venerdì 13 novembre 2009

Le lectio del prete Carmine Miccoli

Marco 13, 24-32


Note di esegesi per la comprensione del testo
Per capire il senso di questo brano del vangelo che appartiene al genere apocalittico,
bisogna rifarsi al contesto storico in cui le idee e i testi sono nati e si sono
sviluppati; senza questa ricostruzione dell'ambiente storico e culturale, questi testi
alimentano il fondamentalismo religioso e la paura irragionevole, che è il contrario
della fede. Ogni documento orale o scritto, infatti, nasce come opera per i
contemporanei e solo dopo diventa testimonianza del passato per le generazioni
future, con un insegnamento che supera la dimensione dell’attualità per situarsi in
una prospettiva più ampia.
Nella primavera del 40, a Jamnìa1, i Giudei avevano distrutto un’ara costruita in
onore dell’imperatore Caligola, considerandola una profanazione della Terra d’Israele;
Caligola, volendo umiliare i Giudei, ordinò al suo legato in Siria Publio Petronio
di erigergli una statua d’oro nel cuore stesso di Gerusalemme, all’interno
del Tempio, nel Santo dei Santi. Publio Petronio, ben consapevole delle conseguenze
nefaste di questa folle decisione, senza disobbedire all’imperatore, temporeggiò,
adducendo scuse di vario genere fnché non sopraggiunse la notizia dell’assassinio
dell’imperatore. Trent’anni dopo, il 6 agosto del 70, il generale Tito entrò a
cavallo nel Santo dei Santi del Tempio già incendiato, profanandolo davanti agli occhi
attoniti e atterriti dei Giudei, che videro in quel sacrilegio l’inizio della fne del
mondo; da quel giorno cessarono i sacrifci e in Israele scomparve il sacerdozio.
La tassa per il Tempio dovuta dai Giudei fu mantenuta, ma venne trasferita al tempio
di Giove sul Campidoglio, a Roma. Tutto si capovolse: il Tempio, che era stato
interdetto ai Pagani2, ora viene profanato dai Romani e proibito ai Giudei, che da
lontano potevano vedere compiersi la profezia di Daniele (cf. Dn 11,31; 12,11).
Anche il Vangelo si riferisce esplicitamente a questi fatti (cf. Mt 24,1-2; 15-23): Gerusalemme
non è più la Città Santa, ma un «panno immondo», come aveva previsto
il profeta autore delle Lamentazioni (cf. Lam 1,1.4.5.6). «Da quel giorno, i Giudei
hanno avuto per città il mondo intero, e per Tempio il proprio cuore»3: inizia
infatti la diaspora defnitiva del popolo d’Israele e il lungo processo di disprezzo e
di emarginazione, che il Cristianesimo ha poi alimentato e diffuso, contribuendo
non poco alla persecuzione che culminerà nella Shoàh, e che continua ancor oggi,
nonostante la nascita dello Stato d'Israele.

Il brano del vangelo appartiene alla cosiddetta «piccola apocalisse»4 e può essere
debitrice ad un documento preesistente giudaico, andato perduto, che descriveva
in modo angoscioso la distruzione del Tempio. Sicuramente il documento circolò
tra i cristiani i quali in un primo tempo pensavano che la morte e la risurrezione
di Gesù fosse l’ultimo atto della storia e del mondo; d'altronde, abbiamo molti
esempi nel NT dell’attesa della fne del mondo, fno ad atteggiamenti estremi,
come ci segnala l'intervento critico di Paolo alle varie comunità cristiane (cf. 2Ts
3,10). I cristiani di Gerusalemme, in questa prospettiva di apocalisse immediata,
vendono le loro proprietà dividendo il ricavato tra i poveri e diventando ben presto
tutti miseri; per ovviare all’indigenza diffusa a Gerusalemme da questo atteggiamento
estremo, Paolo organizzò una colletta tra i cristiani di origine greca per
venire in soccorso dei cristiani della Chiesa madre (cf. Rm 15,26; 1Cor 16,1), ponendola
come un segno sacramentale della comunione tra le chiese, in cui i «pagani
» sovvenivano ai bisogni della Chiesa madre «giudea». È la logica dello Shema‛
Israel che guida anche i cristiani nella condivisione del Pane, della Parola e di
ogni bene spirituale e materiale: amare con l’anima, con il cuore e con le forze.
Lentamente la chiesa primitiva cominciò a capire che la storia non sarebbe fnita
subito, ma che il Signore avrebbe concesso ancora un tempo supplementare per
dare tempo a tutti/e di trovare la strada del Regno (cf. 2Pt 3,8-10). Si giunge a
prendere coscienza, quindi, che la distruzione di Gerusalemme non è la fne del
mondo, ma la fne di un’epoca, di una religione, di un modo di percepire la divinità
e i rapporti sociali. Ciò che doveva accadere «adesso» viene trasferito «alla fne»,
mantenendo il linguaggio apocalittico con cui la si esprimeva. Questa elaborazione
gradualmente si trasforma in teologia della storia: si comincia a vedere che il
mondo vive senza Tempio, senza culto e sacrifci; tutto si spiritualizza, cessa la divisione
tra «sacro» e «profano», perché Dio «opera tutto in tutti» (1Cor 12,6) e
dal momento in cui il velo del Tempio si è squarciato in due (cf. Mc 15,38), nulla è
estraneo a Dio perché il luogo dell’incontro tra l’umano e il divino è solo ed
esclusivamente l’umanità del Figlio di Dio.
La fne del mondo è nascosta in Dio quanto al tempo e alle modalità perché
«quanto a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio,
eccetto il Padre» (Mc 13,32; cf. Mt 24,36). Contenuti e linguaggio dell'apocalittica
classica sono mutuati anche nell'immagine della foritura del fco: un immagine
positiva e gioiosa, che in natura segna il passaggio dall’inverno alla primavera
e nell’AT è simbolo di benedizione e prosperità (cf. Gl 2,22), in questo contesto
acquista il valore e il senso di un segno premonitore della catastrofe fnale. Il fco
infruttifero è segno di sventura, il fco che porta frutti maturi è segno di benedizione.
Lo stesso albero che indicava la sapienza d'Israele e la religione fondata sul

Tempio diventa capace di esprimere la fne della religiosità precedente e il
compimento delle promesse dell'Alleanza. La distruzione del Tempio diventa un
paradigma, un segno che alla fne della storia tutto avrà termine, quando il Cristo
riapparirà di nuovo per il giudizio fnale: è la parusia (dal greco parà-eimì, “sono
presente/arrivo”) che indica l’avvento di Cristo, e allo stesso tempo la sua
presenza nascosta. I credenti invocano e si preparano a questo giorno con
l’invocazione aramaica testimoniata da Paolo e dall'Apocalisse: «Maràna tha! O
Signore, vieni!» (1Cor 12,22).
Il messaggio di fondo che il vangelo vuole darci è una vera e propria chiave di lettura
della storia e della vita: esse non dipendono dai capricci degli esseri umani o
del caso, perché l’una e l'altra sono il luogo privilegiato in cui Dio parla a chi ha
orecchi capaci di ascolto nella fede. Noi non abbiamo la disponibilità del futuro,
che dipende da Dio e si eprime nella nostra responsabilità concreta di scelta e
decisione. La storia ha un senso perché è la confuenza della presenza di Dio e
della libertà umana che si realizzano nella fatica, nella ricerca, nel confronto, nella
pazienza e nella preghiera, per giungere sempre più ad uno sguardo illuminato capace
di discernere con sapienza. Noi sappiamo che tutto ha un termine e tutte le
cose fniranno: ciò non ci sconvolge, perché arriveremo a quel traguardo camminando
sui sentieri della nostra realizzazione alla costante ricerca della gioia e della
felicità. Su questo cammino spesso troviamo ostacoli e inciampi, dolori e sofferenze,
lacerazioni e sconftte; sperimentiamo la frattura di relazioni affettive, eppure
constatiamo che la morte non è in grado di spezzarle del tutto. Camminiamo
verso la nostra morte consapevoli che moriremo come abbiamo vissuto, per
questo viviamo la vita con impegno e amando perché la morte sarà la testimonianza
fnale del nostro essere noi stessi. Dobbiamo vivere questa tensione positiva
e continua, giorno dopo giorno, sempre pronti, vivendo la profondità di ogni
esperienza di vita e la precarietà della nostra esistenza. Così noi vinceremo un’altra
esperienza di «fne», che è la morte vera, quella senza speranza, in cui la fne
del mondo per ciascuno di noi viene ogni volta che non viviamo il comandamento
dell’amore e lo tradiamo nei fatti: tutte le volte che noi non amiamo non solo
siamo morti noi, ma muore il mondo intero.
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1 Jamnìa (o Yavnè) si trova tra Tel Aviv e Ashdod, a 10 km dal mar Mediterraneo; la città fu
sede della scuola giudaica farisaica al centro della grande riforma del Giudaismo che da
qui partì per opera della corrente dei farisei dopo la distruzione del Tempio. In questa cittadina,
intorno alla fne del I secolo, fu sancita la separazione defnitiva con il Cristianesimo,
ormai diffuso in Palestina e oltre, e fu defnitivamente defnito il canone dei libri giudaici,
cioè la Bibbia ebraica, in uso ancora oggi.
2 Dal tempo di Erode il Grande (73 d. C. – 4 a. C.) l’ingresso nell’atrio interno del Tempio
era interdetto, sotto pena di morte, agli incirconcisi; era il solo caso in cui i Giudei potevano
amministrare lo ius gladii, di norma riservato agli occupanti romani.
3 G. Ricciotti, Storia d’Israele, Torino, 19495, vol. II, p. 539.
4 Mc 13, assieme ai capitoli paralleli degli altri sinottici (Mt 24-25; Lc 21), è modellato su
una «piccola apocalisse» giudaica, ispirata al profeta Daniele (cf. 7-8.14-20.24-27), integrata
con parole pronunciate da Gesù e raccolte dalle prime comunità cristiane (cf. 5-6.9-13.21-
23.28-37); cf. J. Dupont, Le tre apocalissi sinottiche, Bologna, 1987.

A proposito della sentenza della Corte europea sui crocifissi

UNA PRESENZA IRRIDUCIBILE


La sentenza dellaCorte europea dei diritti dell’uomo contro i crocifissi nelle
aule scolastiche ha suscitato una vasta eco di proteste: giustamente quasi
tutti gli italiani - l’84%secondo un sondaggio delCorriere della Sera - si sono
scandalizzati della decisione.
«E voi chi dite che io sia?». Questa domanda di Gesù ai discepoli ci raggiunge
dal passato e ci sfida ora.
QuelCristo sul crocifisso non è un cimelio della pietà popolare per il quale
si può nutrire, almassimo, un devoto ricordo.
Non è neppure un generico simbolo della nostra tradizione sociale e
culturale.
Cristo è un uomo vivo, che ha portato nelmondo un giudizio, una esperienza
nuova, che c’entra con tutto: con lo studio e il lavoro, con gli affetti
e i desideri, con la vita e lamorte. Un’esperienza di umanità compiuta.
I crocifissi si possono togliere, ma non si può togliere dalla realtà un
uomo vivo. Tranne che lo ammazzino, come è accaduto: ma allora è più
vivo di prima!
Si illudono coloro che vogliono togliere i crocifissi, se pensano di contribuire
così a cancellare dallo “spazio pubblico” il cristianesimo come esperienza
e giudizio: se è in loro potere -ma è ancora tutto da verificare e noi
confidiamo che siano smentiti - abolire i crocifissi, non è nelle loromani togliere
dei cristiani vivi dal reale.
Ma c’è un inconveniente: che noi cristiani possiamo non essere noi stessi,
dimenticando che cos’è il cristianesimo; allora difendere il crocifisso sarebbe
una battaglia persa, perché quell’uomo non direbbe più nulla alla nostra vita.
La sentenza europea è una sfida per la nostra fede. Per questo non possiamo
tornare con tranquillità alle cose solite, dopo avere protestato scandalizzati,
evitando la questione fondamentale: crocifisso sì, crocifisso no, dov’è
l’avvenimento diCristo oggi?O, detto con le parole diDostoevskij: «Un
uomo colto, un europeo dei nostri giorni può credere, credere proprio, alla
divinità del figlio di Dio, Gesù Cristo?».

Comunione e Liberazione

Novembre 2009.

Approfondiamo la Parola: 15 novembre 2009 - XXXIII Domenica T.O. B


Parola che si fa Vita

Alcuni brani biblici a commento della Parola domenicale:
ci aiutano ad accoglierla come avvenimento di salvezza nella nostra vita.

Apocalisse 5,1-9; 6,1-2.9-11
Tu solo puoi aprire i sigilli perché sei stato immolato.

Romani 8,14-19. 31-39
Non più schiavi... ma figli, il cui Spirito grida: Padre!

1Corinzi 13,8-13
Tutto svanisce: solo l’Amore resta!

Matteo 28,1-10
Non temete: è risorto!

Agenda settimanale: 16-22 novembre 2009


Agenda settimanale
16 - 22 Novembre 2009
* * *

Lunedì 16, ore 21.00 - Messa a Paglieroni

Martedì 17, ore 18.30 - Messa a S. Giorgio
ore 21.00 - Commissione liturgica:
Animazione del tempo di Avvento

Mercoledì 18
ore 21.00 - Condividiamo la Parola

Giovedì 19, ore 18.30 - S. Messa in chiesa ore 21.00: Catechisti dell’I.C.
Programmiamo l’Avvento.

Venerdì 20
ore 21.00 - Genitori gruppo Nazaret

Sabato 21
Cristo Signore dell’Universo
ore 18.30 - S. Messa in chiesa p.le

Domenica 22

ore 9.00 - S. Messa in san Giorgio
ore 11.00 - S. Messa in chiesa p.le
ore 15.00 – Parrocchia di Guastameroli
Incontro diocesano catechisti:
“Cercare Dio, sempre:
ascoltare–comunicare–condividere”

Una Comunità che celebra - La Liturgia domenicale: XXXIII Domenica T.O.B - 15 novembre 2009

GESU’, è LUI il nostro FUTURO!

Invocazione penitenziale

Signore Gesù, vieni a radunare tutti gli esseri umani, e salvaci!
Signore, pietà!
Cristo Risorto, vieni a far nuove tutte le creature e perdona noi peccatori.
Cristo, pietà!
Sacerdote della nuova Alleanza, santifica i tuoi fratelli con il tuo sacrificio.
Signore, pietà!

Inno di lode: Gloria a Dio…

Preghiera dell’Assemblea

+ O Padre, sostienici nel credere che tu che vegli sulle sorti dell’umanità e che quanti dormono nella polvere si risveglieranno. Donaci il tuo Spirito perché, operosi nella carità, attendiamo ogni giorno la manifestazione gloriosa del tuo Figlio, che verrà per riunire tutti i chiamati nel suo regno. Egli è Dio e vive… Amen.

LITURGIA DELLA PAROLA

Dal libro del profeta Daniele 12,1-3

Ora, in quel tempo, sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo. Sarà un tempo di angoscia, come non c’era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro. Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre.
Parola di Dio.

Salmo responsoriale - 15

R./ Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
[Confitemini Domino, quoniam bonus. Alleluja!]

Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.
Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai
la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.

Dalla lettera agli Ebrei 10,11-14.18

11 Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e a offrire molte volte gli stessi sacrifici, che non possono mai eliminare i peccati. Cristo, invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi. Infatti, con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati. [15A noi lo testimonia anche lo Spirito santo]. (Infatti, dopo aver detto (Geremia 31,33-34): 16Questa è l'alleanza che io stipulerò con loro dopo quei giorni, dice il Signore: io porrò le mie leggi nei loro cuori e le imprimerò nella loro mente, dice: 17e non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità). 17Ora, dove c’è il perdono [dei peccati e delle iniquità], non c’è più offerta per il peccato.
Parola di Dio.

Alleluja, alleluja!
Vegliate e state pronti, perché non sapete in quale giorno verrà il Signore. Alleluja!

+ Dal vangelo secondo Marco13,[1-4]24-32

Mentre stava sul monte degli ulivi, seduto di fronte al Tempio, Gesù disse ai suoi discepoli [che lo interrogavano in disparte sui segni della distruzione del Tempio]: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria (Daniele 7,13-14). Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».
Parola del Signore!


Professione di Fede
Simbolo Niceno - Costantinopolitano


La Parola si fa Preghiera

+ Fratelli e sorelle, il Signore Gesù siede alla destra del Padre e intercede per noi. A lui rivolgiamo con fiducia la nostra preghiera:
R./ Ascoltaci, Signore!

- Nella tua Chiesa ognuno possa esprimere la propria vocazione; preghiamo.

- Chi governa sappia leggere segni dei tempi in un umile ascolto; preghiamo.

- Chi vive nell'angoscia o in ristrettezze economiche, trovi in noi cristiani conforto e concreto sostegno; preghiamo.

- Gli adulti della nostra comunità avvertano la necessità di una continua formazione umana e cristiana; preghiamo.

- L’umanità spesso afflitta dalla crisi, dalle guerre, dall’ingiustizia sociale, trovi nella solidarietà la fiducia per il proprio futuro di pace, preghiamo.

- L’Eucaristia che celebriamo alimenti in noi la speranza per vivere la precarietà del tempo presente; preghiamo.

Dalla Parola all’Eucaristia

+ Ti ringraziamo, o Padre, che nel tuo Figlio Gesù compi ogni nostra attesa. Il pane e il vino che portiamo siano il segno che in Lui ogni bene è portatore di vita e alimenta la nostra speranza di vita incorruttibile. Per Cristo... Amen!

Preghiera Eucaristica - Acclamazioni

+ Prendete, e mangiate… per voi.
- E’ il Signore Gesù: si offre per noi!

+ Prendete, e bevetene… memoria di me.
- E’ il Signore Gesù: si offre per noi!

+ Mistero della fede!
- Annunciamo la tua morte,Signore;
proclamiamo la tua risurrezione;
nell’attesa della tua Venuta!

Alla Comunione
“Il Figlio dell’uomo manderà
i suoi angeli e riunirà gli eletti
dall’estremità della terra”.
L’oggi è tempo di stupore:
...un incontro sorprendente

Non è facile riassumere in poche righe
l’incontro di catechesi comunitaria di mercoledì.
Abbiamo potuto nuovamente mettere a fuoco
Il significato della nostra formazione: crescere noi insieme per gli altri.
Per questo abbiamo scelto un percorso che viene proposto dall’Azione cattolica adulti: “Questo è il tempo. La gioia dell’incontro”
La riflessione parte dal vissuto quotidiano,
alla ricerca del senso (significato e direzione) del nostro oggi spesso fonte di ansia
per il passato che ci perseguita e il futuro
che ci inquieta.

L’oggi del credente è tempo di avvenimento
nel quale Dio in-con-tra noi.
Da qui la luce che illumina da dentro
il nostro presente e ci permette di vivere
il passato come un memoriale salvifico
e il futuro come l’attesa di un incontro.

In piccoli gruppi siamo stati guidati nella riflessione e nel dialogo da un testo di catechesi della Chiesa belga; da “La vita è adesso”di Baglioni; da alcuni passi della lettera di Benedetto XVI sulla Speranza, dai brani del vangelo di Luca dell’Annunciazione e dell’Incontro di Maria con Elisabetta.

“Grazie per quest’incontro, mi ha toccato molto… ha centrato un punto fondamentale della mia vita che, per paura di non so cosa, continuo ad evitare…
Parlarne tutti insieme mi fa sentire meno sola
e mi mette di fronte a me stessa”.

Abbiamo bisogno di fare insieme questa esperienza e di aprirci agli altri per poter condividere con loro un cammino di ricerca e di ascolto, che speriamo possa nascere in futuro nella nostra comunità. Invochiamo lo Spirito che ci dia coraggio e forza per dar vita a cellule vive, a gruppi di ascolto e di condivisione, animati con semplicità dalla nostra fraternità.

"E’ stato importante capire che la ricerca continua
di un equilibrio tra il “ieri non vissuto e carico
di rimpianti” ed il “domani incerto, ma carico
di attese” è comune a tanti. Scoprire ancora una volta che la difficoltà di vivere “l’OGGI”, di cercare la pienezza nel presente non è un problema
solo mio, aiuta ad accettare questa sfida continua
e a “sperare” di poterla vincere".

Ti ringrazio, mio Dio, che per amarti
non ho che adesso”.
Teresina di Lisieux
La vita… è adesso!

Alcuni passaggi della canzone di Claudio Baglioni (vedi ultima pagina) riflettono bene
il nostro atteggiamento nel vivere il nostro oggi… Siamo sempre dibattuti
tra nostalgie e sogni, che spesso ci portano a vivere alla giornata.
Non è solo dei giovani la tendenza a vivere l’attimo fuggente all’insegna
del carpe diem, quasi che sia impossibile fare progetti a lunga durata
e che ci si debba accontentare di ciò che oggi si riesce a valorizzare.
E’ così che sfugge tra le mani la possibilità reale di vivere l’esistenza
con le sue sfide, le sue opportunità… i suoi guai.
E’ più facile evadere o rimanere in superficie, senza cogliere il valore
di ciò che viviamo, che è ciò che siamo!
In questo modo, anche per noi cristiani il tempo è come piatto, fisso…
scorrono i giorni, scorrono le ore e l’unico risultato è che invecchiamo?
Chiederci il senso (direzione e significato) della storia, dell’esistenza
non è un’attività filosofica, ma la ricerca di una Presenza che ci appare,
improvvisa e non sempre nitida; in una Parola da ascoltare e comprendere;
in una Persona da accogliere e conoscere… giorno per giorno.
La scoperta vera per un cristiano è quella del proprio presente abitato,
di un oggi che diventa avvenimento di salvezza.

Oggi… voglio entrare in casa tua!

Il dono più grande che possiamo fare ai nostri amici è di condividere con loro questa realtà, di poterla gustare insieme… di darle spazio, verso orizzonti
inimmaginabili per noi soli, irraggiungibili... di diventare in noi Speranza.


La redenzione, la salvezza, secondo la fede cristiana, non è un semplice dato di fatto.
La redenzione ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza,
una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente:
il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato
e conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri,
se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino.
Benedetto XVI, Spe salvi 1

La nostra speranza non è un ideale astratto o un valore assoluto,
ma una Persona, Gesù di Nazaret che ha dato a ciascun essere umano
la certezza di essere amato!


martedì 10 novembre 2009

Al servizio del "bene comune" - Messaggio dei Vescovi di Abruzzo e Molise - Febbraio 2009

L’inizio del Nuovo Anno 2009, pur segnato da una preoccupante recessione economica e da una crisi che già sta incidendo negativamente sulla serenità di tante persone, è occasione propizia per ravvivare la speranza ritrovando le ragioni vere di un rinnovato impegno. Come Vescovi e Pastori non possiamo ignorare la sofferenza e il disagio delle famiglie che vedono diminuire sempre più i mezzi indispensabili di sussistenza, né possiamo restare indifferenti davanti alla disaffezione verso la partecipazione democratica alla vita del Paese, quando l’alta percentuale di astensione al voto manifesta la sfiducia verso le istituzioni politiche. Per questo abbiamo deciso di proporre una riflessione alle nostre comunità e a tutti gli uomini e le donne di Abruzzo e Molise perché ci sentiamo interpellati con loro in un esame di coscienza che, lungi dal farci sentire giudici gli uni degli altri, può costituire la base di rilancio e di rinnovato impegno per tutti.

I. La perenne attualità delle Beatitudini evangeliche.

Le Beatitudini si ripropongono con urgenza alla nostra coscienza. Tutti siamo chiamati a verificarci sulle parole di Gesù: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Evochiamo soltanto qualcuna delle beatitudini. La povertà, quella che incrociamo lungo le strade, ma anche come scelta di una vita più sobria e aperta alla condivisione, mai al di sopra delle proprie possibilità; la mitezza, che è il contrario di arroganza, orgoglio, voglia di predominio sugli altri; l’impegno per la pace, non solo a livello mondiale, ma anche familiare, comunitario, politico; la purezza, come trasparenza di vita, di comportamenti, di fedeltà a Dio e agli uomini; la misericordia, cioè il sentirsi tutti responsabili del bene altrui.

II. Il "bene comune": una responsabilità che riguarda tutti.

Il bene comune impegna tutti i membri della società: nessuno è esentato dal collaborare, a seconda delle proprie capacità, al suo raggiungimento e al suo sviluppo, «con umiltà e mitezza, competenza e trasparenza, lealtà e rispetto verso gli avversari, preferendo il dialogo allo scontro, rispettando le esigenze del metodo democratico, sollecitando il consenso più largo possibile per l’attuazione di ciò che obiettivamente è un bene per tutti»1. Questa convinzione, fondamentale per la vita di una società, attraversa oggi una crisi profonda perché si va diffondendo l’idea che prioritario sia il profitto privato da ricercare a tutti i costi, specie quando si assumono delle responsabilità politiche. Gli scandali, che vengono alla luce nel nostro Paese senza più distinzioni di localizzazioni geografiche o appartenenze politiche, contribuiscono a consolidare un’opinione pubblica non adeguatamente informata e abituata a generalizzare. Ne consegue il crescente distacco tra Paese reale e Paese legale e l’aumento del numero di coloro che prendono le distanze dalla partecipazione attiva alla vita democratica. Come Vescovi siamo già intervenuti alcuni mesi fa sulla "questione morale" nella vita politico-amministrativa. L’alta percentuale di astensione dal voto, nelle recenti consultazioni regionali in Abruzzo, è un dato molto preoccupante che, lo diciamo con sofferenza e chiarezza, non può essere giustificato dalla volontà di prendere distanze da comportamenti di singoli amministratori o politici.
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1 Nota Pastorale "Con il dono della carità dentro la storia. La chiesa in Italia dopo il convegno di Palermo", 1996, n.33
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La prospettiva in cui dobbiamo vivere l’impegno per il bene comune ci viene suggerita dall’apostolo Paolo: l’amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l’amore (Romani 13,10). Egli in diverse occasioni affronta il problema dei rapporti del credente con l’autorità politica e richiama la responsabilità a collaborare nel rispetto reciproco e non avendo altro debito con alcuno, al di fuori della carità.

III. La politica come servizio, espressione della carità

In questo contesto intendiamo condividere la diffusa esigenza di un rinnovamento morale e generazionale della politica. Non si tratta di prendere posizione a favore o contro l’uno o l’altro schieramento partitico o politico, quanto piuttosto di richiamare quei valori fondamentali e quelle norme di comportamento che ogni elettore si aspetta da colui in cui ha riposto la fiducia per l’amministrazione della cosa pubblica. La politica eticamente sostenuta richiede sempre più persone capaci di governare, cioè capaci di discernere in maniera lungimirante, valorizzando il positivo, intuendo il futuro, avendo uno sguardo d'insieme.
Con questo messaggio, intendiamo così farci voce del bisogno di nuova moralità che si avverte nella vita sociale della nostra gente, e ribadiamo quanto già affermato in luglio circa «le preoccupazioni per le ricadute degli eventi in atto, soprattutto sulla situazione dell’assistenza sanitaria, in specie ai più deboli, nonché sullo sviluppo economico della regione, con conseguenze drammatiche sul lavoro e la vita di tante famiglie»2. Con spirito di collaborazione ci rivolgiamo anche a quanti sono stati eletti, e perciò chiamati ad esercitare un preciso servizio a favore della comunità regionale, e a quanti si preparano a proporsi come amministratori pubblici nelle prossime elezioni europee e amministrative. Non intendiamo dare loro lezioni su ciò che dovranno fare, quanto piuttosto per incoraggiarli in questo momento non facile per la vita del Paese. Proponiamo alla loro riflessione un decalogo ispirato alla dottrina sociale della Chiesa.
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2 Una nuova sobrietà per abitare, n. 4
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1. Il potere è al servizio del bene comune e la politica è il più esigente esercizio di carità genuina verso le categorie più deboli: i poveri, gli umili, i piccoli. L’uso del pubblico potere e del pubblico denaro va sempre orientato per il bene comune e non per favorire affari personali e di gruppo o per creare clientele. La trasparenza riguardo i patrimoni personali potrà incoraggiare la fiducia degli elettori.
2. La politica attiva comporta una crescita di responsabilità e forme di democrazia ascendente che prevede luoghi permanenti e periodici di partecipazione: circoli, associazioni culturali, volontariato, società civile. La politica ha ancora il compito di garantire la partecipazione responsabile ai soggetti sociali, avendo di mira e privilegiando gli interessi delle persone e delle comunità intermedie. Nei confronti di queste essa si pone come sostegno e coordinamento nel rispetto del principio di sussidiarietà e di un sano pluralismo personalista e comunitario.
3. Il rispetto delle altrui posizioni favorisce il dialogo con amici e avversari; il rifiuto della rissa e dell’intolleranza sviluppa una sana competizione delle idee per risolvere i problemi, riducendo la conflittualità esasperata, incrementando la collaborazione con spirito costruttivo sui temi del bene comune.
4. Il requisito della coerenza ha conseguenze sui comportamenti nella vita pubblica. I mutamenti di schieramento, sempre possibili per motivi di coscienza, dovrebbero richiedere le dimissioni dall’incarico. La coscienza politica deve favorire e promuovere i valori della persona, quali la dignità, il diritto al lavoro, la giustizia, la promozione della cultura, la crescita della moralità civile, la custodia della famiglia, il rispetto della vita e la crescita della sua qualità, la non violenza, la libertà di pensiero, di azione e di religione.
5. Va ribadito il rifiuto e la denuncia di comportamenti immorali e disonesti, come la corruzione, la concussione, la menzogna, la calunnia, il clientelismo, l’associazione per delinquere, l’abuso e la truffa. A tal fine potrà essere di aiuto l’elaborazione di codici etici condivisi.
6. Occorre impegno per favorire la cultura della legalità, che rispetti e faccia rispettare le regole e le procedure democratiche. Gli eletti a cariche pubbliche avvertano il dovere di essere testimoni esemplari del rispetto delle leggi.
7. Gli amministratori abbiano una adeguata preparazione politica, giuridica, amministrativa, storica, economica e sociologica. A tal fine si incoraggino i luoghi e strumenti di formazione permanente. Gli incarichi di secondo livello vanno affidati a persone competenti, di provata moralità e testimoniata onestà professionale.
8. La selezione della classe dirigente amministrativa premi il merito, la competenza e rifugga dall’affidarsi a simpatie, legami personali o familiari, ripicche, vendette.
9. L’impegno politico amministrativo richiede un limite di mandato e periodi di tempo determinato, con fasi opportune di astensione tra incarichi dello stesso tipo.
10. L’attenzione ai problemi specifici del territorio in cui si opera va coordinata e misurata sulla base del principio di sussidiarietà con una visione aggiornata alle soluzioni nazionali e internazionali. La presenza assidua negli organismi amministrativi e di governo va apprezzata come va condannata ogni prassi di assenteismo
Quanto detto rimanda all’appello della coscienza morale rettamente formata. Ciascuno si sforzi di agire sempre in obbedienza alla Verità, alla Giustizia, al Bene. Come credenti, ricordiamo l’urgenza di misurarsi costantemente sul giudizio di Dio.
A questo criterio intendiamo ispirare le nostre scelte personali come quelle delle chiese che ci sono affidate.
Chieti 25 Febbraio 2009
Arcivescovi e Vescovi
della Conferenza Episcopale Abruzzese-Molisana

Una nuova sobrietà per abitare la terra - Messaggio dei Vescovi di Abruzzo e Molise - Settembre 2008

"Una nuova sobrietà per abitare la terra".

È questo il tema scelto dai Vescovi Italiani per la III Giornata per la Salvaguardia del Creato che la Chiesa celebrerà il 1 settembre.
Un appuntamento che "intende essere un'occasione – si legge nel messaggio per la Giornata – per riflettere sulla vocazione della famiglia umana, in quella casa comune che è la Terra".

Una terra però sempre più minacciata da uno sviluppo che di fatto non tiene conto del “peso” che ha sull’ambiente in cui viviamo. Anche il Papa Benedetto XVI, con sempre più frequenza, sta
sottolineando la necessità di considerare il Creato come un dono da custodire con cura. Per esempio parlando ai giovani, convocati nel mese di luglio a Sidney per la GMG, il Papa ha insistito più volte sull’importanza di “riscoprire nella Creazione la faccia del Creatore, riscoprire la nostra responsabilità davanti al Creatore per la sua Creazione che Egli ha affidata a noi”. Anche nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa (CDS) troviamo tra i principi base che: “La tutela dell’ambiente costituisce una sfida per l’umanità intera: si tratta del dovere, comune e universale, di rispettare un bene collettivo, destinato a tutti” (n. 466).
Come pastori della Conferenza Episcopale Abruzzese-Molisana sentiamo di non poter restare
indifferenti rispetto ai problemi che riguardano strettamente il fazzoletto di terra che ci è stato affidato.
Negli ultimi anni infatti, il territorio locale è stato teatro di pericolose emergenze ambientali che
mettono a grave rischio ecologico le nostre regioni, da sempre considerate un polmone verde. Le
situazioni nazionali degli ultimi tempi hanno suscitato ancora di più nella nostra gente ansia ed
incertezza per il futuro.
Ecco le preoccupazioni maggiori sulle quali ci sembrava importante intervenire.
1. Una prima minaccia che noi Vescovi avvertiamo grave per le nostre regioni riguarda la
costruzione del cosiddetto Centro Oli di Ortona. Sentiamo il dovere di farci voce delle paure del
popolo di Ortona e della zona frentana per la costruzione di un centro di raffineria per
l’idrosolfurizzazione del petrolio. Si tratta infatti di una attività industriale considerata tra le più
inquinanti e devastanti per le risorse naturali del territorio circostante, con conseguenze anche
gravissime sulla salute degli abitanti. Le centrali già esistenti a Viggiano (PZ) e Falconara (AN), per esempio, e le desolazioni naturali conseguenti dimostrano l’urgenza di una valutazione più attenta. È a rischio una delle zone più belle della nostra costa, dove la produzione enogastronomica è a livelli di eccellenza. Si tratta per di più di tecnologie considerate da tanti studiosi ormai obsolete e che diversi paesi hanno già abbandonato. Non dovremmo forse cercare insieme di percorrere vie nuove nella ricerca di fonti di energia rinnovabili, alternative, legate al territorio, che ci aiuterebbero a liberarci dalla schiavitù del petrolio? Per le nostre regioni si tratta di una vera e propria sfida. “La programmazione dello sviluppo economico deve considerare attentamente la necessità di rispettare l’integrità e i ritmi della natura, poiché le risorse naturali sono limitate e alcune non sono rinnovabili” (CDS, n. 470)
2. Un’ulteriore preoccupazione di cui sentiamo il dovere di farci voce riguarda l’acqua. L’acqua in
tutte le sue forme è un bene comune e l’accesso ad essa è un diritto fondamentale ed inalienabile. “In quanto dono di Dio, l’acqua è elemento vitale, imprescindibile per la sopravvivenza e, pertanto, un diritto di tutti” (CDS, n. 484)… “L’acqua per sua stessa natura non può essere trattata come una mera merce tra le altre e il suo uso deve essere razionale e solidale” (id., n. 485). Desta preoccupazione in questo senso la tendenza di questi ultimi tempi alla privatizzazione della gestione dell’acqua da parte dei comuni. A livello locale poi, quello che è emerso lo scorso anno con la scoperta, nelle vicinanze della cittadina di Bussi (PE), di una enorme discarica abusiva di rifiuti tossici proprio nei pressi della falda idrica da cui pesca l’acquedotto che fornisce acqua potabile a 450 mila persone, è veramente sconcertante. Com’è stato possibile scaricare mezzo milione di tonnellate di rifiuti tossici e inquinare il terreno, i fiumi, le falde idriche senza che nessuno si accorgesse di niente? Com’è stato possibile far arrivare acqua inquinata nelle case di un terzo della popolazione abruzzese, per anni, nonostante le tante autorità competenti sul territorio? Come Vescovi siamo allarmati del fatto che dal 2002 (anno dei primi campanelli di allarme) ci siano stati solo rimpalli di responsabilità e si è dovuti arrivare alla fine del 2007 per chiudere definitivamente i pozzi.
Quanti e quali danni ai cittadini si potevano evitare?
3. Collegato a quanto appena detto sentiamo il dovere di sollevare e amplificare quei sussurri che
vedrebbero le nostre regioni, nel giro di appena un anno, nella stessa situazione della Regione Campania per quanto riguarda l’emergenza rifiuti. È della Confindustria uno degli ultimi gridi di allarme, in una lettera scritta alcuni mesi fa al Presidente della Regione, infatti si evidenzia “la grave situazione” circa lo smaltimento dei rifiuti e la “massima preoccupazione” per la situazione che si sta determinando nelle nostre regioni in assenza di piani di intervento urgenti. Anche in questo ambito siamo chiamati a rivedere in fretta le nostre abitudini sia dal lato dei consumi, che da quello dell’attenzione allo smaltimento dei rifiuti, impegnandosi a fare e diffondere la raccolta differenziata. Desideriamo impegnarci perché le parrocchie diventino luoghi di educazione anche in questo senso. Come Vescovi d’Abruzzo e Molise siamo convinti che questi gravi problemi richiedono da parte di tutti un effettivo cambiamento di mentalità che induca, ad adottare stili di vita nuovi, ispirati alla sobrietà. Sarebbe anche auspicabile che le questioni ambientali che abbiamo toccato, siano affrontate con la consapevolezza di essere chiamati, anche nelle scelte che sembrano avere ricadute solo locali, ad un’autentica solidarietà a dimensione mondiale. Chiediamo trasparenza, chiarezza, legalità, corresponsabilità. “Laddove crescono relazioni armoniose e giuste – conclude il Papa nel suo discorso – anche la gestione delle risorse diventa un’occasione di progresso e orienta a un rapporto più rispettoso e armonioso con il creato”. Con la volontà di proporre un uso sobrio delle risorse del pianeta anche in Abruzzo e Molise si organizzeranno in ogni diocesi iniziative atte a sensibilizzare credenti e non al rispetto e alla tutela del territorio: "Davvero il pianeta – continua il documento – è la casa che ci è donata, perché la abitiamo responsabilmente, custodendone la vivibilità anche per le prossime generazioni".
4. In questa luce appare particolarmente grave la situazione venutasi a creare nella regione Abruzzo con i procedimenti giudiziari che hanno coinvolto alcuni dei massimi responsabili del governo regionale. Esprimiamo fiducia nell’azione della magistratura. Non intendiamo criminalizzare nessuno.
Sottolineiamo anzi come siano tanti gli amministratori onesti e fedeli ai vari livelli della cosa pubblica.
Ci facciamo però voce del bisogno forte di moralità che si avverte nella vita sociale e politica, delle
preoccupazioni per le ricadute degli eventi in atto, soprattutto sulla situazione dell’assistenza sanitaria, in specie ai più deboli, nonché sullo sviluppo economico della regione, con conseguenze drammatiche sul lavoro e la vita di tante famiglie. Invitiamo tutti ad una mobilitazione morale e spirituale per garantire alla regione un futuro sereno e costruttivo per tutti.

I vescovi della Conferenza Episcopale Abruzzese-Molisana

Il "bene comune" per un'etica della politica e dell'ambiente

Si è svolto a Chieti scalo, presso l'Auditorium dei 12 Apostoli
un Convegno promosso dalla Consulta regionale delle Aggregazioni Laicali dell'Abruzzo e del Molise.
Domenica 8 u.s., a Chieti scalo, presso il gremito Auditorium della Parrocchia dei 12 Apostoli abbiamo vissuto, insieme ad alcuni nostri vescovi, un intenso momento di approfondimento sia della nostra realtà regionale che del nostro urgente impegno ecclesiale.
Il Convegno è stato promosso proprio dalla Consulta Regionale delle Aggregazioni Laicali.
Il tema era di estrema attualità: “Il bene comune per un’etica della politica
e dell’ambiente”.
La CRAL svolge il suo compito di coordinare a livello regionale con i nostri Vescovi,
di cui Angelo Spina (Sulmona-Valva) è il vescovo delegato, la presenza e le attività delle nostre aggregazioni laicali che già in ogni diocesi, come noi, si ritrovano nella CDAL.
Il Convegno aveva lo scopo riprendere i messaggi dei nostri vescovi del 2008 e del 2009 sull’attuale situazione ambientale nella nostra regione e sulla nostra attuale situazione politica, così da accoglierli più attentamente e di assimilarli più profondamente soprattutto all’interno delle nostre aggregazioni.
Non riporto la sintesi delle relazioni perché si possono leggere, qui su questo blog, i testi dei due messaggi dei vescovi.
I Vescovi hanno più volte insistito sul compito dei consigli pastorali diocesani e parrocchiali e delle aggregazioni laicali di essere consapevoli promotori di questi orientamenti ecclesiali e anche di favorirne la verifica nelle proprie realtà diocesane.
A questo proposito hanno usato termini e metodologie che mi sembrano utili per tutti, declinando verbi suggestivi:
Informarsi e informare – Formare – Trasformare
Annunciare – Denunciare – Rinunciare
Sono “punti forte di un percorso” irrinunciabile per noi battezzati attivi e consapevoli.
Essi fanno parte di un progetto di vita individuale e comunitario che coinvolge anzitutto parrocchie e diocesi (consigli…) insieme ad aggregazioni e movimenti che dovrebbero essere una “palestra “ di dialogo e di partecipazione…
E’, infatti, nostro compito prioritario di educarci e di educare, di animare in modo corresponsabile tutto il tessuto ecclesiale diocesano, impegnandoci in un serio “discernimento comunitario” che coniughi strettamente carità (agàpe) e solidarietà.
Il nostro compito laicale è stato bel descritto dal vescovo Bregantini (Campobasso-Boiano) illustrando come la “legalità” non sia altro che il mezzo e il modo affinché si possa attuare la “giustizia nel bene comune”.
Anzitutto “osservare direttamente” non per “sentito dire”…
Denunciare “profeticamente”… il “male sociale”
Annunciare “la verità” che dia significato e motivazioni al cambiamento anzitutto nostro.
Testimoniare con “nuovi stili di vita” che anzitutto noi dobbiamo adottare come individui, gruppi e comunità. Anche in questo le aggregazioni debbono dare la viva testimonianza che questo cambiamento e possibile!
Ogni parrocchia, gruppo, aggregazione dovrebbe ruotare attorno ai due pilastri di Bibbia e Cultura. Non dovrebbero mancare un gruppo biblico e un gruppo culturale in ogni luogo aggregativo.
Mettendoci nuovamente di fronte ai messaggi dei nostri Vescovi dobbiamo chiederci guardando la nostra realtà: “quali i punti di forza; quelli deboli; cosa fare?”.
Credo che di questo dovremmo parlare attentamente nel prossimo consiglio pastorale parrocchiale. Nel frattempo leggete questo resoconto e i messaggi allegati.

lunedì 9 novembre 2009

Credo la risurrezione della carne, la vita eterna!

A proposito dell'uso di cremare il corpo dei battezzati defunti
e della conservazione o dispersione delle loro ceneri.
In attesa del nuovo «Rito delle Esequie» che i vescovi italiani, riuniti in assemblea dal prossimo 9 novembre (proprio oggi) ad Assisi, dovranno esaminare e approvare, ho ritenuto utile segnalare nell’occasione queste riflessioni.
“La dispersione delle ceneri è prevista come possibilità dalla legge italiana ma con precise regole.
La cremazione non contraddice la dottrina cristiana della resurrezione dei corpi.
La Chiesa però ha molti motivi per essere contraria alla prassi di spargere le ceneri in natura, oppure di conservarle in luoghi diversi dal cimitero, come ad esempio, nelle abitazioni private
o anche alle «sepolture anonime»; simili scelte, possono sottointendere concezioni naturalistiche», mentre per la fede cristiana, anche dopo la morte, la persona umana conserva
la propria identità e la propria individualità, non si «disperde» nell’universo.
Inoltre simili prassi impediscono la possibilità di esprimere con riferimento a un luogo preciso
il dolore personale e comunitario. Infine, si rende più difficile il ricordo dei morti,
estinguendolo anzitempo.
Inauguriamo ora e leviamo una preghiera davanti a questo Cinerario che resta collocato pur sempre dentro il Cimitero”.
(Notiziario on line della Parrocchia di san Giuliano m.se)