sabato 30 gennaio 2010

Una Comunità allla scuola di Gesù e del suo Vangelo: Introduzione al racconto evangelico di Luca

Una Comunità che si forma alla Scuola di Gesù e del Vangelo

Un vangelo per un anno

Ogni anno, durante la liturgia domenicale, noi proclamiamo e ascoltiamo la lettura quasi continua di un vangelo: Matteo (anno A), Marco (anno B), Luca (anno C), Giovanni (ogni anno durante il tempo di Natale e Pasqua; il cap. 6 nell’estate dell’anno B).
Questa scelta fa parte della riforma liturgica operata dal Concilio vaticano II (1962 - 1965) per riportare al centro del culto, della spiritualità e della vita cristiana la Parola di Dio.
Il brano evangelico è culmine e centro della Liturgia della Parola domenicale: dà il tema alla domenica e il senso alla celebrazione (cfr. antifona alla comunione di ogni messa); la prima lettura, di solito tratta dall’Antico Testamento, è scelta proprio per commentare il brano evangelico. “La lettura del Vangelo costituisce il culmine della stessa liturgia della Parola; all'ascolto del Vangelo l'assemblea viene preparata dalle altre letture, proclamate nel loro ordine tradizionale, prima cioè quelle dell'Antico Testamento e poi quelle del Nuovo”. (Ordinamento delle letture, 13)
Durante l’anno 2009-2010 (dall’avvento di quest’anno, 29 novembre, fino al 21 novembre del 2010) noi leggeremo il racconto evangelico di Luca. Questo spiega il motivo della pubblicazione che viene offerta anzitutto agli operatori pastorali della nostra comunità parrocchiale.

Persone e comunità in ascolto

L’ascolto non connota solo l’atteggiamento del popolo di fronte a Dio (cfr. Deuteronomio 6,4); Gesù lo indica come fondamentale per entrare in rapporto di fiducia con lui e quindi per seguirlo (cfr. Luca 4,21; 7,1; 8,19-21).
Maria, proprio nel racconto di Luca, è indicata come la donna in ascolto (cfr. Luca 2, 19. 51b; 11,34)
Ogni persona matura la sua interiorità proprio nella capacità di ascoltare, e questo è il requisito di ogni dialogo: nell’ascoltare le sue parole io accolgo la persona che me le offre. Chiudermi all’ascolto vuol dire rifiutare la persona stessa che mi parla.
Anche la comunità cristiana trova nell’ascolto attento e accogliente della parola di Dio il principio fondamentale della propria formazione e della propria crescita, che è opera anzitutto dello Spirito di Gesù risorto.
“Sebbene l'azione liturgica non sia, per se stessa, una forma particolare di catechesi, essa ha però un suo criterio didattico”. (O.L., 61)
“La parola di Dio viene pronunziata nella celebrazione liturgica non soltanto in un solo modo, né raggiunge con la medesima efficacia il cuore dei fedeli: sempre però nella sua parola è presente il Cristo, che attuando il suo mistero di salvezza, santifica gli uomini e rende al Padre un culto perfetto”. (4)
“Quando pertanto Dio rivolge la sua parola, sempre aspetta una risposta, la quale è un ascolto e un'adorazione in "Spirito e verità" (Gv 4, 23). È infatti lo Spirito santo che rende efficace la risposta, in modo che ciò che si ascolta nell'azione liturgica si attui poi anche nella vita, secondo quel detto: "siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori" (Gc 1, 22). (6)
“Ogni volta pertanto che la Chiesa, riunita dallo Spirito santo nella celebrazione liturgica, annunzia e proclama la parola di Dio, sa di essere il nuovo popolo, nel quale l'alleanza, sancita negli antichi tempi, diventa finalmente piena e completa. A loro volta tutti i fedeli, che in forza del Battesimo e della Cresima, sono divenuti nello Spirito annunziatori della parola di Dio, una volta ricevuta la grazia di ascoltare questa parola, devono farsene annunziatori nella Chiesa e nel mondo, almeno con la testimonianza della loro vita”. (7)



Luca e il suo racconto del Vangelo di Gesù

1. Da Marco a Luca

Sappiamo che il racconto di Gesù, steso da Marco (tra il 50 e il 70 d.C.) per la comunità di Roma e per coloro che si preparavano al battesimo, si diffuse ben presto all’interno della chiesa del I secolo. Il suo schema narrativo, utilizzato tra le comunità palestinesi, diede origine al testo in aramaico di Matteo (Siria tra l’80 e il 90 d.C.); la sua lettura, nelle comunità di origine e di lingua greca, pervase dalla cultura ellenistica, si arricchì di nuovi elementi provenienti da una nuova “fonte - Q” (1,1-3), dando origine al racconto evangelico di Luca (Antiochia? 80 – 90 d.C.).
Luca non ha conosciuto Gesù (cfr. Luca 1,1-4) e non vuole solo “raccontare”: al centro stanno “gli avvenimenti portati a compimento tra noi”, testimoniati e ormai accolti, che tuttavia vanno fondati e attualizzati affinché continuino a parlare ad una nuova generazione di cristiani, probabilmente evangelizzati da Paolo e che rischiavano di perdere lo spessore storico e umano di Gesù.
Egli esclude nella sua narrazione quanto potrebbe non interessare ai pagani di lingua greca (cfr. Marco 9,11-13.43.48; 13,22), spiega quanto non potrebbero capire, o addirittura urterebbe la loro sensibilità (cfr. 8,43 con Marco 5,26).
L’annuncio di Gesù, Figlio del Dio vivente e Inviato atteso da secoli, non si limitò solo a coloro che provenivano dalla tradizione israelitica affinché lo accogliessero come il Dio-con-noi. Nella prospettiva di Luca divenne la testimonianza del Salvatore di ogni essere umano (Atti 5,31; 13,23), “nato da donna” (Galati 4), che avvicina tutti (cfr. Luca 3,6), senza distinzione e soprattutto “allontanati dal male”, per comunicare l’amore misericordioso di Dio, intrecciato con la loro vicenda personale (2,1; 3,1-4), stabilendo così “l’oggi” della salvezza.

2. Una nuova prospettiva:
Dio salva nella storia. Tutta la storia è “salvezza”.
Gesù è il salvatore di tutti.


Luca presenta Gesù non come il culmine della storia della salvezza iniziata con il popolo di Israele, colui che finalmente attualizza il regno di Dio: egli è “il centro” di tutta la storia e della salvezza operata da Dio. [Lohse]
Israele – GESU’ – la Chiesa sono i tre momenti di tutta la storia nella quale Dio opera seguendo un percorso di annuncio/promessa – compimento/realizzazione – continua attualizzazione.
Questa dinamica storico-salvifica può essere colta nella stessa narrazione di Luca, in alcuni elementi essenziali:
2.1. Anzitutto presenta Gesù “in viaggio verso Gerusalemme” (9,51; 13,22; 19,28); la sua predicazione e la sua attività messianica si volgono proprio camminando per le strade della Galilea e della Giudea (4,14), ipotizzando un “viaggio” che occupa la parte centrale del racconto evangelico (9,51 – 19,41).

2.2. Gerusalemme ha un posto centrale nel racconto (anche se al suo tempo era ormai ridotto ad un cumulo di macerie). Tutto parte da lì, dal Tempio (1,8-11) e gli episodi dell’infanzia di Gesù sono un po’ come un “vangelo in miniatura” (si svolgono in cammino tra i villaggi della Galilea…). Tutto scorre volutamente “verso Gerusalemme”, dove si compie tutta la storia salvifica del popolo di Israele e il destino messianico di Gesù (passione-morte, risurrezione-manifestazioni, ascensione-effusione dello Spirito).
Da Gerusalemme si va verso Roma e da lì al mondo intero, dato che gli apostoli, ricevuto lo Spirito, sono mandati dal Risorto “fino ai confini della terra” (Atti 1,28ss.).
Gerusalemme è nell’opera letteraria di Luca un punto di attrazione e di irradiazione.
2.3. Il racconto evangelico di Luca non si riduce alla figura e all’azione di Gesù, ma coinvolge anche quella della prima comunità cristiana e dell’apostolo Paolo.
“La passione e risurrezione di Gesù non rappresentano tutta l’opera del messia, affinché questa sia completamente adempiuta è necessario che Paolo annunci la salvezza ai gentili e porti il messaggio evangelico a Roma… porti a termine la realizzazione del programma che le profezie messianiche assegnavano a Cristo” [Dupont].

2.4. Diversi studi fanno pensare ad un’unica opera successivamente divisa in due: il vangelo e gli Atti degli apostoli [Menoud, Ghidelli]. Ci sono diversi paralleli che costituiscono i segnali di un unico progetto letterario (Luca 1,3 - Atti 1,1; Luca 4,14 - Atti 1,15) [Conzelman]. In questo modo risulterebbe anche constatabile a livello letterario lo schema teologico di Luca che abbraccia la storia salvifica da Israele fino alla Chiesa.
Luca vorrebbe sostenere la convinzione, maturata in quegli anni nelle comunità cristiane anche fuori dall’ambiente palestinese, che “il ministero di Gesù e l’attività missionaria della Chiesa si iscrivono nell’unità di un unico disegno salvifico” [X.L.Dufour, Maggioni, Ghidelli].
I discorsi di Pietro, nel libro degli Atti, evidenziano uno schema formale generale con il quale viene presentato tutta la vicenda e il ministero di Gesù stesso; ad esempio Atti 10,36-43.

3. Oggi, Dio salva proprio me, nel mio incontro con Gesù e con tutti gli uomini.

E’ questa l’esperienza che Luca vuole far fare a noi, suoi lettori, come ai primi destinatari della sua opera!

3.1. Per Luca la salvezza è un fatto, un avvenimento che avviene all’interno di un incontro! Si intreccia con le vicende umane (cfr. 2,1; 3,1-4), nell’incontro tra te e quest’uomo, Gesù di Nazaret!
Luca è l’unico evangelista che chiama Gesù come “il Salvatore” (2,11) e lo definisce spesso “il Signore” (200 volte usato da Luca), proprio come i primi cristiani identificavano il Risorto dopo la Pasqua. Fin dall’inizio della sua esistenza umana il Figlio di Dio è il Signore, colui che attraverso la sua morte e risurrezione, salva ogni uomo dal peccato e dal male (cfr. 7,16; 11,20) [De La Potterie].

3.2. La salvezza è frutto di una promessa a Israele e si realizza attraverso la presenza di persone: Gesù, i discepoli, la comunità… Dio che manda la sua Parola, evangelizzando per mezzo di Cristo con la forza del suo Spirito (Atti 10,36.38).

3.3. E’ l’irrompere di Dio nell’umanità (come natura e come storia; cfr. Luca 1,26…) di ogni uomo, di tutti gli uomini (cfr. 2,14.32; 3,6.38; 7,9; 10,25-37; 17,15-19); di ieri, come di oggi… coinvolgendo tutto verso il compimento futuro. “Tutto l’uomo e tutti gli uomini” (5,25-26; 7,16; 9,43; 13,13; 17,15-18; 18,43) [Lagrange].

3.4. E’ liberazione dal male fisico e dal peccato che separa e allontana da Dio e gli uomini tra loro; la risposta d’amore è il segno della salvezza avvenuta (cfr. 7,44-47; 19,8-9; 23,39-43) [Magnolfi].
“Ricostruire l’uomo nelle sue radici liberandolo da quella fatalità che lo fa schiavo del male e della paura (cfr. 11,20)… suscitare in lui quella fiducia e apertura che lo rendono disponibile alla libertà e novità del Regno di Dio” [Fabris] che lo ricerca, lo accoglie, lo ama.

3.5. La gioia è il segno messianico (cfr. Isaia 54,1; 55,12 e 43,19; 44,3) che accompagna l’operato di Gesù e denota il compimento di ogni aspettativa di salvezza da parte di tutti i popoli, non solo di Israele (cfr. 1,14.28.41.58; 2,11; 10,17.20.21; 13,17; 19,6; 24,21.52). Così pure i frequenti banchetti (7,36-50; 11,37-54; 14,1-24).
3.6. Oggi: la Vita è adesso!
Leggiamo in quest’ottica Luca 2,11; 3,22; 4,21; 12,52; 13,32; 19,5.9; 23,43. “Oggi” è la connotazione di attualità di tutto l’agire di Dio: da Israele a Gesù; dai discepoli alla comunità di Luca; dal racconto evangelico fino a noi…

4. L’umanità partecipa e collabora con la sua fiducia, semplice e povera, sincera (cfr. 7,1-10, 8,50; 18,42), ma anche con la caparbietà del suo rifiuto (4,28-30; 6,11; 11,53s.; 19,28- 20,19).
Luca più volte connota l’agire di Gesù con una “divina necessità” (“bisogna che” = dèin) che si riferisce all’ostinato disegno salvifico di Dio Padre nei confronti dell’umanità (cfr. 4,43; 9,22; 15,32; 24,7.26.44); esso emerge soprattutto nel modo in cui racconta la passione-morte di Gesù e nella consapevolezza della prima comunità cristiana: che vede in Lui sia la realizzazione della profezia del Servo (Marco e Matteo), che l’obbedienza esemplare del Figlio alla volontà salvifica del Padre.

4.1. L’eccomi di Maria è “tipico” di ogni uomo, credente e discepolo che aderisce all’annuncio della salvezza! (cfr. 1, 26-38)
4.2. Persone concrete e figure tipiche: Zaccaria, Maria, Elisabetta, il Battezzatore, Simeone, Anna, i pastori, i discepoli… Ogni persona vuol dire ciascuno, con la sua libertà e la sua esistenza storica.
Gesù si rivolge soprattutto ai “poveri”, persone poco importanti, malate o disprezzate, il Vangelo è anzitutto per loro e l’inizio del regno di Dio si manifesta proprio attraverso di loro (cfr. 4,14ss.).
4.3. Senza barriere e limiti… anche gli scomunicati (cfr. 5,27-32), le prostitute (cfr. 7,36-50), la gente di malaffare (cfr. 5,30; 7,34+; 15,1), i ladri (cfr. 19,8; 23,39ss.)
4.4. La comunità cristiana di Luca è presente fin dall’inizio del racconto evangelico.
Luca racconta anch’egli l’infanzia di Gesù, ma in modo diverso da Matteo (i cui protagonisti sono Giuseppe, “il giusto israelita” e le profezie delle Scritture sacre): la genealogia di Gesù risale fino ad Adamo (cfr. 3,22-30); il compimento della storia israelitica è significata dalla sterilità di Zaccaria e di Elisabetta (1,5-25), dall’ultra anzianità di Simeone ed Anna (2,25-33); la protagonista è una donna, Maria di Nazaret, “tipo” di tutta l’umanità e non solo del popolo eletto; l’infanzia di Gesù è intrecciata con quella del Battista suo cugino (1,57-80); Gesù nasce e cresce in una famiglia (2,1-32) e in una cerchia di parenti… cellula della nuova umanità. Sono episodi che già racchiudono un po’ tutto il racconto evangelico e vanno letti in parallelo con quelli della risurrezione (cfr. cap. 24)
E’ una comunità che ha accolto la predilezione di Gesù per i poveri (5,11.28; 6,20.24s.30; 11,4, 12,15.33; 14,12-14.26.33; 16,19-31) e i peccatori 5,27-32; 7,35-50; 9,55; 19,1-10) e vuole metterla al centro della sua vita (cfr. Atti 2,42-47 e 4,32-35); ma anche la radice della missione di Gesù, il suo rapporto con il Padre attraverso la preghiera (3,21; 5,16; 6,12; 9,18.29s.) di cui ne riporta anche gli insegnamenti (11,1-13; 12,22.32; 18,1-8.10.14; 21,36; 22,40,46) che hanno un riscontro nella vita della prima comunità cristiana (cfr. Atti 1,14.24; 2, 42.46; 4,24.31; 6,6; 7,59; 10,4.9; 13,3)

5. Gesù: l’Amore che salva

5.1. Dio ha un cuore: è amore reciproco di comunione che lo fa essere per noi!
Nell’incontro con Gesù, ogni persona può sperimentare il vero volto di Dio che ama ciascuno come figlio (cfr. Luca 15, 11ss.). Dio è Padre misericordioso per tutti, non solo per Israele, e tutti sono tra loro fratelli. La fraternità che vediamo sgorgare e pervadere la prima comunità cristiana di Gerusalemme (cfr. Atti 2 e 4) è frutto proprio di questa esperienza di amore.
Basta leggere: 15,1.5.7.10.11-32; 7,36-50; 19,1-10; 23,34.39-43 dove Luca mette in evidenza la misericordia; 1,51-53; 6,20-26; 12,13-21; 14,7-11, 16,15.19-31; 18,9-14, dove sottolinea il perdono. La salvezza è un avvenimento d’amore nella storia individuale e collettiva; “la storia è una vicenda d’amore” [Rosmini], di cui potremmo dire che il Padre è lo sceneggiatore, il Figlio l’attore e lo Spirito il regista.

Anche Luca riporta le parabole raccontate da Gesù. Non sono semplici similitudini cariche di simboli o di allegorie del “Regno di Dio” (cfr. Marco e Matteo), sono racconti esistenziali di vita quotidiana il cui vero protagonista è Dio, o Gesù stesso. Illustrano, con il loro genere letterario, gli incontri di Gesù raccontati da Luca.
Per questo la parabola è spesso utilizzata come un’iperbole del comportamento umano che mette proprio in luce l’assurdità dell’agire salvifico di Dio nei confronti di singoli individui e dell’intera umanità. Ciò non solo a motivo del “ritardo” della fine del tempo, ma per la mutata situazione di vita della comunità cristiana, sia nella sua vita interna che nella sua attività missionaria. [Dodd]

5.2. Lo Spirito
Come annunciato da Gioele 3,1-5 (cfr. Atti 2, 16ss.) lo Spirito di Dio accompagna l’agire di Gesù, sia come Profeta che come Inviato di Dio (cfr. 1,15,35,41,67; 2, 25-27; 3,22; 4,1.14.18; 10,21; 11,13; 24,49). Così accompagna anche i primi passi e tutte le vicende della prima comunità cristiana e degli apostoli (Atti 2; 4.31; 10,44; 13,2.52, 16,26;) sia nella comprensione delle Scritture profetiche alla luce di Gesù, sia del suo stesso ministero messianico, come soprattutto nella coscienza di essere essa stessa radicata nella sua stessa missione [George].

Schema e struttura del racconto evangelico di Luca


Presentazione dell’opera (cfr. Atti 1,1-2) 1, 1-4

L’annuncio della Salvezza 1, 5- 9, 50

Giovanni e Gesù: profezia e realizzazione 1,5- 3,22
Annuncio di Giovanni a Zaccaria 1,5-25
Annuncio di Gesù a Maria di Nazaret 1,26-38
Incontro tra Maria ed Elisabetta 1,38-56
Nascita di Giovanni il battezzatore 1,57-80
Nascita di Gesù ed eventi della sua infanzia 2,1-41
Predicazione di Giovanni il battezzatore 3,1-20
Battesimo di Gesù 3,21-22

Missione di Gesù in Galilea e in Giudea 3,23- 6,49
Genealogia di Gesù 3,23-38
Gesù nel deserto 4,1-13
Insegnamento di Gesù nella sinagoga di Nazaret 4,14-30
Insegnamento e guarigioni a Cafàrnao 4,31-44
Chiamata dei discepoli e dei dodici; 5,1-
guarigioni - il digiuno – il sabato 6,16
Beatitudini e l’amore, come Legge e fondamento 6,17-49

Realizzazione delle profezie messianiche 7,1- 9,50
Discepolato e ascolto operoso della Parola 8,1-21
Missione - poteri e destino messianico 8,22- 9,1-50


Il realizzarsi della Salvezza: verso Gerusalemme 9,51- 21,38

Accoglienza e rifiuto messianico 9,51- 14,35
Profezia del rifiuto messianico 9,52-56
Accoglienza messianica: discepolato e missione 9,57- 10, 24
La prossimità e il vero culto - preghiera 10,25- 11,13
L’accoglienza di Gesù illumina l’esistenza 11,14-36
Il vero discepolo di Gesù: no all’ipocrisia 11,37- 13,30
e nuovo sapore all’esistenza 13,31- 14,35

Il primato della misericordia,
dell’amore gratuito 15,1- 19,28
Le parabole della misericordia 15,1-1-32
Le parabole della gratuità 16,1- 17,19
Il compimento del regno di Dio nell’esistenza
dei poveri, dei peccatori, dei piccoli 17,20- 37
e nella passione di Gesù 18,1-30
permette di vedere e di cambiare: 18,31-
il cieco e Zaccheo - 19,10
e di far fruttificare il dono 19,11-28

L’insegnamento di Gesù in Gerusalemme 19,29–21,38
Il rifiuto messianico di Gesù 19,28- 20,19
Segno di contraddizione 20,20- 21,4
La fine di tutto e il fine dell’esistenza 21,5-38

Il compimento della salvezza in Gesù crocifisso-risorto
(cfr. Atti 1, 3- 14) 22,1- 24, 53

La consegna messianica di Gesù 22,1-62
La consegna di Giuda al sinedrio 22,1-6
La consegna di Gesù nella cena pasquale 22,7-23
La consegna del servizio ai discepoli 22,24-30
La consegna del discepolo: Pietro 22,31-38
La consegna di Gesù alla volontà del Padre 22,39-47
La consegna di Gesù ai soldati 22,48-53
La consegna del discepolo: Pietro 22,54-62

La sofferenza messianica 22,63-23,38
Oltraggi e interrogatorio 22,63-71
Gesù da Pilato 23,1-7
Gesù da Erode 23,8-12
La consegna di Gesù ai Giudei 23,13-25
Chi segue Gesù portando la croce 23,26-32

La morte messianica svela l’amore 23,33-49
La crocifissione di Gesù 23,33-38
La consegna del Paradiso al malfattore 23,39-43
La consegna dello Spirito 23,44-49
La consegna nel sepolcro 23,50-56

L’esperienza del Risorto 24,1-53
L’esperienza delle donne al sepolcro 24,1-12
L’esperienza dei due discepoli verso Emmaus 24,13-35
L’esperienza dei discepoli riuniti 24,36-49
La definita consegna al Padre 24,50-53



Lettura del vangelo di Luca nelle Domeniche
2009 – 2010 Anno C

29 novembre 2009 – I domenica Avvento C 21, 25-28. 34-36
6 dicembre II di Avvento 3, 1-6
8 Immacolata 1, 6-3
13 III di Avvento 3, 10-18
20 IV di Avvento 1, 39-49
25 Natale del Signore 2, 1-20 / 15-20
27 S. Famiglia di N. 2, 41-52
1 gennaio 2010 Maria Ss. Madre di Dio 2,16-21
3 II domenica di Natale Giovanni 1, 1-18
6 Epifania del Signore Matteo 2, 1-12
10 Battesimo del Signore 3,15-16. 21-22
17 II domenica Anno C Giovanni 2, 1-11
24 III domenica 1, 1-4. 4, 14-21
31 IV domenica 4, 21-30
7 febbraio V domenica 5, 1-11
14 VI domenica 6, 17. 20-26
21 I domenica di Quaresima 4, 1-13
28 II di Quaresima 9, 28-36
7 marzo III di Quaresima 13, 1-9
14 IV di Quaresima 15, 1-3. 11-32
21 V di Quaresima Giovanni 8, 1-11
28 Domenica di Passione 22, 14- 23, 56
4 aprile Veglia Pasquale 24, 1-12
Domenica di Pasqua (sera) 24, 13-35
II – VI di Pasqua Giovanni 20. 21. 10. 13. 14
16 maggio Ascensione del Signore 24, 46-53
6 giugno Corpo del Signore 9, 11-17
13 XI domenica Anno C 7, 36- 8, 3
20 XII domenica 9, 18-24
27 XIII domenica 9, 51-62
4 luglio XIV domenica 10, 1-12. 17-20
11 XV domenica 10, 25-37
18 XVI domenica 10, 38-42
25 XVII domenica 11, 1-13
1 agosto XVIII domenica 12, 13-21
8 XIX domenica 12, 38-42
15 Assunzione di Maria 1, 39-56
22 XXI domenica 13,22-30
29 XXII domenica 14, 17-24
5 settembre XXIII domenica 14, 25-32
12 XXIV domenica 15, 1-32
19 XXV domenica 16, 1-13
26 XXVI domenica 16, 19-31
3 ottobre XXVII domenica 17, 5-10
10 XXVIII domenica 17, 11-19
17 XIX domenica 18, 1-8
24 XXX domenica 18, 9-14
31 XXXI domenica 19,1-10
7 novembre XXXII domenica 20, 27-38
14 XXXIII domenica 21, 5-19
21 Gesù Cristo Signore 23,35-43

Agenda pastorale del mese di Febbraio 2010 (aggiornata al 31 gennaio)

Lunedì 1 ore 18.00: Commissione caritativa e ore 19.00: Incontro Giovanissimi
ore 21.00: Messa a Paglieroni

Martedì 2 – Presentazione del Signore al Tempio
ore 18.30: Liturgia della Luce - Benedizione delle candele
e Messa in chiesa p.le

Mercoledì 3 ore 21.00: Condividiamo la Parola – in chiesa p.le
Giovedì 4 ore 10.00: Consiglio presbiterale diocesano
ore 18.30: Messa in chiesa parrocchiale
ore 21.00: Incontro catechisti dell’I.C.: Preparazione della Quaresima
Venerdì 5 ore 18.30: Messa e Adorazione comunitaria in san Giorgio

Domenica 7 – Giornata per la vita: la forza della vita: una sfida nella povertà
- Raccolta parrocchiale generi alimentari -
ore 16.00: Commissione liturgica per la preparazione della Quaresima C

Lunedì 8 ore 21.00: Messa a Paglieroni
Martedì 9 ore 10.00: Incontro a Treglio dei preti della zona III – Lanciano 2
ore 18.30: Messa in San Giorgio
Mercoledì 10 ore 21.00: Condividiamo la Parola – in chiesa p.le
Giovedì 11 - Giornata mondiale del Malato: la Chiesa a Servizio dell’Amore
per i Sofferenti
ore 18.30: Messa in chiesa p.le
Venerdì 12 ore 21.00: Incontro genitori Nazaret
Sabato 13 ore 15,30: Incontro Gruppo Nazaret

Domenica 14 ore 11.00: Battesimo di Colanero Ludovica
ore 16.00: Incontro diocesano a Ortona-Biblioteca diocesana:
“Etica della responsabilità e della solidarietà”.

Lunedì 15 ore 21.00: Messa a Paglieroni
Martedì 16 ore 10.00: Incontro diocesano dei preti in curia a Lanciano
ore 18.30: Messa in San Giorgio

Mercoledì 17 - Le Ceneri: Inizio dell’Itinerario Quaresimale C
ore 18.30: Messa in chiesa parrocchiale e Imposizione delle Ceneri
ore 21.00: Celebrazione Penitenziale in chiesa p.le

Giovedì 18 ore 18.30: Messa in chiesa parrocchiale
Venerdì 19 ore 18.30: Via Crucis in chiesa p.le – Consiglio pastorale diocesano
ore 21.00. Incontro fidanzati
Sabato 20 ore 15.30: Celebrazione penitenziale per i Gruppi di I.C. in chiesa p.le

Domenica 21 - I Domenica di Quaresima/C – Imposizione delle Ceneri
ore 15,30: Incontro diocesano dei catechisti presso la parrocchia di Sant'Antonio a Lanciano

Lunedì 22 ore 21.00: Messa a Paglieroni
Martedì 23, ore 18.30: Messa in San Giorgio
Mercoledì 24 ore 21.00: Catechesi comunitaria degli adulti in salone
Giovedì 25 ore 18.30: Messa in chiesa parrocchiale
Venerdì 26 ore 18.30: Via Crucis in chiesa p.le
Sabato 27 ore 16.00: Consulta Diocesana delle Aggregazioni Laicali in curia a Lanciano

Domenica 28 - II Domenica di Quaresima/C
Battesimo di Trivilini Jacopo Pio
ore 11.00: Consegna del Padre nostro al gruppo Galilea di IC

Le lectio del prete Carmine Miccoli

Chiesa del Purgatorio – Lanciano (CH)

LECTIO DIVINA

“Oggi si è compiuta questa Scrittura!” (cf. Lc 4,21)

P.: O Padre, noi ti ringraziamo perché ci hai riuniti alla tua presenza per farci ascoltare
la tua parola: in essa tu ci riveli il tuo amore e ci fai conoscere la tua volontà.
Fa’tacere in noi ogni altra voce che non sia la tua e perché non troviamo condanna
nella tua parola, letta, ma non accolta, meditata, ma non amata, pregata, ma non custodita,
contemplata, ma non realizzata, manda il tuo Spirito Santo ad aprire le nostre menti
e a guarire i nostri cuori. Solo così il nostro incontro con la tua parola sarà rinnovamento
dell’alleanza e comunione con te e con il Figlio e lo Spirito Santo, Dio benedetto
nei secoli dei secoli. A.: Amen.

L.: Ascoltiamo la Parola del Signore dal racconto dell'evangelista Luca
(Luca 4,14-30;trad. CEI 2008).

14 Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta
la regione. 15 Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. 16 Venne a Nàzaret,
dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a
leggere. 17 Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era
scritto: 18 «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri
la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi 19 e proclamare
l'anno di grazia del Signore». 20 Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette.
Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21 Allora cominciò a dire
loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». 22 Tutti gli davano
testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca
e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». 23 Ma egli rispose loro: «Certamente
voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo
udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». 24 Poi aggiunse: «In
verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25 Anzi, in verità io vi
dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per
tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26 ma a nessuna di esse
fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. 27 C’erano molti lebbrosi in
Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn,
il Siro». 28 All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. 29 Si
alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul
quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. 30 Ma egli, passando in mezzo a loro,
si mise in cammino.

Note di esegesi per la comprensione del testo

Il brano del vangelo di Lc (che la liturgia dell'anno C divide, in maniera infelice, in
due domeniche, la 3a e la 4a, con una cesura attorno al v. 21) rappresenta il primo
atto pubblico uffciale di Gesù come rabbi predicatore. Da questa narrazione
sappiamo che Gesù ha compiuto 30 anni, perché la seconda lettura poteva essere
letta solo da un laico che aveva compiuto il trentesimo anno di età. La liturgia al
tempo di Gesù prevedeva la divisione della Bibbia in tre anni e due letture per sabato.
Ogni brano della Toràh, letto dal sacerdote o dal presidente della sinagoga,
veniva accompagnato da una seconda lettura, detta haftaràh, «chiusura, conclusione
» che comprendeva i Profeti1. La fama di Gesù doveva già essere diffusa perché
in genere in Sinagoga si cedeva il posto della seconda lettura ad un personaggio
ragguardevole, se presente. Il ritorno di Gesù a Nazareth deve avere impressionato
i suoi compaesani per la fama che lo accompagnava da meritare il posto d’onore
in sinagoga (Git 5,8). Il primo intervento pubblico di Gesù come rabbi è una
omelia liturgica di cui Lc ci conserva l’essenziale sintetizzato. Il brano letto è tratto
dal profeta Is 61,1-4, ma Lc non dice cosa disse Gesù, ma afferma che lesse la
Parola di Dio e subito l’attualizza nel suo contesto storico: «Oggi si è compiuta
questa Scrittura nei vostri orecchi» (Lc 4,21). Non dice: il profeta ha detto, ha insegnato…,
semplicemente: «oggi». La Parola proclamata nella liturgia non è una lettura
del tempo passato e noi non leggiamo per ripassare la storia sacra, ma sperimentiamo
il cuore stesso del «memoriale» biblico: nel momento stesso in cui
ascoltiamo, noi compiamo la Scrittura che diventa «carne» qui e adesso.
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1 Nel NT ricorre nove volte l’espressione sintetica «la Legge e i Profeti» per indicare la
Bibbia ebraica (Mt 5,17; 7,12; 11,13; 22,40; Lc 16.16; Gv 1,45; At 13,15; 24,14; 28,23; cf 2Ma
15,9) e una volta l’espressione più completa «la legge di Mosè, i Profeti e i Salmi» (Lc
24,44). La Bibbia ebraica è indicata con l'acrostico «TaNaKh» che sono le iniziali ebraiche
di TorAh (Legge), Nebihim (Profeti) e Khetubim (Scritti, che corrispondono ai Sapienziali
della Bibbia cristiana), da cui la sigla.
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Ascoltare è comunicare in intimità, è diventare la Scrittura che si ode e sperimentare
«l’oggi» di Dio che passa nella nostra vita. Leggere la Parola di Dio non ha
l’obiettivo di formare un senso morale o di fortifcare la dimensione religiosa o
alimentare la speranza nel senso profetico, che restano atteggiamenti leciti e
importanti, ma ancora esterni e strumentali. Al contrario, signifca comprendere e
conoscere che «oggi e ora» il disegno del Padre che invia il Figlio che dona lo
Spirito «si compie» per me, per noi in modo defnitivo2.
Gesù legge il profeta Isaia, ma bisogna anche capire «come» lo legge e che cosa
omette.
Isaia 61,1-2 Luca 4,18-19
1 Lo spirito del Signore Dio è su di me 18 Lo Spirito del Signore è sopra di me;
perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; per questo mi ha consacrato con l’unzione
mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,
a proclamare la libertà degli schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri, a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
2 a promulgare l’anno di grazia del Signore, 19 a proclamare l’anno di grazia del Signore.
il giorno di vendetta del nostro Dio.

I primi cristiani citavano la Scrittura non alla lettera, ma a senso o per concetti.
Gesù si prende la libertà di modifcare il testo liturgico: mentre Isaia insieme alla
consolazione dei poveri di YHWH e all’«anno di grazia» annuncia «un giorno di
vendetta», Gesù ferma la sua lettura solo all’anno di grazia e subito arrotola il testo
e passa all’omelia. Il testo di Isaia è importante perché è un anticipo delle
beatitudini che Gesù pronuncerà nel suo discorso programmatico. Nell’AT «il
giorno del Signore» comporta sempre una duplice conseguenza: è salvezza per i
poveri ed è condanna per chi si pone fuori del progetto di Dio. Gesù ha l’autorità
di sospendere il giudizio e di temporeggiare, quasi volesse concedere ancora un
supplemento di tempo per dare l’occasione, il kairòs, a tutti di decidere della loro
vita. Per la prima volta nella storia della salvezza, non si annuncia una catastrofe
apocalittica, ma si proclama che Dio è un Padre che viene a cercare chi si trova in
diffcoltà. In queste parole pregustiamo già il sapore delle beatitudini e la loro
logica di capovolgimento delle situazioni. Questo è il cristianesimo, questa è la
fede in Gesù Cristo: annunciare il vangelo dell’anno di grazia e della misericordia.
Di fronte a Gesù, questo rabbi, questa fgura così autorevole che dice parole nuove
attualizzando la Scrittura, le reazioni sono inevitabili.
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2 Anche gli apostoli seguono lo stesso procedimento attualizzante nelle loro omelie
(At 13,14.42; 16,13-17; 17,1-3; 18,4), per cui si può dire che la liturgia della Parola della Chiesa
cristiana è fglia della liturgia della sinagoga; resta da vedere se le omelie che si fanno
nelle assemblee rispettano sempre i criteri dell’omelia di Gesù e degli apostoli o se spesso
non si riducano a fervorini spiritualisti in funzione di una propria visione di vita o di
morale o spiritualità, fnendo per sostituire le nostre parole alla Parola di Dio.
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Il nuovo è sempre destabilizzante per gli spiriti miserabili, ripiegati su stessi e sulle proprie paure. La seconda parte del brano riporta queste reazioni: i vv. 28-30, che descrivono tutta
l’ostilità dei presenti contro Gesù, sono della mano di Lc che anticipa un atteggiamento
che si verifcherà dopo, storicamente, per la vita di Gesù e della sua comunità.
Ci troviamo di fronte ad una trasposizione letteraria e alla testimonianza
concreta di come realmente si formarono i vangeli che sono scritti defnitivamente
dopo la Pasqua che rifette tutta la sua luce e la sua forza sugli avvenimenti
precedenti. Il fatto narrato è storico e il discorso è pronunciato da Gesù, anche
perché è pieno di echi aramaizzanti, ma probabimente non è stato pronunciato
all’inizio del suo ministero, ma qualche tempo dopo e in un altro contesto. Lc,
scegliendo lo schema del viaggio per narrare il suo vangelo, è costretto a collocare
il materiale in modo logico-catechistico, non cronologico: tutto ciò che Gesù dice
e fa nel 3° vangelo è quasi sempre fuori dal proprio contesto storico e/o geografco.
Lc 4,23-27 riporta parole molto violente, inusuali in una sinagoga e che stride
anche con la reazione tiepidamente incuriosita della gente (cf. 4, 22). Il v. 23 fa riferimento
a ciò che Gesù ha fatto a Cafarnao, eppure è Lc stesso ad avvertirci
che Gesù deve ancora recarsi in quella città (Lc 4,31). La stessa contrapposizione
tra Giudei increduli e Pagani credenti presuppone la crisi della chiesa primitiva
per l’accoglienza dei Pagani dietro la predicazione di Paolo, che certamente non
avviene durante la vita di Gesù. Gli abitanti di Nàzaret mettono la loro città a
confronto con la pagana Cafàrnao da cui si distinguono, nonostante anche Nàzaret
sia nel distretto della «Galilea delle genti» vicino Cafàrnao. Gesù risponde
mettendo a confronto Giudei e Pagani senza un nesso logico. Con un semplice
«Oggi si è adempiuta questa scrittura» (Lc 4,21), Gesù dà subito «compimento»
attualizzante alla Parola che ha appena letto. Egli non dà una indicazione temporale,
ma esprime l’anima dell’alleanza perché nel dire «oggi» prende il posto di
Mosè che convoca l’assemblea di Israele per trasmetterle la Parola di Dio: «Mosè
convocò tutto Israele e disse loro: “Ascolta, Israele, le leggi e le norme che io
dico nei vostri orecchi, oggi”» (Dt 5,1)3. Peccato che anche la nuova traduzione
della Bibbia CEI (2008) non metta in evidenza, come fanno il testo ebraico e il testo
greco della LXX, la pregnanza di quell’«oggi», posto a conclusione della frase
per dargli una importanza più marcata4. Nella sinagoga si rinnova la convocazione
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3 Lc non riporta il contenuto del commento di Gesù, ma dà la regola di ogni «omelia»,
che non è una esortazione, non è una rilettura morale, non è una applicazione spirituale:
l’omelia è «l’oggi» dell’alleanza che si compi qui e ora per chi partecipa alla «convocazione
» e attraverso di essi per tutto il mondo in attesa di sperimentare l’irruzione di Dio
nella vita di ciascuno e dei sistemi che reggono il mondo.
4 Quando una parola o una frase è messa in evidenza al principio di frase o di discorso,
mentre la sua collocazione logica andrebbe dopo, si usa la fgura retorica detta «prolessi»
(dal greco prolambàno, «prendo prima», quindi anticipo). L’intero brano di oggi si può considerare una «prolessi», perché il ministero di Gesù non è ancora iniziato e già vi troviamo
gli elementi che caratterizzeranno la sua vita, compresa la morte (cf. Lc 4,29; cf. Lc
19,47; 20,19; 22,2).
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densa di ascolto dell’assemblea di Israele perché «gli occhi di tutti nella sinagoga
stavano fssi sopra di lui» (Lc 4, 20). In Dt, la Parola di Dio è detta negli orecchi,
cioè esige l’ascolto e Mosè lo dice espressamente, fno ad identifcare nel
capitolo successivo l’ascolto con l’amore unico e indissolubile, espresso nella
professione di fede per eccellenza: «Ascolta, Israele!...» (Dt 6,4). Nella nuova
alleanza la Parola di Gesù deve essere «vista» e contemplata con gli occhi prima
di diventare «ascoltata». È giunto a noi il tempo della visione e della
contemplazione: il Dio che si può ascoltare ora si può anche vedere e
sperimentare.
Abbiamo già visto che Gesù interrompe la lettura di Isaia, tralasciando le parole
che seguono «il giorno di vendetta del nostro Dio» (61,2), annunciando così «il
vangelo della nuova alleanza» che non condanna le nazioni e i popoli diversi da
Israele, il popolo eletto, ma mette in evidenza l’anelito missionario ed universale
del nuovo rabbi che viene a realizzare la profezia del profeta: il raduno universale
di tutti i popoli sul monte della Parola di Dio (cf. Is 2,2-5). Tutti nella sinagoga capiscono
che qualcosa di totalmente nuovo sta accadendo e lo dimostra la meraviglia
che le parole di misericordia di Gesù suscitano. Lc usa il verbo martyrèo,
«testimonio», per esprimere la prima reazione dei suoi compaesani e subito siamo
coinvolti in un sentimento negativo perché immediatamente essi «si meravigliavano
» che in una sinagoga si potesse parlare di «perdono di Dio» (cf. Lc 4,1-2).
Gesù non fa nulla per stemperare la situazione, anzi usa parole che sembrano
scelte accuratamente per irritare e portare allo scontro. Certamente non cerca il
dialogo e in cambio riceve una «testimonianza» che è ostilità. In questo contesto
sia la testimonianza che la meraviglia sono espressione di ostilità (cf. Mt 23,31). Le
parole di Gesù sono così intolleranti per gli orecchi dei pii e religiosi osservanti
della religione del dovere che cercano di sminuirne non solo il senso, ma anche di
declassare la persona stessa di Gesù, richiamando la sua origine comune e, per
loro, insignifcante5. In questa espressione, si hanno due realtà: la conoscenza di
Giuseppe da parte dei suoi conterranei e la qualifca di «fglio» data a Gesù. Dal
contesto si evince che Giuseppe era uno conosciuto e anche stimato, «uno di
loro» con le stesse idee e le stesse preoccupazioni (cf. Mc 3,21.31-35). Il termine
«fglio» indica la distanza che c’è tra questi e il padre che è un cittadino rispettabile
della comunità, da cui il «fglio» si differenzia e si allontana. Di fronte al tradimento
di un «fglio» che non è come suo padre gli uditori, accecati dalla gelosia,
sono sordi. Non possono accettare che i pagani siano trattati come loro: sarebbe
come dire che agli immigrati di altri paesi debbono essere riconosciuti gli stessi
diritti dei residenti. Gli abitanti di Nàzaret conoscono la fama di Gesù per le voci
che giungono da «quella» Cafàrnao, città famosa per essere cosmopolita e piena
di pagani, gente di altre culture e paesi. L’evangelista usa l’articolo per indicare
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5 Cf. Mc 6,1-6 e Mt 13,53-58, che rifetteno ciascuno una sensibilità particolare di fronte
alla identifcazione di Gesù come «fglio di Maria» o «fglio di Giuseppe». Anche Natanaèle,
uno dei primi discepoli, non ha grande stima di Gesù (cf. Gv 1,46).
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Cafàrnao, dando così una forma e un senso di disprezzo, quasi a dire che loro
non hanno nulla da spartire con «la Cafàrnao». Per non essere meno importanti,
reclamano una sorta di diritto di primogenitura: noi veniamo prima di quelli là.
Essi giocano al «meraviglioso» e forse vorrebbero assistere a qualche gioco di
prestigio da raccontare nelle serate d’inverno. Non sono diversi da Erode che
vuole divertirsi con un mago da circo (Lc 23,8). I compaesani di Gesù, come
Erode, non sono interessati dalla persona di Gesù e dal suo insegnamento, ma
sono solo curiosi mondani. Gesù non si adegua alla mentalità della sua gente che
aspettava un Messia esclusivo per Israele, ma attualizzando la Parola di Dio, ne
svela la portata universale, superando ogni particolarismo. Non rinnega Israele
come popolo di Dio, anche perché non potrebbe farlo, ma ne dichiara la non
esclusività: Israele appartiene a Dio, ma Dio non è proprietà privata di Israele. I
presenti in sinagoga reagiscono in modo contraddittorio e non accettano che
Gesù possa allargare l’orizzonte di Dio. Gli abitanti di Nàzaret di fatto rifutano
l’autorità della Scrittura perché essi conoscono già tutto: non hanno bisogno di
verifcare la consistenza della loro fede perché sono certi di avere Dio dalla loro
parte. Gesù citando l’episodio di Elia e la vedova (1Re 17,10-16) e quello di Eliseo
e il lebbroso (2Re 5,14-17) svela una dimensione della Scrittura che i suoi
contemporanei hanno dimenticato: anche nella storia d’Israele i grandi profeti
non sempre hanno operato interventi a esclusivo favore di Israele, ma si sono
rivolti anche ai pagani (Lc 4,25-27); Gesù quindi afferma di essere nel solco della
tradizione biblica che ora vuole riprendere e realizzare, come infatti poi farà6. Lc
mette in evidenza che Gesù rompe con il suo ambiente sociale e religioso per
dedicarsi alla missione tra gli esclusi, dei pagani, fatto che fa emergere l’incredulità
dei Giudei che avrebbero dovuto capire meglio degli altri. A ben vedere, il testo
di Lc anticipa quello che succederà dopo, perché la missione di Gesù non è
ancora iniziata che già riceve una minaccia di morte (Lc 4,29; cf. Lc 19,47; 20,19;
22,2). Lo stesso proverbio citato da Gesù: «medico, cura te stesso» (Lc 4,23), è
già un anticipo della passione, quando sulla croce sarà schernito e deriso per tre
volte con parole simili: dai capi del popolo (Lc 23,35), dai soldati (23,37), dal
ladrone (23,39). Il mondo intero è rappresentato in questo triplice scherno,
frutto dell’alleanza tra mondo religioso e mondo pagano coalizzati insieme per
eliminare dalla propria coscienza le esigenze della Parola di Dio. Gesù però passa
illeso e indenne in mezzo a loro, come avverrà con la risurrezione, perché
neanche la morte potrà contenere e trattenere il creatore della vita. Per Lc a
Nàzaret Gesù sperimenta in anticipo la morte e l’avversione del mondo opposto
a Dio: i loro occhi erano fssi su di lui, ma non sanno vedere oltre le apparenze
del «fglio di Giuseppe». Gesù è venuto a dare la vista ai ciechi, ma non c’è
peggior cieco di chi non vuole vedere perché pieno della presunzione di essere
nel giusto. Ben diversa sarà la sorte di discepoli di Emmaus, appesantiti dalla
tristezza e dalla delusione: essi si aprono all’ascolto attento e libero
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6 Cf. Lc 7,1-10; 17, 11-19; Mc 5,1-20; 7,24-20.
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delle Scritture e sentono il cuore riscaldarsi fno al punto che «si aprirono i loro occhi
e lo riconobbero» (Lc 24,16-32). Per conoscere bisogna vedere, per vedere
bisogna ascoltare, per ascoltare bisogna essere liberi da se stessi e da ogni
atteggiamento prevenuto. Per essere pienamente se stessi bisogna essere
totalmente di Dio e diventare la sua Parola.
Gesù è come Abramo che deve lasciare la sua patria, il suo paese e suo padre,
cioè tutti i legami affettivi e culturali per avventurarsi verso la terra di Dio (cf
Gen 12,1-4; Lc 4,24); è la constazione che la patria non è un paese geografco, ma
il «luogo» della condivisione ideale, spirituale e umana. Giovanni dirà amaramente
che «venne fra i suoi e i suoi non l’hanno accolto» (Gv 1,11). Per noi credenti, la
nostra patria è l’Eucaristia che ci educa al senso, ai pensieri e alle vie di Dio (cf. Is
55,8). Per illustrare il suo pensiero Gesù si appella alla Scrittura, secondo il metodo
ebraico: egli poggia il suo atteggiamento e il suo insegnamento sotto la potestà
della Parola di Dio. A testimonianza a suo favore egli cita due profeti: Elia, che
durante una carestia, fu inviato da Dio non alle molte vedove in Israele (Lc 4,25),
ma ad una di Sarèpta di Sidone, cioè ad una pagana (1Re 17,1-16), ed Eliseo, successore
di Elia, che non guarì i lebbrosi in Israele (Lc 427), ma solo Naamàn, il Siro
(2Re 5,1-27), cioè un altro pagano. Il Libano e la Siria erano stati spesso nemici di
Israele, eppure di essi si prende cura il Dio d’Israele perché «i veri adoratori adoreranno
il Padre in spirito e verità» (cf. Gv 4,21-23). Il Dio di Gesù «non fa preferenze
di persone» (At 10,34; Rm 2,11; Ef 6,9). In sostanza, Gesù non porta alcuna
novità straordinaria perché le fgure dei profeti Elia ed Eliseo stanno lì a dimostrare
che il Dio della rivelazione ha sempre agito in modo coerente, amando i
pagani allo stesso modo dei fgli/e di Israele. A tutto ciò si aggiunga l’accusa amara
che i Nazaretani non conoscono nemmeno la Scrittura di cui tanto si vantano,
perché se la conoscessero non si scandalizzerebbero di Gesù che si colloca nella
più pura tradizione profetica. A questo punto, la misura è colma e i presenti in sinagoga
«implosero di sdegno» (Lc 4,22) perché ora l’avversione è totale; il testo
aggiunge che: «si alzarono, lo cacciarono fuori della città e lo portarono sul ciglio
del monte dove era costruita la loro città, per gettarlo giù» (Lc 4,29). L’espressione
«fuori della città» è una indicazione di morte, perché indica il luogo dove si
svolgevano le esecuzioni capitali. La morte violenta non poteva compiersi nella
città santa di Gerusalemme, ma tutti i condannati venivno portati «fuori della città
»; l’espressione comporta anche una forma di scomunica, come sperimenterà il
cieco nato di cui parla il vangelo (cf. Gv 9,34)7.
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7 Nell’AT, due falsi testimoni accusano Nabot di alto tradimento: «Lo condussero fuori
della città e lo lapidarono ed egli morì» (1Re 21,13); il re di Giuda, Manasse, dopo la conversione:
«Rimosse gli dèi degli stranieri e l'idolo dal tempio del Signore, insieme con tutti
gli altari che egli aveva costruito sul monte del tempio del Signore e a Gerusalemme, e
gettò tutto fuori della città» (2Cr 33,15). Anche Gesù sarà giustiziato «fuori della porta
della città» (Eb 13,12; cf. anche Ap 14,20); lo stesso avverrà per la lapidazione di Stefano
(At 7,58) e di Paolo (At 14,19).
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E' un dramma che si compie e che Lc sta descrivendo con passione e sconcerto. Nella pericope precedente, pochi versetti prima, nel riportare l’episodio delle tentazioni (Lc 4,1-13),
nella terza tentazione il diavolo «lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del
tempio e gli disse: “Se tu sei il Figlio di Dio, gèttati giù di qui”» (Lc 4,9); ora sono i
compaesani di Nàzaret che vogliono gettarlo giù (Lc 4,29). È evidente che per
l’autore c’è un nesso tra le due città di Nàzaret e di Gerusalemme: la prima è un
anticipo di ciò che ancora deve accadere e che accadrà. Nàzaret è la
prefgurazione anticipata di ciò che sarà la fne. Il diavolo che aspetta a
Gerusalemme per distogliere Gesù dalla sua obbedienza, non nasce a caso, ma
comincia a Nàzaret, negli abitanti della cittadina di Nàzaret che si rifutano di
accogliere un loro fglio perché viene a destabilizzare la loro religione per
purifcarla e adeguarla alla Parola di Dio. Gesù però non impressiona e «passando
in mezzo a loro, si mise in cammino» (Lc 4,30). Non è ancora giunta la sua ora e
quindi è necessario mettersi in cammino per andare incontro a chi non si
scandalizzerà a causa del Figlio dell’uomo (cf. Mt 11,6). In Lc, Gesù ha appena
iniziato il suo ministero di rabbi itinerante e pubblico e già sappiamo come andrà
a fnire: parte dal suo paese dove tentano di ammazzarlo per le parole di
misericordia che ha pronunciato in nome di Dio e arriva nella Città santa dove
sarà ammazzato perché si è fatto Figlio di Dio (cf. Gv 19,7). Tutto ciò accade di
sabato, cioè al cospetto di Dio e nel giorno della pienezza della creazione. Per noi
è il giorno di domenica, giorno che segna il confne della comunione tra Dio e il
suo popolo, il tempo in cui l’eternità di Dio si rende accessibile e la Parola si
lascia toccare e mangiare, nel giorno in cui prendiamo coscienza della nostra
dignità di essere liberi e liberati perché creati a immagine del Figlio, nel giorno in
cui Dio ci concede, come afferma la tradizione giudaica, un supplemento d’anima
per essere in grado di vedere, contemplare e toccare il «Verbo della Vita»
(1Gv 1,1-4).
- pro manuscripto -

Approfondiamo la Parola domenicale: IV dell'anno C


Parola che si fa Vita

Alcuni brani biblici a commento della Parola domenicale:
ci aiutano ad accoglierla come avvenimento di salvezza nella nostra vita.

1Corinzi 1,17– 2,3
Noi predichiamo Cristo
crocifisso, scandalo e stoltezza del mondo.

Atti 13,16-26.32.44-52
Voi che per primi avete ricevuto la Parola… la respingete.

2Corinzi 6,1-10
Non accogliete invano l’amore gratuito di Dio!

Giovanni 6,29-33
Che segno dai perché possiamo credere in Te?

Agenda settimanale: 1 - 7 febbraio 2010


Agenda settimanale
1 - 7 Febbraio 2010
* * *
Lunedì 1, ore 18.00: Commissione caritativa (in casa Verì)
ore 21.00: Messa a Paglieroni

Martedì 2
Presentazione di Gesù al Tempio
ore 18.30: Candelora e Messa in chiesa

Mercoledì 3
ore 21.00: Condividiamo la Parola

Giovedì 4, ore 18.30: Messa in chiesa p.le
ore 21.00: Incontro Catechisti I.C.

Venerdì 5, ore 18.30:
Messa e Adorazione in San Giorgio

Sabato 6
Domenica V dell’Anno C
ore 18.30: Messa in chiesa p.le

Raccolta dei generi alimentari

Domenica 7
ore 9.00 - S. Messa in san Giorgio
ore 11.00 - S. Messa in chiesa p.le
ore 16.00: Commissione liturgica in casa parrocchiale

Una Comunità che celebra - La Liturgia domenicale: IV Domenica dell'Anno C - 31 gennaio 2010

GESU’, AMORE che tutto spera crede sopporta

Presentazione di Carmine Miccoli, presbitero di Lanciano


Nella 4a domenica del tempo ordinario ci addentriamo un po’ di più nella complessa
personalità di Gesù che oggi viene illustrata magistralmente dai testi di due straordinari
personaggi: Geremia per l’AT e Paolo nel NT. Dopo i primi successi del suo rabbinato
itinerante, Gesù si reca al suo paese, Nàzaret, dove sicuramente lo precede la
fama della sua attività nella vicina Cafàrnao, città cosmopolita di culture nel cuore del
territorio della «Galilea delle genti» (Mt 4,15), considerato dagli Ebrei come territorio
pagano. Gesù sceglie Cafàrnao come sede del suo ministero in Galilea, sia perché è crocevia
di culture, sia perché è città periferica, defilata in rapporto a Gerusalemme e a
Cesarea Marittima, sedi del potere centrale, religioso e politico. Se può, Gesù non cerca
lo scontro con il potere, ma vive e opera in periferia, ai confini di Israele e fuori di
essi. I suoi compaesani di Nàzaret, forse gelosi perché non ha scelto la loro città, lo
accolgono con curiosità prevenuta e non sono disposti ad essere tolleranti: essi sono
severi come solo i parenti sanno esserlo. Di fronte al muro d’incomprensione di coloro
che avrebbero dovuto conoscerlo meglio di ogni altro, Gesù viene a trovarsi nell’impossibilità
di agire. Non è esatto dire che Gesù non fece miracoli a Nàzaret come li
ha fatti a Cafàrnao: è più corretto dire che gli abitanti di Nàzaret hanno escluso i possibili
miracoli dal loro orizzonte perché impegnati e distratti a controllare l’ospite. Riescono
a meravigliarsi delle cose positive, accadute altrove, ma non sanno stupirsi di
fronte alle novità che li travolge. Si scandalizzano delle parole di perdono e se ne tornano
a casa a mani vuote e con un peccato in più (Lc 18,10-14). Non possono avere
miracoli perché non hanno fede e non hanno fede perché credono in un Dio costruito
a loro immagine e somiglianza: sono religiosi senza Dio. A loro si oppone per contrasto
il profeta Geremia, che già prima ancora di nascere fa parte del disegno di Dio su
di lui: essere profeta delle nazioni, cioè uomo discriminante della verità senza confini.
Geremia visse nel sec. VII a.C. e nella vita avrebbe preferito fare tutto, tranne che il
profeta. Di natura timido e affabile, egli vede sempre l’aspetto positivo della realtà e
non sa dire parole dure o giudizi di condanna. La sua natura è portata alla dolcezza e
alla tenerezza, ma la missione lo costringerà a posizioni dure e a scelte pesanti. Egli
soffre di questa frattura nella sua anima, ma non può venire meno al suo mandato a
costo di opporsi e di contraddire gli uomini che cercano di metterlo a morte. Uomini
del tempio e ufficiali del culto con la pretesa di «possedere» Dio condannano il profeta
perché dice cose che a loro non piacciono o non rientrano nello schema che hanno di
Dio. Il profeta è superfluo perché a tutto pensa l’istituzione. L’esegesi dice che Geremia
è forse l’ispiratore della figura del «Servo di YHWH» descritto da Isaia (42,1-9;
49,1-6; 50,4-9 [10-11]; 52,13-53,12). Il tempo di Geremia è affine ai nostri giorni, perché
anche oggi la Chiesa pullula di amministratori e luogotenenti, ma è orfana di profeti.
L’istituzione esteriore prevale sull’essere e sulla coerenza nella verità: spesso si
vede nettamente e chiaramente che coloro che parlano e sproloquiano di «valori», per
giunta «non negoziabili», usano una doppia morale per raggiungere finalità equivoche
con qualsiasi mezzo. Sono i professionisti della religione. Quando l’uniformità esteriore
prende il posto dell’unità interiore, il personale ecclesiastico, ma anche i credenti, si
adattano e si adeguano alla mondanità di qualsiasi potere, anche a costo di compromettere
la coscienza a scapito della libertà per la quale sono stati creati, ma che trasformano
in una nuova forma di schiavitù. Dio ha creato gli uomini e le donne liberi
ed essi s’impegnano con zelo a diventare sempre più schiavi di qualcuno, riuscendoci
anche molto bene. Il criterio dell’opportunità, che spesso diventa opportunismo, sostituisce
quello della profezia. Sulla verità e la giustizia prevale la prudenza. Per gli ecclesiastici,
la vera idolatria è la ricerca della carriera per la quale molti vendono anche l’anima
propria e quella delle persone di cui sono responsabili. Il segreto del profeta sta
tutto in una parola greca, intraducibile in italiano, così densa di senso che mentre dice
il contenuto ne esprime il metodo e lo stile. La parola è agàpe, che esprime il modo
proprio di amare di Dio: dimentica se stesso per la felicità e il benessere dell’altro, amato senza
chiedere in cambio nulla. Non è solo «amore gratuito», perché è espressione ancora povera;
essa al contrario esprime la natura intima di Dio, che è amare «a perdere». I Corinzi
prediligevano la spettacolarità e le appariscenze alla consistenza della vita; Paolo fatica
a fare capire che ciò che conta è la verità di se stessi e che Dio ama il cuore, non le apparenze
(cf. 1Sam 16,7). Avendo esaurito tutti gli argomenti di convinzione, compreso
lo scandaloso crocifisso (cf. 1Cor 1,18), Paolo obbliga i Corinzi a «guardare» dentro l’anima
stessa di Dio per imparare da lui come comportarsi nella vita di tutti i giorni perché
Dio non delude. I Corinzi scoprono che nulla vale più dell’amore, che l’amore non ha
prezzo e non può essere barattato, ma anche che l’amore è la morte di ogni egoismo e
pretesa di essere i primi, i migliori. L’Amore è la vita, perché Paolo svela il segreto del
Dio della Bibbia: Agàpe è il Nome nuovo rivelato perché «Dio è Agape» (1Gv 4,8). Nell’economia della nuova alleanza l'amore è una Persona da amare sopra ogni cosa (cf.
Mt 10,37): l’Agàpe è Gesù (cf. Gv 10,30), lo stesso che ascoltiamo, condividiamo e celebriamo
nell’Eucaristia. Nessuno può «vedere» tutto ciò se non è lo Spirito a rivelargli
la gloria del mistero di Cristo. Lasciamoci sedurre dall’amore in pura perdita di Dio.




Invocazione penitenziale

Signore Gesù, amore paziente che tutto sopporta, perdona noi
impazienti e intolleranti. Signore pietà!

Cristo Signore, amore che non invidia
e non si vanta, perdona noi gelosi e orgogliosi. Cristo pietà!

Signore Gesù, amore che tutto spera e crede,
perdona noi che non speriamo, non crediamo e non amiamo.
Signore pietà!

Inno di lode: Gloria a Dio…

Preghiera dell’Assemblea

+ O Padre, come Geremia profeta non accolto e rifiutato, tu hai mandato in mezzo a noi il tuo Figlio. Sostieni la nostra testimonianza perché il tuo amore raggiunga ogni uomo che vuole essere salvato. Per il nostro Signore… Amen!

LITURGIA DELLA PAROLA

Dal libro del profeta Geremìa
1 4-5. 17-19

Nei giorni del re Giosìa,
mi fu rivolta questa parola del Signore:
«Prima di formarti nel grembo materno,
ti ho conosciuto, prima che tu uscissi
alla luce, ti ho consacrato;
ti ho stabilito profeta delle nazioni.
Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi,
àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò;
non spaventarti di fronte a loro,
altrimenti sarò io a farti paura
davanti a loro.
Ed ecco, oggi io faccio di tecome una città fortificata,
una colonna di ferro e un muro
di bronzo contro tutto il paese,
contro i re di Giuda e i suoi capi,
contro i suoi sacerdoti e il popolo
del paese. Ti faranno guerra,
ma non ti vinceranno,
perché io sono con te per salvarti».
Parola di Dio!

Salmo responsoriale - 70

R./ La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza.

[Bonum est confidere in Domino. Bonum sperare in Domino.]

1. In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso.
Per la tua giustizia, liberami e difendimi,
tendi a me il tuo orecchio e salvami.
2.Sii tu la mia roccia,u
na dimora sempre accessibile;
hai deciso di darmi salvezza:
davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!
Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio.
3. Sei tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore,
fin dalla mia giovinezza.
Su di te mi appoggiai
fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno.
4. La mia bocca racconterà la tua giustizia,
ogni giorno la tua salvezza.
Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito
e oggi ancora proclamo le tue meraviglie.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 13,4-13

Fratelli. Chi ama (la carità = àgape) è magnanimo,
benevolo è chi ama; non è invidioso,
non si vanta, non si gonfia d’orgoglio,
non manca di rispetto,
non cerca il proprio interesse,
non si adira,
non tiene conto del male ricevuto,
non gode dell’ingiustizia
ma si rallegra della verità.
Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
L’Amore (agape) non avrà mai fine.
Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà.
Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo.
Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà.
Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino.
Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio;
allora invece vedremo faccia a faccia.
Al presente conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente,
come anch’io sono conosciuto.
Ora dunque rimangono: Fede, Speranza e Amore (àgape).
Ma più grande è Amore.
Parola di Dio!

Alleluja, alleluja!
Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione. Alleluja!

+ Dal vangelo secondo Luca 4,21-30

[Seduto nella sinagoga di Nàzaret], Gesù cominciò a dire: «Oggi questa Scrittura (Isaìa 61,1-2. 58,6) si è compiuta [in voi] che avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano
dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?».
Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”».
Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria.
Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese;
ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne (1Re 17,8-16).
C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato,
se non Naamàn, il Siro» (2Re 5,1-14).
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno.
Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte,
sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù.
Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Parola del Signore!

Professione di Fede - Simbolo Apostolico

Io credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra;
e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito santo,
nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto;
discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo,
siede alla destra di Dio Padre onnipotente;
di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Credo nello Spirito santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi,
la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.

la Parola si fa Preghiera

+ Fratelli e sorelle, al Signore
Gesù che cura con amore ciascuno di noi e ci porta al Padre,
rivolgiamo con fiducia la nostra preghiera:

R./ Ascoltaci, Signore!

- Guarisci la tua Chiesa da ogni logica di umano potere e di escludere qualcuno dalla salvezza,
ti preghiamo.

- Guida chi governa nella via della giustizia e del bene comune per una società più solidale,
ti preghiamo.

- Aprici all’ascolto profondo della Parola per esserne annunciatori con i nostri comportamenti
e parole, ti preghiamo.

- Rinnova in noi la tua vera immagine così che, amàti da te, rispettiamo negli altri la tua bellezza, ti preghiamo.

- Sostieni chi si prende cura dei malati di lebbra e di ogni male che deturpa
il volto dell’umanità, ti preghiamo.

- Nutrici in questa eucaristia con la tua Parola e il tuo Pane perché diventiamo tuo Corpo donato per la vita del mondo, ti preghiamo.



dalla Parola all’Eucaristia

+ Ti ringraziamo, o Padre, che compi in noi ogni tua Parola e ci fai liberi discepoli e coraggiosi testimoni del tuo Figlio Gesù. Il pane e il vino, segni del suo infinto Amore, ci trasformino per poter autenticamente credere, sperare e amare questo mondo che Egli è venuto a salvare, oggi e per sempre. Amen!

Preghiera Eucaristica - Acclamazioni

+ Prendete, e mangiate… per voi.
- E’ il Signore Gesù: si offre per noi!

+ Prendete, e bevetene… memoria di me.
- E’ il Signore Gesù: si offre per noi!

+ Mistero della fede!
- Annunciamo la tua morte,Signore;
proclamiamo la tua risurrezione;
nell’attesa della tua Venuta!

alla Comunione

“Oggi si è adempiuta in voi la Scrittura
che avete udita con i vostri orecchi”.

Condivisione - Comunione - Corresponsabilità

Dal nostro consiglio pastorale parrocchiale...


Venerdì 22 u.s. si è riunito
il nostro consiglio pastorale, ridotto al 50% per motivi sia
di salute che di famiglia.
Comunque, riunirsi come
consiglio non dipende dalle
cose da decidere o da
programmare: è un’esigenza di vivere in comunione
condividendo il cammino
e le attività della comunità parrocchiale… e anzitutto
la nostra esperienza di fede.
Questo ci permette di sentirci corresponsabili non da
operatori, ma sorelle
e fratelli nel nome di Gesù.
Come a Càna di Galilea solo Lui può colmare i nostri vuoti
e trasformare le nostre
poche capacità.
(cfr. Giovanni 2,1-12)

Con i nostri bambini e ragazzi abbiamo vissuto un intenso periodo di Avvento-Natale
e Manifestazione, camminando tutti insieme e celebrando nella liturgia
quanto annunciato e scoperto
nella catechesi, anche con concreti gesti di carità.
Lo stesso impegno vorremo
avere nel periodo di Quaresima.
In particolare attraverso una catechesi settimanale
per dare vigore la nostro cammino di conversione e celebrare
il mistero della riconciliazione;
riflettendo e riscoprendo il gusto
del perdono e la bellezza di un’esistenza riconciliata,
oltre i rimorsi e i sensi di colpa;
desiderosi di confessare
la misericordia di Dio, più forte del nostro peccato
e di ogni forma di male.
In un clima molto familiare e di profondo dialogo
abbiamo anche condiviso alcune situazioni segnate dal disagio e dalla malattia.
Proprio la fragilità è uno degli ambiti di vita
nei quali siamo chiamati a testimoniare Cristo risorto,
nostra speranza! (cfr. Orientamenti CEI 2008)

57° Giornata Mondiale per i malati di Lebbra

Salviamo la bellezza dell'uomo dal male della lebbra


Concetto svilito dalla superficialità delle moderne correnti,
eppure vivo grazie alle più nobili
espressioni artistiche del passato e del presente,
la bellezza rappresenta il legame più profondo
tra l'uomo e la natura. Ogni persona è portatrice
di una bellezza che costituisce l'essenza
della nostra umanità. La lebbra è una malattia
carica di simbolismo, anche per questo:
priva la persona della sua armonia esteriore,
e induce chi osserva a considerare il malato
mutilato della sua stessa dignità umana.
Salvare la bellezza dell'uomo significa dunque
restituire alle persone il rispetto pieno
della loro dignità di esseri umani, non solo salvare
il loro corpo dalle mutilazioni.
Da qui il claim che AIFO ha già adottato
per la 56a Giornata mondiale dei malati di lebbra:
salviamo la bellezza dell'uomo dalla lebbra.
Una malattia da cui oggi si può guarire con facilità grazie ai farmaci,
ma che colpisce ancora oltre
250.000 persone ogni anno nel mondo.
Un problema ignorato dai mass media
perché lontano dalla nostra vita di ogni giorno,
e tuttavia ancora drammaticamente attuale,
un male che ancor più delle altre malattie
dimenticate testimonia la condizione di povertà estrema,
la privazione dei più elementari diritti sociali e sanitari
che colpisce gran parte dell'umanità.
La Giornata mondiale dei malati
di lebbra assume quest'anno un'importanza
ancora maggiore alla luce della Dichiarazione ONU
sul superamento della discriminazione
verso i malati di lebbra e i loro familiari...