sabato 19 giugno 2010

Approfondiamo la Parola domenicale: le lectio del prete Carmine Miccoli

“Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso,
prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”
(cf. Lc 9,23)


P.: O Padre, noi ti ringraziamo perché ci hai riuniti alla tua presenza per farci ascolta -

re la tua parola: in essa tu ci riveli il tuo amore e ci fai conoscere la tua volontà. Fa’

tacere in noi ogni altra voce che non sia la tua e perché non troviamo condanna nella

tua parola, letta, ma non accolta, meditata, ma non amata, pregata, ma non custodita,

contemplata, ma non realizzata, manda il tuo Spirito Santo ad aprire le nostre menti e

a guarire i nostri cuori. Solo così il nostro incontro con la tua parola sarà rinnovamento

dell’alleanza e comunione con te e con il Figlio e lo Spirito Santo, Dio bene -

detto nei secoli dei secoli. A.: Amen.


L.: Ascoltiamo la Parola del Signore dal racconto dell'evangelista Luca (Lc 9,18-24[27];

trad. CEI 2008; tra [ ] le parti omesse dalla liturgia).

18 Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui

ed egli pose loro questa domanda: “Le folle, chi dicono che io sia?”. 19 Essi risposero:

“Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto”.

20 Allora domandò loro: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Pietro rispose: “Il Cristo di

Dio”. 21 Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. 22 “Il Figlio dell’uomo

- disse - deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e

dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno”. 23 Poi, a tutti, diceva: “Se qualcuno

vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e

mi segua. 24 Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita

per causa mia, la salverà. [25 Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero,

ma perde o rovina se stesso? 26 Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio

dell'uomo quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi. 27 In verità io vi dico: vi

sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto il regno di Dio.]”.

Segue la meditazione della Parola proposta dalla guida della celebrazione; dopo un momento personale di

silenzio per la lectio, si prosegue con la condivisione comune sulla Parola ascoltata. Al termine, ognuno

dei presenti può proporre un’intenzione di preghiera; ad ognuna, l’assemblea canta o risponde con un’acclama -

zione. Si conclude con la preghiera del Padre nostro… [e la benedizione finale].

Note di esegesi per la comprensione del testo

Il brano di oggi riporta quella che viene comunemente detta «confessione di Cesarea

»1, presente in tutti e tre i vangeli sinottici (cf. Mt 16,13-20.(+21-23); Mc

8,27-30(+31-33); Lc 9,18-24). In tutti e tre i racconti, la professione di Cesarea è

sempre legata all’annuncio della passione (cf. Lc 9,22) e alla descrizione delle condizioni

per seguire Gesù (cf. Lc 9,23-26). Forse la collocazione più logica e storicamente

plausibile è quella di Mt che pone la «confessione di Pietro» all’inizio del

quarto discorso, il «discorso missionario» (Mt 18,1-22), mentre le altre due situazioni,

l’annuncio della passione e le condizioni per seguire Gesù, erano poste all’inizio

del racconto della passione del Signore (Mt 26,1-27,61)2.

I tre racconti riportano una cristologia «in crescendo», visibile nella risposta di

Pietro alla domanda di Gesù: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Lc 9,20). Le risposte di

Pietro sono: 1. Mc 8,29: «Tu sei il Cristo»; 2. Lc 9,20: «[Tu sei] il Cristo di Dio»; 3.

Mt 16,16: « Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». In Mc si ha una teologia ancora

ai primordi, perché l’identifcazione di Gesù è solo sul piano messianico;

quella di Lc è una teologia più elevata perché fa di Gesù non solo il Messia, ma lo

pone sul versante divino («di Dio»); la terza, quella di Mt, è una teologia già

espressione di una chiesa ormai assestata, che rifette sull’identità di Gesù oltre il

messianismo, identifcandolo con «il Figlio del Dio vivente» che diventa così la ri-

1 Due città portano il nome «Cesarea»: una, Cesarea Marittima, si trova sulle rive del

mare Mediterraneo e fu costruita da Erode il Grande (73-4 a.C.) in onore di Cesare Augusto

(63 a.C.–14 d.C.). Essa fu la capitale della provincia romana di Giudea e Samarìa (At

12,19; 23,33; 25,1-6.13). Vi risiedeva uffcialmente il governatore romano, che andava a

Gerusalemme solo se necessario e in occasione delle feste importanti, in modo particolare

per la Pasqua: in questo caso aveva dimora nella fortezza Antonia sulla spianata nord

del Tempio, nell’attuale II stazione della Via crucis presso lo Studium Biblicum Franciscanum.

A Cesarèa Marittima, Pietro aprì il cristianesimo ai Pagani nella casa di Cornelio, liberandolo

dal particolarismo giudaico (cf. At 10). L’altra, cui si riferisce il vangelo di oggi, è Cesarea

di Filippo, situata a nord della Galilea, nelle odierne alture del Gòlan, l’antica Iturèa, a

150 km da Gerusalemme e a 55 km da Damasco. Qui vicino sgorgano le sorgenti del

Giordano, dedicate dai pagani al dio Pan che vi era venerato (per questo oggi il luogo si

chiama Bánias). Nel 200 a.C., Antioco III il Grande (223-187 a.C.) l’annesse al regno greco

selèucida che governava la Palestina. Erode il Grande, nel 20 a.C., vi eresse un tempio in

onore di Cesare; la costruzione della città si deve però al fglio, Filippo il tetrarca, prozio

di Salòme, fglia di sua Erodiade, quella che lo abbandonò per sposare il cognato Erode

Antìpa e che pretese la morte di Giovanni il Battista (cf. Mc 6,17-29).

2 B. Willaert, «La connexion littéraire entre la première prédication de la passion et la

confession de Pierre chez les synoptiques», in Ephemerides Theologicae Lovanienses 1956,

24-45.

sposta anticipata alla domanda cruciale del sommo sacerdote che interroga Gesù

(Mt 26,63), non lasciandoci scampo quanto agli eventi: Gesù fu condannato a

morte per motivi prima religiosi, poi politici.

Tra le tre, la versione di Lc è singolare, poiché la preoccupazione dell’autore è di

concretare l’attenzione sua e dei suoi lettori sul viaggio di Gesù a Gerusalemme

(cf. Lc 9,51-18,14), organizzando attorno a questo schema letterario fatti e insegnamenti,

avulsi così dal loro contesto storico più credibile. Ne consegue che il

capitolo 9 di Luca diventa una raccolta di materiale diversifcato, un centone di

notizie e temi che l’evangelista riceve dalle fonti: da una parte non può tacerle e

dall’altra non sa come incastrarle nel suo schema, per cui fniscono qui a formare

quasi una cerniera di passaggio tra la prima parte del vangelo e la seconda che

comincia con il solenne inizio del viaggio: «Mentre stavano compiendosi i giorni in

cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino

verso Gerusalemme» (Lc 9,51)3. In questo modo Lc si risparmia di parlare

della vocazione di Pietro (cf. Mt 16,17-19), della sua mancanza di fede e della relativa

risposta di Gesù (cf. Mt 16,22-23); allo stesso modo omette le indicazioni

geografche poco assimilabili nel suo schema letterario di viaggio. Egli concentra

la sua attenzione sulla sofferenza messianica di Gesù, per cui la professione di

fede di Pietro, che in Mc è il fulcro del vangelo perché forma lo spartiacque tra la

prima e la seconda parte, e che in Mt ha rilievo importante per la sua portata

teologica, in Lc è un semplice ricordo di una tradizione che egli ha ricevuto e

conserva nei suoi dati essenziali. Nonostante questa povertà propria, il racconto

di Lc ha una sua dignità e deve essere letto e collocato nel contesto del suo vangelo,

se vogliamo coglierne il senso.

Da un punto di vista della formazione del testo, possiamo rilevare che in un primo

momento Gesù intende ottenere dai suoi discepoli una affermazione sulla

sua messianicità che per altro gli apostoli, attraverso Pietro, gli riconoscono perché

scartano tutte le altre opinioni correnti (cf. Lc 9,19). Gesù sa che questo riconoscimento

è ambiguo, perché comporta l’attesa di un messia violento e restauratore

di un regno con confni ben delineati in contrapposizione con gli altri regni

e le altre nazioni. Al tempo di Gesù, era forte l’idea che il Messia sarebbe venuto

a mettersi alla testa di un popolo insorto per liberare la Palestina dai Romani e

qualche gruppo, come gli zeloti, si preparava con le armi all’insurrezione. Gesù è

cosciente di questo e impone il silenzio e pone la sua messianicità in un contesto

di sofferenza fno alla morte, morte che però non sarà l’ultima parola perché sfocerà

nella risurrezione (cf. Lc 9,22).

C’è un indizio di non poco conto che ci apre una prospettiva nella coscienza di

Gesù e ci aiuta a capire come egli sia arrivato a formarsi la convinzione che la sua

messianicità sarebbe di fatto fallita perché avrebbe intercettato «prima» la soffe-

3 «Prese la ferma decisione: il testo greco dice alla lettera “indurì il suo volto”, espressione

che nei profeti indica l’attitudine ad affrontare con coraggio gli avversari, a motivo della

parola di Dio» (cf. Bibbia, trad. Cei 2008, nota a.l.).

renza e la morte. È un momento drammatico della vita di Gesù: «Un giorno Gesù

si trovava in un luogo solitario (letteralmente, “si trovava da solo”) a pregare. I discepoli

erano con lui» (Lc 9,18)4. Non è una annotazione di transizione, ma è una

prospettiva teologica: Gesù prende coscienza della sua missione e delle scelte

della sua vita nella preghiera, che diventa così il luogo del suo rapporto col Padre,

perché pregare è capire quale deve essere la direzione della vita verifcata alla

luce della Parola. La preghiera non è solo uno atteggiamento o una scansione del

tempo, ma un vero e proprio stato esistenziale indirizzato al senso della vita.

Gesù ha un obiettivo: compiere la volontà del Padre; egli sa che questa volontà è

un progetto di salvezza per tutta l’umanità e per ciascun essere umano. Spesso si

pensa che Gesù, essendo Dio, sappia sempre quello che deve essere e fare: se è

Dio, si dice, sa tutto e quindi va sul sicuro... come un indovino! Non è così, perché

Gesù è profondamente e realmente uomo e come ogni persona umana scopre

il senso della vita vivendo la fatica della ricerca di senso. Se sapesse tutto prima,

non sarebbe vero uomo e la sua incarnazione mostrerebbe un inganno. Se

così non fosse, non avrebbe senso che Gesù preghi. Nei vangeli troviamo molto

spesso Gesù in preghiera, poiché è una costante della sua vita terrena, perché anch'egli

come ciascuno di noi «cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e

agli uomini» (Lc 2,52). Lc è un autore attento perché ogni volta che Gesù deve

prendere una decisione importante o si trova ad una svolta della sua vita, lo descrive

sempre in preghiera. Spesso Gesù sceglie luoghi solitari perché c’è bisogno

di creare le condizioni adeguate per sapere scendere nel profondo della proprio

coscienza: il silenzio che è la condizione previa per non ingannarsi e non essere

ingannati, perché denuda il cuore e svela le ragioni delle scelte. In questa ricerca

di senso della propria vita, Gesù prega per la realizzazione della sua missione, e lo

fa di fronte ai suoi discepoli perché anch'essi condividano e accrescano lo sguardo

della loro fede per riconoscere qual è la vera proposta messianica del Padre.

La preghiera di Gesù non ha uno scopo morale, anche se egli offre lo stile e le

condizioni delle preghiera: Gesù prega per chiarire a se stesso ciò che deve fare e

quali scelte deve compiere e quindi invita gli apostoli perché la loro Chiesa dovrà

pregare «ininterrottamente» (1Ts 5,18; cf. Ef 6,18; Lc 22,46) per verifcare il suoi

cammino e la sua coerenza nella fedeltà al Vangelo. La Chiesa deve testimoniare al

mondo quali sono le ragioni che reggono le scelte di Gesù e quindi devono sperimentare

quello che dicono. Ognuno, infatti, può testimoniare solo e soltanto ciò

che ha sperimentato. Da un lato Gesù conosce le aspettative del suo popolo che

attende un Messia della forza e della impietosa violenza che dovrebbe opporsi al

potere di occupazione dei Romani, radunare Israele e andare alla riscossa della li-

4 Il vangelo di Lc riporta, più degli altri, molti riferimenti alla preghiera di Gesù, tanto che,

isolando i singoli passi e mettendoli insieme, si potrebbe ricavare un autentico «vangelo

della preghiera»: ad es., Lc 3,21 (battesimo); Lc 5,16; 9,18; 11,1 (luoghi isolati); Lc 6,12

(notte in preghiera); Lc 9,28.29 (trasfgurazione); Lc 22,31.32 (prega su Pietro); Lc

22,41.44.45 (Getsèmani).

bertà e all’instaurazione del regno di Davide, lasciando dietro di sé una scìa di

sangue e di morte. Gesù non vuole essere un Messia di violenza e non vuole

esaurire la sua azione in una dimensione esclusivamente politica perché non è venuto

per prendersi una rivincita sugli esseri umani, come dimostra il suo atteggiamento

nei confronti del centurione romano (cf. Mt 8,4-10). Egli vede la sua messianicità

nella prospettiva della nonviolenza e della mitezza, che si esprimono nella

misura del perdono come dimensione della giustizia che deve inaugurare il Regno

che viene (cf. Mt 5,20; 6,1; Mc 11,10; Lc 17,20). Non è facile scegliere questa

via, perché signifca porsi in opposizione alla mentalità corrente, la stessa che

porrà fne alla missione di Gesù prima del tempo, perché per evitare la violenza

egli la dovrà subire e per non uccidere sarà ucciso. È questo il punto in cui Gesù

si domanda quale senso abbia la sua vita; la risposta che accoglie è quella di abbandonarsi

alla volontà del Padre, anche se non capisce, nella certezza che il Padre

nulla opera a caso. Se egli intraprenderà la via messianica della nonviolenza e

della mitezza darà inizio al giudizio di Dio su questo mondo e le forze che operano

il male e l'ingiustizia si abbatteranno contro di lui e lo uccideranno, ma la morte

subita non può essere l’ultima parola perché il Padre compie sempre la sua volontà

di salvezza universale. In Gesù comincia ad affermarsi l’idea di risurrezione:

se Dio non può non realizzare il suo disegno di amore e se il Messia viene ucciso,

il Padre saprà superare la morte e farà compiere oltre la morte stessa la missione

al Figlio. Sì, Dio non abbandonerà il Cristo nella morte e non permetterà che

il «Santo subisca la corruzione» (cf. At 2,27 che cita Sal 16[15],10; cf. Sal

132[131],10). Egli, interrogando gli apostoli, vuole vedere fn dove essi possono

giungere e vedendo che non sono molto distanti dall’opinione comune, decide di

affrontare la passione e la morte da solo, affdandosi solo al Padre che lo farà «risorgere

il terzo giorno» (Lc 9,22)5. Lc si preoccupa della fede degli apostoli e così

sintetizza alcune affermazioni di Gesù sulla sequela (cf 9,23-26): la misura della fedeltà

della Chiesa, cioè dei suoi discepoli/e, sarà il trattamento riservato dal mondo.

Se non avranno un trattamento diverso da quello del Maestro, avranno la certezza

di essere fedeli nella verità del vangelo; se invece avranno un trattamento

onorevole e di ossequio, se non di complicità, sapranno che il tradimento è il loro

pane quotidiano e la morte di Cristo sarà stata per loro vana. Sofferenza e persecuzione

sono intrinseche alla missione di testimonianza perché toccano interessi

e abitudini e quindi suscitano reazioni scomposte fno alla persecuzione e alla

morte.

A questo punto, dopo avere descritto il messaggio del brano, è importante collegarlo

nell’insieme del vangelo e scorgere così la mente dell’autore e il piano del

suo messaggio che supera il tempo per collocarsi in ogni tempo. È interessante

5 Si fonda qui l’ipotesi che il testo, in origine, era posto come introduzione al discorso sulla

comunità: Gesù muore, ucciso dal potere religioso per mezzo del potere politico, ma

risorge nella comunità (la «Chiesa») che, dopo la sua morte, ne prolungherà l’azione,

come il Corpo di cui Cristo è il Capo (cf. Mt 18; cf. Ef 5,23; Col 1,18.24).

analizzare Lc 9 con quanto precede e specialmente con l’inizio dell’attività

pubblica di Gesù come è raccontata da Lc 4-56. Il capitolo 9 di Lc si apre con la

missione dei Dodici che l’autore mette in parallelo con la missione che Gesù ha

ricevuto nella sua consacrazione nella sinagoga di Cafàrnao, perché il compito

della Chiesa è compiere la missione del Figlio:

Lc 4-5 Lc 9

14 Gesù ritornò in Galilea con la

potenza dello Spirito

1 ...convocò i Dodici e diede

loro forza e potere

18 Lo Spirito … mi ha

mandato proclamare

2 ...li mandò ad annunciare

ai poveri il lieto annuncio il regno di Dio

ai prigionieri la liberazione e a guarire gli infermi.

e ai ciechi la vista...

22 «Non è costui il fglio di

Giuseppe?»

9 Diceva Erode: «Chi è

dunque costui...?»

25-26 Moltiplicazione pani e

olio della vedova di Zarepta

12-17 Missione degli apostoli e

moltiplicazione pani

34 Indemoniato: «Io so chi tu sei:

il santo di Dio!»

20 «Ma voi, chi dite che io

sia?». Pietro rispose: «Il

Cristo di Dio»

35 Gesù gli ordinò severamente:

«Taci! Esci da lui!»

21 ...ordinò loro di non riferirlo

ad alcuno

41 Da molti uscivano demòni, gridando:

“Tu sei il Figlio di

Dio!”, perché sapevano che

era lui il Cristo.

35 E dalla nube uscì una voce,

che diceva: “Questi è il

Figlio mio, l’eletto”.

Ma egli li minacciava e non li

lasciava parlare.

36 Essi tacquero e non

riferirono a nessuno.

5,1 La folla fa ressa. 37 Una grande folla gli

venne incontro.

5 Simone: “Non abbiamo

preso nulla”.

40 I tuoi discepoli non ci

sono riusciti.

6 Presero una quantità enorme

di pesci

12 Il lebbroso si avvicina ed è

più grande di Simone che allontana

il Signore (v. 8).

48 Il più piccolo fra tutti

voi, questi è grande.

6 Desumiamo lo schema, adattandolo alle nostre esigenze, da R. MEYNET, Il vangelo secondo

Luca. Analisi retorica, Edizioni Dehoniane, Roma 1994, 320-333.

Da questa tavola emerge con chiarezza che la narrazione che riguarda i discepoli

è costruita sullo stesso schema della descrizione che l’evangelista fa di Gesù, quasi

che egli veda la sovrapposizione tra i due protagonisti. La vita della Chiesa non

può che essere identica a quella di Gesù: se si discosta da questa, cessa di essere

la «Chiesa di Cristo». Noi lo vediamo nella storia: quando la Chiesa si discosta

dal Vangelo, corre verso il potere e i suoi detentori in cerca di protezione e si

corrompe fno a perdere completamente la dignità che ha ricevuto, perché esercita

la funzione di prostituta che si offre al miglior cliente. Quando la Chiesa vive

del Vangelo, è perseguitata dal potere perché essa diventa una spina nel fanco

della coscienza che il mondo fondato sul predominio della violenza e del denaro

non può tollerare, perché il mondo ha bisogno di un idolo che addormenti le coscienze

e che schiavizzi le persone, non di un vangelo che porta la liberazione e la

giustizia. Diventi questo il motivo con cui chiedere a noi stessi non solo come conosciamo

Gesù, il Cristo, ma anche di come vogliamo vivere insieme tra noi la

sua sequela radicale nella giustizia e nella compassione.

- pro manuscripto -

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