sabato 20 novembre 2010

PAROLA CHE SI FA VITA

Alcuni brani biblici a commento della Parola domenicale:
ci aiutano ad accoglierla come avvenimento di salvezza nella nostra vita.



Per la morte alla gloria.
Ebrei 1,1-9; 2,9-18

Il Signore che serve.
Isaia 42,1-12    Zaccaria 9,9-17   Luca 22,24-29

In Cristo, Dio è tutto in tutti.
1Corinzi 15,20-25 Atti 4,24-35

Puoi pregare:

Salmo 19 - Esulteremo per la tua vittoria!
Salmo 20 - Grande la tua salvezza!
Salmo 144 - Ti esalto, Dio mio re!

Approfondiamo la Parola: Luca 23,32-43 - La lectio del prete Camine Miccoli

+ O Padre, noi ti ringraziamo perché ci hai riuniti alla tua presenza per farci ascoltare la tua


parola: in essa tu ci riveli il tuo amore e ci fai conoscere la tua volontà. Fa’ tacere in noi ogni

altra voce che non sia la tua e perché non troviamo condanna nella tua parola, letta, ma non

accolta, meditata, ma non amata, pregata, ma non custodita, contemplata, ma non realizzata,

manda il tuo Spirito Santo ad aprire le nostre menti e a guarire i nostri cuori. Solo così il nostro

incontro con la tua parola sarà rinnovamento dell’alleanza e comunione con te e con il

Figlio e lo Spirito Santo, Dio benedetto nei secoli dei secoli. A.: Amen.


L.: Ascoltiamo la Parola del Signore dal racconto dell'evangelista Luca (23,[33]35-43; trad. CEI 2008).

[33 Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, [i soldati] vi crocifissero lui e i malfattori,
uno a destra e l'altro a sinistra. 34 Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché
non sanno quello che fanno». Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.]
35 Il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri!
Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36 Anche i soldati lo deridevano, gli si
accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: 37 «Se tu sei il re dei Giudei, salva te
stesso». 38 Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
39 Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso
e noi!». 40 L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu
che sei condannato alla stessa pena? 41 Noi, giustamente, perché riceviamo quello che
abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42 E disse:
«Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». 43 Gli rispose: «In verità io
ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Note di esegesi per la comprensione del testo

Il brano che abbiamo appena letto è tratto dal racconto della passione di Gesù, il

nucleo più imporante e più antico del Vangelo; con esso siamo invitati a rifettere

sulla realtà del Regno di Dio e sulla messianicità singolare di Gesù che bisogna

ben intendere, per cogliere la novità della fede nel Risorto.

Il versetti che parlano della crocifssione (vv. 33-34, non riportati dalla liturgia domenicale)

sono seguiti dal nostro brano, che si divide in due parti distinte: i vv. 35-38

descrivono la parodia della investitura regale di Gesù; i vv. 39-43 l’episodio dei

due ladroni, dove si può vedere la mano propria di Lc. Gesù è re, ma esercita la

sua regalità in maniera particolare, perché non somiglia a nessun sovrano e potente

di questa terra, come egli stesso dice a Pilato (cf. Gv 18,36-37). Il suo trono

non è un seggio di oro e pietre preziose, ma il supplizio della croce; la sua corte

non sono dignitari e nobili, ma i rifuti dell’umanità, malfattori e assassini. Sul trono

della gogna c’è il suo stemma: «“Costui” è il Re dei Giudei» (v. 38), ma Lc non

dice che è il motivo della condanna come invece afferma Mt 27,37. I capi lo

scherniscono, come anche i soldati pagani, mentre il popolo «sta a guardare»: il

popolo sta sempre a guardare e non si sporca mai le mani direttamente, ma si

predispone a correre dietro come massa a chi ha in animo di ingannarlo e coinvolgerlo

in un’avventura di potere, pronto a saltare sul carro del vincitore di turno.

L’intronizzazione da burla diventa, come sempre nel vangelo, una profezia che

i presenti non sanno cogliere (cf. Gv 19,1-3). L’iscrizione sulla croce sostituisce la

formula di consacrazione e di investitura, come avvenne nel battesimo, quando il

Padre fece udire la sua voce: «Tu sei il mio Figlio, il prediletto: in te mi sono compiaciuto

» (Lc 3,22), o come nella trasfgurazione, prima d’intraprendere l’esodo

verso Gerusalemme, quando dalla nube si udi la voce del Padre che investiva il Figlio

come suo Messia: «Questi è il mio Figlio, l’eletto; ascoltatelo» (Lc 9,35). Ora

non c’è più la voce del Padre perché il Figlio deve sperimentare la condizione

umana fno alla feccia, senza sconti e senza scorciatoie: per incontrare gli esseri

umani, anche Dio deve passare attraverso la solitudine, l’abbandono, il fallimento,

la disperazione, la morte. Gesù è solo con la sua missione di Figlio e con la sua

regalità derisa: chi può credere a questo re crocifsso, tra due malfattori? Gesù fa

paura al potere civile e religioso e per questo deve essere eliminato. I soldati, custodi

armati di un potere fasullo perché non si regge senza armi, chiedono che dimostri

i veri titoli della sua regalità. Essi pretendono i titoli esteriori, espressione

della prepotenza del potere: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso» (v. 37)1.

Per salvarsi dalla morte, Gesù avrebbe dovuto venire meno alla sua identità di Figlio

che offre la vita per amore fedele. Il popolo è accecato da chi lo manovra e

1 Lc mette in bocca ai soldati le parole che invece in Mt 27,42-43 più logicamente mette

in bocca ai capi del popolo; è questo un altro segno che Lc vuole addolcire le responsabilità

della morte di Gesù da parte dei Giudei.

lo inganna, come sempre, e non sa vedere quello che è davanti ai suoi occhi,

come vero e proprio «spettacolo» terribile e sublime (v. 35).

La seconda parte, che riguarda il racconto dei due ladroni (vv. 39-43), è propria di

Lc, sebbene la notizia scarna appartenga alla tradizione sinottica (cf. Mt 27,38; Mc

15,28). La Toràh di Mosè stabilisce che la morte deve essere testimoniata da due

o tre testimoni (Dt 17,6). Nella trasfgurazione i testimoni furono Mosè ed Elia,

cioè la Legge e la Profezia (Lc 9,28-36); nella risurrezione i testimoni saranno due

personaggi misteriosi, angelici (Lc 24,4). Qui i testimoni sono soltanto due volgari

briganti, condannati a morte: la beffa da un punto di vista umano è totale. Chi è il

Cristo? Egli è Re solo percorrendo fno in fondo l’investitura beffarda, fno a toccare

l’abisso dell’ignominia, bevendo il calice fno alla feccia.

Quale messaggio arriva alla noi, alla Chiesa intera da questo trono di scherno?

Quando la Chiesa si schiera con i potenti o fa la corte al potere e a chi lo esercita,

si allontana dal trono della croce; forse diventa importante, forse raggiunge accordi

vantaggiosi, certamente è circuita, adulata e riverita come «potenza», ma

rinnega il suo Signore e Re, il re dei briganti e dei malfattori, il re degli esclusi e

dei reclusi, il re di coloro che non contano nulla, il re dei falliti e dei diseredati: il

Cristo di Dio. La Chiesa è rappresentativa di Cristo quando è perseguitata, insultata

e derisa, mai quando è richiesta di essere alleata di sistemi e di strutture di

peccato. Cristo è un re che anche quando è beffato e deriso, sul trono della croce,

trova ancora la forza di perdonare e accogliere, liberare e salvare. Al brigante

che lo implora non chiede di convertirsi, non chiede nemmeno il pentimento

come premessa del suo perdono, ma lo include nella sua vita e nel suo regno senza

alcuna condizione.

«Oggi con me sarai nel paradiso!» (v. 43): Gesù non afferma che oggi il ladrone sarà

salvo, libero di tornare a casa, ma solo che sarà con lui; le due vite si fondono insieme

nella prospettiva della grazia e del regno. Insieme, nell’unico mondo possibile:

quello del perdono e dell’accoglienza, della dignità che sa riscattare con una

parola anche un brigante sull’orlo della morte. «Io sarò con te» è la formula di fedeltà

di Dio con i patriarchi, con Giosuè, con Israele (Gen 26,3; 31,3; Es 3,12; Dt

31,23; Gs 1,5; 1Re 11,38, etc.), una formula che ora sulla croce si ribalta: non è più

Dio che scende, ma è il brigante che sale a Dio. Nella risposta di Gesù c’è una parola,

«oggi», che teologicamente e spiritualmente è tanto pregnante da formare

un criterio di lettura di tutto il vangelo di Lc che, infatti, può essere letto alla luce

di questo «oggi» (gr. sémeron), che ci dà la dimensione dell’attualità della Parola di

Dio. Il termine ricorre 41 volte nel NT e 11 volte solo nel vangelo di Lc, di cui 8

volte nello stesso senso pregnante del brano odierno:

1. Lc 2,11 Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un salvatore, che è Cristo

Signore.

2. Lc 4,21 Allora cominciò a dire: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che

voi avete ascoltato».

3. Lc 5,26 Tutti furono colti da stupore e davano gloria a Dio. Pieni di timore,

dicevano: «Oggi abbiamo visto cose prodigiose».

4. Lc 19,5 Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo,

scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».

5. Lc 19,9 Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché

anch’egli è fglio di Abramo».

6. Lc 22,34 Gesù gli rispose: «Pietro, io ti dico: oggi il gallo non canterà prima

che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi».

7. Lc 22,61 Allora il Signore si voltò e fssò lo sugardo su Pietro, e Pietro si

ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: «Prima che il

gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte».

8. Lc 23,43 Gesù gli rispose: «In verità ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Oggi, noi dove siamo? Dove vogliamo essere? Con chi vogliamo essere? Qual è il

nostro «oggi» di persone, di coppia, di genitori, di fgli, di amici, di testimoni della

vita donata e liberatrice di Cristo nel mondo? Abbiamo «quest'oggi» per rifettere

e pregare e stare ai piedi della Croce, il trono del fallimento di Dio come premessa

della sua investitura regale e nello stesso tempo il trono del perdono senza

condizioni. «Oggi» è il nostro giorno, l’unico che conta per dar senso a tutta la

nostra vita, a tutta la storia umana.

Agenda settimanale. 22 - 28 neovembre 2010

AGENDA SETTIMANALE 22 - 28 NOVEMBRE 2010
* * *
Lunedì 22, ore 21.00: Messa in Paglieroni
ore 18.30: Consiglio pastorale diocesano

Martedì 23, ore 18.30: Messa in S. Giorgio
ore 10.00: Incontro diocesano dei preti
con il nuovo vescovo Emidio

Mercoledì 24, ore 21.00: Vicina la Parola

Giovedì 25, ore 18.30: Messa in chiesa p.le
Sabato 27
- GIORNATA NAZIONALE COLLETTA ALIMENTARE -

ore 15.00: L’Avvento dell’I.C.
“Accendi una luce e non lasciare il mondo al buio”.
ore 16.30: Gruppo Emmaus (medie)

I DOMENICA DI AVVENTO - ANNO A
ore 18.30: Messa in chiesa p.le
DOMENICA 28
ore 9.00: Messa in S. Giorgio
ore 11.00: Messa in chiesa p.le

ore 15.30: Incontro diocesano per giovanissimi e giovani  a Ortona (S. Gabriele):
“Accendiamo il cuore per illuminare la vita”.

Iniziamo dalla FINE: l'AVVENTO

AVVENTO È...
VENUTA
PRESENZA
AVVENIMENTO

Questo triplice significato, è ripreso dai Padri della Chiesa (autori autorevoli di scritti cristiani dei primi tre secoli) e può essere così riassunto: il Signore Gesù viene oggi in mezzo a noi nella liturgia, perché è già venuto nella nostra natura umana, ed è lo stesso che verrà un giorno nella gloria. Anzi, la sua è una continua e ininterrotta venuta in mezzo a noi nella storia umana, dopo che egli, glorificato nella risurrezione, mediante il suo Spirito continua a guidare il cammino dell’umanità e della creazione intera verso la pienezza.

E’ la vita cristiana stessa che non conosce ripetizioni, ma sempre nuovi eventi inattesi e sorprendenti: essa è sempre venuta del Signore crocifisso - risorto e, quindi, sempre e solo un evento pasquale.

L’atteggiamento del cristiano e della Chiesa è una riposta ad aprirsi, all’appello di vigilare, a mettersi in cammino nella gioia e nella fiducia, nella carità alla presenza del Misericordioso nel mondo, alla luce del Vangelo di Gesù di Nazaret. Il tempo di Avvento mette in evidenza l’aspetto centrale e dinamico della vita cristiana, della storia: andare incontro a Colui che si fa vicino a noi, a tutti!

I preti aiutano TUTTI: aiuta TUTI i preti!

Giornata nazionale per il sostentamento dei PRETI

I preti italiani ricevono un compenso mensile direttamente dalla CEI
che li preleva dalle offerte dell’8xmille e dalle rendite dei beni.
Quello del vostro parroco è di € 918.47.
Tutte offerte versate da voi rimangono
alla parrocchia per le sue attività e spese.
Siamo invitati oggi a contribuire
al sostentamento dei preti
in modo che l’8xmille sia maggiormente
a disposizione per le altre necessità.

USATE I CCP CHE TROVATE ALL’INGRESSO
L’IMPORTO VERSATO E’ DEDUCIBILE
DALLA DICHIARAZIONE ANNUALE DEI REDDITI.

Una Comunità che celebra la Litrgia domenicale: CRISTO RE E SIGNORE DELL'UNIVERSO - 21 NOVEMBRE 2010

L’OGGI DI GESU’ TRA NOI: NOSTRO PARADISO!

Con la domenica di oggi si conclude l’anno liturgico C e con esso si chiude anche l’in -



tero ciclo triennale di letture della Bibbia. La fine dell’anno liturgico e di un triennio


ricco di Parola di Dio coincide con l’inizio di un nuovo anno e di un nuovo triennio.


Questa coincidenza tra una fine e un inizio ci invita a cercare di comprendere il senso


della regalità di Dio nel tempo, di cui oggi la liturgia ci fornisce abbondante materiale.


Alla domanda dei farisei che chiedono «Quando verrà il regno di Dio?», Gesù risponde


che «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno vi dirà:


“Eccolo qui”, oppure “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!» (Lc


17, 21)1. Nessuno ha la chiave di questo regno, solo il Cristo che è nel seno del Padre


ne conosce la natura e la verità. Un regno che viene silenzioso, senza scenografie e


senza rumore perché il regno non è un sistema di governo o una dimensione politica


o una struttura organizzativa ecclesiastica: esso è solo la persona di Gesù Cristo che si


comunica a noi nella sua Parola, nella fraternità che viviamo, nella vita che celebriamo


nell'Eucaristia.


La regalità di Cristo è un argomento da manovrare con prudenza perché spesso è stato


usato ideologicamente per giustificare scelte clericali e politiche di natura mondana


in compromesso o in contrapposizione ai poteri di questo mondo; a questa solennità


si rifanno i nostalgici della messa di Pio V perché vogliono restaurare il «regno in terra


» del Cristo, attraverso la collusione e l’eresia dei «governi cristiani», chiamati a imporre


con la forza della legge le conclusioni religiose ed etiche a cui giunge l’unica


vera, esclusiva religione che è quella «cattolica-romana»2. Si torna così indietro e si uccide


lo Spirito Santo che invece procede inesorabile verso nuovi orizzonti, verso il Regno


che è oltre e dentro, non dietro di noi. Si vuole restaurare il clima che dominò il


1 Da tutto il contesto del NT, noi sappiamo che Gesù non ebbe alcuna intenzione di


fondare una Chiesa perché il suo orizzonte non era la sola storia umana, ma il Regno di


Dio. Il Regno non è un luogo materiale o una forma di governo, ma indica uno


«stato», una condizione per essere figli di Dio. Il «Regno» apre due prospettive: la pri -


ma afferma che c’è una dimensione più grande di qualsiasi realizzazione umana che si


chiama «Dio» e l’altra dice che non può esservi realizzazione umana nella dimensione


di Dio senza condivisione e fraternità, senza assumere su di sé l’anelito di salvezza integrale


che c’è in tutta l’umanità. Il Regno non è una «sètta», ma l’universale volontà di


Dio che vuole tutti gli uomini e le donne salvati (cf. 1Tm 2,4).


2 La festa di Cristo Re è recente: fu istituita da Pio XI nel 1925 in un contesto storico


particolare, che vedeva da un lato gli Stati d’Europa che si avviavano verso la deriva


della dissoluzione umana, morale e religiosa culminata nel «regno» nazifascista, abominio


della coscienza e negazione di ogni dignità, compresa quella della forma politica


del governo terreno. L’istituzione della festa di un Dio «regale» fu accolta dalla maggioranza


dei cattolici e dal clericalismo rampante di sistema come uno strumento per


difendere il regno di Dio, identificato con i regni della terra, contro la modernità che


si connotava di laicismo, spesso acritico. Nessuno capì che proprio questa festa nelle


intenzioni del papa voleva opporsi sia al laicismo che al clericalismo: contro il laicismo, affermando


la centralità di Cristo di fronte alla pretesa di instaurare il paradiso in terra;


contro il clericalismo che, mettendo da parte Cristo, coltivava l’eresia della centralità


salvifica della Chiesa detentrice di ogni potere spirituale e politico. È evidente che questa


concezione pagana del potere clericale era finalizzata all’esaltazione sulla terra del


potere ecclesiastico inteso come strumento divino per instaurare il Regno di Dio.


mondo durante il regime di cristianità: governare politicamente in nome della teocrazia.


Tutto ciò accade anche oggi quando nella chiesa prevale lo spirito clericale che chiede


appoggi non sempre limpidi al potere di turno, il quale è ansioso di concedere privilegi


pur di avere in cambio un appoggio incondizionato nella gestione pratica del potere,


primo fra tutti la complicità del «tacere» anche di fronte ad ingiustizie evidenti


compiute contro il fondamento primario della legalità che è il «bene comune».


La liturgia di oggi, proponendo il vangelo di Lc, ci offre la chiave ermeneutica di questa


festa perché l’intronizzazione di Gesù è abominevole: viene inscenata una investitura


di burla in mezzo a due testimoni abietti, di cui uno lo insulta anche. Poiché la


Scrittura ha sempre un duplice senso, bisogna andare oltre la lettera e cogliere lo spiri -


to e l’intenzione dell’autore. Qui ci è sufficiente sottolineare che Gesù è coerente con


le parole aveva pronunciato prima dell’ultima Cena: «Se il chicco di grano, caduto in


terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,23).


Gesù non diventerà mai un presidente di una Repubblica perché egli resta per sempre,


in eterno «Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani… il lògos


della croce, infatti è stoltezza… e potenza di Dio» (cf. 1Cor 1,22.18). Gesù, usando gli


schemi del suo tempo, utilizza il simbolismo del re, ma ci tiene a precisare che il suo


regno non è di questo mondo (cf. Gv 18,36): esso si estende a tutti i regni della terra


perché è universale, ma non s’identifica con alcuno perché non è nazionalista, escludendo


così categoricamente ogni velleità di instaurare una «civiltà cristiana», come fanno


coloro che evirano il Cristo della sua divinità e lo trasformano nell'idolo di una religione


civile, fondata sui valori e non sul mistero pasquale, cioè sulla morte e risurre -


zione di Gesù di Nazareth, Messia del Dio misericordioso e liberatore. L’Eucaristia


che celebriamo è lo spazio di questa regalità paradossale in cui entrare per sperimentare


la salvezza: invochiamo lo Spirito Santo che ci fa comprendere, sperimentare e scegliere


di seguire Cristo fino e oltre la Croce.



INVOCAZIONI PENITENZIALI

Gesù, tu ci guidi verso la vera Vita ma noi non ti seguiamo con amore. Signore, pietà!

Cristo risorto, che sei l’unico vero nostro salvatore, noi non ci fidiamo di te. Cristo, pietà!

Signore, Re che apri a tutti le porte del tuo regno, noi ti chiudiamo il cuore. Signore, pietà!

INNO DI LODE: Gloria a Dio…

PREGHIERA DELL’ASSEMBLEA - COLLETTA
+ O Padre, che ci hai chiamati a regnare con te nella giustizia e nell'amore, liberaci dal potere delle tenebre. Fa' che seguiamo il tuo Figlio, e come lui doniamo la nostra vita per gli altri, certi di condividere la sua gloria nel paradiso.
Egli è Dio e vive e regna… Amen!

LITURGIA DELLA PAROLA

Dal secondo libro di Samuèle 5,1-3

Tutte le tribù d’Israele vennero dal re Davide, in Ebron, e gli dissero: «Ecco, noi ci consideriamo come tue ossa e tua carne. Già prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi il popolo d’Israele. Il Signore ti ha detto: “Tu pascerai Israele mio popolo, tu sarai capo in Israele”». Il re Davide concluse un’alleanza con tutti gli anziani d'Israele, in Ebron, davanti al Signore ed essi unsero Davide re d’Israele.
Parola di Dio!

Salmo responsoriale - 121

R./ Andremo con gioia alla casa del Signore.

[Quale gioia mi dissero… n. 31]


1. Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!

2. E’ là che salgono unite le tribù
del Signore, secondo la Legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.

Dalla lettera di s. Paolo apostolo ai Colossési 1,12...20

Fratelli e sorelle. Ringraziate con gioia il Padre che vi ha fatti capaci di partecipare dei beni promessi al suo popolo santificato nella luce, che ci ha liberati dal potere della tenebra e ci ha trasferiti nel regno del suo amato Figlio, che ci redime perdonandoci i peccati.

Egli è immagine visibile del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione: tutto, in cielo e in terra, ciò che è invisibile e visibile, è stato creato in Lui. (…) Tutto fu creato per mezzo di Lui e in vista di Lui. Egli è prima di tutto e tutto insieme egli tiene in vita.

Egli è il capo di quel corpo che è la Chiesa. Egli è principio [di vita], il primo risuscitato dai morti, perché sia Lui ad essere il primo fra tutti. Infatti Dio ha voluto pienamente essere presente in Lui e che, per mezzo di Lui e in vista di Lui, siano riconciliate a sé tutte le creature, della terra e del cielo. Dio ha fatto pace con tutti nel sangue di Cristo morto in croce.
Parola di Dio!

Alleluja, alleluja!
Benedetto colui che viene dal Signore!
Benedetto il suo Regno che viene! Alleluja!

+ Dal vangelo secondo Luca 23,32-33.35-43
[Giunti al luogo detto Cranio, lì crocifissero (Gesù) e (altri due) malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra]. Il popolo stava guardando; i capi invece lo schernivano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo l’Inviato di Dio, il suo Eletto». Anche i soldati avvicinandosi lo deridevano, porgendogli aceto e dicendo: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso!». Sopra di lui c'era anche una scritta: “Costui è il re dei Giudei”. Uno dei malfattori appesi lo bestemmiava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». L'altro rispondendo invece lo rimproverava: «Tu non temi Dio, che subisci la stessa condanna? Noi, giustamente, infatti riceviamo ciò che abbiamo meritato per le nostre azioni; costui invece non ha compiuto nessun misfatto».
E diceva: «Gesù, ricòrdati di me quando verrai come re». Gli rispose: «Io ti assicuro: oggi con me sarai nel paradiso».
Parola del Signore!

PROFESSIONE DI FEDE SIMBOLO NICENO - COSTANTINOPOLITANO
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato; della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture; è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito santo, che è Signore e dà la Vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

LA PAROLA SI FA PREGHIERA
+ Fratelli e sorelle, rivolgiamoci al Signore Gesù con la stessa fiducia del malfattore in croce, sicuri che Egli ascolterà le nostre preghiere e ci darà la gioia della comunione con sé.
R./ Ricòrdati, Signore Gesù!

1. Della tua Chiesa, sparsa in tutto il mondo, perché stia con te nella passione e nella croce per entrare nel tuo regno.

2. Dei nostri responsabili politici, perché reagiscano all’attuale deriva istituzionale con senso di responsabilità e onestà.

3. Di coloro che commettono atti criminosi, perché abbiamo la possibilità di pentirsi e di riparare al male compiuto.
4. Di coloro che soffrono interiormente e fisicamente, perché riescano a farsi aiutare nel loro dolore.
5. Dei nostri fratelli e sorelle dell’Iraq, che patiscono la tremenda prova della testimonianza cruenta della fede.

6. Di noi riuniti nell’Eucaristia e dei nostri fratelli e sorelle assenti.

DALLA PAROLA ALL’EUCARISTIA
+ Ti ringraziamo, Padre: attraverso il tuo Figlio apri a noi e a tutti gli esseri umani le porte della comunione con te. Fa’ che non chiudiamo il nostro cuore agli altri e al perdono reciproco nel segno di questo pane e vino che tutti ci riunisce in Cristo Gesù, nostro Signore. Amen!

LITURGIA EUCARISTICA

PREGHIERA EUCARISTICA - Acclamazioni

+ Prendete, e mangiate… per voi.
- E’ il Signore Gesù: si offre per noi!

+ Prendete, e bevetene… memoria di me.
- E’ il Signore Gesù: si offre per noi!

+ Mistero della fede!
Ogni volta che mangiamo di questo pane
e beviamo a questo calice,
annunziamo la tua morte, Signore,
nell’attesa della tua venuta!

ALLA COMUNIONE
“Gesù, ricordati di me quando verrai con il tuo regno”. “Oggi sarai con me nel paradiso” - dice il Signore.

PROGRAMMA PASTORALE 2010/2011

2010/2011: un anno insieme
CONVIDIVIDIAMO la Speranza
testimoniando la CARITA’

Nella Festa di Cristo Signore dell’Universo, presentiamo alla comunità la tappa annuale
del nostro Progetto Pastorale Parrocchiale (libretto azzurro)
per aiutarci a camminare insieme come comunità e con tutta la  chiesa italiana.

Gesù RISORTO è la SPERANZA ci fa vivere!
Questa è la certezza che ci guida, e come suoi discepoli la vogliamo
annunciare - celebrare - condividere.

1. Quest’anno ci impegniamo di più ad animare tutta la comunità cristiana nel vivere intensamente e quotidianamente il comandamento nuovo di Gesù dell’amore reciproco, in modo tale che da una comunione vera sgorghi l’attenzione e la cura delle famiglie e delle persone che vivono un disagio non solo economico. (cfr Atti degli Apostoli 2,42-47)

2. La commissione caritas vuole essere l’espressione concreta di questa attenzione, soprattutto nell’ascolto e nella vicinanza di chi è in difficoltà, nel concordare interventi di sostegno economico con la Caritas e gli operatori sociali, nell’animare e organizzare le raccolte di denaro e di generi alimentari…

3. Nella Catechesi di I.C. dei bambini/e e dei ragazzi/e non ci limiteremo all’annuncio e all’esperienza della fede; li sensibilizzeremo a curare meglio i rapporti di rispetto, di fiducia e di aiuto tra loro, guardando anche con generosità a chi si trova in qualche difficoltà.

4. Cerchiamo di vivere e di celebrare la Liturgia non in dissonanza con la nostra esistenza quotidiana, ma come “culmine e fonte” della carità fraterna e diffusa con tutti.

5. Il cammino formativo degli adulti, nelle sue varie proposte: “Sale della terra e Luce del mondo”, ci permetterà di sentirci “com-pro-messi nella storia” individuale di ciascuno di noi e collettiva, in tutta la sua pungente attualità, con una particolare attenzione alla formazione ai problemi sociali orientandoci sulla dottrina della chiesa.

lunedì 15 novembre 2010

Approfondiamo la Parola domenicale. Luca 21,5-19 - La lectio del prete Carmine Miccoli

Note di esegesi per la comprensione del testo


Il brano del vangelo che abbiamo letto ci invita a rifettere sulla visione del disegno

di Dio che naturalmente si riversa sul senso della vita cristiana. Noi usiamo

espressioni come «fne del mondo», «giudizio universale», «risurrezione fnale dei

corpi», etc. senza precauzioni, come se fossero contenuti e moduli così diffusi da

appartenere ad un bagaglio culturale e religioso evidente. Così non è: l’ignoranza

delle Scritture ci ha portato a leggere parole, espressioni e testi attraverso le categorie

culturali del nostro tempo, dimenticando che leggiamo testi in una lingua

non nostra e di una cultura antica di almeno duemila anni fa, che esige il nostro

rispetto e la nostra attenzione. Al testo biblico ci si accosta come ci si avvicina ad

una persona: con disponibilità, accoglienza, rispetto, ascolto.

Il vangelo di Lc è il meno apocalittico degli altri perché questo argomento, che

era vivissimo e vivacissimo al tempo di Gesù per tutta la cultura religiosa giudaica,

non era signifcativo per la cultura greca, che non sapeva niente dell’attesa del

Messia davidico, della lotta tra i fgli della luce e quelli delle tenebre, di rivelazioni

conclusive e così via. Per motivo Lc, pur non rinunciando al contenuto del vangelo,

lo adatta al suo uditorio omettendo, ridimensionando, adattando. L’ultima parte

del vangelo di Lc prima del racconto della passione riguarda la vicinanza della

venuta di Cristo, o meglio della sua seconda venuta, quando prenderà possesso

della terra e dell’umanità per costituire il Regno defnitivo di Dio. Questa sezione

letteraria comincia in Lc 19,47, che presenta Gesù nel Tempio ad insegnare e i

sommi sacerdoti, gli scribi e i notabili che «cercavano di farlo morire», ma senza

sapere come perché avevano paura della folla che «era sospeso ad ascoltarlo».

Notiamo di passaggio che l’idea di assassinio è formulata da quelli che formavano

allora l’alta società, cioè uomini e sistemi dalla facciata integerrima, ma con il cuore

putrido perché votato ad ogni nefandezza. La sezione sulla venuta di Gesù si

conclude in Lc 21,38 dove ritroviamo di nuovo Gesù nel Tempio ad insegnare,

mentre tutto il popolo lo ascoltava. Di seguito in parallelo di due testi:

Lc 19,47-48 Lc 21,37-38

47 Ogni giorno insegnava nel tempio. 37 Durante il giorno insegnava nel tempio;

I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano

di farlo morire e così anche i capi del popolo;

48 ma non sapevano che cosa fare, la notte, usciva e pernottava all’aperto sul

monte detto degli Ulivi [Gesù sa cosa fa].

perché tutto il popolo pendeva dalle sue

labbra nell’ascoltarlo.

38 E tutto il popolo di buon mattino andava

da lui nel tempio per ascoltarlo.

Lo scopo di questo parallelismo tra l’inizio e la fne della sezione vuole presentarci

l’opposizione fnale e defnitiva tra Gesù e l’autorità religiosa del tempio che

viene rimossa perché dichiarata decaduta. All’inizio si citano scrupolosamente i

capi religiosi che vogliono impedire l’affermazione di Gesù di fronte al popolo

che lo considera come unico vero capo credibile; alla fne i capi non sono più citati

e sulla spianata del tempio restano solo Gesù e il popolo nella continuità dell’ascolto.

Il popolo che all’inizio «era sospeso» ad ascoltarlo, alla fne andava al

mattino presto per ascoltarlo, riconoscendo così che lui era il vero signore del

Tempio e la vera autorità. L’autorità non sa cosa fare perché vuole ucciderlo, ma

senza farsene accorgere; Gesù, invece, se ne va al monte degli Ulivi, cioè sa sempre

dove è e dove vuole andare.

Il brano del vangelo di oggi si colloca alla fne di questa sezione e a sua volta forma

quasi un'introduzione al discorso di Gesù sull’escatologia, cioè sulla fne del

mondo e la costituzione fnale del Regno di Dio. Il discorso che accompagna questo

annuncio della fne è catastrofca: guerre, pestilenze, malattie, persecuzione

che sono immagini devastanti prese dal nostro immaginario descrittivo. Mt 24,5

sottolinea la venuta dei falsi messia, mentre Lc addolcisce questo riferimento che

sarebbe stato oscuro per i suoi lettori greci; egli, invece, sottolinea di più le false

escatologie che seminano terrore annunciando una fne che non verrà. Lo scopo

dei falsi predicatori è diffondere il panico per potere meglio governare le folle:

una forma di tortura che ogni potere usa per mantenersi fno alla fne. Sia Lc che

Mt s’ispirano al profeta Daniele (cf. 2,28), ora sostituito da Gesù che non spiega

più i sogni del re, ma spiega egli direttamente che cosa avverrà alla fne dei giorni,

esortando a non lasciarsi impressionare dalle apparenze: la verità delle cose non

è mai in superfcie, ma abita sempre nel profondo dell’intimo di noi stessi. Tutte le

manifestazioni di Dio nella Scrittura sono accompagnati da segni cosmici (fuoco,

vento, turbine, nubi), quasi a dire che la natura stessa accompagna come una corte

regale il Signore della storia (cf. Es 19,18-24; 1Re 19,11-13). Queste immagini

sono comprensibili dal mondo ebraico, ma sono assurde per la cultura greca e

per questo Lc le elimina, sottolineando di più lo scontro tra i popoli e la persecuzione

dei discepoli, che diventa così una solenne testimonianza perché fondata

sulla nonviolenza e sull’abbandono allo Spirito di Dio che suggerirà le parole necessarie

da dire. Ciò che viene chiesto è la perseveranza, cioè la fedeltà disarmata

e dinamica: alla fne essa supererà ogni diffcoltà. La persecuzione diventa così la

chiave di comprensione del mondo escatologico, perché vi sono uomini e donne

che rischiano la vita in vista di un appuntamento con il Signore della vita. I cristiani

stabiliscono così il rapporto tra risurrezione e escatologia perché la fne del

mondo non è altro che la risurrezione di Gesù estesa all’universo intero. Il senso

fnale del brano evangelico è il seguente: di fronte alla magnifcenza del tempio, illuminato

dal sole, si resta d’incanto e abbacinati da tanto splendore. Gesù dice:

non lasciatevi ingannare dalle apparenze che sono effmere, non accontentatevi

della superfcie che porta solo polvere, non fermatevi al signifcato immediato e

più evidente. Ogni apparenza è un camuffamento della realtà. I capi del popoli, infatti,

insieme ai sommi sacerdoti e agli scribi, cioè l’autorità religiosa e politica del

tempo, si lascia ingannare dalla maestosità del tempio di cui sono parte, ma non

sanno andare oltre le pietre splendide e gli ornamenti d’oro perché non sanno

cogliere la Presenza di Colui che abita nel tempio. Essi hanno identifcato se stessi

con la magnifcenza e ne sfruttano la visibilità, ma hanno dimenticato Dio che è

dentro il Tempio. La prova di ciò è che sono tesi solo a difendere il loro potere e

non a conoscere i segni che Dio manda: essi vogliono uccidere Gesù perché destabilizza

il loro autoritarismo e ristabilisce l’autorità di Dio, riportandoli nell’alveo

della loro funzioni: servi di Dio e servi del popolo. Se avessero avuto stima e

ammirazione per il tempio avrebbero dovuto interrogarsi sulle parole e sulla predicazione

di Gesù che parla con autorità e che in ogni atteggiamento di appella a

Dio e non ad un suo tornaconto. Tutti coloro che hanno una responsabilità nei

confronti degli altri - politica, sociale, economica o religiosa - e vi hanno anche un

minimo tornaconto o interesse, sono «falsi messia», ossia ingannatori e violenti.

Per essere annunciatori della «fne dei tempi» secondo l’ordine di Dio, non bisogna

avere confitti d’interesse di sorta, bisogna essere liberi di vivere e di morire,

così come la parola che si annuncia deve essere gratuita e liberante. C’è nella

Chiesa dei nostri giorni il culto demoniaco della «carriera» come celebrazione

della personalità che ha a cuore solo l’apparenza di vestiti anacronistici e l’abuso

di titoli onorifci che sono sempre la negazione dell’essenza del vangelo (cf. Mt

23,2-7). Contro costoro che oggi occupano la Chiesa, scambiata per un negozio

di onorifcenze e che si servono della Chiesa piuttosto che servire il Signore,

Gesù nel vangelo di Matteo pronuncia per sette volte la maledizione perpetua:

«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti…» (Mt 23,13.15.16.23.25.27.29). D'altronde,

tutta la scrittura, nel Primo o nel Nuovo Testamento, si pronuncia con forza contro

la corruzione dei potenti (cf. Is 1,2-31), segno di una sapienza del mondo contraria

alla conoscenza di Dio (1Cor 1,27-29). Dio è presente e attivo nella storia e

ci ha dato lo Spirito per cercare e trovare il suo volto e scorgere i segni del suo

cammino con noi. Egli ci guida fno alla fne, che sarà una fne senza fne; anzi, ci

guida al fne della nostra vita terrena che è l’anteprima della vita senza fne nella

contemplazione del Volto di Dio in cui sapremo riconoscere e amare i volti che

sulla terra ne hanno formato l’immagine. Guardiamo la Storia, viviamola con tutto

l’impegno e l’interesse che merita, senza preoccuparci di cosa accadrà o non accadrà.

Lungo il cammino impariamo sempre più a leggere i segni dei tempi, senza

mai fermarci alla superfcie di ciò che appare: quando verranno falsi messia è diranno

«sono io» (cf. Mt 24,23-27; Lc 17,22-24; cf. 1Cor 15,15) come soluzione alternativa,

andiamo alla ricerca di Gesù di Nàzaret che ha detto «Io-Sono» (cf. Gv

18,5-6), garantendo così la sua identità di Figlio del Padre, ma anche la nostra di

fgli/e di Dio.

Agenda settimanale: 15-21 novembre

AGENDA SETTIMANALE 15 - 21 NOVEMBRE 2010
* * *
Lunedì 15, ore 21.00: Messa in Paglieroni

Martedì 16, ore 18.30: Messa in S. Giorgio

ore 21.00: in casa parrocchiale si riunisce il nostro CPP con il seguente Odg:
1. Preghiera introduttiva sulla Liturgia dom.le
2. Visione degli Atti del Convegno diocesano 2010
3. Il programma pastorale 2010-2011: “Condividiamo la Speranza, testimoniando la Carità”.
4. L’Avvento 2010
5. Varie ed eventuali

Mercoledì 17 ore 21.00: Condividiamo la Parola
Giovedì 18, ore 18.30: Messa in chiesa p.le

Venerdì 19, ore 20.00: Preparazione al Matrimonio

Sabato 20
XXXIV DOMENICA DELL’ANNO C
ore 18.30: Messa in chiesa p.le

DOMENICA 21

ore 9.00: Messa in S. Giorgio

ore 11.00: Messa in chiesa p.le

ore 15.30: Incontro diocesano fidanzati e famiglie

Approfondiamo la parola domenicale: 14 novembre 2010

PAROLA CHE SI FA VITA

Alcuni brani biblici a commento della Parola domenicale:
ci aiutano ad accoglierla come avvenimento di salvezza nella nostra vita.

L’amore rimane fino alla fine.

1Corinti 13,8-13 Isaia 8,11-23 Marco 13,24-27
Niente paura; siamo figli!

Romani 8,14-25. 31-39 Apocalisse 5,1-9, 6, 1-2. 9-11

Figli di Dio: passati da morte a vita.
Matteo 28,1-10

Puoi pregare:

Salmo 75 - Dio salva chi sta in basso.

Salmo 93 - Fai giustizia e mostrati!

Salmo 95 - Giudica il mondo con giustizia.

Una comunità che celebra la Liturgia domenicale. 14 novembre 2010 - Domenica 33 dell'anno C

IL RITORNO DI GESÙ, PRINCIPIO E FINE DI TUTTO
La liturgia di questa penultima domenica del tempo ordinario C non è di immediata



comprensione, perché presuppone la conoscenza del contesto giudaico e dei movimenti


culturali e religiosi che vanno dal sec. II a. C. alla prima metà del sec. I d. C. Abbiamo


già detto a più riprese che l’orizzonte culturale e religioso di questo periodo è


l’escatologia, cioè la riflessione filosofico-religiosa che riguarda le «cose ultime» (gr.


èskata). Questa prospettiva finale è vista come un evento grandioso, al tempo stesso di


terrore e di gioia, perché svela la realtà intima degli esseri umani e realizza finalmente


l’instaurazione del Regno di Dio. Questa visione al tempo di Gesù veniva descritta in


forme culturali e categorie di pensiero che vanno sotto il nome di apocalittica e riguarda


la fine del mondo. Il termine proviene dal greco apokalýpsis e significa letteralmente «rivelazione,


manifestazione»; essa risponde alla domanda: «Come finirà il mondo?» e questo


«come» è descritto con lo schema di una guerra, un cataclisma titanico che vedrà


apporsi il bene e il male, i figli della luce contro i figli delle tenebre. A questo appuntamento


bisogna prepararsi in tempo, scegliendo il campo in cui stare. Il movimento


apocalittico era molto fervente al tempo di Gesù, perché era il tempo dell’arrivo del


Messia, il tempo del compimento che sarebbe coinciso con la fine di tutto l'ordine sociale,


la restaurazione di Israele e il raduno finale di tutti i popoli sul colle di Sion. Per


avere un saggio di tale contesto, si potrebbe leggere il «Rotolo della Guerra dei figli della


luce contro i figli delle tenebre, ritrovato tra gli scritti della comunità di Qumran.


Lo scenario di questo appuntamento è descritto in una forma letteraria mutuata dalla


rivelazioni bibliche: terremoti, lampi, tuoni, guerre, sconvolgimenti, malattie. Questa


descrizione non può e non deve essere presa alla lettera perché è un genere letterario


comune a tutti i popoli del Medio Oriente dell’epoca. Oggi Gesù non parlerebbe così,


ma userebbe le categorie e le immagini prese in prestito dalla realtà attuale: globalizzazione,


crisi ecologica, migrazioni dei popoli, etc. Proviamo pertanto ad andare più a


fondo e comprendere il messaggio della liturgia di oggi che non vuole assolutamente


spaventarci, ma rassicurarci sul nostro futuro.


La 1a lettura riprende il tema del giorno di fuoco o giorno di YHWH che è tipica della predicazione


profetica (Mal 3,2; cf. Is 10,16-17; 65,5; Ger 17,27; Am 1,17; 5,18; Sof 1,18;


3,8; Zc 12,16). L’espressione «sole di giustizia» proviene dalla mitologia fenicia che dedicava


un intero mese, corrispondente al nostro mese di ottobre, al sole, considerato e


venerato come un «dio»: da ciò si desume che forse l’autunno era considerato il tempo


della fine. Dopo il diluvio, Dio si era impegnato con Noè a non distruggere più la terra


attraverso l’acqua (Gen 9,12-17): è logico, quindi, che i profeti pensino al giudizio


come fuoco per la sua doppia caratteristica: distruttiva e purificatrice. Il NT cercherà


di spiritualizzare il giorno di YHWH, accentuando il carattere purificatore del fuoco (At


2,1-4; 3,11; 1Cor 3,13). Nessuno è autorizzato a vedervi immagini dell’inferno o del


purgatorio perché il fuoco è solo un’immagine descrittiva dell’intervento di Dio.


La seconda lettera ai Tessalonicesi termina con l’appello di Paolo al lavoro come fonte di libertà.


Ingannati da una falsa attesa della fine del mondo, i cristiani di Tessalonica si abbandonano


all’ozio perché pensano che la fine è vicina; nell’attesa, sfruttano la


generosità degli altri (cf. anche 1Ts 4,10; 5,14). Con costoro non bisogna avere alcuna


relazione: nessuno li deve aiutare per non essere complici dello sfruttamento. Anche


nel dare aiuto bisogna avere un discernimento per distinguere i poveri dai profittatori.


Paolo invita costoro a convertirsi e a riprendere il lavoro, presentando se stesso come


modello: l’apostolo ha sempre lavorato con le sue mani per non essere di peso ad alcuno


e per dare l’esempio, perché il lavoro gli garantiva la libertà di ministero, escludendo


ogni apparenza di lucro o di interesse (v. 9; cf. 1Cor 9,12-18; 2Cor 11,7; 12,13). Nel


contesto del mondo greco che disprezzava il lavoro, considerato un’attività da schiavi,


è una bella rivoluzione: il lavoro diventa la fonte della libertà e della dignità dell’apostolo.


Il vangelo descrive una situazione di decadenza e di confusione, dove tutti cercheranno


di approfittare di tutti, senza ritegno. Vi sarà un fiorire di «messia» e ognuno dirà di


avere l’esclusiva di Dio. La fine del mondo è mutuata dalle categorie culturali e lettera -


rie del profeta Daniele che annuncia guerre e cataclismi prima dell’arrivo del Regno di


Dio (Dn 2,28). Mt descrive la scena secondo il genere apocalittico giudaico alla luce del


Messia davidico che inaugura il Regno finale di Dio (cf. 24,4-13); Lc invece sfuma la


questione dei falsi messia perché è un argomento che tocca marginalmente i Greci,


mentre è una questione fondamentale per gli Ebrei. Allo stesso modo non parla del -


l’immagine apocalittica della fine perché i suoi uditori sono estranei alla mentalità


ebraica. Dobbiamo stare attenti ad incarnare la Parola di Dio, che è unica, nel contesto


in cui viene annunciata, utilizzando parole e segni «significativi» per la generazione che


ascolta. Invochiamo lo Spirito Santo perché ci apra la mente e il cuore a sapere discer -


nere il modo di parlare agli uomini e alle donne del nostro tempo.

INVOCAZIONI PENITENZIALI

Maestro, tu ci sei vicino, ma noi non annunciamo la tua presenza.
Signore, pietà!

Cristo risorto, tu vieni sempre tra noi, ma noi non perseveriamo nell’attesa.
Cristo, pietà!

Signore Gesù, tornerai per stabilire la tua giustizia, ma noi non la desideriamo.
Signore, pietà!

INNO DI LODE: Gloria a Dio…

PREGHIERA DELL’ASSEMBLEA - COLLETTA
+ O Padre, principio e fine di tutto, tu raduni l’intera umanità nel Tempio vivo che è il tuo Figlio. Fa’ che, attraverso le vicende liete e tristi dell’esistenza, siamo forti nella speranza della tua presenza e certi che, perseverando nella prova, possederemo la Vita vera.
Per il nostro Signore… Amen!

LITURGIA DELLA PAROLA

Dal libro del profeta Malachìa 3,19-20

Io, il Signore dell’universo, affermo: «Ecco, sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà, fino a non lasciare loro né radice né germoglio. Per voi, che mi riconoscete come Signore, sorgerà come sole con raggi benefici la mia giustizia ». Parola di Dio!

Salmo responsoriale - 97

R./ Il Signore giudicherà il mondo con giustizia.

Laudate Dominum...omnes gentes. Alleluja!


1. Cantate inni al Signore con la cetra,

con melodie d’arpa e di tromba;

al suono del corno acclamate

davanti al re, il Signore.

2. Frema il mare e quanto contiene,

il mondo e i suoi abitanti.

I fiumi battano le mani,

esultino insieme le montagne.

3. Esultino davanti al Signore che viene:

egli viene a giudicare la terra.

Giudicherà il mondo con giustizia

e i popoli con rettitudine.



Dalla seconda lettera di s. Paolo apostolo ai Tessalonicési 3,7-12

Fratelli e sorelle. Sapete in che modo dovete prenderci a modelli: noi infatti non siamo stati oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi. Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.
Parola di Dio!

Alleluja, alleluja!

Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. Alleluja!

+ Dal vangelo secondo Luca 21,5-19

[In quei giorni, mentre Gesù insegnava nel Tempio e proclamava il lieto annuncio], alcuni parlavano delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano.

Gesù disse loro: «Verranno giorni nei quali, di tutto quello che vedete, non resterà pietra su pietra che non sarà demolita». Gli domandarono: «Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno, quando starà per accadere?». Rispose: «Fate attenzione a non lasciarvi ingannare. Molti verranno nel mio nome dicendo: "Sono io" e: "Il tempo è vicino"; non seguiteli! Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono accadere queste cose, ma non è subito la fine».

Poi diceva loro: «Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi nel cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome.

Questo vi darà occasione di render testimonianza. Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

Parola del Signore!

PROFESSIONE DI FEDE-SIMBOLO DEGLI APOSTOLI

Io credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.

LA PAROLA SI FA PREGHIERA
+ Fratelli e sorelle, nell’attesa del giorno del Signore, uniamo i nostri cuori e le nostre voci in una preghiera unanime e fiduciosa: R./ Facci vivere nel tuo amore.

1. Padre, tu ci raccogli nella comunione della tua Chiesa, custodiscila e: facci vivere nel tuo amore.

2. Padre, aiutaci a valorizzare il tempo presente: facci vivere nel tuo amore.

3. Figlio del Dio vivente, tu conosci le nostre prove e la nostra povertà: facci vivere del tuo amore.

4. Figlio del Dio vivente, risveglia nella nostra vita un desiderio di pace e di giustizia: facci vivere del tuo amore.

5. Spirito santo, rendici sensibili ai problemi e ai progetti di chi lavora la nostra terra: facci vivere del tuo amore.

6. Spirito santo, donaci la gratitudine per i frutti della terra nel mistero di questa Eucaristia: facci vivere del tuo amore.

DALLA PAROLA ALL’EUCARISTIA
+ Ti ringraziamo, Padre per il tuo figlio Gesù Cristo, sole di giustizia e speranza di tutti i popoli. Attraverso il suo Spirito, tu ci doni i beni del mondo futuro misticamente significati nel pane e vino che ti presentiamo, già inizio per noi della nuova creazione in Cristo… Amen!

LITURGIA EUCARISTICA

PREGHIERA EUCARISTICA - Acclamazioni

+ Prendete, e mangiate… per voi.

- E’ il Signore Gesù: si offre per noi!

+ Prendete, e bevetene… memoria di me.

- E’ il Signore Gesù: si offre per noi!

+ Mistero della fede!
Annunciamo la tua morte, Signore; proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta!

ALLA COMUNIONE
“Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita” - dice il Signore.

Giornata del Ringraziamento: 14 novembre 2010

"Tu apri la tua mano e sazi il desiderio di ogni vivente".
Messaggio per la Giornata del Ringraziamento

E’ un’occasione sempre preziosa per esprimere riconoscenza a quanti operano nel mondo rurale e ci procurano il nutrimento quotidiano mediante un lavoro impegnativo e spesso faticoso. (…) è anche un’occasione importante di riflessione sui problemi che il mondo rurale sta vivendo, acuiti dal protrarsi degli effetti di una crisi economica e finanziaria di portata mondiale.

Tutti abbiamo toccato con mano i pericoli in una finanza disgiunta da un’economia di produzione reale. Siamo anche consapevoli della fragilità di un sistema economico che, per sostenersi, ha bisogno di accrescere a dismisura i consumi di massa. È sempre più difficile il corretto bilanciamento fra la salvaguardia dell’ambiente e la necessità di assicurare posti di lavoro alle nuove generazioni.

A partire da questi semplici spunti, ci è chiesto di riflettere su come l’agricoltura italiana, nelle differenti situazioni che la caratterizzano, possa raccogliere e affrontare la sfida imposta dalla globalizzazione. Puntando sulla multifunzionalità, cioè sulla sua capacità come settore primario di dare luogo a produzioni congiunte, la nostra agricoltura dovrà essere in grado di creare un nuovo modello di sviluppo, capace di rispondere adeguatamente alle attese del Paese.

È fondamentale che anche il lavoro agricolo e rurale si caratterizzi per una rinnovata e chiara consapevolezza etica, all’altezza delle sfide sempre più complesse del tempo presente. In questa linea, sarà importante impegnarsi nell’educazione dei consumatori. Questo legame relazionale, da basare sulla fiducia reciproca, costituisce una grande risorsa: sempre più il consumatore è chiamato a interagire con il produttore, perché la qualità diventi prevalente rispetto alla quantità.

Si tratta di diffondere comportamenti etici che facciano emergere la dimensione sociale dell’agricoltura, fondata su valori perenni, da sempre fecondi, quali “la ricerca della qualità del cibo, l’accoglienza, la solidarietà, la condivisione della fatica nel lavoro”. Troveranno così spazio di dignità tutti coloro che lavorano nel mondo rurale, in particolare i braccianti, soprattutto se provengono dall’estero, spesso ancora vittime dello sfruttamento e dell’emarginazione. Ognuno deve sentirsi accolto, rispettato e valorizzato. In tal modo il mondo agricolo sarà palestra di integrazione sociale e leva preziosa di crescita economica, quale premessa e condizione del progresso sociale.

In questo tempo di crisi, un segnale positivo è rappresentato dal ritorno all’impresa agricola di giovani laureati, che sentono questo lavoro come una “vocazione”, che dona loro dignità e piena valorizzazione. A noi la gioia di saperli accogliere, sostenendoli con motivazioni etiche, in grado di sostenerli nel tempo.
Essenziale sarà, in questa linea, l’azione delle aggregazioni laicali e delle organizzazioni di settore di ispirazione cristiana, senza le quali il fermento del Vangelo difficilmente raggiunge in maniera efficace gli snodi della vita quotidiana e penetra gli ambienti più fortemente segnati dal processo di secolarizzazione.


Un ulteriore segno di speranza è rappresentato dalle cooperative agricole. Sono un dono grande per la costruzione di un modello economico ispirato ai principi etici.

Il pluralismo delle forme d’impresa costituisce, infatti, un elemento imprescindibile per uno sviluppo equilibrato. Al suo interno, la forma cooperativistica, per la sua struttura a rete, sa reggere meglio di altre gli effetti di una crisi anche prolungata.

Spetta a noi rilanciare in alto tali motivazioni, puntando alla formazione dei giovani, dentro il solco della scelta educativa, che la Chiesa in Italia ha coraggiosamente deciso di fare propria in questo decennio. Lo sguardo al Pane del cielo dia fecondità al nostro impegno per il pane della terra: senza cielo non si può vivere, mentre con il cielo le nostre terre diventeranno un giardino.