sabato 19 marzo 2011

Le lectio del prete Carmine Miccoli: Matteo 17,1-9 (Domenica II/A di Quaresima - 20 marzo 2011)

Chiesa del Purgatorio – Lanciano (CH)


LECTIO DIVINA

“Questi è il mio Figlio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!” (cf. Mt 17,5)

Canto (facoltativo), a scelta della comunità.

Dopo un’opportuna introduzione, si può invocare lo Spirito Santo con il canone Veni Sancte Spiritus o

Vieni, Spirito Creatore (Taizè), o altra preghiera simile, come la seguente.

P.: O Padre, noi ti ringraziamo perché ci hai riuniti alla tua presenza per farci ascoltare

la tua parola: in essa tu ci riveli il tuo amore e ci fai conoscere la tua volontà. Fa’

tacere in noi ogni altra voce che non sia la tua e perché non troviamo condanna nella

tua parola, letta, ma non accolta, meditata, ma non amata, pregata, ma non custodita,

contemplata, ma non realizzata, manda il tuo Spirito Santo ad aprire le nostre menti e

a guarire i nostri cuori. Solo così il nostro incontro con la tua parola sarà rinnova -

mento dell’alleanza e comunione con te e con il Figlio e lo Spirito Santo, Dio benedetto

nei secoli dei secoli. A.: Amen.

Canto (facoltativo): Alleluia (Taizè).

L.: Ascoltiamo la Parola del Signore dal racconto dell'evangelista Matteo (Mt 17,1-9;

trad. CEI 2008; tra [] le parti omesse dalla liturgia).

[1 Sei giorni dopo,] Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li

condusse in disparte, su un alto monte. 2 E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto

brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3 Ed ecco apparvero

loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4 Prendendo la parola, Pietro disse a

Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te,

una per Mosè e una per Elia». 5 Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa

li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il mio

Figlio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!». 6 All’udire ciò, i

discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7 Ma Gesù si

avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». 8 Alzando gli occhi non videro nessuno,

se non Gesù solo. 9 Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non

parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai

morti».

Segue la meditazione della Parola proposta dalla guida della celebrazione; dopo un momento personale di

silenzio per la lectio, si prosegue con la condivisione comune sulla Parola ascoltata. Al termine, ognuno

dei presenti può proporre un’intenzione di preghiera; ad ognuna, l’assemblea canta o risponde con un’acclamazione.

Si conclude con la preghiera del Padre nostro… [e la benedizione finale].

Note di esegesi per la comprensione del testo

Il brano del vangelo riporta l'episodio centrale della Trasfigurazione; il nucleo originario

comune ai tre Sinottici (Marco, Matteo e Luca) è stato rielaborato da ogni

evangelista per le fnalità specifche del proprio vangelo nella propria comunità. In

origine il racconto descriveva solo la scoperta da parte dei discepoli della personalità

di Gesù come realizzazione della fgura misteriosa del Figlio dell’Uomo descritta

da Daniele (cf. Mt 17,2 e Dn 10,4-6; Mt 17,6 e Dn 10,9; Mt 17,7 e Dn 10,10;

Mt 19,9 e Dn 12,4); successivamente, si collegò alla festa ebraica di Sukkôt (delle

Capanne o dei Tabernacoli), che celebrava l’alleanza del Sinai e la conseguente dimora

nel deserto del popolo d’Israele (v. 4); nel giudaismo del dopo esilio, ai tempi

di Gesù, cominciò a celebrarsi in questa festa anche l’intronizzazione del Mes -

sia sofferente (cf. Is 40,3-5; Zc 14; Ap 7,9-11).

Il racconto di Mt mette in evidenza Gesù come nuovo Mosè. Se il popolo non

poteva guardare il volto di Mosè che aveva parlato con Dio (cf. Es 34,25), i discepoli

cadono in ginocchio pieni di timore come si fa quando si sta davanti a Dio

(cf. Mt 17,6; cf. Sal 95[94],6; Es 3,6). Là è Dio che chiama, qui è Dio che si manifesta

e si rivela; là è il deserto, qui è un monte, uno dei sette monti citati da Matteo

nel suo vangelo; là c’è solo Abram e una Voce, qui c’è Gesù con alcuni dei suoi

apostoli e due fgli di Abram, Mosè ed Elia; là la Toràh deve ancora venire, qui la

Toràh fa da testimone qualifcata alla personalità di Gesù; là c’è la Voce che ordina

la separazione, qui c’è la Voce che invita all’ascolto; là c’è Dio che parla al futuro,

qui c’è Dio che parla al presente.

Ci troviamo su un monte, dove avviene una teofania a cui assistono due testimoni

d’eccezione che a loro volta hanno sperimentato la vicinanza di Dio, Mosè ed Elia

(cf. Es 19,3.14.18.20; 1Re 19,8-13). Essi sono l’attesa e la speranza d’Israele che garantiscono

quanto sta avvenendo sul monte Tabor: la Toràh e la profezia garantiscono

che Gesù è il Messia promesso e fnalmente giunto. Mt nel suo vangelo cita

sette monti reali e due in parabola o come esempio1: il monte della trasfgurazione

è il quinto2. Se ci fermiamo solo alla lettura che ne fa un raccontino edifcante

1 Cf. Mt 4,8; 5,1; 17,1; 21,1; 24,3; 26,30; 28,16.

2 I numeri 7 e 5 sono molto cari a Mt, nel suo utilizzo della ghematria ebraica. Il numero 5

è 6-1, quindi rappresenta l’imperfezione che cammina verso la totalità del mondo perfetto

di Dio, espresso dal numero 7. Simbolicamente, è connesso ai 5 libri della Toràh, ai 5 libri

del Salterio e alle 5 Meghillot (o rotoli: Cantico, Rut, Lamentazioni, Qoelet, Ester): la Scrittura fa

da pedagogo che guida verso la conoscenza di Dio, espressa da Gesù che fa, in questa visione,

5 discorsi (Mt 5,1-7,28; 10,5-11,1; 13,3-53; 18,1-19,1; 24,1-26,1). Per esprimere il

compimento, la pienezza della rivelazione di Dio, ai 5 discorsi di Gesù, Mt aggiunge il libretto

del vangelo dell'infanzia e il libretto finale del racconto della passione e della risurrezione coche

termina con lo stupore di Pietro, fniamo per concludere che Pietro non ci fa

una bella fgura perché dimostra di non avere capito nulla (e con lui anche noi...).

Se invece leggiamo il testo dal punto di vista di Mt, scopriamo che è un

capolavoro letterario: da una parte abbiamo l’intronizzazione di Gesù fatta

davanti alla Toràh (Mosè) e alla Profezia (Elia); dall’altra sappiamo, grazie alle

parole stupite di Pietro, che questa intronizzazione messianica avviene nella festa

della Capanne. Pietro non vuole stare comodo, ma vuole celebrare con Gesù,

Mosè ed Elia la festa ebraica delle Capanne che si svolgeva in quei giorni3. Il

racconto della Trasfgurazione è dunque il modo cristiano di dire con modalità

ebraiche che Gesù è il Messia atteso da Israele e riconosciuto dai suoi discepoli e

discepole, che hanno anche la testimonianza autorevole e decisiva di Mosè ed

Elia.

C’è Gesù e vi sono tre discepoli i quali hanno la funzione di testimoni, perché secondo

la Legge giudaica ogni fatto o situazione deve essere garantita da due o tre

testimoni per avere valore legale (Dt 17,6; 19,15; Mc 1,14-20 e par.; Mt 18,16.20;

2Cor 13,1; 1 Ti 5,19; Eb 10,28). Accanto a Gesù troviamo Mosè ed Elia, che nella

tradizione giudaica rappresentano la Toràh e i Profeti, ossia tutta la Scrittura (cf. Lc

24,27): tutta la tradizione di Israele è testimone di ciò che sta avvenendo. In Mt

(vv. 3-4; cf. Lc 9,30.33) Mosè è citato per primo, mentre in Mc 9,4 è citato prima

Elia. Secondo la tradizione, Elia, il profeta che non è morto, ma che è stato rapito

in cielo da Dio su un carro di fuoco (2Re 2,11), sarebbe ritornato prima del Messia

per preparargli la strada (cf. Lc 1,17); ancora oggi, durante la Pasqua ebraica, a

tavola è lasciato vuoto un posto, il posto di Elia, che può manifestarsi sotto le

sembianze di chiunque entri e venga a sedersi alla cena. La tradizione sinottica ha

individuato Elia nella persona di Giovanni il Battista (Mt 11,14). Lc aggiunge un

particolare: dice che Gesù, Mosè ed Elia «parlavano dell'esodo di Lui» (9,31).

Mosè è il protagonista assoluto dell’esodo; Elia, inseguito dalla polizia della regina

Gezabèle, ripercorre all’indietro la stessa strada dell’esodo fno alla montagna di

sicché l’intera ossatura evangelica si compone di 7 parti. Ancora: 7 volte è citato Mosè

(Mt 8,4; 17.3.4; 19,7.8; 22,24; 23,2); 7 (+1) sono le beatitudini (5,2-10: l’ottava è aggiunta

posteriore); 7 sono le domande del Padre nostro (6,9-13); 7 sono le parabole del Regno

(13,3-52); 7 sono i pani moltiplicati e 7 le ceste avanzate (15,34-37); 7 sono i «guai» contro

gli scribi e i farisei (23,13-32); 7 sono le «parole» che Gesù dice nel Getsemani (26,36-46),

etc.

3 Il mese di Tishri è il 1° mese del calendario ebraico, durante il quale si celebrano alcune

delle maggiori feste ebraiche: Rosh Ha-Shanàh (Capodanno), Yamim Noraìm (Giorni di Paura)

che sfociano nel digiuno di Yom Kippur (Giorno dell’Espiazione). Il 15 del mese si celebra

anche la festa di Sukkôt (Capanne o Tabernacoli) che si conclude con altre due festività:

Sheminì Atzereth (Ottavo [giorno di] Conclusione) e Simchàt Toràh (Gioia della Toràh).

Durante questa festa, per otto giorni tutto il popolo si trasferisce ai margini dell’abitato e

vive e prega in capanne di paglia, per ricordarsi dei quaranta anni che gli antenati vissero

nel deserto del Sinai.

Dio: Gesù, come loro, sta per intraprendere l’esodo con la sua morte e

risurrezione.

Il rapporto tra trasfgurazione ed esodo, già visibile da questi primi riferimenti, è

ancora più profondo e diretto di quanto non appaia. Vediamone alcuni.

a. Il monte Tabor4 richiama il monte Sinai che è testimone del momento decisivo

della storia della salvezza, perché è il monte della Toràh scritta e orale in cui è sigillata

l’Alleanza; è anche identifcato con il monte Horeb dove si rifugia Elia durante

la persecuzione e dove viene consolato dalla manifestazione di Dio (1Re

19,11-14).

b. La trasfgurazione è descritta al capitolo 17 di Mt; il capitolo 18 propone il discorso

sulla comunità, cioè sulla futura assemblea messianica ed escatologica che

è la Chiesa, come primizia del Regno. Come ai piedi del Sinai il popolo attese la

proclamazione della Parola, così oggi il Cristo chiama la Chiesa nascente ad essere

il segno della Parola nuova e defnitiva di Dio.

c. Per Mt la trasfgurazione avviene «sei giorni dopo» (v. 1), mentre sul Sinai la

teofania si svolge «il terzo giorno», che corrisponde al «sesto giorno» secondo

lo schema 3+3 (Es 19,1-17).

d. La nube avvolge sia il Tabor che il Sinai; il volto di Mosè è raggiante, tanto che

nessuno può guardarlo, così come il volto di Gesù si trasfgura davanti ai suoi discepoli

che restano attoniti e folgorati (Es 34,29-35; 2Cor 3,7-11); la voce celeste

che parla dalla nube esprime un comando: “Ascoltatelo!” (v. 5), che richiama la

descrizione di Dt 18,15. Mosè accanto a Gesù vede realizzarsi la profezia che egli

stesso ha pronunciato su Israele ed Elia che ha il compito di introdurre il Messia

nel cuore d’Israele è sua volta garante di questo compimento.

e. La trasfgurazione è un anticipo della risurrezione, ma avviene poco prima della

morte. La croce non è facoltativa: essa è la via che Dio accetta di percorrere per

indicare a ciascuno di noi la mèta della propria trasfgurazione. All’udire la voce

(v. 5) gli apostoli cadono con la faccia a terra perché «sentono» la presenza di

Dio e da giudei sanno che chi vede Dio muore (Es 3,6; Lv 9,24; ecc.), ma ancora

non sanno che la visione di Gesù, volto del Padre (cf. Gv 1,18), ha sconftto la

morte e Dio può essere guardato faccia a faccia.

L'ascolto della Parola è il luogo della nostra trasfgurazione: essa diventa un progetto

di trasformazione della nostra vita che deve impegnarci nella storia umana,

per portare il mondo intero alla piena manifestazione luminosa del Regno, passando

per la Pasqua di Gesù, Figlio amato che ci dona il suo amore.

- pro manuscripto -

4 Il vangelo non dice dove Gesù si trasfgurò, ma parla solo di «un alto monte» della Galilea

(Mt 17,1; cf. Mc 9,2); Pietro, che cita il fatto della trasfgurazione, parla di «monte santo»

(1Pt 1,18), dandogli così una connotazione teologica. La localizzazione sull’attuale monte

«Tabor» si deve alla costante tradizione cristiana di Palestina.

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