sabato 28 agosto 2010

Approfondiamo la Parola domenciale: le lectio del prete Carmine Miccoli

“...chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato” (cf. Luca 14,11)


P.: O Padre, noi ti ringraziamo perché ci hai riuniti alla tua presenza per farci ascoltare la tua

parola: in essa tu ci riveli il tuo amore e ci fai conoscere la tua volontà. Fa’ tacere in noi ogni

altra voce che non sia la tua e perché non troviamo condanna nella tua parola, letta, ma non

accolta, meditata, ma non amata, pregata, ma non custodita, contemplata, ma non realizzata,

manda il tuo Spirito Santo ad aprire le nostre menti e a guarire i nostri cuori. Solo così il nostro

incontro con la tua parola sarà rinnovamento dell’alleanza e comunione con te e con il

Figlio e lo Spirito Santo, Dio benedetto nei secoli dei secoli. A.: Amen.

Canto (facoltativo): Alleluia (Taizè).

L.: Ascoltiamo la Parola del Signore dal racconto dell'evangelista Luca
(Lc 14,1.7-14; trad. CEI 2008).

1 Un sabato [Gesù] si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stava -

no a osservarlo. 7 Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi

posti: 8 «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché

non ci sia un altro invitato più degno di te, 9 e colui che ha invitato te e lui venga

a dirti: Cèdigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. 10 Invece,

quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto, perché quando viene colui che ti

ha invitato ti dica: Amico, vieni più avanti! Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali.

11 Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». 12 Disse

poi a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i

tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché a loro volta non

ti invitino anch'essi e tu abbia il contraccambio. 13 Al contrario, quando offri un banchetto,

invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14 e sarai beato perché non hanno da ricambiarti.

Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Note di esegesi per la comprensione del testo

Il brano del vangelo appena ascoltato ci presenta l'insegnamento di Gesù legato al

vocabolario dell’umiltà, visto non in chiave moralistica, ma nel mondo della relazione.

Non potrebbe essere diversamente perché se la relazione non è umile,

non è vera e si altera l’equilibrio del mondo. Dio non ha creato l’uomo e la donna

per pura appariscenza, ma perché fossero l'icona visibile di Dio nel mondo

creato. L’uomo e la donna, in quanto «immagine di Dio» (Gen 1,26-27) hanno la

funzione di riportare tutto ciò che respira al suo «principio»: guardando Adam ed

Eva il creato dovrebbe rivolgere lo sguardo e il desiderio verso il suo creatore.

Un Dio che mette tra parentesi il suo «mistero» per entrare nella ordinarietà

della vita e del linguaggio di relazione (cf. Fil 2,6-7) è un Dio sconvolgente, perché

parla e si rivela per rendersi accessibile, con la presenza del Figlio che è Lògos,

cioè parola, ragionamento, discorso che può essere capito da tutti. Nella rivelazione

cristiana, Dio si rende ascoltabile, manducabile, palpabile (cf. 1Gv 1,1-4); egli è il

Dio vicino (cf. Dt 4,7). Più approfondiamo le parole della Bibbia e più entriamo in

intimità con la Parola che è Dio stesso. Accogliamo con gioia il volto umano del

Dio di Gesù, fglio di Maria di Nàzaret e dell’umanità tutta per la quale ha offerto

la sua vita. Egli si è messo in fla con i peccatori per chiamare a salvezza tutti i

peccatori e gli esclusi dalle normative etiche del tempo. Entriamo quindi nel tesoro

del vocabolario biblico dell’umiltà/povertà1 per estrarre «cose nuove ed antiche

» (Mt 13,52).

Sul povertà bisogna fare una distinzione. In prima battuta possiamo affermare che

non esiste un povero per scelta, come se la vocazione della persona umana fosse

la sofferenza e la privazione. Siamo creati per essere felici e la felicità comporta

uno stile di vita dove il necessario ad essa deve essere garantito. Oltre al diritto

1 Nel 1° livello semantico, la radice ebraica ‘anâ signifca «risposta, testimonianza, grido»;

da essa si forma anche il termine «coabitazione» (ebr. ‘oenâ). La radice ‘anâ nella Bibbia ricorre

617 volte; dalla stessa radice si forma ‘anâw, «umile, affitto», ‘anâwà «povertà, umiliazione

». Nel 2° livello, dalla stessa radice si forma l’espressione ‘anawým «poveri [di

YHWH]» che costituiscono il nerbo resistente che porta avanti tutta la storia della salvezza

(Is 10,20; Mi 2,12; Sof 3,12-13; cf. Am 9,1; Lc 12,32). I «poveri di YHWH» sono gli

«umili», coloro che «temono il Signore», i «santi», i «giusti», i «fedeli» (Sal 35[34],10; cf.

Sal 25[24], ecc.), coloro che conservano nello scorrere del tempo la coscienza d’Israele

come popolo «servo del Signore», scelto per essere inviato in mezzo alle nazioni. Il povero

non teme Dio, perché «non sarà condannato chi in lui si rifugia» (Sal 34[33],23;

40[39],18; 86[85],1; 140[139],13, ecc.) dato che è in intimità con lui; il Signore «si prende

cura [letteralmente, conosce] di chi in lui si rifugia» (Na 1,7). Un 3° livello di signifcato riguarda

‘anâ nel senso di «costringere, sottomettere, punire»: l’idea sottesa è la sottomis -

sione con la forza, che ricorda come in ogni forma di umiltà o povertà c’è una componente

di violenza.

naturale e inalienabile al cibo e all’acqua, ciò comporta il diritto alla dignità, alla

cultura, alla scuola, all’amore, alla libertà, alla socialità, al lavoro, al riposo, alla casa,

alla famiglia, al tempo libero, al servizio... Perché tutto questo accada è necessario

avere una consistenza economica dignitosa che permetta l’effettivo soddisfacimento

dei bisogni fondamentali e primari. Anche da un punto di vista teologico, la

Chiesa afferma che «Dio è il sommo bene» e vivere in comunione con lui è la felicità

della persona. La stessa vita eterna viene presentata come il perseguimento

della felicità senza fne. La povertà è una violenza che individui esercitano su altri

individui senza averne diritto, per cui si può dire che la povertà è un'ingiustizia radicale

che deve essere abolita. Ciò vale a livello singolo, ma anche a livello di

gruppi e di popoli, come anche a livello mondiale. La povertà che attanaglia due

terzi dell’umanità è un'umiliazione imposta da un sistema economico peccaminoso

che si chiama capitalismo che insulta la dignità della persona umana. L’esistenza

dei poveri è il segno che il mondo è dominato dall’idolatria di mamona iniquitatis

(cf. Lc 16, 9.13).

In seconda battuta, noi affermiamo che la povertà come stile di vita e distacco dai

beni della terra, intesi come ossessione possessiva di cose e persone, è una virtù

che si persegue solo per grazia in funzione della testimonianza, in forza del Vangelo

che è la persona di Gesù. La prima parola della magna charta del Regno di Dio

che egli pronuncia è inequivocabile: «Beati i poveri in spirito» (Mt 5,3; cf. Lc 6,20).

La povertà non è un valore in sé, ma è importante come metodo di testimonianza

e di fedeltà nella sequela: chi ama ossessivamente le cose e le ricchezze non

avrà tempo per le persone e gli affetti, che cercherà ugualmente comprandole e

usandole senza ritegno. I cristiani che seguono Gesù scelgono la povertà come

stile di vita non per amore della miseria, ma come segno sacramentale che è pos -

sibile vivere senza eccessi, senza sprechi, liberi da bisogni pure legittimi per dare

spazio di vita a chi non ha nemmeno l’indispensabile per sopravvivere. I poveri «a

causa del vangelo» affermano che non può esserci giustizia fnché nel mondi vi

sarà disuguaglianza. Se tutti sono fgli/e di Dio, tutti hanno diritto di sedere alla

stessa mensa, di condividere la stessa fraternità e di partecipare alla stessa paternità.

La povertà come scelta di vita e metodo di esistenza deve e può essere scelta

solo liberamente perché esprime la vera immagine di Dio che da ricco che era

si fece povero per arricchire tutti noi (cf. Fil 2,5-8; 2Cor 8,9). Un cristiano «ricco»

è una contraddizione: nessuno può essere ricco se vive del proprio lavoro per

soddisfare le proprie necessità primarie; se uno è ricco vuol dire che ha accumulato

rubando, frodando o esercitando lavori disonesti o utilizzando mezzi ignominiosi.

Ogni individuo la stessa vita e gli stessi bisogni degli altri: una volta sazio, il

resto tracima oscenamente solo per il gusto di possesso. Paradigmatica a questo

riguardo è la vicenda del notabile ricco che messo di fronte alla sua responsabilità

di essere causa della povertà degli altri, fugge anche da se stesso (cf. Lc 18,18-

23; Mc 10,17-22).

In sintesi, possiamo dire che in ebraico il vocabolario dell’umiltà evoca, al 1° livello,

il signifcato dell’ascolto; e ascoltare vuol dire dipendere da qualcuno con cui si è in

relazione vitale. Essere umile non è un atteggiamento umano per annichilirsi, frustrando

realizzazioni e desideri, quasi che solo nella rinuncia si possa essere idonei

per incontrare Dio. Dio è pienezza, non sta mai nella mancanza; se umiltà vuol

dire ascolto, chi ascolta è consapevole di stare davanti ad uno che parla mettendo

tutto se stesso in questa dipendenza di relazione comunicativa che è sorgente di

vita. Ascoltare vuole dire dipendere da chi e da ciò che si ascolta. Nessuno si costruisce

da sé, ma ciascuno di noi vive perché ha dentro di sé una porzione di dipendenza

da tutti coloro che con lui si rapportano. Vi sono dipendenze che distruggono

e uccidono, ma vi sono dipendenze che creano, liberano e sciolgono

nella maturità amante. Al 2° livello semantico lo stesso vocabolario dell’umiltà richiama

l’idea di oppressione, di piegatura, di basso in contrasto con alto per cui l’umile

è colui che è piegato con la testa in basso, mentre qualcuno sta sopra di lui. In

questo senso l’umile è l’impotente che si lascia dominare da una forza più forte:

lo può fare passivamente, subendo; ma può farlo anche attivamente reagendo con

la nonviolenza e quindi con la coscienza che sa di subire senza accettare la conseguente

sottomissione. L’umile è colui che dipende dalla violenza e dalla forza di

un altro che può contrastare solo prendendo su di sé questa violenza perché

solo così, attraverso le sue piaghe, la svela nella sua vera natura che è il desiderio

smodato di possesso e di potere.

Umiltà e possesso sono diametralmente opposti perché nel possesso non c’è

ascolto come dipendenza relazionale, ma dominio imposto con la cecità della violenza

e della forza bruta, autoritaria. L’umile che sopporta svuota la violenza che

lo sovrasta, diventando una diga al dilagare della stessa violenza e del sopruso

gratuiti. Tra il violento e l’umile, il più forte è l’umile. Il primo può piegare con la

forza, ma non può costringere l’anima, mentre il secondo accettando coscientemente

di subire, ha consapevolezza dell’ingiustizia che si compie. Questo è il segreto

della pratica gandhiana della nonviolenza che nasce dall'insegnamento di

Gesù dell’amore ai nemici (cf. Lc 6,36); di fronte alla violenza scatenata contro di

Lui, a cui Pietro vuole opporre la debolezza della sua spada, Gesù ha un solo ordine

perentorio: «Rimetti la spada nel fodero» (Gv 18,11). Dove c’è possesso

non può esserci ascolto e dove c’è dominio non può esserci relazione. Nella relazione

pertanto l’umile dà importanza alla parola di chi parla che accoglie in sé senza

condizioni e senza patteggiamenti. L’umile è persona libera che non ha posizioni

o punti di vista da difendere, ma è sempre attento e aperto a cogliere ogni soffo

di bene e di amore che c’è in ogni cosa, in ogni persona, in ogni evento. Sce -

gliere l’umiltà/povertà come stile di vita signifca avere coscienza di essere in relazione

di comunicazione orizzontale con i propri simili e verticale con il Dio che si

abbassa. In questo modo i poveri sono capaci di rivelare il proprio essere profondo

nel momento stesso in cui è svelato dalla parola che lo manifesta.

Non scegliere il primo posto al banchetto signifca avere la misura della propria

consistenza e ritenere gli altri superiori a sé in forza del principio evangelico che

gli altri sono la parte migliore di noi: «Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma

ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso» (Fil 2,3).

L’umile non è un debole, un pauroso, non è chi tiene gli occhi bassi o il collo torto

o colui che tace di fronte ad un sopruso dell’autorità in nome di una spiritualità

astratta e così si rassegna di fronte alle ingiustizie del mondo; al contrario, l’umile,

poiché è più vicino alla terra (è in basso) ed è piantato nella vita, non fugge mai di

fronte alle sue responsabilità. Ascolta la realtà, gli avvenimenti, le persone, i sentimenti,

le domande che salgono dalla vita e dalle profondità dell’esistenza e cerca

la risposta insieme agli altri. L’umile è uno che non si esalta e non si appropria di

meriti che non ha, ma riconosce la verità di se stesso perché ascolta il suo cuore

e la sua fede: egli conosce i suoi pregi e i suoi difetti e si rapporta con Dio e con

gli altri come veramente è, senza falsità e inganno, ma con verità assoluta. L’umile

è colui che si pone davanti a Dio riconoscendo le cose grandi che egli compie in lui,

come Maria (cf. Lc 1,49). L’umile non si compiace di se stesso, non si mette in mostra

per attirare l’attenzione, non escogita sistemi infantili per apparire quello che

non è, ma sa di essere nella mani di Dio e di dipendere dalla sua Parola che lo

modella come il vento con la sabbia, l’acqua con la pietra. Da una parte l’umile

manifesta nella trasparenza del vivere e del suo essere il volto del Signore da cui

dipende con amore e gioia perché egli s’inginocchia volontariamente davanti a lui,

riconoscendone la gloria (cf. Sir 3,20). Dall’altra parte l’umile è anche violento

come l’acqua che spegne il fuoco che divampa (cf Sir 3,30), in quanto è colui che è

forte nel dominio di sé e irreprensibile davanti a qualsiasi idolo, uomo o cosa che

presume sostituirsi a Dio nella falsità e nella menzogna. L’umile non ricostruisce

l’equilibrio che non c’è, ma ristabilisce sempre la verità perché egli dipende dall’ascolto

di Dio che è Verità (Gv 18,37).

- pro manuscripto -

Approfondiamo la Parola domenicale

PAROLA CHE SI FA VITA



Matteo 23,1-12 L’ultimo posto.

Giacomo 2,1-13 Luca 1,46-55; 14,11-14

Dio ha scelto i poveri.

Filippesi 2,3-8 1Corinti 9,1-6. 15-23

Isaia 53,1-7 Servi, come Cristo.

Matteo 5,3-11; 18,1-4 … umili come Lui.

Puoi pregare:

Salmo 112 - Tu sollevi il povero.

Salmo 114 - Ero misero e mi hai salvato.

Una comunità che celebra: La Liturgia domenicale - XXII Domenica dell'anno C: 29 agosto 2010

GESU’, PRIMO TRA NOI, SI È FATTO ULTIMO


Dire che il tema della 1a lettura e del Vangelo è l’«umiltà» è un rischio di banalizzazione,

se si riduce ad un sermone morale sul dovere di mortificare il «proprio io» per assumere

atteggiamenti dimessi fino a scomparire. Troppo spesso si è usata l’ascesi dell’umiltà

per affermare ogni sorta di soprusi su persone autenticamente religiose a cui però venivano

negati tutti i diritti, restando solo il dovere dell’obbedienza. Il tema dell’umiltà

deve essere prima ben fondato nel contesto della Parola di Dio, altrimenti si fomentano

autoritarismi che prosperano radicandosi sul piedistallo dell’umiltà… degli altri!

Il termine «umiltà» nella Bibbia ebraica appartiene alla famiglia dei vocaboli della relazione,

perché deriva dalla radice ‘anâ che ha il senso di «rispondere, testimoniare, parlare

»; dallo stesso termine deriva la parola «povero» per cui umile e povero nella Bibbia

sono sinonimi. Possiamo dire che l’umile è il «povero nello spirito» (cf. Mt 5,3) dichiarato

«beato» da Gesù, colui cioè che vive per e nella presenza dello Spirito del Signore.

Povero è chi non ha posizioni da difendere, ma sa di dipendere da altri. Il povero tende

le mani e la sua vita dipende dall’amore accogliente dell’altro. Il vero povero nello

spirito è Gesù che si è affidato tutto alla volontà del Padre e si è abbandonato completamente

nelle mani degli esseri umani che ne hanno fatto scempio. La ragione di questo

dono totale di sé sta nella certezza della presenza di Dio che è sempre «davanti agli

occhi» del povero, la cui vita, pertanto, «riposa al sicuro» (Sal 16[15],9). Gesù propone

se stesso come mite ed umile (Mt 11,29; 21,5) e chiede ai suoi discepoli di imitarlo (2Cor

10,1; Gal 5,23; Tt 3,2; 1Pt 3,16) perché essi siano nel mondo le orme stesse del suo

passaggio. L’umile è la persona della «verità» e dell’«ascolto»: non s’inorgoglisce come

Adamo da pensare di usurpare Dio stesso, ma nemmeno colui che si annienta fino al

punto da non riconoscere i doni che Dio creatore gli ha dato. La persona umile è una

persona vera perché si accetta nella sua pienezza di armonia umana, nei suoi limiti e

fragilità, come nei suoi pregi e qualità.

Nella 1a lettura il Sapiente invita il discepolo ideale a mettersi «davanti al Signore» e a

fare della sua vita una glorificazione attraverso l’ascolto della Parola e la condivisione

qui espressa con il termine «elemosina» che è un concetto importante nell’etica del Siracide

(cf. 7,10; 12,3; 16,14; 29,8.12; 40,24; Pr 16,6; 17,5; Tb 4,7-11). L’autore attribuisce

all’elemosina il potere di espiazione dei peccati, facendone l’equivalente del sacrificio

dello Yom Kippur: una straordinaria novità anche per noi. Il termine «elemosina» deriva

dal verbo greco eleèo, «aver misericordia», traducendo l’ebraico rachàm/rèchem che ha attinenza

con l’utero materno che partorisce. Per cui «fare elemosina» in senso originario,

etimologico significa «avere pietà, misericordia» nel senso proprio di accettare di

essere generanti e partorienti. «Elemosina» quindi vuol dire «generare alla vita». Nella

liturgia eucaristica è rimasta una reminiscenza della celebrazione greca dei primi secoli

ed è l’invocazione dell’inizio: «Kýrie, elèison! Christe, elèison!». L’esercizio della misericordia

diventa quindi un atto di culto che ha valore offertoriale e rigenerativo perché condivide

chi si è e ciò che si ha. Il Vangelo porta a compimento quanto esposto dal Sapiente,

ma ponendo l’accento sulle ragioni interiori del comportamento. Di solito accade che

gli esseri umani usano maschere per accreditarsi diversi da quello che sono, specialmente

in pubblico. Gesù ci dice che la coscienza del nostro agire non va mai in ferie e

non ha vuoti. Si è se stessi sempre, nel privato e nel pubblico. La ragione di ciò è semplicemente

soprannaturale: ogni volta che falsiamo la nostra immagine noi falsiamo

anche quella di Dio perché siamo portatori della sua visibilità (Gen 1,27; Rm 8,29; Col

1,15; 3,10). Un secondo elemento che Gesù sottolinea si può codificare così: quando

agisci, agisci sempre per motivi di giustizia e mai per tornaconto. Invitare a pranzo

qualcuno con la prospettiva che debba restituire l’invito è un gesto ridicolo, non

un’azione di comunione. Ne sappiamo qualcosa a Natale, quando scatta la sindrome

del regalo come dovere che tutti condannano e di cui tutti sono schiavi, incapaci di

spezzare questa maledizione senza senso; oppure si pensi ai matrimoni e a quelle

oscenità che si chiamano prime comunioni, ma che forse bisognerebbe meglio definire

come «matrimoni in miniatura». In queste occasioni il regalo è proporzionato a quello

che si è ricevuto in occasione di un altro matrimonio o di un’altra prima comunione

oppure agli inviti ricevuti per il pranzo. Tutto è calcolato, nulla è lasciato alla gratuità.

La gratuità è l’equilibrio della giustizia ritrovata nella verità, a differenza della logica del

mondo che è basata sull’acquisizione dei primi posti, anche a costo di sacrificare qualsiasi

pudore e qualsivoglia valore etico. Non è giusto un regalo obbligato perché è fal -

so; è giusto e bello invece un regalo donato, anzi inatteso, che non aspetta in cambio

nulla che non sia la sorpresa di chi lo riceve e la gioia di chi lo offre. In economia, in

politica, nella carriera ecclesiastica ciò che conta è «farsi furbi», per chi crede in Dio

ciò che conta è la salvaguardia della dignità propria e altrui perché le ragioni per sce -

gliere e per decidere sono presenti nel cuore di Dio, alla cui presenza il credente vive.

Come ci ricorda la 2a lettura, noi siamo chiamati ad essere la lampada che brilla sul

monte Sion, la santa Gerusalemme celeste, il trono della Gloria di Dio
(cf. Eb 12,22; Lc 11,33).

PREGHIERA PENITENZIALE

Signore, ti sei abbassato fino a noi, purifica le nostre ambizioni smisurate.

Signore, pietà!

Cristo Gesù, ti sei fatto vicino a tutti, avvicinaci col tuo amore al Padre.

Cristo, pietà!

Signore, imbandisci per noi la tua mensa, cambia la nostra indifferenza  verso i poveri. Signore, pietà!



INNO DI LODE: Gloria a Dio…



PREGHIERA DELL’ASSEMBLEA



+ O Padre, tu chiami soprattutto i poveri e i peccatori alla festosa assemblea della nuova alleanza. Fa’ che la tua Chiesa onori la presenza del Signore negli umili e nei sofferenti, così che tutti ci riconosciamo fratelli alla tua mensa. Per il nostro Signore… Amen!



LITURGIA DELLA PAROLA



Dal libro del Siràcide 3, 17...31



Figlio, compi le tue opere con modestia, sarai amato più di un uomo generoso. Quanto più sei grande, tanto più abbassati; così il Signore ti darà i suoi doni. Solo chi è consapevole dei propri limiti sa riconoscere Dio. (…)

E’ saggio chi medita le parabole, e così capirà quanto egli desidera.

Come l’acqua spegne un fuoco divampante, così soccorrere i poveri cancella i peccati.

Parola di Dio!

Salmo responsoriale - 67



R./ Jubilate Deo, omnis terra,

servite Dominum in laetitia. Alleluja!



1. Si rallegri chi è amato da Dio,

esultate davanti a Lui: cantate di gioia!

Cantate a Dio, cantate inni a Lui:

fate festa davanti al Signore!



2. Padre degli orfani e difensore

delle vedove è Dio in mezzo a noi.

A chi è solo, Dio fa abitare una casa,

libera con gioia i prigionieri.



3. Pioggia abbondante

hai riversato, o Dio,

hai rinvigorito il tuo paese esausto.

Là si è stabilito il tuo popolo,

dove tu, o Dio, hai soccorso il misero.



Dalla lettera agli Ebrei 12, 18...24



Fratelli e sorelle. Non vi siete avvicinati a una montagna terrena come il popolo di Israele, né a un fuoco ardente, né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e ad un fragore di parole; chi le udiva scongiurava che Dio non rivolgesse più a loro la parola.

Voi, invece, vi siete avvicinàti al monte Sion e alla città del Dio vivente, la Gerusalemme del Cielo e a migliaia di angeli, all'assemblea festosa dei primogeniti chiamati per nome nel Cielo, a Dio giudice di tutti e ai giustificati ormai portati alla perfezione, a Gesù mediatore della Nuova Alleanza con il suo sangue sparso per tutti.

Parola di Dio!


Alleluja, alleluja!


Il Signore mi ha mandato ad annunziare

ai poveri la buona notizia, a proclamare

ai prigionieri la liberazione. Alleluja!



+ Dal vangelo secondo Luca 14,1.7..14



Avvenne che un Sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo e [(perché era sabato). Ed ecco c’era davanti a lui un malato di idropisia e lo guarì (…)]. Gesù diceva agli invitati un parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e così quando lo sposo viene ti dica: “Cedigli il posto!”. Allora, con vergogna, dovrai occupare l'ultimo posto. Invece quando sei invitato, va’ e mettiti all'ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Ricordate: chiunque si innalza sarà abbassato, e chi si abbassa sarà innalzato». Disse poi a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i tuoi vicini che sono ricchi: essi possono invitarti a loro volta e tu avrai già la tua ricompensa. Al contrario, se offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi: sarai felice, perché non possono ricambiarti! Dio ti ricompenserà alla fine, con la risurrezione». Parola del Signore!



PROFESSIONE DI FEDE-SIMBOLO DEGLI APOSTOLI



Io credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.



LA PAROLA SI FA PREGHIERA



+ Fratelli e sorelle, avviciniamo con fiducia al Padre, perché il suo Figlio Gesù ci ha dato un posto alla sua mensa e preghiamo:

R./ Padre dei poveri, ascoltaci!



1. Che la tua Chiesa non si accaparri i primi posti tra i potenti, ma accolga e si curi degli umili e dei poveri, preghiamo.



2. Che le nostre società non continuino a vivere nell’inganno dell’orgoglio e della sopraffazione sugli altri, preghiamo.



3. Che il nostro impegno nella vita civile e parrocchiale, sia sincero e costruttivo, per il vero bene di tutti, preghiamo.



4. Che i cristiani siano i primi credere e a lottare per “costruire la Pace custodendo il Creato”, preghiamo.



5. Che la nostra partecipazione a questa Eucaristia ci spinga ad amare per primi, tutti e sempre, senza distinzioni e limiti, preghiamo.



DALLA PAROLA ALL’EUCARISTIA



+ Ti ringraziamo, o Padre, di averci radunati alla tua mensa nel tuo Figlio Gesù. Egli è venuto fra noi come il servo di tutti e con il dono di sé, in questo pane e vino, ci rende degni di servirlo negli altri.

Egli vive e regna per sempre. Amen!

luglio - agosto 2010/3

Carissime e carissimi.




Siamo ormai quasi al termine del periodo estivo e tra poco riprenderemo il nostro dialogo settimanale sull’abituale foglietto domenicale. Ho pensato di rinnovare questo pieghevole che può essere utile sia per avere notizie e avvisi riguardo a orari ed appuntamenti, sia per non interrompere il percorso di formazione sulla Parola (in particolare il racconto evangelico di Luca) che stiamo seguendo quest’anno.

Abbiamo realizzato “un campo formativo” per i nostri delle medie inferiori che riprenderanno il loro cammino in modo rinnovato e più affiatati di prima. Alcuni nostri giovani hanno partecipato alla “Tendopoli” di San Gabriele, a cui sono stati invitati anche le ragazze e i ragazzi delle superiori.

Con il Consiglio pastorale e la commissione catechetica abbiamo già progettando insieme il nuovo anno comunitario.

A tutti auguro una felice conclusione delle vacanze e chiedo la preghiera perché lo Spirito di Gesù risorto ci conduca insieme come popolo di Dio in cammino nel mondo, da figli e fratelli.

p. Roberto Geroldi

Agenda parrochiale: 29 agosto - 8 settembre 2010

Agenda settimanale

29 agosto: XXII DOMENICA DELL’ANNO C

Continuiamo con l’orario estivo

delle celebrazioni festive e feriali



30-31 agosto, ore 9.30: Curia Lanciano

1 settembre, ore 15.30:

CORSO DI AGGIORNAMENTO DIOCESANO

per tutti gli operatori pastorali



Giovedì 2 settembre, ore 21.00:

INCONTRO DEI CATECHISTI DELL’I.C.



Venerdì 3, ore 19.00:

Celebrazione eucaristica e Adorazione



CAMBIO ORARIO SS. MESSE

XXIII DOMENICA DELL’ANNO C

Sabato 4 settembre

ore 18.30: Messa in chiesa p.le



Domenica 5 settembre

ore 9.00: Messa in San Giorgio

ore 11.00: Messa in chiesa p.le



Lunedì 6 settembre, ore 21.00:

Messa in c.da Paglieroni



Martedì 7 settembre, ore 18.30:

Messa in San Giorgio



Mercoledì 8 settembre, ore 21.00:

Attorno alla Parola domenicale