Dio non sono i pensieri dell’uomo

(cf. Is 55,8-9). Nel regime di religione è più facile convertire Dio a noi che convertirci a

lui.

Notiamo i movimenti e gli atteggiamenti descritti nel brano del vangelo odierno:

- C’è un uomo che ha un nome che signifca «ascolto» e «puro», mentre nella

vita è pubblicano e impuro.

- Si sforza di vedere Gesù, ma glielo impediscono due ostacoli: la folla e la sua statura

«piccola»: 1. la folla è sempre un impedimento a vedere la verità di ciò che

accade: i dittatori, i populisti e i venditori di fumo amano la folla che è un animale

sanguinario e senza coscienza che va dietro a chi grida più forte; la folla,

infatti, è senza pensiero, anzi è uno schermo dietro al quale spesso ci si nasconde

per mascherare la propria violenza e prepotenza; 2. Per vedere bisogna

avere una statura, cioè mezzi adeguati per superare il livello della folla indistinta.

Zacchèo ha coscienza di essere carente in statura e ne trova una supplementare:

sale su un albero, cioè si serve di uno strumento che gli permette di

salire in alto. Non si accontenta di stare in basso e nemmeno alza lo spessore

dei suoi sandali per apparire più alto. Egli al contrario prende la sua piccolezza

per intero e la issa sull’albero, dove resta piccolo, ma non più cieco. Ognuno di

noi deve avere un albero di riserva dove potere salire quando tutto è buio e

nulla si vede all’orizzonte. La domanda è: qual è questo albero? Che nome porta?

Ne ho uno? Oppure mi lascio guidare dall’andazzo della folla, accontentandomi

di vivere per sentito dire?

- Zacchèo ha una risorsa in sé: «corse avanti» (Lc 19,4). Prende l’iniziativa di precedere

sia la folla che Gesù: non potendo andargli dietro, gli va avanti, non si

ferma al primo ostacolo. Il testo greco, tradotto alla lettera dice: «è correndo

verso il davanti salì», quasi a signifcare che il «davanti» è una mèta, un obiettivo

che si può raggiungere solo col e nel movimento. Chi sta fermo non ha

mèta, né progettualità. Correre avanti signifca anche distanziarsi dal sentire comune

e dalla massa e nello stesso tempo prendere coscienza della propria

condizione limitata e insuffciente. Zacchèo trova in sé la risposta al suo problema.

Qui è la chiave della comprensione di sé e del mistero di Dio. Nessuno

può risolvere le nostre diffcoltà o farsi carico delle nostre sofferenze. Nessuno

può sostituirci nel vivere la vita e la morte fno in fondo. Nessuno può decidere

al posto di un altro. Tutti possono essere un aiuto, una presenza, un sostegno,

un/a compagno/a di viaggio, ma la risposta all’anelito di vita e di pienezza è

solo ed esclusivamente dentro ciascuno di noi. Nessuno è mai così nel buio

profondo da non avere in sé un residuo di forze che permettono di correre

avanti e salire sul proprio sicomòro.

- Lc sottolinea che Gesù, «doveva passare di là» (cf. 19,4). Il testo greco usa il

verbo mèllo, «ho l’intenzione di…», che esprime la volontà decisa di mettersi

in gioco: è una scelta. Probabilmente la strada da percorrere aveva una direzione

obbligata, ma nell’economia del vangelo, dove nulla accade per caso, Gesù

doveva passare per Gerico: una necessità che esprime bene l’intenzione di

Gesù di squilibrare le consuetudini e le convenienze. In quel verbo

s’incontrano due necessità: di Gesù che viene apposta per Zacchèo e di

Zacchèo che vuole vedere Gesù, ma non può. Dio non passa a caso, ma viene

apposta «per te».

- Il momento supremo, l’incontro di due sguardi e di due volti: Gesù giunto in

quel luogo, come se fosse il posto esatto di un appuntamento, «alzò lo sguardo

e gli disse» (Lc 19,5). Egli sapeva che c’era qualcuno che lo stava cercando e distingue

quello sguardo tra mille altri, come seppe distinguere il tocco della

donna malata di emorragia da quello della folla anonima (cf. Lc 8,43-48). Chi

ama non si smarrisce nell’anonimato.

- L’invito di Gesù è oltre ogni misura: egli è diretto alla città santa di Gerusalemme

e perde tempo a percorre la città maledetta di Gerico per cercare un

uomo come Zacchèo, un pubblicano e un essere immondo, che tutti odiano a

morte. Non solo, Gesù interrompe il viaggio e afferma: «oggi devo fermarmi a

casa tua» (Lc 19,5). Ancora una volta viene evocata una necessità, ma questa

volta l’evangelista usa un verbo ausiliare che in greco è l’impersonale dêi, «bisogna,

è necessario», che solo nel vangelo di Lc ricorre 17 volte. Esso, secondo

molti autori, esprime la necessità anche di Dio: è un «verbo teologico» perché

manifesta la volontà salvifca di Dio, espressa nell’agire e nelle parole di Gesù. Il

secondo verbo, quello principale, mèno, «resto, mi fermo», comporta l’idea di

stabilità e indica un fermarsi assodato, non veloce o passeggero, ma vissuto

come esperienza determinante (cf. Gv 1,39). Ecco l’obiettivo dell’appuntamento:

fermarsi, anzi stabilirsi a casa di un impuro e di un pubblicano detestabile

perché il Dio di Gesù è veramente un Dio scandaloso: costruisce il suo Regno

con le «pietre di scarto».

- La folla capisce al volo e lo dice: «È entrato in casa di un peccatore» (Lc 19,7);

non s’interroga sul senso della novità di questo giovane rabbi che contraddice

tutte le norme di purità legale, non si domanda perché agisce così; la folla sa

solo «mormorare», che è sinonimo di invidia, di gelosia e di condanna perché

la folla ha sempre e solo la certezza dell’irrazionale e vede ciò che vuole vedere,

ciò che conviene credere nella propria miseria e chiusura.

- La sosta di Gesù nella casa di Zacchèo mette in evidenza che Zacchèo ha un

grave problema, un grande ostacolo alla «visione» di Gesù. Se vuole tornare al

progetto del suo stesso nome, se vuole ritrovare la sua identità di «fglio di

Abramo», non basta che salga su un albero, non basta che corra avanti, bisogna

che faccia anche un passo indietro e ripari, come è possibile, il male che ha fat -

to derubando e angariando tutti/e. L’ostacolo per Zacchèo si chiama «ricchezza

», la stessa del notabile ricco (cf. Lc 18,23), la stessa del ricco crapulone (cf.

Lc 16,19-21), la stessa del ricco stolto (cf. Lc 12,16-21), perché la ricchezza impedisce

l’incontro con Dio (cf. Lc 18,24-25), in forza del principio che non si

può servire Dio e mammona (cf. Lc 16,13). La ricchezza di Zacchèo non è una

ricchezza qualsiasi: essa è «disonesta, ingiusta» (cf. Lc 16,9) perché non è frutto

del proprio lavoro, ma di furto e prevaricazione.

- Gesù non pone un problema morale: non fa la predica, non avanza condizioni,

egli chiede solo di fermarsi a casa di Zacchèo, il quale da questo fatto capisce

da solo l’incompatibilità di quella «presenza» e il suo stile di vita: egli vede perfettamente

il problema e lo rimuove di sua iniziativa, per sua scelta (cf. Lc 19, 8). Restituire la metà dei suoi beni, secondo la Legge, era suffciente a ristabilire

il male fatto, ma egli vuole fare di più, dando il quadruplo ai suoi debitori2. In

questo modo Zacchèo va oltre ciò che è prescritto, per cui la sua generosità si

avvicina a quella di Dio e ne diventa un sacramento visibile: l’uomo disgustoso,

esecrato, odiato diventa il segno visibile dell’agire di Dio. Zacchèo il maledetto

diventa l’espressione visibile della benedizione generosa di Dio.

- La conclusione che nessuno si sarebbe aspettata è traumatica per l’epoca di

Gesù: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è fglio di

Abramo» (Lc 19,9). Zacchèo il pubblicano, lavato e purifcato dall’incontro con

Gesù ridiventa fglio di Abramo, un titolo che i Giudei riservano solo a se stessi

in quanto esclusivi benefciari delle promesse e dei meriti del patriarca (cf. Lc

3,8; Gv 8,33; Rm 4,11-25; Gal 3,7-29). Zacchèo, che è un giudeo rinnegato ed

espulso dal suo stesso popolo e diventato pagano, ridiventa «fglio di Dio» allo

stesso titolo dei Giudei. Nella persona di Zacchèo, Gesù allarga la paternità di

Abramo, la libera dall’angustia della razza, della stirpe e della religione e la riporta

ai confni giusti che sono quelli della creazione, i confni di Àdam che in

Gen 1,26 è creato «immagine e somiglianza» di Dio. Zacchèo è l’Adamo lavato

e purifcato del suo peccato contro Dio e contro il suo prossimo: non più «simile

a Dio», come voleva essere Adamo, ma generoso come Dio, come è Zacchèo,

il pubblicano.

- In Lc 19,10 vi è una seconda conclusione, propria del livello redazionale di Lc:

«Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto»,

un richiamo alle parabole della misericordia del cap. 15, specialmente dell’atteggiamento

del padre nei confronti del fglio perduto (cf. Lc 15,6.9.24.27.32).

Tutti gli esseri umani sono degni della salvezza e Dio la offre a tutti/e, nonostante

il perbenismo di molti cristiani di tradizione, nonostante spesso la stessa religione

uffciale che esclude e condanna nel mormorio, quando non nelle conseguenze.

La crisi della Chiesa cattolica è tutta qui: invece di immergersi nella maledizione

che attanaglia il mondo e portare il vangelo di liberazione, si trastulla a ripristinare

riti e culti morti e sepolti, prima che dal concilio Vaticano II, dal buon senso e

dal buon gusto. Oggi i cristiani, in particolare i cattolici, non esprimono il volto

salvifco e controcorrente di Gesù, ma manifestano una caricatura di Dio con i

loro compromessi, con la strumentalizzazione della fede e con la loro presenza

compromessa nel mondo, fatta di prudenze e connivenze, di sostegno a uomini e

politiche immorali, di collusioni e affari da gestire, mentre uccidono la profezia e

l’annuncio della liberazione totale della persona che in qualsiasi modo è schiava o

non ancora del tutto libera. In questo modo, sono i credenti ad essere poco credibili

e ad alimentare la mancanza di fede nel mondo moderno, impendendo a

molti/e l'ascolto del Vangelo e l’ingresso nel Regno con la loro pratica di condivisione

e di giustizia3. Dovremmo imparare il nostro stile di testimonianza e di annuncio

da Gesù, che non parte dalle esigenze morali o dai “valori non

negoziabili”, ma lascia che queste siano la logica conseguenza di un incontro d’amore

che cambia la vita di un uomo che era perduto e che invece Dio ha recuperato

e restituito a se stesso e alla comunità. Il vangelo di oggi è un annuncio unico

e personale rivolto a ciascuno di noi: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza,

perché anch’io sono fglio di Abramo, anch’io sono fglia di Dio». È la storia di

Dio, ma anche la nostra, con l’aiuto dello Spirito Santo.

------------------------------------------------------
1 Roma, in ogni paese occupato, appaltava la riscossione delle tasse a uomini dello stesso
popolo perché più esperti del territorio e della psicologia dei propri concittadini. In base
alla popolazione, l’incaricato doveva garantire a Roma una certa somma, concordata in
antecedenza; tutto quello che l’esattore riusciva a farsi pagare in più poteva legittimamente
trattenerlo per sé. Questo sistema generava ingordigia e ingiustizie e provocava nel popolo
odio verso gli esattori.
2 Questa misura è prevista dalla legge in un solo caso: «Quando un uomo ruba un bue o
un montone e poi lo scanna o lo vende, darà come indennizzo cinque capi di grosso bestiame
per il bue e quattro capi di bestiame per il montone» (Es 21,37). Questo caso si
verifca quando Davide deve risarcire l’omicidio di Uria, l’Hittita, la cui moglie, Bersabea,
aveva preso con prepotenza e che il profeta Natan, con una parabola, paragona alla pecorella
di un povero, uccisa e mangiata dal ricco; sarà lo stesso Davide a stabilire così la sua
condanna, ben prima di riconoscere il suo peccato: «Pagherà quattro volte il valore della pecora,
aver aver fatto una tal cosa e non aver avuto pietà» (2Sam 12,6).
3 Cf. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Gaudium et Spes 19-20.

Approfondiamo la Parola - Domenica 31 ottobre: XXXI C

PAROLA CHE SI FA VITA

Alcuni brani biblici a commento della Parola domenicale:
ci aiutano ad accoglierla come avvenimento di salvezza nella nostra vita.

Non più nessuna condanna
Romani 5,1-8; 6,12-18; 8,1-4
Ezechiele 18,1-9. 21-23. 25-32

Quale Amore ci ha amati!
1Giovanni 3,1.14-24

Oggi, nella tua casa...
Isaia 44,21-28; 45,15-25

Puoi pregare:
Salmo 102 - Grande la tua misericordia!
Salmo 144 - Sei vicino, a chi Ti cerca.
Salmo 85 - Mostrami, Signore, la tua via.

Agenda settimanale: 1 - 7 novembre 2010

AGENDA SETTIMANALE  1 - 7 NOVEMBRE 2010
* * *
LUNEDÌ 1 NOVEMBRE
TUTTI I SANTI E LE SANTE

ore 9.00: Messa in S. Giorgio

ore 11.00: Messa in chiesa p.le

ore 16.00: Messa al Cimitero e Benedizione delle tombe

MARTEDÌ 2
COMMEMORAZIONE DI TUTTI I DEFUNTI

ore 8.30: Messa in chiesa p.le

ore 18.30: Messa in S. Giorgio

ore 21.00: Messa in Paglieroni


Mercoledì 3
ore 10.00: Incontro dei preti di zona
ore 12.00: Concelebrazione eucaristica
ore 21.00: Condividiamo la Parola

Giovedì 4, ore 18.30:
Messa in “suffragio di carità” di tutti i nostri defunti (in chiesa p.le)
ore 21.00: Incontro catechisti I.C. e animatori della liturgia:
“Prepariamo insieme l’Avvento”.

Venerdì 5, ore 18.30:
Celebrazione e adorazione eucaristica

Sabato 6
ore 15.30: Rosario missionario a Lanciano

XXXII DOMENICA DELL’ANNO C
ore 17.30: Messa in chiesa p.le

DOMENICA 7
ore 9.00: Messa in S. Giorgio
ore 11.00: Messa in chiesa p.le

* * *

Mercoledì 10, ore 18.30: Incontro genitori dell’I.C.

Venerdì 12, ore 18.00, in chiesa p.le: Convegno celebrativo dei 50 anni
della morte di P. FELICE GNAGNARELLA

Una Comunità che celebra: la Liturgia domenicale del 31 ottobre 2010: XXXI Domenica anno C

L’OGGI DI DIO NELLA NOSTRA VITA: ADESSO!

Con la domenica 31a del tempo ordinario siamo giunti quasi alla conclusione dell’anno



liturgico del ciclo C e dell’intero triennio: mancano ancora tre domeniche per concludere


e ripartire per un nuovo viaggio. Per ben diciassette domeniche abbiamo seguito


Gesù nel suo «viaggio verso Gerusalemme» iniziato in Lc 9,51; oggi arriviamo a Gerico


(attuale Tell es-Sultan, «Collina del Sultano») a km 30 a sud-est di Gerusalemme e km


120 a sud di Cafàrnao in Galilea: è l’unica città menzionata lungo i 150 ca. km percorsi


da Gesù, Maestro e Guida, come un itinerario formativo dei suoi discepoli. Gerico è la


più antica città del mondo di cui abbiamo testimonianza archeologica, risalente a


11.000 anni addietro. Sorge a 240 metri sotto il livello del mare, nei pressi del fiume


Giordano, nella zona del Mar Morto. Fu espugnata da Giosuè e maledetta con una


formula tragica: se qualcuno avesse voluto ricostruirla, l’avrebbe fatta sul sangue del


proprio figlio (Gs 6,26), come accadde al re Chiel di Betel che la ricostruì sul sangue


dei suoi figli Abiràm e Segùb (1Re 16,34). Gerico è la fortezza del male perché protegge


dentro le sue mura Zacchèo, «il capo dei pubblicani» (Lc 19,2) che è strumento di


oppressione del popolo attraverso l’esosità delle tasse, imposte con arbitrio e la colla -


borazione con l’occupante romano da cui ha ricevuto l’appalto del fisco. Ancora una


volta, troviamo il tema caro a Luca: la misericordia di Dio non aspetta la conversione e


il pentimento, ma corre a cercare la pecorella smarrita, qui Zacchèo, per riportarla alla


vita (cf. Lc 15,4-7), riconducendolo alla sua dignità di figlio di Abramo: colui che era


escluso dal popolo per indegnità, riceve da Gesù la veste della dignità di figlio di Dio,


figlio di Abramo per la promessa e membro del suo popolo per la fede (v. 9 e Lc 15,22-


24).


Il racconto del salvataggio di Zacchèo è, in qualche modo commentato dalla 1a lettura,


dove un ebreo di cultura e formazione greca, che vive ad Alessandria di Egitto, nella 2a


metà del sec. I a. C., medita sulla storia passata del suo popolo e per la prima volta


guarda ai nemici tradizionali, gli Egiziani, con lo sguardo di Dio: Dio non ha punito gli


Egiziani solo per salvare Israele, ma per salvare essi stessi perché anche gli Egiziani


che hanno seviziato gli Ebrei con la schiavitù sono chiamati da Dio a fare parte del


suo popolo universale. Nessun popolo, questo è l’insegnamento, può e deve essere


escluso dal processo di alleanza che YHWH ha codificato con Israele. Il popolo eletto


così diventa quasi il paradigma di tutti gli altri popoli.


Nel vangelo, Dio verso Zaccheo viene gratuitamente e indipendentemente dalle disposizioni


dell’individuo; nel pensiero del sapiente, Dio viene per tutti i popoli perché


YHWH, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di Mosè è il Dio senza più confini


nazionalistici, il Dio straripante che convoca dall’oriente e dall’occidente tutti i popoli


della terra «sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe» dove «un popolo


non alzerà più la spada contro un altro popolo e non si eserciteranno più nell’arte della


guerra» (cf. Is 2,2-5). La 2a lettura ha oggi una funzione parenetica, cioè esortativa, di


ammonimento sul tema della «fine del mondo» che fa da introduzione alle ultime domeniche


dell’anno liturgico che ruotano intorno a questo tema. Tecnicamente si dice


che questa lettura, collocata qui in questa domenica, è una prolèssi, ossia un'anticipazione,


quasi un assaggio di ciò che rifletteremo nelle prossime settimane. Le lettere ai


Tessalonicesi che Paolo ha scritto probabilmente da Corinto, durante il suo 2° viaggio


missionario (anni 50-52) sono le prime in ordine cronologico di tutto il NT, antecedenti


anche i vangeli. Uno dei problemi che assillava i cristiani della prima generazio -


ne, dopo la morte di Gesù, avvenuta presumibilmente intorno all’anno 30, riguardava


il ritardo della fine del mondo: se Gesù è il Messia atteso da Israele e se è morto e


risorto come mai «questo» mondo non finisce e non inizia il Regno di Dio annunciato


da Gesù stesso e che non è di questo mondo? (Gv 18,36). I Tessalonicesi erano anche


confusi da false lettere fatte circolare come se fossero di Paolo: i nemici dell’Apostolo


seminavano zizzania in una chiesa appena nata e ancora non formata del tutto. A


queste inquietudini risponde Paolo infondendo consolazione e fiducia e smentendo la


paternità di quanto gli attribuivano. Egli invece invita a fidarsi di Dio che non si


prende gioco dei suoi figli, ma sa quello che fa, anche se spesso noi non riusciamo a


coglierne il significato immediato. Per questo motivo noi veniamo dalle nostre


diaspore all’Eucaristia: essa è, in primo luogo, un raduno di popoli, di cui noi siamo un


segno visibile perché aperti al mondo e all’universalità. In secondo luogo, essa è una


scuola, dove impariamo a conoscere noi stessi riflettendoci sul volto e sul


comportamento di Dio, rivelato in Gesù di Nazareth. In terzo luogo, essa è una


condivisione di Parola, di Pane, di speranza e di agàpe per il viaggio della vita che


riprendiamo con la forza dello Spirito Santo che ora invochiamo.

INVOCAZIONI PENITENZIALI

Signore, tu ami la vita e hai compassione di tutte le tue creature.
Kyrie, eleyson!
Cristo risorto, infondi in noi il tuo Spirito e rinnovaci interamente.
Christe, eleyson!

Signore Gesù, vieni a cercare e a salvare chi si perde nell’egoismo e nel male.
Kyrie, eleyson!
INNO DI LODE: Gloria a Dio…

PREGHIERA DELL’ASSEMBLEA - COLLETTA
+ O Padre, che nel tuo Figlio sei venuto a cercare e a salvare chi si era perduto, apri il nostro cuore perché ti accogliamo con gioia nella nostra casa. Porta a compimento ogni nostra volontà di compiere il bene e di condividere con i poveri i beni che tu ci dai. Per il nostro Signore… Amen!

LITURGIA DELLA PAROLA

Dal libro della Sapienza 11,22...12,2

Signore, tutto il mondo davanti a te è come polvere sulla bilancia,

come una stilla di rugiada mattutina

caduta sulla terra. Hai compassione

di tutti, perché tutto puoi,

chiudi gli occhi sui peccati degli esseri umani, aspettando il loro pentimento.

Tu infatti ami tutto ciò che esiste

e non provi disgusto per nulla di ciò

che hai creato; se qualcosa non gradissi,

non l’avresti neppure formata. (…)

Tu sei indulgente con tutti, perché tutto

è tuo, Signore, che ami la vita.

Poiché il tuo soffio vitale è dappertutto.

Per questo tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano e li ammonisci,

ricordando loro in cosa consiste

il loro peccato, perché, messa da parte ogni malvagità, credano in te, Signore.

Parola di Dio!

Salmo responsoriale - 144
R./ Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.

Confitemi Domino... quoniam bonus. ...alleluja!

1. O Dio, mio Signore, voglio esaltarti.

Ti voglio benedire ogni giorno,

e per sempre cantare le tue lodi!



2. Paziente e misericordioso è il Signore,

costante e generoso nell’amare.

Buono è il Signore verso tutti,

la sua tenerezza egli diffonde

su tutte le sue creature.



3. Ti lodino, Signore, tutte le tue opere,

ti ringrazino i tuoi figli.

Manifestino agli esseri umani i tuoi prodigi

e la tua gloriosa presenza in mezzo a noi.

Il Signore sostiene gli insicuri

e rialza chi è abbattuto.



Dalla seconda lettera di s. Paolo apostolo ai Tessalonicesi 1,11- 2,2

Fratelli e sorelle. Preghiamo continuamente per voi, perché Dio vi renda degni di sé che vi chiama, e con la sua potenza, porti a compimento ogni vostro proposito di bene e ciò che operate da credenti. Così glorificherete il Signore nostro Gesù, e voi in Lui per l’amore gratuito del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo!
Riguardo alla ritorno del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare, né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia imminente.
Parola di Dio!

Alleluja, alleluja!
Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito; chiunque crede in Lui ha la Vita eterna. Alleluja!

+ Dal vangelo secondo Luca 17,1. 19,1-10

[Nell’andare verso Gerusalemme, Gesù] entrato in Gèrico la attraversava, quand’ecco un uomo, chiamato Zacchèo, capo degli esattori delle tasse (i pubblicani) e ricco, cercava di vedere chi fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura.
Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul posto, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».
Scese in fretta e lo accolse con gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato ad alloggiare da un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è avvenuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare chi era perduto».
Parola del Signore!

PROFESSIONE DI FEDE-SIMBOLO DEGLI APOSTOLI

Io credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.

LA PAROLA SI FA PREGHIERA
+ Al Signore Gesù, che viene nella nostra casa e ci rinnova con la sua parola di salvezza, rivolgiamo la nostra preghiera fiduciosa: R./ Vieni a salvarci, Signore Gesù!

1. Fa’ che la tua Chiesa sia la casa aperta a tutti, dove ognuno possa incontrare il Padre che lo ama, noi ti preghiamo:
2. Fa’ che i politici e gli amministratori pubblici siano onesti e lottino contro ogni forma di corruzione, noi ti preghiamo:

3. Fa’ che chi ha sbagliato con azioni criminose sia aiutato a cambiare la propria vita e ad intraprendere un nuovo cammino, noi ti preghiamo:

4. Fa’ che noi cristiani non critichiamo chi cerca la verità con ogni mezzo, ma ne condividiamo la fatica, noi ti preghiamo:

5. Fa’ che il nostro impegno per una società più giusta e solidale si concretizzi in azioni quotidiane di amore fraterno e di comunione, noi ti preghiamo:

6. Fa’ che la partecipazione a questa eucaristia sia per noi fonte di perdono e di riconciliazione, noi ti preghiamo:

DALLA PAROLA ALL’EUCARISTIA
+ Ti ringraziamo, o Dio nostro Padre: nel tuo Figlio Gesù ogni essere umano è tuo figlio, nostro fratello e sorella. Non ci dividano i nostri beni, ma ci unisca l’unico amore per te e per i poveri, come il pane e il vino che ti presentiamo. Per Cristo, nostro Signore. Amen!

LITURGIA EUCARISTICA

PREGHIERA EUCARISTICA - Acclamazioni

+ Prendete, e mangiate… per voi. - E’ il Signore Gesù: si offre per noi!

+ Prendete, e bevetene… memoria di me. - E’ il Signore Gesù: si offre per noi!

+ Mistero della fede!


Tu ci hai redenti con la tua morte e la tua risurrezione. Salvaci, o Salvatore del mondo!

ALLA COMUNIONE
“Scendi, Zaccheo: perché oggi devo fermarmi a casa tua”.