venerdì 7 maggio 2010

Le lectio del prete Carmine Miccoli

“Vi lascio la pace, vi do la mia pace...” (cf. Gv 14,27)

Ascoltiamo la Parola del Signore dal racconto dell'evangelista Giovanni
(Gv 14,23-29; trad. CEI 2008; tra [ ] le parti omesse o aggiunte dalla liturgia).

[Gesù disse ai suoi discepoli:] 23 «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre
mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24 Chi non mi
ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre
che mi ha mandato. 25 Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi.
26 Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà
ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. 27 Vi lascio la pace, vi do la mia
pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non
abbia timore. 28 Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste,
vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. 29 Ve l’ho detto
ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».

Segue la meditazione della Parola proposta dalla guida della celebrazione; dopo un momento personale di
silenzio per la lectio, si prosegue con la condivisione comune sulla Parola ascoltata. Al termine, ognuno
dei presenti può proporre un’intenzione di preghiera; ad ognuna, l’assemblea canta o risponde con un’acclama -
zione. Si conclude con la preghiera del Padre nostro… [e la benedizione finale].
Note di esegesi per la comprensione del testo
Il brano del vangelo di Gv è la conclusione dei «discorsi di addio» di Gesù durante
la cena pasquale (cf. Gv 13-16). La prima parte del brano è la risposta di Gesù a
Giuda Taddeo che chiede: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e
non al mondo?» (v. 22, qui assente). Giuda è deluso perché immaginava che Dio si
sarebbe manifestato in forma strepitosa al modo del Sinai e come aveva descritto
il profeta Ezechiele: Gesù risponde che Dio porrà la sua Shekinàh/Dimora in colui/
colei che osserverà e custodirà la sua parola. Questa affermazione sul «custodire
la parola» è continuamente ripetuta nei discorsi di addio (cf. Gv 14,15.21.23;
15,10.12.17). Il Dio di Gesù Cristo non ha più bisogno di un «luogo», ma ogni
cuore libero diventa il nuovo Tempio della sua Presenza. Sostiamo in ascolto di
questa parola, ripercorrendola lungo i vari versetti, per essere noi stessi luogo in
cui Dio compie la sua alleanza.
1. «Se uno mi ama, osserverà la mia parola». Amare è osservare la parola
della persona amata. Il verbo osservare ha due signifcati: guardare con attenzione
e custodire, salvare. Noi siamo abituati ad «ascoltare» la parola, ma non a
guardarla, perché la consideriamo come uno strumento. La parola che noi pronunciamo
è la nostra anima che risuona, si esprime, si rende accessibile. Bisogna
avere rispetto per ogni parola, come per un essere vivente, composta di corpo
(le lettere) e di anima (il senso). La Mishnàh, nel trattato Pirqè Avòt (Massime dei
Padri), insegna che prima ancora di creare il mondo, Dio aveva creato dieci cose,
tra cui le «lettere dell’alfabeto» con cui avrebbe scritto le Tavole della Toràh (cf.
V,6). Gv dirà ancora di più: la Parola immortale prende corpo, anzi «carne» per essere
visibile e toccabile (cf. 1,14). Guardare attentamente la parola signifca entrare
in sintonia di vita e di sentimenti con la persona che la contiene. Allo stesso
modo custodire la parola signifca farsi carico della comunicazione con l’altro,
quasi come lo scrigno in cui conservare il tesoro prezioso che è la persona amata
fatta parola. Amare è diventare la parola che è l’altro/a, che a sua volta diventa
la perla preziosa per la quale vale la pena vendere tutto come il mercante della
parabola evangelica (Mt 13,45-46).
2. «Il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora
presso di lui». L’amore che si fa custodia e contemplazione esplode in
una relazione generativa: evoca la paternità/maternità, che a sua volta si trasforma
in dimora che dà accoglienza e riparo. Al tempo di Gesù, uno dei nomi con cui
veniva sostituito il nome di YHWH era Shekinàh, che noi traduciamo con Presenza,
ma che etimologicamente signifca «Dimora», cioè il luogo dove Dio può essere
incontrato e dove abita per srotolare la propria esistenza affettiva e relazionale
insieme al suo popolo. Dio assume le modalità umane: come noi ha bisogno di
uno spazio dove rendere visibili gli affetti e le relazioni; la nostra dimora è parte
di noi stessi, anzi essa è il prolungamento del nostro corpo perché diventa lo spazio
vitale dove noi siamo e ci sentiamo al sicuro. La dimora è il simbolo dell’utero
materno che si fa tenerezza generativa. Il brano di oggi vuole aiutarci a
rispondere alla nostra ricerca di Dio, per entrare in comunione con lui.
Guardando alla storia della salvezza codifcata nella Bibbia, assistiamo ad un
processo straordinario di spiritualizzazione, che va dalla povertà della Tenda del
deserto alla sontuosità del Tempio di Salomone per giungere nell’AT alla presenza
spirituale della Sapienza che si presenta come «casa» (Pr 9,1;14,1; cf. Sir 21,18), e
che nel NT diventa la dimora spirituale di Dio stesso nel cuore degli esseri umani
(cf. Gv 14,23).
a) Nell’AT durante il pellegrinaggio dall’Egitto alla Terra Promessa, la dimora per eccellenza
di Dio era la Tenda del Convegno (‘ohel mo’ed). Essa per necessità era mobile
e provvisoria, povera e spoglia, espressione sacramentale della fede come abbandono
e fducia da una parte e dall’altra come protezione e garanzia di comunione tra Dio e
il suo popolo.
b) Quando Israele divenne sedentario, la Tenda fu sostituita dal Tempio di Gerusalemme,
sognato da Davide e costruito da Salomone nel sec. X a.C. Il santuario è il segno
sacramentale della Presenza di Dio in mezzo al suo popolo e dovunque un Israelita
si trovi, per avere coscienza di sé basta che si volga in direzione di Gerusalemme
per trovare la sua dimensione e la sua pace.
c) Per Israele, Dio abita nel Tempio, che è il Santuario della «Shekinàh/Dimora»
(Gen 28,17; 1Sam 1,7.19; 5,4-5; Es 25,8; 1Re 6,8.11; 8,1-61); lo stesso Tempio, tuttavia,
è troppo materiale per contenere lo Spirito di Dio. Dio trasferisce la sua Sapienza
nell’anima dei giusti come afferma il Siracide (24,1-21).
d) I primi cristiani superano l’idea di un Dio localizzato in una costruzione di pietra
(cf. At 2,46; 3,1; 5,21-42; Lc 24,53) e danno forma defnitiva all’insegnamento sapienziale,
perché Dio ora è presente in ciascuna celebrazione da parte della sua assemblea
(1Cor 6,19-20; Rm 8,9; 1Ts 4,4-8; 2Cor 6,16-17; Ef 2,19-22), dovunque si raduni la comunità
orante. Dopo la risurrezione, al Tempio di pietra e alla Sapienza succede lo
Spirito del Risorto che è il garante della Shekinàh/Dimora di Dio nei suoi fgli/e, chiamati
a renderlo visibile nella condivisione del dono messianico della pace (shalom),
che è la somma di tutti di doni di Dio.
Amare è dimorare con la persona amata. Per noi questa dimora è la preghiera
come «luogo» in cui Dio si rende visibile e chi prega si lascia contemplare da Dio.
Solo quando noi saremo questo luogo allargato in cui dimorare con il Padre e il
Figlio, solo allora sapremo comprendere il valore delle parole e sapremo anche
custodirle nel cuore e negli occhi.
3. «Il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio
nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi
ho detto». Il termine «Consolatore» è detto in greco Paràcletos e ricorre cinque
volte, solo in Gv, di cui quattro nei discorsi di addio (Gv 14,16.26; 15,26; 16,7;
1Gv 2,1). Il verbo base è kalèo, «parlo, chiamo». Da questo stesso verbo si formano
sia la parola paràcletos, «consolatore», sia il termine ekklesìa, «chiesa», accomunando
con una stessa espressione la presenza di Dio e la comunità dei credenti,
destinandoli anche ad esprimere lo stesso servizio nell'amore verso il mondo1.
4. «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo,
io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore
». La pace è l’eredità di Gesù ai suoi discepoli, ma non nel senso di una eredità
morale: un genere di pace troppo povero e meschino, che dura lo spazio di un
proposito per essere immediatamente disatteso. In ebraico pace si dice shalòm;
nella tradizione biblica, questo termine è più di un augurio o di un saluto: prima di
tutto è un dono, non frutto degli sforzi umani, ma che si riceve in custodia. La
pace è affdata da Dio a coloro che vogliono essere «fgli/e di Dio», come garantisce
la sesta beatitudine in Matteo (5,9). In tutta la tradizione profetica, shalòm indica
la somma di tutti i beni messianici: in essa è contenuta la vita, la salvezza, la redenzione,
la liberazione, la gioia, il perdono, l’accoglienza, il servizio, l’amore (Is
2,2-4; 9,5-6; 11,1-9; 40,17-18; Zc 8,9-13; 9,9-10; ecc.). Lo stesso Messia è presentato
come «Principe della Pace» (Is 9,5).
Lo «shalòm» lasciato da Gesù ha una caratteristica ancora più intima: è la stessa
persona del Signore che si dona, per cui potremmo dire che «Pace» è il nome
nuovo del Signore risorto, la «dimora» dove Dio si rende presente nell’economia
dell'umanità nuova da lui inaugurata. Essa si oppone alla pace «del mondo», come
si oppone gratuità a interesse. Per il mondo, la pace è l’equilibrio di opposti interessi,
mentre lo «shalòm» che è Gesù s’identifca con la propria vita donata per
amore senza chiedere nulla in cambio. Solo nel dono non c’è turbamento, perché
la gratuità libera da ogni preoccupazione e timore (cf. 1Gv 4,17).
- pro manuscripto -
1 Nel sistema giudiziario semitico, il consolatore è una fgura giuridica che richiama quella
del go’el, «riscattatore/redentore». Quando uno veniva deferito in giudizio davanti agli anziani
radunati alla porta della città, se uno dei giudici, stimati e autorevole, si fosse alzato e
andasse a collocarsi «accanto» all’imputato, senza nemmeno proferire una sola parola,
quell’uomo era salvo sulla garanzia di colui che «rivendicava» la sua innocenza col suo
onore e la sua credibilità. In questo contesto, il «consolatore/redentore» è avvocato, perché
prende le difese di qualcuno e testimonia in suo favore.

Approfondiamo la Parola domenicale

PAROLA CHE SI FA VITA
Alcuni brani biblici a commento della Parola domenicale:
ci aiutano ad accoglierla come avvenimento di salvezza nella nostra vita.

Filippesi 4,1-9
Con voi il dono della Pace.

Isaìa 66,10...22
Dio farà scorre la Pace
tra noi come un fiume.

Romani 8,6-17
Il sentimento dello Spirito è Vita e Pace.

Efesini 2,4-18 Cristo è la nostra Pace.

Isaìa 52,1-12
Come è bello chi cammina
annunziando la Pace

Agenda settimanale: 10-16 maggio 2010

AGENDA SETTIMANALE 10 - 16 MAGGIO 2010
“UN MESE CON MARIA”
* * *
BENEDIZIONE FAMIGLIE
IN C. DA SACHETTI
* * *
P. Roberto presiederà
l’Eucaristia:
Lunedì, ore 21.00 in Paglieroni
Martedì, ore 21.00 in San Giorgio
Giovedì, ore 18.30 in chiesa p.le
ore 21.00 in Sacchetti.
In chiesa p.le, per Treglio centro,
la preghiera del Rosario
sarà tutti i giorni alle ore 18.30
(ore 18.00 prima della Messa)
* * *
Mercoledì 12, ore 21.00:
Condividiamo la Parola (in chiesa p.le)

Giovedì 13
ore 18.00: Rosario in chiesa p.le
ore 18.30: Messa
ore 21.00: Messa in C.da Sacchetti

Sabato 15 maggio
ASCENSIONE DEL SIGNORE
ore 18.30: Messa in chiesa p.le

DOMENICA 16
ore 9.00: Messa in San Giorgio
ore 11.00: Messa in chiesa p.le
Prima Comunione di MATTIA BOZZELLI
* * *
Chi volesse partecipare
in p.za S. Pietro al Regina Coeli
con papa Benedetto XVI
si può rivolgere
a Elio Vicchiarello (cell: 328 4835460
e.mail: eliovicchiarello@alice.it)
* * *
PER LA GITA A SAN GIOVANNI ROTONDO

In preghiera con Maria

CON MARIA, PREGHIAMO GESÙ

O Vergine del Rosario,
noi tuoi fratelli e sorelle nella fede,
celebriamo con te i misteri gioiosi,
luminosi, dolorosi e gloriosi
della vita di Gesù,
per rivivere la grazia del nostro battesimo
e ottenere il dono di una vera conversione.

Noi, tuoi amici e compagni di viaggio,
desideriamo pregustare con te
la gloria del tuo figlio Gesù,
per vivere nel vivo desiderio
della gioia del Paradiso.
Amen.

+ Carlo Ghidelli, vescovo

Una comunità che celebra - La Liturgia domenicale VI di Pasqua C: 9 maggio 2010

Il RISORTO RIVIVE IN NOI PER IL SUO SPIRITO

La liturgia della 6a domenica di Pasqua C, così ricca di contenuti, è la penultima domenica
prima della solennità di Pentecoste e il ritmo liturgico lo segnala, quasi avesse
fretta di giungere al nuovo Sinai per ricevere l’abbondanza del fuoco che purifica e rinnova.
La 1a lettura accenna a quello che comunemente viene definito «Concilio di Gerusalemme
», celebrato tra il 49 e il 50 d. C. per discutere la questione che lacerò la Chiesa
delle origini: l’ammissione dei Pagani che chiedevano il battesimo nel nome di Gesù.
Due erano, fondamentalmente, le posizioni che si confrontavano: la scuola di Giacomo,
espressione dell’ala tradizionalista dei Giudeo-cristiani, che voleva imporre ai Pagani
di diventare prima Ebrei attraverso la circoncisione per poter essere riconosciuti
cristiani a pieno titolo; la posizione di Paolo e dei suoi compagni di apostolato, che sosteneva
che Dio chiama chi vuole, indipendentemente dall’essere Ebrei o Pagani. Per
questi, i Pagani che accolgono Cristo non devono sottomettersi alle prescrizioni del
Giudaismo che lo stesso Gesù combatté con forza. Questo è il contesto in cui si svol -
se l’assemblea di Gerusalemme, una riunione così importante non solo per questo
episodio, ma anche perché Paolo si oppose anche a Pietro per il suo comportamento
ambiguo su questo tema (cf. Gal 2,11-16). Passò la linea di Paolo, che affermò con forza
la novità assoluta di Gesù, dimostrando la cosa con i risultati della sua missione: i
Pagani sono sullo stesso piano degli Ebrei in forza dello Spirito Santo che senza differenza
si dona agli uni e agli altri, operando in tutti gli stessi eventi. Il cristianesimo, da
gruppo giudaico, divenne proposta di fede universale. La posta in gioco fu grande e il
momento drammatico. La sola condizione che si pose fu quella di evitare comportamenti,
anche leciti, che potessero scandalizzare i semplici.
Tuttavia, Giacomo non si fidava di Paolo e inviava suoi uomini fidati a spiarne la predicazione
e il comportamento in ogni città dove questi andasse. È ciò che stiamo vivendo
ai nostri giorni a livello teologico, culturale e pastorale: la corrente «centralista»
sostiene che vi è un solo modo di essere Chiesa e coincide, guarda caso!, con il modo
«romano», per cui le esperienze di tutti gli altri popoli devono essere solo ripetitive di
questo; altre correnti, più adeguatamente, sostengono la necessità per ogni popolo di
dovere esprimere la propria fede con il proprio genio, la propria cultura, i propri stili
di vita. I primi vogliono un cristianesimo occidentalizzato e pianificato a livello mondiale,
i secondi vogliono una sola fede nella multiformità della diversità. Non è una
concessione di qualche papa benevolo, ma un diritto innato legato alla propria stessa
esistenza: la storia insegna che non è mai esistito un solo cristianesimo, ma tanti modi
di credere, perché l’unità nasce sempre dalla diversità, mai dall’uniformità.
La 2a lettura è tratta dalla conclusione dell’Apocalisse, e racconta una visione grandiosa
e rivoluzionaria. Si elimina ogni differenza tra terrestre e celeste; scompare ogni imperfezione
e tutto è armonico. La Dimora di Dio escatologica accoglie Ebrei e Pagani,
Israele e la Chiesa che riflettono l’unità di Dio, simboleggiata dal quadrato. Non esiste
più separazione tra sacro e profano, perché la luce dell’Agnello ammanta dello splendore
di Dio ogni cosa. Ora si compie l’anelito espresso nel prologo di Gv: le tenebre
sono sconfitte e la luce di Dio illumina tutti i figli/e che si lasciano accogliere dalla
luce dello Spirito. Viene risanata la ferita dell’Eden, dove, secondo una tradizione giudaica,
Adam ed Eva erano vestiti della luce della gloria di Dio che risplendeva nella
loro pelle1. La perfezione della Chiesa non sta nell’esteriorità, nel successo,
nell’organizzazione, nella conformità, ma nell’adesione all’unità di Dio che ci fa vedere
ogni cosa con i suoi occhi. L’Eucaristia è la nostra visione, dove noi impariamo a
«dimorare» nella logica della Parola che si effonde, del Pane che si spezza e del Vino
che si sparge per tutti e per ciascuno.


INVOCAZIONE PENITENZIALE

Signore, il tuo Spirito ci libera, ma noi viviamo schiavi e divisi.
Signore, pietà!

Cristo, il tuo Spirito è luce di Verità, ma noi preferiamo il buio e la menzogna.
Cristo, pietà!

Signore, il tuo Spirito è la nostra Pace,
ma noi siamo prigionieri della paura.
Signore, pietà!

INNO DI LODE: Gloria a Dio…

PREGHIERA DELL’ASSEMBLEA

+ O Padre, tu hai promesso di dimorare in chi ascolta la tua Parola e la mette in pratica. Manda il tuo Spirito, perché richiami al nostro cuore tutto quello che il Cristo ha fatto e insegnato, e ci renda capaci di testimoniarlo con le opere e con le parole. Egli vive… Amen!

LITURGIA DELLA PAROLA

Dagli Atti degli Apostoli
15,1...31
In quei giorni. Alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non aderite alle usanze della legge mosaica, non potete essere salvati». Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione. Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dai cibi offerti agl’idoli (…) e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!». Essi allora, congedàtisi, discesero ad Antiòchia e riunita la comunità consegnarono la lettera. Quando l’ebbero letta, si rallegrarono per l’incoraggiamento che infondeva.
Parola di Dio.
Salmo responsoriale - 66

R/ Laudate Dominum, omnes gentes. Alleluja!

1. Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.

2. Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.

3. Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra.

Dall’Apocalisse
di san Giovanni apostolo 21,10...23

L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. (…) È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. (…) sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.
In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo Tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna:
la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. Parola di Dio.

Alleluja, alleluja!
Se uno mi ama, osserverà la mia parola,
dice il Signore, e il Padre mio lo amerà
e noi verremo a lui. Alleluja!

+ Dal vangelo secondo Giovanni
14,22-29
[Nel cenacolo Gesù disse ai suoi discepoli]: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito (avvocato difensore, consolatore), lo Spirito santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace.
Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me.
Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».
Parola del Signore!

PROFESSIONE DI FEDE - SIMBOLO APOSTOLICO

Io credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.

LA PAROLA SI FA PREGHIERA

+ Fratelli e sorelle, invochiamo lo Spirito, perché la Parola che abbiamo ascoltato ci faccia sentire amati dal Padre. Egli solo può donarcelo, se noi lo chiediamo come Gesù ci ha promesso.

R/ Donaci il tuo Spirito, o Padre!

1. Per la Chiesa, lo Spirito la sostenga e la guidi nell’annunciare il Vangelo di Gesù al mondo, ti preghiamo.

2. Per coloro che propongono leggi alla nostra società, perché si impegnino per le famiglie e per i giovani, ti preghiamo.

3. Per il papa Benedetto non si senta solo, incoraggiato dal nostro affetto e dalla nostra comunione, ti preghiamo.

4. Per i gruppi che in questo mese si ritrovano in preghiera con Maria, lo Spirito ci faccia più Chiesa, ti preghiamo.

5. Per gli operatori umanitari, siano sostenuti da politiche che difendano la giustizia e la pace, ti preghiamo.

6. Per la nostra assemblea che ogni domenica viene nuovamente animata e plasmata dallo Spirito di Gesù risorto, perché ognuno di noi sia docile alla sua azione, ti preghiamo.

DALLA PAROLA ALL’EUCARISTIA

+ Ti ringraziamo, o Padre, per il tuo Spirito che fai abitare in noi e che mantiene viva la memoria del tuo Figlio Gesù, anche in questa eucaristia.
Trasformi noi nel suo Corpo, come il pane e il vino che ora presentiamo a te.
Per Cristo nostro Signore. Amen!


PREGHIERA EUCARISTICA - Acclamazioni

+ Prendete, e mangiate… per voi.
- E’ il Signore Gesù: si offre per noi!

+ Prendete, e bevetene…
Fate questo in memoria di me.
- E’ il Signore Gesù: si offre per noi!

+ Mistero della Fede!
Annunciamo la tua morte, Signore;
proclamiamo la tua risurrezione;
nell’attesa della tua venuta!
ALLA COMUNIONE


“Se uno mi ama, osserverà la mia parola
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui
e prenderemo dimora presso di lui”.
Alleluia!

Pietro, Maria e lo Spirito

Divagazioni sul mese di Maggio

Il mese di maggio è caratterizzato,
ormai da qualche anno, dalla preghiera comunitaria del rosario:
Maria ci raccoglie in preghiera con sé per meditare i misteri
della vita di Gesù per poterli con lei
meditare, contemplare e vivere…
Sono come cenacoli in cui con Maria riscopriamo il nostro essere “Chiesa radunata nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo”.
Mi sono chiesto come mai nei vangeli non è riportata nessuna manifestazione di Gesù risorto a sua madre, Maria.
Ho notato che alcuni libretti devozionali, rispondono allo stesso interrogativo
in modo originale,
per non dire a volte stravagante.
Il fatto è che i vangeli non ne parlano,
e quando capita così c’è sicuramente
un motivo importante. Non vuol dire che Maria non abbia personalmente
incontrato Gesù risorto, ma i vangeli lasciano questo nel silenzio,
forse per discrezione e riservatezza.
Noi dobbiamo rispettare questo silenzio e partiamo dal fatto che Maria non
è soltanto un personaggio della storia della salvezza, ma che in essa ella ha un posto unico e singolare. Ha aderito
al disegno di Dio singolarmente…
ma il suo è “collettivo e universale”
in quanto non solo immagine del popolo di Dio, Israele; ma anche della Chiesa.
Dovunque il Risorto si sia fatto
riconoscere come “il vivente”, lì Maria era partecipe di quell’incontro
come discepola e in quanto
madre dei credenti.
E’ la Chiesa stessa che incontra
il suo Sposo e Signore.
Da Maria Egli ha preso la carne umana, crocifissa e risorta; nella Chiesa
il suo corpo glorioso si manifesta
e si dona nel corpo eucaristico.
E’ sempre Maria che accoglie
e genera il Verbo di Dio.
E’ sempre lei, anche se le figure dei
discepoli evidenziato altre faccettature: Pietro, Giacomo, Giovanni,
Tommaso, Paolo…
È ciò che stiamo vivendo
ai nostri giorni a livello teologico,
culturale e pastorale: la corrente «centralista» sostiene che vi è un solo modo di essere Chiesa e coincide,
guarda caso!, con il modo «romano», per cui le esperienze di tutti gli altri
popoli devono essere solo ripetitive
di questo; altre correnti,
più adeguatamente, sostengono
la necessità per ogni popolo di dovere esprimere la propria fede con il proprio genio, la propria cultura, i propri stili
di vita. I primi vogliono un cristianesimo occidentalizzato e pianificato a livello mondiale, i secondi vogliono una sola fede nella multiformità della diversità. Non è una concessione di qualche papa benevolo, ma un diritto innato legato
alla propria stessa esistenza: la storia insegna che non è mai esistito un solo cristianesimo, ma tanti modi di credere, perché l’unità nasce sempre
dalla diversità, mai dall’uniformità.
Questa dinamica è solo opera
dello Spirito che il Risorto continua
ad effondere su di noi.
R.G. e C.M.