venerdì 8 ottobre 2010

ITINERARIO COMUNITARIO DI FORMAZIONE 2010-2011

Parrocchia S. Maria Assunta – Treglio (CH)
Arcidiocesi di Lanciano-Ortona

ITINERARIO COMUNITARIO DI FORMAZIONE 2010-2011

Sale della terra e Luce del mondo



1. In base all’esperienza maturata in questi anni ed a quanto evidenziato nel nostro Progetto Pastorale Parrocchiale 2008 – 2011: GESU’ CRISTO LA SPERANZA CHE CI FA VIVERE, in particolare riguardo alla formazione: “Annunciamo la Speranza”, sottopongo qui al nostro Consiglio pastorale alcuni orientamenti e linee guida per un Itinerario annuale di formazione comunitaria a cui si dovrebbero poi ispirare i percorsi degli adulti, dei giovani e dei ragazzi per l’anno pastorale 2010-2011.

2. Occorre tener presente che:
- Agli adulti sono state, in questi anni, diverse proposte di formazione: ascolto e approfondimento comunitario della Parola di Dio (vangelo domenicale) e di catechesi tematica nei “tempi forti” o in modo periodico (cfr Linee guida per una catechesi degli adulti), incontri specifici per genitori e per coppie.
- I bambini e i ragazzi sono coinvolti da anni in un percorso “comunitario”, legato alla liturgia e impegnato nella carità, nei tempi di “Avvento e Quaresima” che integra il loro cammino di catechesi di iniziazione Cristiana.

3. Il presente itinerario nasce dal percorso liturgico del “vangelo annuale” e dagli strumenti formativi elaborati dall’Azione cattolica italiana.

3.1. Il racconto evangelico di Matteo sarà proclamato nelle celebrazioni liturgiche domenicali da domenica 28 novembre 2010 (I di Avvento/A) a domenica 27 novembre 2011 (Cristo Signore), illuminerà la nostra comunità nelle domeniche dell’anno (dopo l’Epifania e dopo il Corpus Domini) e caratterizzerà i periodi di Avvento e Quaresima e ci accompagnerà nella nostra sequela di discepoli di Gesù maestro, mettendoci alla sua scuola perché ci guidi nella nostra esistenza cristiana quotidiana, comunitaria e individuale.

Il suo è un carattere esplicitamente “comunitario”: Gesù è “il Dio-con-noi” (1,22-23), che vive e rimane in mezzo a noi (18,20) ogni giorno e per sempre (28,20) (cfr. Allegato: Matteo: un vangelo comunitario per una chiesa - comunità).

3.2. Gli strumenti formativi dell’Azione cattolica italiana sono elaborati ogni anno in base dal riferimento evangelico e cercano di coniugare l’esperienza di adulti, giovani e ragazzi, con un cammino organico e aderente alle esigenze del cristiano di oggi nella nostra attuale società.

4. Un itinerario comunitario rivolto a tutti, per aiutarci a camminare insieme, seguendo Gesù, come discepoli di un maestro che “vede attorno a sé tantissime persone, ma non scappa infastidito”, che rivolge loro la sua parola insegnando e annunciando il regno di Dio e guarendo tutte le loro infermità (cf. Mt 4,23-25; 9,35-37). Gesù vuole coinvolgerci nel suo modo di vedere l’umanità e nel suo modo di esservi presente; per questo dice a noi: “Voi siete la luce del mondo. Voi siete il sale della terra” e sintetizza così sia il nostro rapporto con Lui, sia il nostro modo di “stare nel mondo” (cf. Giovanni 17,9-19).

4.1. SALE per dare sapore e gusto alla nostra esistenza, alle nostre attività quotidiane che siamo tentati di far diventare ripetitive e alla nostra storia personale e di comunità.

Gesù tuttavia mette in guardia che anche il sale può diventare insipido: è quello che succede a noi e alla nostra vita cristiana quando perdiamo il rapporto vitale con Lui.

Rilanciamo la formazione, non tanto studiando formule nuove, ma rendendo continuo e stabile l’essenziale del nostro impegno: l’ascolto della sua Parola (cf. Luca 10,42). Solo Gesù Maestro è il soggetto attivo della nostra formazione cristiana nella liturgia domenicale, negli incontri biblici, nelle catechesi periodiche.

Nel prossimo decennio (2010-2020) i vescovi impegneranno le chiese italiane in modo particolare sul versante dell’educazione (cfr. Orientamenti CEI 2010-2020)

Questi orientamenti pastorali nascono dall’aver colto, nella nostra attuale situazione socio-culturale, un forte bisogno educativo (emergenza, urgenza, sfida…).

Esso non va inteso soltanto nei confronti delle giovani generazioni, ma nel ritrovare anzitutto una “vocazione educativa” della comunità cristiana, che si lasci educare dallo Spirito e dalla Parola nella reciprocità delle relazioni (comunione); che non rinunci al proprio compito educativo, sostenendo anzitutto i genitori, motivando i catechisti, curando momenti specifici di impegno pedagogico… curando due priorità:

a. Umanizzare… far emergere l’umano vero, inverato da Gesù stesso con la sua esistenza “umano-divina” e manifestato anzitutto nel suo rapporto filiale con il Padre e fraterno con tutti: “Testimoni della vocazione spirituale dell’uomo” (AC).

“Il Vangelo ci dice che sono gli uomini e le donne, la nostra umanità, che dà sapore alla vita…; uomini e donne in quanto tali! …spesso dimentichiamo di tornare alla bellezza e alla sensatezza della nostra umanità. Siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio! …aprire la nostra umanità all’invasione della vita nuova, all’immersione nella vita di Cristo …se questa vita è illuminata dalla fede …se sei cristiano non puoi nasconderti! …essere un fatto pubblico con cui tutti possono confrontarsi. Vi chiedo di non chiudervi nelle vostre sacrestie o di non diventare una collezione di bonsai, ma una foresta di persone. Eppure abbiamo ridotto… il Vangelo a galateo. La verità di Dio abita dovunque c’è una sua immagine, in ogni volto umano. Per tutti noi è scritta a metà: metà nella sua parola e l’altra nella vita degli uomini. A noi aiutare l’incontro e la scoperta“ (+ Sigalini).

b. Curare le relazioni… nelle quali l’umanità di ciascuno viene “messa alla prova” ed ha soprattutto la possibilità di riconoscersi ed affermarsi.

4.2. LUCE per illuminare, scaldare, per dare consistenza alla realtà di ciascuno, nella sua ricchezza e nel suo valore, con uno sguardo illuminato che permetta alla verità di mostrarsi su ogni volto. Questa illuminazione nasce dall’amore, vissuto quotidianamente… come risposta all’amore del Padre riversato su noi (cfr. Matteo 6,4; 5,16; Romani 5).

“Cristo mi ha redento: mi ha restituito nuova la mia umanità e l’ha resa degna di essere vissuta, in Lui!” (p. R.)

Non si tratta di un impegno “morale” individuale, prima di tutto è un’esperienza “sociale”: siamo il popolo di Dio in cammino (cfr. Lumen gentium) nella storia e nel mondo “per renderlo più umano”, iniziando da dove noi viviamo, negli ambiti di vita più comuni e condivisi (cfr. PPP p. 3).

Siamo chiamati a collocarci con semplicità e concretezza nell’orizzonte del bene comune, in sintonia con tutte le chiese italiane, anche grazie alla “settimana sociale dei cattolici italiani” (Reggio C. 14-16 ottobre p.v.).

La nostra partecipazione alla vita civile, come diritto e dovere di “cittadinanza attiva”, esprime in modo significativo ed efficace la santità laicale indicata dal Concilio vaticano II.


Il percorso formativo degli adulti: Com-pro-messi nella storia


Alcune semplici indicazioni per un percorso formativo annuale rivolto in modo particolare agli adulti che declini l’essere Sale della terra e Luce del mondo:


1. Condividiamo la Parola


Perseveriamo nell’incontro settimanale “attorno alla Parola”, come semplice rilettura del vangelo domenicale, all’interno del suo contesto liturgico, condiviso e pregato partendo dal nostro quotidiano. Le caratteristiche di questo appuntamento sono già state delineate e sperimentate.


2. Catechesi periodica


Secondo un nostro calendario stabiliamo degli incontri di catechesi seguendo la guida di ACadulti per l’anno 2010-2011: Com-pro-messi nella storia.


“Per adulti che non hanno paura di sporcarsi le mani… il cammino ci chiama ad una visibilità gratuita, luminosa, capace di dare sapore alla storia di tutti, a partire dai contesti quotidiani fino alle piazze. Il percorso prende vita da due elementi che si intrecciano: il vangelo di Matteo e l’urgenza educativa all’interno del forza intrinseca alla fede cristiana di trasmettersi (Traditio = consegna). Nella riscoperta della centralità di Cristo ritroviamo il senso di una trasmissione inclusiva, universale: tutti gli uomini sono destinatari del Vangelo, tutti gli dell’unico Padre”.


Cercheremo di aprirci alla nostra tipica “vocazione laicale”: uomini e donne al servizio degli altri = del bene comune di tutti, che avvertono la responsabilità della loro cittadinanza in modo partecip’attivo.



2.1. Compromessi nella storia - Incontro introduttivo: mercoledì 27 ottobre, ore 21.00




2.2. Una storia contaminata - Matteo e i vangeli dell’Avvento/A: mercoledì 1 dicembre

La nostra storia individuale e comunitaria comprende quella di tutta l’umanità…



2.3. Una storia illuminata – Matteo 5,13-16: mercoledì 12 gennaio 2011

Sale e Luce del mondo: essere segno vivo e vivificante, visibili ma non appariscenti:
il nostro modo di essere presenti nel mondo accanto ad ogni essere umano, vicino o lontano.



2.4. L’amore, pieno compimento della Legge - Matteo 7,12-21: mercoledì 16 febbraio

Una storia rigenerata: coerenti con il Vangelo, al di là di ogni legalismo e fariseismo.



2.5. Padre nostro: il primato di Dio - Quaresima/A 2011: mercoledì 16 marzo

Matteo 6, 1-16: senza separare la fede dalla vita pubblica, aprirci alla fratellanza universale fatta di pane, perdono e forza di resistere al male. Una catechesi sul “Padre nostro”: una storia abitata.




2.6. Una storia sconfinata – Meditazione musicale sulla Passione secondo san Matteo: mercoledì 13 aprile.



“Comprometterci senza compromettere la verità del Vangelo.. trasmettendola dentro la storia di tutti perché sia riscoperta illuminata,contaminata, rigenerata, abitata, sconfinata…
Si tratta di trasmettere il Vangelo dentro una storia che ci cambia. La nostra formazione deve farsi azione buona, annuncio di speranza, occasione di cambiamento spirituale, culturale, sociale".

3. Spazio alla famiglia - Incontri specifici e periodici con i genitori.

Vorremmo proporre quest’anno ai genitori che si sono avvicinati con interesse al catechismo dei loro figli, un cammino mensile di autoformazione, seguendo un sussidio on line per loro sul sito della azione cattolica italiana: http://www.azionecattolica.it/aci/famiglia/genitori-per.

Vengono fornite delle schede abbastanza flessibili (in versione “light” su carta e “full” on line) da usare in gruppo ogni mese e poi in coppia come genitori.

Il percorso dei giovani: Mi illumino di impegno

Sono diversi i giovani impegnati in parrocchia con diverse attività… è importante garantire a loro un momento di formazione periodico, anche se non facile affidarlo a qualcuno di adulto.

Il percorso dei giovanissimi: Sei impegnato? Con tutto il cuore!

Vorremo tentare un cammino per il biennio delle superiori (“dopo cresima”) affidandolo ad un giovane coppia di sposi. Se così fosse, il sussidio 2010-2011 per i giovanissimi di AC potrebbe essere un buon strumento di lavoro.

Il percorso dei bambini e dei ragazzi: Ciò che conta di più

Non siamo ancora in grado di fare un cammino completo per le diverse fasce d’età. Quest’anno ci concentriamo in particolare sui 10–12 (I e II media) e 13-14 (III media e I sup.)

Per i tempi liturgici di Avvento e Quaresima, continuiamo a proporre un cammino unitario seguendo i testi liturgici, come abbiamo già fatto gli anni scorsi.

Il programma pastorale parrocchiale 2010 – 2011:
Condividiamo la Speranza – Testimonianza della Carità

Più volte nei nostri consigli pastorali abbiamo dato spazio all’animazione caritativa svolta nella nostra parrocchia attraverso la commissione caritas, facendo emergere aspetti positivi e limiti anche intrinseci alla nostra situazione di paese e di parrocchia. Certamente si tratta di dare una miglior formazione e organizzazione a questo gruppo di persone volenterose; di intessere rapporti più costruttivi con le assistenti sociali comunali; di stare più collegati con la Caritas diocesana… Il primo impegno però è quello dell’animazione caritativa dell’intera comunità parrocchiale. Riporto alcune riflessioni contenute nella relazione sullo status della parrocchia che vi ho presentato il 10 gennaio 2008.

La carità costituisce il centro della vita cristiana ed è la sua più viva espressione (agape… 1Corinti 13; Benedetto XVI, Dio è amore); la Chiesa è mistero – evento di amore e di comunione.

Non è tuttavia facile valutare la consistenza di questa realtà nella nostra comunità parrocchiale. Si potrebbe prendere a riferimento 1Corinti 13 e fare una verifica, oppure altri testi come Colossesi 3, 12 ss.

Tuttavia noto che ci sono una viva cordialità e familiarità, a tratti compromessa da fratture o incomprensioni inevitabili creatisi in passato (… è normale che ci siano ferite, e che a volte tornino a dolere). Mi sembra anche che rapporti tra famiglie, schieramenti politici non sempre lascino i cristiani liberi di relazionarsi “nella verità con la carità”. Soprattutto siamo interpellati dall’arrivo di nuovi residenti e dalla loro accoglienza nella comunità parrocchiale.

L’Accoglienza credo sia l’atteggiamento più rilevante e impegnativo della carità vissuta tra noi. “Dall’amore che avrete gli uni verso gli altri… crederanno in me”.

A proposito di questa dichiarazione di Gesù nel vangelo di Giovanni (13, 35), sarebbe interessante interpellare la cittadinanza sulla nostra (di comunità parrocchiale…) testimonianza della carità!

Espressione squisitamente cristiana è la cura dei poveri.

Gesù, oltre a vivere in modo sobrio e povero, si è preso cura dei poveri (malati, soli, emarginati…) e nella sua prima comunità, a Gerusalemme, si praticava una condivisione piena e totale di beni anche economici e materiali per sovvenire alle necessità degli indigenti (Atti 4, 34 s.).

L’attenzione ai poveri, nella Chiesa di oggi (come altri aspetti fondamentali…) è diventata espressione di “una chiesa povera per poveri e con loro” (CELAM), un impegno comunitario e non solo un servizio di qualche ordine religioso dedito alla carità o di qualche associazione benefica come la “S. Vincenzo”! Anzi dovrebbe essere l’amore reciproco vissuto tra noi ad alimentare il nostro servizio ai poveri. Non è solo un fatto organizzativo… ma anche questo aspetto non va impostato in qualsiasi modo.

In questa luce va anche valutato il servizio dei ministri straordinari della comunione presso gli anziani e gli infermi. La caritas parrocchiale può essere uno strumento e uno stile molto utile, ma non si può delegare un aspetto così vitale che, se trascurato, smentisce tutta la nostra vita cristiana.



Come avevo scritto l’anno scorso nel presentare l’impegno formativo nel nostro anno comunitario, “si tratta di una vita animata dalla CARITA’: dall’ amore reciproco tutti riconosceranno che siamo discepoli di Gesù. Dal nutrimento del Vangelo dovrebbe nascere in noi l’urgenza ad aprirci, per non pensare solo a noi stessi e ai problemi nostri o della nostra famiglia.

Piccoli gesti di carità, come la raccolta di generi alimentari non risolvono i problemi, ma impediscono al nostro cuore di indurirsi e di inaridirsi preoccupandoci solo delle nostre necessità.

Il gruppo caritativo ha questo compito...

L’ascolto è il primo e fondamentale gesto di carità”.



Allegato:

Matteo: un vangelo comunitario per una chiesa - comunità



E’ il primo libro del Nuovo Testamento, ma non ad essere stato scritto.

Seguendo la traccia del vangelo di Marco, Matteo scrive un nuovo racconto evangelico su Gesù di Nazareth (in Siria/Palestina 80 - 90? Su un testo aramaico di qualche decennio precedente) per i cristiani della Palestina, o provenienti direttamente dalla tradizione giudaica, ma che verrà poi usato anche negli ambienti greci.

GESU’ è presentato da Matteo, non solo come il Maestro che si fa conoscere (si manifesta, si rivela) come il Figlio di Dio, che annuncia quindi il regno di Dio (dei cieli) che si avvicina a noi (4,17).

Egli è il Dio-con-noi, l’Emmanuele annunciato da Isaia 7,14; 8,8.10 (cfr. Matteo 1,22-23); il Maestro presente tra i suoi discepoli (cfr. 18,20); il Risorto che è con noi per sempre (cfr. 28, 20).

Matteo annuncia in Gesù il compimento delle promesse ad Israele (le sue origini ebraiche, i suoi antenati, la sua infanzia con Giuseppe e Maria); questo spiega le sue continue citazioni della Bibbia ebraica, in particolare dei profeti...).

Come Mosè viene presentato dalla Bibbia il fondatore del Popolo di Israele (…), così Matteo presenta Gesù come il fondatore del nuovo popolo di Dio: la Chiesa (cfr. il celebre passo del capitolo ai vv. : .

Questa prospettiva incide anche nel modo di redigere il suo racconto evangelico, il modo di strutturare il materiale (le tradizioni e le forme) che ha in comune con gli altri evangelisti.

Come nella Bibbia, i primi 5 libri (Pentateuco) sono i fondamenti del popolo di Israele (Torah), e come Mosè ha tenuto 5 grandi discorsi al suo popolo, prima di entrare nella terra promessa (Deuteronòmio), così Matteo fa pronunciare a Gesù 5 discorsi, come fossero la carta costituzionale del nuovo Israele, la comunità post-pasquale nuovo popolo dell’Alleanza (cfr. 21, 43):



I - cc. 5-7: Discorso sul monte

II - cc. 10-11: Discorso per la missione

III c. 13: Discorso in parabole: il Regno

IV - c. 18: Discorso per la comunità

V - c. 19: Discorso sui tempi futuri



Ad ogni discorso segue la descrizione dell’attività di Gesù:

c. Miracoli:

d. discussioni con i capi del popolo:

e. provocazioni a credere:

f. viaggi:

g. il racconto della morte e risurrezione:



Ogni pagina del suo vangelo mostra il legame tra Dio e la nostra storia: solo in lui infatti si attua la nostra speranza.

Approfondiamo la Parola domenicale: Luca 17,11-19 - 10 ottobre 2010

La lectio del prete Carmine Miccoli

Chiesa del Purgatorio – Lanciano (CH)


“Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!” (cf. Lc 17,19)

Si può invocare lo Spirito Santo.

P.: O Padre, noi ti ringraziamo perché ci hai riuniti alla tua presenza per farci ascoltare

la tua parola: in essa tu ci riveli il tuo amore e ci fai conoscere la tua volontà. Fa’

tacere in noi ogni altra voce che non sia la tua e perché non troviamo condanna nella

tua parola, letta, ma non accolta, meditata, ma non amata, pregata, ma non custodita,

contemplata, ma non realizzata, manda il tuo Spirito Santo ad aprire le nostre menti e

a guarire i nostri cuori. Solo così il nostro incontro con la tua parola sarà rinnova -

mento dell’alleanza e comunione con te e con il Figlio e lo Spirito Santo, Dio benedetto

nei secoli dei secoli. A.: Amen.


L.: Ascoltiamo la Parola del Signore dal racconto dell'evangelista Luca 17,11-19 (trad. CEI 2008).

11 Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.

12 Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza

13 e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14 Appena li vide,

Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono

purificati. 15 Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce,

16 e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17 Ma

Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 19 Non

si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo

straniero?». E gli disse: 19 «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».


Note di esegesi per la comprensione del testo

Il contesto del vangelo di oggi è totalmente giudaico. La Legge (Lv 13,45-46; 14,2-7) defnisce

«lebbra» ogni malattia della pelle: chiunque ne è affetto è impuro fno a guarigione accertata.

L’accertamento deve essere rituale: il sacerdote del Tempio deve constatare la

guarigione e dichiarare il guarito immune da impurità. Gesù si sottomette a questa legisla -

zione per dare credibilità giuridica alla sua azione. Il numero dieci è il numero minimo

previsto dalla Legge per formare un gruppo uffciale: i lebbrosi sono dieci, formano un

gruppo, una comunità valida ritualmente, nello stesso momento in cui sono esclusi dalla liturgia.

C’è nella religione uffciale una contraddizione palese: espelle coloro che hanno più

bisogno di essere comunità. Su dieci lebbrosi guariti, nove sono Giudei e non si preoccupano

nemmeno di essere riconoscenti. Uno solo, un «samaritano», cioè un nemico e considerato

pagano, ritorna a «ringraziare». Il testo greco usa il participio presente attivo eucharistôn,

lo stesso verbo che esprime il sacramento dell’Eucaristia. La ritualità cieca della

religione uffciale spesso impedisce di esprimere i sentimenti che invece il pagano, il «laico

» nel cuore, sa esprimere con umanità: per questo egli è «sacramento» della gratuità di

Dio.

Gesù prosegue il suo viaggio. Egli sa da dove parte e sa esattamente dove deve e

vuole arrivare: la sua mèta è la città di Dio, dove compirà la sua volontà e dove

offrirà se stesso per vivere il senso pieno della sua vita. In tutto il vangelo di Lc

l’espressione greca eis Ierousalêm, «verso Gerusalemme» ricorre sette volte

(2,41.45;4,9 9,51.53; 13,22; 17,11) e il protagonista esplicito o implicito è sempre

lui: Gesù. Egli sa ciò che vuole e oggi ci insegna come dobbiamo essere per vivere

come lui il comandamento dell’amore gratuito.

La legislazione del Levitico stabiliva l’emarginazione dei lebbrosi, banditi dalla vita

della comunità. In caso di guarigione, solo i sacerdoti del Tempio potevano dichiararla

uffcialmente e quindi riammettere gli esclusi nella comunità. Nella Bibbia, la

lebbra è simbolo del peccato, per cui la guarigione di dieci lebbrosi ha un signifcato

più profondo: essa è segno della guarigione interiore, cioè siamo salvati gratuitamente

per grazia e non per merito. Nessuno può essere così lebbroso da

dire: per me non c’è speranza, perché proprio in quel momento si scoprirà che se

non hai speranza sei privilegiato dal Dio che salva, come il fglio prodigo, come

Lazzaro, come il cieco.

La gratuità è l’insegnamento più importante del brando del Vangelo di oggi: entrati

in una logica di mercato, compriamo tutto, anche Dio, credendo così di avere

diritto a tutto ciò che vogliamo. Le chiese, da luogo trasparente di gratuità, rischiano

di essere «stazioni di self-service», dove qualcuno vende e qualche altro

compra la quantità di Dio che gli serve in quella occasione o per quel viaggio. La

nostra fede langue e diventa una religione da quattro soldi perché ancora non abbiamo

imparato che credere è molto più semplice di quanto facciamo: basta imparare

a saper ricevere, perché Dio non accetta di essere pagato, ma chiede solo

di essere accolto.

Dieci persone sono state guarite. Il numero dieci è il numero minimo prescritto

per celebrare la Pasqua, quindi per essere una comunità pasquale. Ci troviamo di

fronte ad una comunità di lebbrosi che non possono stare nella comunità ufficiale,

in quanto sono espulsi da ogni convivenza civile e costretti a vivere ai margini

dell’abitato, portando alla caviglia un campanello per avvertire coloro che incontrano

di allontanarsi, ricordando a se e a chi si avvicina loro che la loro condizione

è immonda. Per i lebbrosi è la morte civile, decretata in nome della Legge.

Questi hanno le caratteristiche per essere «comunità» (sono dieci), ma non possono

fare parte della comunità. Gesù di fronte ad una religione che non sa nemmeno

prendersi cura dei suoi fgli, reagisce da par suo: accetta la sottomissione

alle regole, ma solo per farle scoppiare dall’interno. Rimanda i dieci (cioè la comunità

«non-comunità») al Tempio perché si presentino al sacerdote, come prescrive

la Legge. Così facendo pone il sigillo notarile uffciale alla sua disobbedienza

alla Legge: sarà la stessa Legge a testimoniare che egli s’intrattiene e parla con i

lebbrosi che libera dalle loro catene e nello stesso tempo a dichiarare l’impotenza

della Legge stessa di fronte alla liberazione dell’uomo. Le religioni impongono

obblighi, prescrivono rituali, rendono schiavi ancora di più, non liberano i prigionieri,

non guariscono i lebbrosi, non danno la vista ai ciechi e il passo agli storpi,

mentre Gesù opera queste liberazioni come segni dell’irruzione di Dio nella storia

dell'umanità per costruire un mondo nuovo dove nessuno deve essere emarginato

ed espulso (cf. Lc 7,22). La fede esprime la capacità umana di tendere all’incontro

come comunione d’amore.

Nove dei guariti sono credenti e uno pagano, secondo la logica ebraica. I nove

credenti ricevono la guarigione come un atto dovuto e continuano per la loro

strada. Solo il pagano, un samaritano(1), una volta guarito, «sente» che deve tornare

indietro a ringraziare. I nove osservavano la Legge, la morale e la liturgia con tutte

le prescrizioni del caso, ma sono prigionieri della loro stessa religiosità che impedisce

loro di vedere il volto di Dio. Non sanno esprimere sentimenti, sanno

dire parole, giaculatorie, rosari, sanno fare processioni, ma non sanno cosa sia l’amore.

Sono i farisei di tutti i tempi che pensano a Dio come ad una «persona

dabbene» e pertanto non può non pensare che come loro. Essi sono i guardiani

della religione del dovere. Il pagano, invece, estraneo alla religione d’Israele e ignaro

di riti e convenzioni, sa cogliere ciò che è accaduto: ha colto l’avvenimento e

lo esprime con un atto di fede pura, quello che lo fa tornare per ringraziare. Il samaritano

è l’esatto opposto del fglio più giovane della parabola del «figlio prodigo », che «ritorna» dal padre solo per convenienza e per interesse (Lc 15,17-19),

mentre il lebbroso guarito ritorna sui suoi passi per «incontrare» colui che lo ha

salvato: «si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo» (v. 16).
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1 Tra Samaritani e Giudei vi era una inimicizia ancestrale: l’odio è radicato e risale almeno

al dopo esilio, al tempo di Neemìa (sec. IV a.C.), quando ai Samaritani fu proibito offrire

sacrifci al Tempio e ai Giudei sposare una donna samaritana. Un Giudeo che offendeva un

altro Giudeo chiamandolo «samaritano», commetteva un delitto punibile con i quaranta

colpi meno uno, cioè con 39 frustate. Eppure, il Talmud insegnava che i Samaritani sono più

scrupolosi dei Giudei nell’osservare la Toràh (cf. Houl 4a).
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Nella parabola del fglio prodigo è il padre che «si gettò» (gr. epèpesen) sul fglio, mentre

nel racconto odierno è il Samaritano che si gettò con la faccia ai suoi piedi. I nove

credenti appartengono alla religione del mercato, il pagano appartiene alla vita

che sa cogliere la fede: «Va la tua fede ti ha salvato!» (Lc 17,19). Nel nostro tempo

tanti cristiani assomigliano ai nove lebbrosi giudei: praticano molto, ma non

sanno contemplare; fanno spesso la comunione, ma non sanno ringraziare; amano

Dio con tutto il cuore e disprezzano gl’immigrati e chi scappa dalla povertà, dalla

guerra e dalla disperazione; vanno in chiesa ed escludono gli altri; parlano a Dio e

sparlano di tutti. In una parola: sono cattolici integerrimi… fnché Dio pensa

come loro. La loro religione è rivolta al loro piccolo interesse, ripiegata sul proprio

inutile egoismo. Credono in un Dio registratore di cassa che rilascia scontrini

per accumulare punti in vista del premio eterno, ma senza sconvolgere gli affari

terreni. Una religiosità narcisistica, individualistica, mercantile.

Questo brano ci invita ad iniziare una conversione radicale: non basta essere religiosi,

bisogna credere; non basta credere, bisogna amare; non basta amare, bisogna

amare gratuitamente senza chiedere in cambio nulla. È necessario aprirsi alla

gratuità, che non è solo generosità. Dio ci ama come siamo e se ci lasciamo amare,

ci trasforma a sua immagine e noi ameremo gli altri come Dio li ama senza

pretendere da loro nulla in restituzione. Nel mondo vogliamo essere il segno che

Dio è venuto non per condannare il mondo, ma per salvarlo e lo si può salvare

solo in un modo: amando senza riserve, in pura perdita, come una sorgente che

spande acqua senza mai impoverirsi. Tornando a casa e al lavoro, camminando per

le strade, anche noi possiamo essere parola fragile e forte che nutre con l’amore

coloro che accogliamo.

- pro manuscripto -

Approfondiamo la Parola domenicale: 10 ottobre 2010

PAROLA CHE SI FA VITA

Alcuni brani biblici a commento della Parola domenicale:
ci aiutano ad accoglierla come avvenimento di salvezza nella nostra vita.

Salvàti gratuitamente

Efesini 2,1-13    Isaia 38,9-20   Romani 15,8-11

Grati per la salvezza

1Timoteo 1,12-17      Gàlati 3,13-14             1Pietro 2,4-10

Puoi pregare:

Salmo 29 - Mi hai liberato: il mio vestito di lutto hai mutato in abito di festa, perché possa ringraziarti senza fine.

Salmo 106 - Ringraziate il Signore: Salmo 110 - ...nell’assemblea dei salvàti  Salmo 137 - ...con tutto il cuore.

Agneda settimanale: 11 - 17 ottobre 2010

AGENDA SETTIMANALE 11 - 18 OTTOBRE 2010

Lunedì 11, ore 21.00: Messa in Paglieroni

Martedì 12, ore 18.30: Messa in S. Giorgio

Mercoledì 13, ore 21.00: Attorno alla Parola domenicale (in casa p.le e portare la Bibbia)

Giovedì 14, ore 18.30: Messa in chiesa p.le

Venerdì 15, ore 18.30: Rosario
“Formazione Caritas” a Lanciano (CURIA)

Sabato 16
XIX DOMENICA DELL’ANNO C
ore 18.30: Messa in chiesa p.le

DOMENICA 17

ore 9.00: Messa in S. Giorgio

ore 11.00: Messa in chiesa p.le



Proposte di incontri di formazione per i genitori dei bambini e dei ragazzi della Iniziazione Cristiana

GENITORI FASHION


tua figlia, tuo figlio è dei nostri
…e tu?

ti aspettiamo:

- ogni SABATO, alle 15.30:
per un incontro con altri genitori

- ogni MERCOLEDì, alle 21.00:
per leggere insieme il Vangelo

- un VENERDì al mese, alle 21.00 :
con altri genitori (dal 22 c.m.)

- una DOMENICA al mese, alle 16.00:
con altre “giovani coppie” (dal 24 c.m.)


Info: 348 5183686 – p. Roberto

0872 54118 – Bianco Anna Maria e Dino

349 3967805 – Marta Centurione

Una Comunità che celebra: la Liturgia della XXVIII Domenica dell'anno C: 10 ottobre 2010

L’AMORE DI GESU',  FONTE DI VITA NUOVA

Il tema di fondo della domenica 28a del tempo ordinario C è certamente la gratuità, che dovrebbe segnare e caratterizzare ogni azione e ogni respiro di chi crede.
La gratuità ha due caratteristiche: essa esprime l’interesse per la persona a cui si rivolge e manifesta l’affabilità di chi la dona. Un gesto gratuito è sempre un gesto di amore perché pone al centro della propria attenzione la persona dell’altro come è, indipendentemente da come la si vorrebbe. La gratuità rispetta l’altro nel suo essere e nella sua libertà. Il segno visibile di questa «altezza» è il disinteresse di chi compie il gesto di gratuità. Agire gratuitamente oggi è una sfida in una cultura che tutto trasforma in «mercato». Si è arrivati perfino a mortificare la disponibilità interiore che animava il volontariato perché lo si è trasformato in un impiego fittizio retribuito e precario. Non temiamo di dire che è morta la «civiltà del dono», sacrificata sull’altare del profitto secondo la perversa logica che tutto deve avere un prezzo, anche le coscienze, anche le persone. Assistiamo, infatti, ad uno spettacolo inverecondo di persone che in ambito lavorativo, politico e clericale vendono se stesse e le loro idee a chi li paga meglio in carriera, denaro e potere. La Toràh proibisce il prestito ad interesse (Es 22,24; Lv 25,36.37; Dt 23,20; Pr 28,8; Ez 18,8.13; cf. Mt 5,42) perché nessuno possa dire nel mondo «questo è mio», perché nel creato tutti sono ospiti provvisori. L'ospitalità, che era la caratteristica dei popoli antichi e fino a qualche decennio dopo la 2a guerra mondiale, si è trasformata in «accoglienza turistica» perché fonte di guadagno. La 1a lettura è tratta dal ciclo delle gesta di Eliseo, profeta vissuto nel sec. IX a.C. e successore del grande profeta Elia. Eliseo organizza il suo ministero, che non lascia all’improvvisazione: ha un ufficio di relazione con collaboratori alle dipendenze che mediano tra lui e coloro che richiedono il suo intervento. La visita del siriano Nàaman è un evidente pretesto della Siria per scatenare la guerra con Israele: la Siria infatti ha sempre cercato di dominare la scena politica medio orientale. Il re siriano manda un suo luogotenente affetto da lebbra al re di Israele perché lo guarisca. L’assurdo della richiesta dimostra l’intenzione guerrafondaia di chi l’ha architettata perché la risposta negativa del re d’Israele sarà interpretata politicamente come un’offesa diplomatica al re di Siria che invece si fidava del re d’Israele. La guerra è inevitabile. I giochi diplomatici per scatenare catastrofi e guerre «preventive» sono sempre esistiti e sono il segno che nell’uomo c’è una tendenza alla perversione, che è il segno evidente del suo peccato di fondo, la presunzione di essere onnipotenti. Il guerrafondaio re di Siria però non ha calcolato una variabile indipendente: in Israele c’è un profeta di quel Dio che scruta i reni e i cuori, sventa le trame e denuda le intenzioni. Nell’acqua del Giordano non si rinnova più il passaggio del Mare Rosso per entrare nella terra promessa (cf. Gs 3,15-17), ma avviene la guarigione dalla lebbra e il lebbroso diventa un uomo nuovo e può ritornare alla vita civile e religiosa: è purificato, «battezzato». Era venuto come pretesto per scatenare una guerra, trova la guarigione e scopre Dio: sulle rive del fiume Giordano, l’impossibile diventa possibile perché «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37; cf. Gen 18,14). Nàaman non deve sottostare a impegni particolari, non riceve obblighi morali
e non deve nemmeno pagare un tributo perché il Dio del profeta Eliseo non è un «codice etico», e neppure può essere comprato perché nessuno lo può vendere. Egli deve solo compiere un gesto simbolico per sottolineare la gratuità della salvezza che sta per ricevere: deve lavarsi nel Giordano «sette volte» (2Re 5,14). Il numero «sette» indica completezza, totalità e l’acqua è simbolo di conversione, di trasparenza, di vita nuova. Lavarsi nel Giordano vuol dire cambiare modo di pensare e di vedere le cose perché la sua purificazione non è solo liberazione dalla lebbra, ma anche rinnovazione interiore, conversione radicale. Egli ha ancora una concezione della religione come contratto, perché vuole ricompensare il profeta con regali, come si usa nella mondanità delle corti e civiltà dei finti liberi. Non sa che il Dio d’Israele è il Signore del cielo e della terra (cf. Gen 2,4; 24,7; Is 61,1) e non una merce da contrattare. Il profeta con il suo stile di vita gli testimonia che Dio non si può vendere, né comprare, profetizzando con la sua vita la gratuità di Dio e costringendo Nàaman a fare il salto dalla religione alla fede, dalla dipendenza alla grazia. Se la Chiesa non profetizza la gratuità di Dio, condanna gli uomini e le donne ad una religiosità di prostituzione, trasformando in merce di scambio sia Dio che l'umanità. Nel vangelo vi è lo stesso tema e lo stesso schema: Gesù è in viaggio e opera in due regioni «eretiche»: in Samaria (parte centrale della Palestina, abitata dai Samaritani ostili) e in Galilea (regione a Nord della Palestina), considerata terra pagana, tanto da essere chiamata dagli stessi Ebrei «Galilea delle Genti» (Mt 4,15). Gesù non si limita solo ad attraversare la Samarìa, ma «entra in un villaggio»: egli va controcorrente, contravviene alle norme e diventa impuro con gli impuri, non teme la scomunica, ma ha come solo obiettivo quello di suscitare sentimenti di gratitudine e di gratuità. Si direbbe che Gesù cerchi volutamente l’umanità più disumana per fare esplodere in essa lo splendore nascosto che i superficiali e i bigotti non sanno né vedere, né apprezzare. Gesù è un esperto di umanità: «Egli infatti conosceva quello che c'è nell'uomo» (Gv 2,25). Non si è santi nell’imparare ad essere disumani, ma vivendo fino in fondo la pienezza della propria umanità, il luogo privilegiato della Shekinàh/Presenza di Dio che svela in noi la misura del perdono come dimensione della gratuità.
È proprio ben poco quello che possiamo acquisire con i nostri sforzi, perché sia che moriamo sia che viviamo noi siamo sempre immersi nella gratuità del Signore (cf.Rm 14,8). Invochiamo lo Spirito Santo, il dono di Dio per eccellenza, perché ci apra alla comprensione piena della fede che salva.

INVOCAZIONI PENITENZIALI


Gesù Maestro, tu solo puoi guarire le nostre ferite più nascoste. Kyrie, eleyson!

Cristo Risorto, attraverso i sacramenti ci doni continuamente una vita nuova. Christe, eleyson!

Gesù Salvatore, non ti saremo mai grati se non amiamo gratuitamente gli altri. Kyrie, eleyson!

INNO DI LODE: Gloria a Dio…

PREGHIERA DELL’ASSEMBLEA (Colletta)

+ O Padre, fonte della vita terrena ed eterna, tu sani ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito. Oggi, tutti insieme, ti ringraziamo nel giorno della Risurrezione del tuo Figlio: egli sempre fedele a te, ci fa morire e vivere in Lui, che è nostro Signore e nostro Dio… Amen!

LITURGIA DELLA PAROLA

Dal secondo libro dei Re 5,14-17
[Dopo le parole del profeta Eliseo, Naamàn, comandante siro che era lebbroso] scese al fiume Giordano e si lavò sette volte, e la sua carne ridivenne come quella di un giovinetto; egli era purificato. Tornò con tutto il seguito da l'uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c'è Dio su tutta la terra se non in Israele. Accetta adesso un dono dal tuo servo». Elisèo rispose: «Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò». Naamàn insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò. Allora Naamàn disse: «Se è no, almeno sia permesso al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dei, ma solo al Signore». Parola di Dio!

Salmo responsoriale - 97

R./ Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.

† Laudate Dominum omnes gentes. Alleluja!
1. Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Ha vinto con la forza del suo braccio santo.

2. Il Signore ha manifestato la sua salvezza,
agli occhi dei popoli la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla discendenza di Israele.

3. Fino i popoli più lontani hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutto il mondo:
gridate, esultate, cantate inni!

Dalla seconda lettera di s. Paolo apostolo a Timòteo 2,8-13

Figlio mio. Ricordati che io annuncio nel mio vangelo Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide! Per Lui io soffro fino a portare le catene come un malfattore. Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto tutto questo per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che ci viene da Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna. Di questa parola ci fidiamo:

Se moriamo con Lui, con Lui anche vivremo.

Se perseveriamo con lui, con Lui anche regneremo.

Se lo rinneghiamo, Lui pure ci rinnegherà.

Se siamo infedeli, Lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso!

Parola di Dio!


Alleluja, alleluja!
In ogni circostanza ringraziate il Signore. Questo Dio vuole da voi, vivendo uniti a Cristo Gesù. Alleluja!

+ Dal vangelo secondo Luca 17,11-19

Nell’andare a Gerusalemme, [Gesù] attraversava Samaria e Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci uomini lebbrosi che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!».

Vedendoli, [Gesù] disse loro: «Andate a mostrarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Costui era Samaritano. Allora Gesù gli rispose: «Non ne sono stati purificati dieci? Ora i nove dove sono? Non sono stati visti tornare a rendere gloria a Dio, se non questo straniero?». E disse a lui: «Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!

Parola del Signore!

PROFESSIONE DI FEDE-SIMBOLO DEGLI APOSTOLI

Io credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.

LA PAROLA SI FA PREGHIERA

+ Fratelli e sorelle, la Parola di Dio è Vita: risana e rende liberi! Di essa noi ci fidiamo e al Cristo fedele ci rivolgiamo con la nostra preghiera:
R./ Gesù maestro, abbi pietà di noi!

1. Signore, che la tua Chiesa ti riconosca come unico suo Signore e che fuori di te non vi è possibilità di vita vera.

2. Fa’ che i cattolici italiani, riuniti a Reggio C.a, si facciano voce delle comunità cristiane per un futuro di speranza nel nostro Paese e per il bene comune.

3. Fa’ che i nostri amministratori politici si mettano in umile e attento ascolto, per vedere e operare il vero bene di tutti.

4. Suscita in noi una viva e profonda gratitudine per il tuo amore che ci sana da quelle infermità che noi invece tentiamo di nascondere.

5. Illumina Luca nel cammino cristiano che oggi inizia con il Battesimo, sostenuto anche dalla nostra compagnia.

6. Ridesta nella nostra comunità cristiana il desiderio di costruire insieme, con te il tuo regno in mezzo a noi.

DALLA PAROLA ALL’EUCARISTIA

+ Sii benedetto, o Padre, le piaghe del tuo Figlio crocifisso sono per noi fonte di Vita. Trasforma tutti noi in un canto di lode alla tua bellezza e alla tua santità come il pane e il vivo che oggi portiamo a te. Per Cristo... Amen!

LITURGIA EUCARISTICA

PREGHIERA EUCARISTICA - Acclamazioni

+ Prendete, e mangiate… per voi. - E’ il Signore Gesù: si offre per noi!
+ Prendete, e bevetene… memoria di me. - E’ il Signore Gesù: si offre per noi!

+ Mistero della fede!
Annunziamo la tua morte, Signore; proclamiamo la tua risurrezione; nell’attesa della tua venuta!

Alla comunione

“Non sono dieci i guariti? E gli altri nove dove sono? Alzati e va’: la tua fede ti ha salvato!”.

46.a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani a Reggio C.a: 14-17 ottobre 2010

Bene comune : beni di tutti, per tutti

Si aprirà nel pomeriggio di giovedì 14 ottobre a Reggio Calabria la 46ª Settimana Sociale sarà on line: http://www.settimanesociali.it/

“Logos e agape. Intelligenza della fede e trasformazione della società” è il titolo della prolusione che il card. Angelo Bagnasco pronuncerà davanti agli oltre 1200 delegati provenienti da tutte le 227 diocesi italiane.
Il tema della 46ª Settimana Sociale: “Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del Paese” può sembrare atipico e ha suscitato interesse e si è rivelato più che mai attuale e urgente, ma ha bisogno di essere declinato in rapporto ad alcuni problemi concreti del Paese.
Di qui è nata l’idea di lavorare per proporre un’agenda di speranza, da compilare non a tavolino ma compiendo un’opera di riflessione che permetta di coinvolgere, da subito, molti di coloro che si stanno impegnando seriamente per il bene comune del Paese e per trovare le vie concrete per conseguirlo. L’agenda presenta dei problemi e non ha la pretesa di trovare tutte le soluzioni, soprattutto quelle politiche. Vorremmo invece, alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, incoraggiare e offrire un contributo perché, come scrive Benedetto XVI nella sua lettera Deus caritas est: «le esigenze della giustizia diventino comprensibili e politicamente realizzabili»”.
«Il Paese deve tornare a crescere, perché questa è la condizione fondamentale per una giustizia sociale che migliori le condizioni del nostro Meridione, dei giovani senza garanzie, delle famiglie monoreddito. (…) Ciascuno è chiamato in causa in quest’opera d’amore verso l’Italia: è una responsabilità grave che ricade su tutti, in primo luogo sui molti soggetti che hanno doveri politico-amministrativi, economico-finanziari, sociali, culturali, informativi». (+ A. Bagnasco)

Roma, 28 settembre 2010

domenica 3 ottobre 2010

Le Lectio del prete Carmine Miccoli: Luca 17

Chiesa del Purgatorio – Lanciano (CH)

"Siamo servi inutili, abbiamo fatto quanto dovevamo fare”  Luca 17,10

Si può invocare lo Spirito Santo.

+ O Padre, noi ti ringraziamo perché ci hai riuniti alla tua presenza per farci ascoltare

la tua parola: in essa tu ci riveli il tuo amore e ci fai conoscere la tua volontà. Fa’

tacere in noi ogni altra voce che non sia la tua e perché non troviamo condanna nella

tua parola, letta, ma non accolta, meditata, ma non amata, pregata, ma non custodita,

contemplata, ma non realizzata, manda il tuo Spirito Santo ad aprire le nostre menti e

a guarire i nostri cuori. Solo così il nostro incontro con la tua parola sarà rinnova -

mento dell’alleanza e comunione con te e con il Figlio e lo Spirito Santo, Dio benedetto

nei secoli dei secoli. A.: Amen.


L.: Ascoltiamo la Parola del Signore dal racconto dell'evangelista Luca 17,5-10 (trad. CEI 2008).

5 Gli apostoli dissero al Signore: 6 «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se

aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai

a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. 7 Chi di voi, se ha un servo ad arare o a

pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”?

8 Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi,

finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? 9 Avrà forse gratitudine

verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10 Così anche voi, quando

avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo

fatto quanto dovevamo fare”».

Note di esegesi per la comprensione del testo

Il brano del vangelo che abbiamo ascoltato si può dividere in due parti: un breve

insegnamento ai discepoli sulla fede (vv. 5-6) e la parabola del servo inadatto o

inutile (vv. 7-10). Lc, come è suo costume, ha già esaltato i poveri e condannato i

ricchi (6,20-26; 12,13-21; 16,19-31; 18,1-8); ora mette in contrasto la «religione»

dei Giudei con la «fede» del Samaritano (17,11-19), quella del fariseo con quella

del pubblicano (18,9-14), mentre tutto il vangelo è pieno di attenzioni per gli ultimi,

i deboli e i poveri (cf. 15,1ss.).

Non conosciamo il contesto storico del brano di Lc, ma forse Gesù ha fnito di

discutere e contrapporsi con i Farisei che erano assillati dall’osservanza esatta di

tutte le prescrizioni di purità rituale e morale. Essi infatti avevano un fardello pesante,

dovendo osservare ben 613 precetti, per cui erano molto impegnati nell’esercizio

di una religione del dovere e dell’esecuzione. Per loro il popolo era praticamente

escluso dalla salvezza, perché ritenuto incapace di adempiere tutte le

prescrizioni della Legge. La religione era un affare prevalentemente delle strutture

religiose (Sinedrio e Tempio): oggi potremmo dire che i rappresentanti uffciali

della religione dell'epoca ritenevano di avere l’esclusiva della rappresentatività di

Dio, più o meno come accade in una visione anticonciliare della Chiesa cattolica,

molto simile a quella in voga oggi presso i tradizionalisti del messale di Pio V.

La richiesta degli apostoli: «Aumenta in noi [la] fede!» apre una prospettiva. In

greco si usa il verbo prostìthemi, che traduce l’ebraico yasàph1, nel senso proprio

di «aumentare, accrescere» qualcosa che è carente, oppure «rendere, fare grande

» qualcosa o qualcuno/a. Se la fede può aumentare signifca che può diminuire

e che comunque non è data una volta per sempre: si può vivere, ma non si può

credere di rendita. Durante la tempesta improvvisa che sorprende gli apostoli in

barca, Gesù se la dorme tranquillo; al suo risveglio dubita della fede degli apostoli

e, dopo avere portato bonaccia, chiede: «Dov’è la vostra fede?» (Lc 8,25). Durante

il discorso sulla Provvidenza che nutre gli uccelli del cielo e veste i gigli del campo,

Gesù chiama gli apostoli oligòpistoi, «credenti di poco conto, dalla fede corta»

(Lc 12,28). A Simone, che di lì a poche ore lo rinnegherà, Gesù preannuncia che

prega per lui «perché la tua fede non venga meno» (Lc 22,32). La fede come qualsiasi

organismo vivente, deve essere alimentata, nutrita, sostenuta, curata; è questo

il motivo, ad esempio, per cui partecipiamo ogni domenica all’Eucaristia, perché

qui troviamo la dimora della fede dove noi siamo educati dal Padre e nutriti

dal Figlio per vivere nello Spirito. La duplice mensa della Parola e del Pane non

s’imbandisce per fare memoria di un passato che non c’è più, ma per permettere

a noi, facendo memoria di quell'evento sempre presente, di essere contemporanei

a Dio che si fa nostro prossimo. Così nutriamo la nostra fede in Dio e nel suo

Messia, Gesù, verifchiamo la nostra condizione alla luce del suo Evangelo, condividiamo

con i fratelli e le sorelle gioie e dolori, speranze e angosce, alimentiamo

1 Da cui deriva il nome Giuseppe che signifca, appunto, «Dio aggiunge, rende grande».

la nostra adesione a Cristo e ripartiamo per un altro tratto di storia, camminan -

do insieme. La fede è un dono, ma è anche un compito faticoso, ove ogni volta

supplichiamo lo Spirito perché la aumenti per non venire meno alla fedeltà a noi

stessi che è il fondamento della fedeltà a Dio. Noi abbiamo il diritto di alimentare

la nostra fede perché abbiamo il dovere di renderla a chiunque ci chiede conto

della nostra speranza (1Pt 3,15). Il mondo intero, specialmente il mondo dei

cosiddetti non credenti ha diritto di chiederci questo, come noi abbiamo il

dovere di travasare la nostra fede oltre noi stessi, altrimenti siamo inutili a noi e

al mondo stesso. Non è facile, perché lo stesso Gesù è scettico sulla resistenza

dei cristiani: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc

18,8). Ecco il nostro compito di preparare un mondo di fede per il ritorno del

Figlio dell’uomo, che rischia, invece, di trovare un mondo di religiosità e di

religioni ricche di riti e precetti, ma senza fede, né amore.

La seconda parte del brano porta la parabola del servo ineffciente o inutile (vv.

7-10). Nei vangeli si presenta spesso il binomio servo-padrone (Lc 12,43-48; 14,21-

23; 20,1 e par.) per descrivere i rapporti tra i credenti e Dio, raffgurato come un

padrone esigente, ma anche attento e disponibile a servire e premiare i servi fedeli

(Lc 12,37; 19,11-27; cf. Gv 13,1-7). Anche questa parabola è forse indirizzata ai

Farisei, che trascorrevano il loro tempo a misurare e calcolare i loro meriti e diritti

come moneta da contrattare con Dio. Alla prosopopea dei Farisei che amano

sempre farsi vedere, curano la loro immagine mettendosi sempre in mostra (Lc

11,43), si oppone la fede semplice dei poveri e dei piccoli che invece ripongono

tutta la loro fducia, senza condizioni, in Dio (v. 6). I poveri non si appropriano di

meriti non loro, ma riconoscono tutte le grazie che ricevono. Essi sono veri, non

vivono di aspettative, per cui non conoscono nemmeno la delusione; non si

aspettano ricompense, per cui sanno godere di qualsiasi dono; non ritrattano mai

quello che danno, per cui conoscono solo la dinamica della fedeltà. Si abbandonano

a Dio così come sono. La loro religione non è fondata sui meriti o sui presunti

diritti, ma solo sulla potenza della Parola del Signore (v. 10). In quest'ultimo versetto

troviamo tre termini importanti: per essere inutili bisogna fare tutto ciò che

è stato ordinato. La consapevolezza della propria identità nasce dal massimo impegno

nel contesto di una relazione di dipendenza: Dio è Dio e il suo vangelo non è

nostro, cioè non dipende esclusivamente da noi. Bisogna fare tutto, sapendo che

tutto dipende da Dio. Gesù non dice agli apostoli che sono inutili: li ha scelti, infatti,

perché lo aiutassero. Egli dichiara inutile e inadatto tutto ciò che nel cuore

della persona, e quindi specialmente dei discepoli/e del Cristo, c’è di inadeguato,

di superbo, di autoritario, di ingiusto, di inautentico, di presuntuoso, di esclusivo: è

inutile il fariseo che è dentro di noi.

Viviamo in un mondo sopraffatto dalla violenza e spesso ci sentiamo totalmente

inadeguati a vivere coerentemente il Vangelo, sentendoci impotenti: sappiamo di

dovere agire, ma non sappiamo come. Nasce l’ansia del fallimento e la tentazione

dell’abbandono e della fuga. Questo senso di inutilità deve diventare la nostra forza

che è radicata nel battesimo, in quello Spirito di Dio che ci consolida nella decisione

di resistere e di essere presenti anche nella nostra impotenza, sapendo

che questa è la nostra vocazione per sostenere questo mondo, perché, come

giusti, nulla vada in rovina. Siamo chiamati nella nostra inadeguatezza a sollevare il

lembo di croce del Cristo e diventare i cirenei di questo tempo perché il mondo

sia salvo. Di fronte ad un mondo che sbrana l’ambiente stesso dove vive; di fronte

alle ignominie più orrende come stragi, guerre, torture, stupri, violenze, furti,

inganni; di fronte a un mondo ingiusto che aumenta senza vergogna il numero dei

poveri oppressi dalla miseria; di fronte ad una Chiesa che cerca la mondanità e il

potere in questo mondo... come un fume sorgono e straripano le domande da

porre davanti a Dio: Perché, Signore? Perché, Dio, non intervieni a porre un

argine alla cattiveria e al sopruso? Perché ci lasci sommergere nel male? Perché

l’ingiustizia e la sofferenza sono così diffuse? La risposta a queste domande è in

questa parola di vita: Dio non è assente o, peggio, indifferente; egli, al contrario,

interviene nel mondo attraverso ciascuno di noi, perché così può essere

contemporaneamente e ovunque. Siamo noi il segno e la prova dell’onnipotenza

fragile e misericordiosa di Dio, perché possiamo giungere a tutto il mondo con i

gesti liberatori del perdono, del servizio, della pace. Dio ci concede ancora un

supplemento di tempo perché, con un cuore e un animo rinnovati nel lavacro

della conversione, possiamo andare sulle strade del mondo ed assumerci le

responsabilità della testimonianza. Spetta a noi vivere onestamente, essere giusti,

essere nonviolenti, amare il nemico, accogliere lo straniero, soccorrere il povero,

farci scudo per gli innocenti, farci voce di chi non ha voce, gridare come i profeti

contro chi governa ingiustamente. Dio ci manda nel mondo come suoi

messaggeri perché noi possiamo riconoscerlo nei fratelli e sorelle che

incontriamo e loro possano riconoscere il volto di Dio nel nostro volto, nelle

nostre mani, nel nostro cuore, nelle nostre parole e nella giustizia del nostro

abbandono totale alla sua fedeltà. Siamo noi il sacramento della presenza di Dio

nel mondo, perché siamo consapevoli che «quello che è debole per il mondo, Dio

lo ha scelto per confondere i forti... quello che è nulla, Dio lo ha scelto per

ridurre al nulla le cose che sono» (cf. 1Cor 1,27.28).

- pro manuscripto -

Rendiconto economico: aprile - giugno 2010

RENDICONTO ECONOMICO

APRILE - GIUGNO 2010

Entrate € 24.384,69

Uscite € 13.536,45

Saldo € 10.848,24

- Banca € 10.828,11

- Cassa € 20,13

Il dettaglio alla bacheca d’ingresso.

Approfondiamo la Parola domenicale: XXVII domenica dell'anno C

PAROLA CHE SI FA VITA

Alcuni brani biblici a commento della Parola domenicale:
ci aiutano ad accoglierla come avvenimento di salvezza nella nostra vita.

Abramo: la forza della fede.
Genesi 12,1-4; 15,1-6; 18,1-8; 22,1-19
Giacomo 2,21-23 Ebrei 11,1-39

Chi crede si salva!
Romani 3,21…5,11 Gàlati 2,11…5,12

Servi coraggiosi del Vangelo:
Ebrei 4,14-16; 6,10-20
Apocalisse 2,18-19 Luca 12,35-37.40

Puoi pregare:
Salmo 39 - Sei forza di chi confida in Te.
Salmo 85 - Salva chi spera in Te.
Salmo 115 - Sono il tuo servo: hai spezzato le mie catene.

Agenda settimanale:. 4 - 10 ottobre 2010

AGENDA SETTIMANALE 4 - 10 OTTOBRE 2010
* * *
INIZIO CATECHISMO PER L’I.C.

Lunedì 4, 21.00: Messa in Paglieroni

Martedì 5, ore 17.30: Gruppo Caritas
ore 18.30: Messa in S. Giorgio

Mercoledì 6, ore 21.00: Attorno alla Parola domenicale (in casa p.le e portare la Bibbia)

Giovedì 7, ore 18.30: Messa in chiesa p.le

Venerdì 8, ore 18.30: Via crucis

“Formazione Caritas” a Lanciano (CURIA)

Sabato 9

XXVIII DOMENICA DELL’ANNO C

ore 18.30: Messa in chiesa p.le

DOMENICA 10

ore 9.00: Messa in S. Giorgio

ore 11.00: Messa in chiesa p.le

Battesimo di LUCA COTELLESSA

* * *

ore 16.00, Curia di Lanciano:

PRESENTAZIONE DELL’ITINERARIO

FORMATIVO PER GLI ADULTI (AC)

UNA COMUNITÀ CHE CELEBRA: La Liturgia domenicale della XXVII Domenica dell'anno C - 3 ottobre 2010

CREDERE È AMARE: AMARE È SERVIRE !

La liturgia della 27a domenica del tempo ordinario che celebriamo oggi ci pone di



fronte al dramma della «Presenza» di Dio che gli esseri umani percepiscono spesso


come «Assenza» o, con una espressione divenuta classica, come «silenzio di Dio». Di


fronte a tutto ciò che schiaccia o che non trova soluzioni adeguate, di fronte alla impotenza


disarmata e traumatica che cataclismi naturali o fatti aberranti, come la morte


violenta di una persona innocente o la morte di un bambino mettono in evidenza,


istintivamente siamo portati a domandarci se Dio c’è e, se c’è, perché tace. Ancora una


volta dobbiamo constatare che di Dio abbiamo un immagine sconvolgente: lo vorremmo


come un «grande orologiaio» che regola il traffico nelle ore di punta, secondo ciò


che noi riteniamo giusto, ingiusto, buono e cattivo. Ancora una volta noi crediamo in


un Dio «fatto a nostra immagine e somiglianza» piuttosto che credere di essere noi


creati «a sua immagine e somiglianza» (Gen 1,27). Il «dio» di cui spesso parliamo è una


nostra proiezione che nulla ha da spartire con il Dio rivelato da Gesù Cristo; è un nostro


bisogno, anzi un robot a nostra disposizione per attuare ciò che noi vogliamo. Il


Dio universale, asettico regolatore, grande architetto che sovrintende il mondo, a suo


capriccio, è morto definitivamente in Gesù Cristo. Il primo «vangelo» che Gesù ha dichiarato


è questo: «convertitevi», cioè cambiate mentalità, modificate il pensiero che avete di


Dio perché io sono venuto a svelarvi il suo vero volto e a dirvi il suo unico Nome, che


è agàpe, cioè relazione intima di comunione nell'amore (cf. Mc 1,14-15; Gv 1,18; 1Gv 4,8; Gv


14,10.17.23). Entrare in questa logica significa scoprire che il «Silenzio» di Dio non è


«tacere», ma è la Parola più alta che Dio può pronunciare se vuole rispettare la libertà


della nostra coscienza e l’autonomia delle nostre decisioni. Dio fa silenzio perché possiamo


parlare noi con la nostra vita e la nostra testimonianza. Coloro che pretendono


un Dio interventista, fanno di lui un meccanismo su misura, un vero deus ex machina;


l’orologiaio o l'architetto universale o il «Dio tappabuchi» di cui parla plasticamente il


grande teologo luterano Dietrich Bonhöffer, testimone della fede fino al martirio nel


lager nazista di Flossebürg. Egli, sviluppando la teologia di Karl Barth, afferma che l’ateismo


moderno e la secolarizzazione smascherano la religione e il suo «Diotappabuchi


», invenzione dell’uomo per dare una risposta alle proprie insicurezze: «Dio


come ipotesi di lavoro, come tappabuchi, è diventato superfluo per i nostri imbarazzi»1.


Il Concilio Vaticano II dichiara che i cristiani stessi possono essere causa dell’ateismo


contemporaneo, in quanto generano essi stessi quell’atteggiamento che dovrebbero


contrastare con la loro vita, quando non sanno presentare la propria fede in modo


adeguato, o mostrano incoerenza personale e sociale nella testimonianza della propria


vita (cf. Gaudium et Spes, n. 19). Dio «ha taciuto» nell’orrore della Shoàh perché i cristiani


con il loro comportamento gli hanno tappato la bocca e gli occhi; Dio «ha taciuto» in


Rwanda perché i cristiani hanno fatto prevalere l’istinto tribale sulla fraternità della natura


e della fede; Dio «tace» quando i cristiani lo imbavagliano di fronte alle ingiustizie


di cui sono causa e spesso complici o quando sostengono governi e politiche che sono


la negazione della dignità della persona e dei suoi diritti in vista di interessi particolari


e per il mantenimento del potere come garanzia del malaffare economico. Al contrario,


«il silenzio di Dio» è l’urlo che risuona nel cuore dell’aberrazione dei sedicenti credenti


che si tappano la coscienza per non sentire e vedere: essi vogliono un «dioburattino


» da portare in processione e da rinchiudere subito dopo in un museo fino


alla prossima occasione. Il «silenzio di Dio» grida nel bisogno di liberazione dell’uma-


1 Cf. Id., Resistenza e resa: lettere e appunti dal carcere, Milano 1969, 264.


nità e nel bisogno che uomini e donne hanno di assoluto e di verità. Il «silenzio di


Dio» diventa così la premessa della nostra profezia attraverso la vita, le parole, gli at -


teggiamenti. Con la figura letteraria dell’«ossimoro», che esprime l’antitesi tra due termini


di significato opposto, potremmo dire che Dio è «Presenza-Assente»2.


Due sono le coordinate attraverso le quali noi incontriamo Dio «Presenza/Shekinàh» e


che costituiscono altrettanti comandamenti: le persone che incontriamo sul nostro


cammino e gli avvenimenti che viviamo. Gli uni e gli altri sono portatori del kairòs,


cioè di senso o dell’accadimento come fatto qualitativo che viene ad incidere nella nostra


vita, determinandone un cambiamento. Non tutto ciò che avviene è un accadimento,


perché tanti fatti hanno un senso immediato e univoco: mangiare, bere, respirare,


essere liberi, pensare, amare, morire sono fatti così ordinari che non vi prestiamo


alcuna attenzione. Quando però gli stessi fatti sono portatori di un supplemento di


senso, allora diventano accadimenti e s’impongono alla persona attenta e critica: mangiare


e bere oltre misura in presenza di chi muore di fame, impedire a qualcuno di for -


marsi o esprimere un pensiero, «amare» una persona gelosamente facendone un possesso,


sproloquiare sui bisogni della gente e frodare il fisco, sono eventi che inchiodano


la coscienza alle nostre responsabilità. Per scoprire e ascoltare la Shekinàh è necessario


creare le condizioni perché Dio non abita nel chiasso o nel caos: bisogna purificarsi


da ogni urgenza e frettolosità. Dio cammina in punta di piedi ed è appena un sussurro


che si può udire solo nel più assoluto silenzio del cuore e dell’anima. L’errore


che si compie spesso è quello di cercare Dio in alcuni «luoghi» materiali; ma per


incontrare Dio bisogna prima trovare se stessi e scendere nel cuore profondo di sé, perché


Dio non sta sulla superficie, ma ha la sua tenda nell’intimo di ciascuno, là dove


non siamo soliti andare. In questo viaggio verso la nostra intimità che nasconde come


un tesoro la «Presenza silenziosa di Dio» ci guida lo Spirito Santo, il Consolatore che


noi invochiamo per avere luce e forza nel nostro cammino lungo i sentieri della storia.


INVOCAZIONI PENITENZIALI


Signore, noi ci riteniamo credenti, ma non così tanto da fidarci di te.

Signore, pietà!

Cristo, a noi piace sentirci utili nella vita, ma non fino al punto di servire gli altri.

Cristo, pietà!



Signore, tu ci fai tuoi testimoni ma noi ci vergogniamo del tuo Vangelo.

Signore, pietà!

INNO DI LODE: Gloria a Dio…



PREGHIERA DELL’ASSEMBLEA (Colletta)

+ O Padre, sempre ci ascolti anche se la nostra fede è piccola quanto un granello di senape.
Il tuo Spirito in noi ci renda credenti fiduciosi e umili servi, ma chiamati da te a testimoniare nel mondo la tua feconda presenza e la tua forza nel vangelo d’amore di Gesù Cristo, tuo Figlio... Amen!



LITURGIA DELLA PAROLA



Dal libro del profeta Abacuc

1,[1]2-3;2,2-4 Oracolo ricevuto in visione (con incarico) dal profeta Abacuc.

Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non mi ascolti? A te alzerò il grido:

«Violenza!» e non ci salvi?

Perché mi fai vedere l’ingiustizia e resti (mi lasci) spettatore dell’oppressione?

Ho davanti a me rapina e violenza

e ci sono liti e si muovono contese. (…)

Il Signore rispose e mi disse:

«Scrivi ciò che ti faccio vedere e incidilo bene sulle tavolette, perché lo si legga speditamente. È una visione che attesta un termine, parla di una scadenza

e non inganna; se indugia, attendila,

perché certo avverrà e non tarderà.

Ecco, soccombe chi non è fedele a Dio, mentre chi si fida di Lui

vivrà per la sua fedeltà». Parola di Dio!

Salmo responsoriale - 94

R./ Ascoltate oggi la voce del Signore.

Confitemini Domino, quoniam bonus.Confitemini Domino. Alleluja!

1. Venite, cantiamo al Signore, acclamiamo
a Lui, roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a Lui per rendergli grazie,
a Lui acclamiamo con canti di gioia.

2. Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio e noi il popolo che egli conduce
come un gregge al suo pascolo.

3. Se ascoltaste oggi la sua voce:
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere!».



Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo

1,6-8.13-14

Figlio mio. Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. (…) Prendi come modello i sani insegnamenti che da me hai udito, nella fede e nell’amore che sono in Cristo Gesù. Custodisci il bene prezioso che ti è stato affidato mediante lo Spirito santo che abita in noi.

Parola di Dio!

Alleluja, alleluja!

La parola del Signore rimane in eterno: e questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunciato. Alleluja!

+ Dal vangelo secondo Luca

17,[1...4] 5-10

In quel tempo. [Gesù disse ai suoi discepoli: «(…) Se qualcuno fa perdere la fede a una di queste persone semplici… State bene attenti! Se un tuo fratello ti fa del male, tu rimproveralo; ma se poi si pentirà, tu perdonalo! Anche sette volte al giorno…»].

Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci (in noi) la nostra fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.

Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo soltanto servitori. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Parola del Signore!

PROFESSIONE DI FEDE-SIMBOLO DEGLI APOSTOLI
Io credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.

LA PAROLA SI FA PREGHIERA

+ Fratelli e sorelle, la Parola del Signore è Vita: chiediamo il dono di essere non solo ascoltatori attenti, ma servi e operatori della Verità.

R./ Signore Gesù, ascoltaci!

1. Cristo, Servo obbediente del Padre, fa’ sperimentare alla tua Chiesa la beatitudine di proclamare e mettere in pratica la tua Parola, ti preghiamo.

2. Cristo, nostro Maestro, dona a chi ha compiti politici e amministrativi di essere al servizio degli altri, ti preghiamo.

3. Cristo, Speranza del mondo, sostieni il sofferto cammino delle chiese cristiane, perché tutti credano in te, ti preghiamo.

4. Cristo, Agnello che prendi su te il peccato del mondo, salva chi lotta pacificamente per la libertà, ti preghiamo.

5. Cristo, Luce del mondo, guida il cammino di Alessandro e di Michelle, perché crescano nel tuo amore, ti preghiamo.

6. Cristo, vero Pastore della nostra comunità, fa’ che vivendo insieme la tua Parola rendiamo più saldi i nostri vincoli di comunione fraterna, ti preghiamo.

DALLA PAROLA ALL’EUCARISTIA
+ Benedetto sei tu, o Padre, per la testimonianza del tuo Figlio Gesù: in Lui hai rivelato il tuo volto di amore e ci ha permesso di fidarci di te da persone libere. Donaci di usare la nostra libertà nella carità: mettendoci al servizio degli altri. Per Cristo, nostro Signore. Amen!
LITURGIA EUCARISTICA

PREGHIERA EUCARISTICA - Acclamazioni

+ Prendete, e mangiate… per voi.
- E’ il Signore Gesù: si offre per noi!
+ Prendete, e bevetene… memoria di me.
- E’ il Signore Gesù: si offre per noi!

+ Mistero della fede!

Annunziamo la tua morte, Signore; proclamiamo la tua risurrezione; nell’attesa della tua venuta!

Alla comunione

Dissero gli apostoli a Gesù: “Signore, accresci la nostra fede!”.