lunedì 18 ottobre 2010

Approfondiamo la Parola: la Lectio del prete carmine Miccoli

“Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (cf. Lc 18,8)

Ascoltiamo la Parola del Signore dal racconto dell'evangelista Luca 18,1-8 (trad. CEI 2008).

1 [Gesù] diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza


stancarsi mai: 2 «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo


per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva:


3 “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 4 Per un po’ di tempo egli non volle; ma


poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che


questa vedova mi dà tanto fastidio, 5 le farò giustizia perché non venga continuamente


a importunarmi”». 6 E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto.


7 E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso


di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8 Io vi dico che farà loro giustizia prontamente.


Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Note di esegesi per la comprensione del testo

Per comprendere il brano del vangelo di oggi (Lc 18,1-8) bisogna esaminarlo nel

suo contesto immediato. Il capitolo precedente del vangelo (Lc 17), che abbiamo

letto e meditato per la sua prima metà negli incontri precedenti, si chiude con la

descrizione del «giorno» del Figlio dell’uomo giudice del mondo che coglierà di

sorpresa chiunque non è preparato. Da qui il costante invito di Gesù alla vigilanza

(Lc 12,35.36; Mt 24,42; 25,13, ecc.). È la prospettiva escatologica, cioè l’annuncio

che invita a prepararsi per la fne della storia. In quel giorno si stabilirà la verità

della creatura umana e la regalità di Dio. Quel giorno è descritto con le tinte

drammatiche di una selezione senza scampo. Nel brano del vangelo di oggi vi è

una discreta ripresa di questo tema che collega il brano al capitolo precedente: «il

Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (v. 8).

Un altro indizio che dobbiamo considerare in questo contesto escatologico è

l’invito a pregare sempre «senza mai stancarsi» del v. 1, che è una caratteristica

costante di chi attende il giorno di YHWH (Am 5,18; Lc 21,36; 1Ts 5,17; 2Ts 3,13;

Rm 1,10, ecc.). L’insistenza ha lo scopo di predisporre psicologicamente a questo

evento: ricordarsi sistematicamente che quel giorno deve arrivare. Un altro elemento

importante è l’espressione «fare giustizia» che nel brano appena proclamato

ricorre ben quattro volte (vv. 3.5.7.8). Questa espressione richiama direttamente

il giorno della vendetta in cui Dio consolerà/salverà tutti gli affitti (cf. Is

61,2). Mettendo in relazione preghiera e giorno del Signore o escatologia e fne della

storia, l’evangelista ci invita a non stancarci mai di pregare anche se il Signore sembra

tardare o apparire sordo alla preghiera. È l’esperienza che facciamo tutti i

giorni: preghiamo e non concludiamo nulla; preghiamo e ci sembra di annegare in

un mare di parole vuote e senza senso. Preghiamo e Dio resta muto e assente e

nulla cambia nelle situazioni che ci opprimono. Ci lasciamo andare e concludiamo…

che tanto pregare non serve a nulla. È lo stesso atteggiamento degli apostoli

sulla barca durante la tempesta: Gesù è presente, ma dorme; la tempesta sovrasta

e anche Dio sembra inutile: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?»

(Mc 4,38). Lo smarrimento degli apostoli diventa terrore nonostante la presenza

del Signore.

La parabola contrappone due personaggi. Un giudice arrogante, senza dio e morale,

che crede di potere manovrare come vuole chi vuole: egli esercita la sua onnipotenza

con i deboli come la vedova. Eppure alla fne fa giustizia alla vedova (v. 5),

ma solo per non essere più importunato: fa giustizia per il suo benessere. Egli piega

l’istituzione al suo tornaconto. Dall’altra parte c’è una povera vedova, sola e

senza potere, in balia del capriccio del potere: ella è forte, però, del suo diritto

che difende ad ogni costo (v. 3.4). La sua «resistenza» è prima di tutto un ricordare

a se stessa la sua dignità di persona e di donna, è nutrirsi del suo diritto disat -

teso e quindi rafforzare la volontà di avere giustizia. L’insegnamento di Gesù è

semplice: se un uomo esecrabile, per un suo interesse, riesce anche a fare giustizia

alla vedova, quanto più Dio che è giusto e Padre farà giustizia ai suoi fgli? Dio

farà giustizia prontamente (v. 8), ma dopo un certo tempo (v. 7), cioè mantiene

una dilazione che è lo spazio di tempo concesso ancora per dare la possibilità ai

peccatori di convertirsi. La dilazione che Dio si concede è parte integrante della

preghiera cristiana che si fa carico della salvezza di tutti gli esseri umani, affnché

nessuno vada perduto. In questo sta la ragione della preghiera fatta senza mai

stancarsi: bisogna pregare, anche se nulla sembra accadere, anche se tutto sembra

inutile… perché la nostra preghiera diventa lo spazio che Dio si è preso per dare

un po’ più di tempo agli esseri umani per salvarli. Pregare non è richiedere che

Dio intervenga immediatamente a fare vendetta (Lc 13,6-9; cf. Ap 6,10); essa, al

contrario, sposa la pazienza di Dio e la volontà sua di salvezza per permettere ai

peccatori di convertirsi (cf. 2Pt 3,9-15). Pregare è sposare il cuore, la volontà e la

mentalità di Dio per essere di lui il segno tra gli uomini e le donne che incontria -

mo per strada. Il credente che prega è un intercessore che si frappone fra Dio e

il mondo: sta davanti al mondo per indicare il volto di Dio e sta davanti a Dio per

invocare il perdono e la misericordia. Il modello dell’orante è ancora una volta

Mosè che, di fronte alla richiesta di Dio di annientare il popolo «dalla dura cervice

» (Es 32,9), intercede in difesa del popolo, usando tutte le sue armi di seduzione

per modifcare l’intenzione di Dio, riuscendovi (Es 32,11-14); eppure, davanti al

popolo, non esita a mettere quest'ultimo di fronte alle sue responsabilità (Es

32,15-24). Il credente orante ha, per vocazione, uno sguardo duplice: contemporaneamente

deve essere rivolto a Dio e chino sul suo popolo, sul mondo, perché

la preghiera è essere immersi nella vita che si fa salvezza nella storia e oltre la

storia.

- pro manuscripto -

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