Chiesa del Purgatorio – Lanciano (CH)
LECTIO DIVINA
“Questi è il mio Figlio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!” (cf. Mt 17,5)
Canto (facoltativo), a scelta della comunità.
Dopo un’opportuna introduzione, si può invocare lo Spirito Santo con il canone Veni Sancte Spiritus o
Vieni, Spirito Creatore (Taizè), o altra preghiera simile, come la seguente.
P.: O Padre, noi ti ringraziamo perché ci hai riuniti alla tua presenza per farci ascoltare
la tua parola: in essa tu ci riveli il tuo amore e ci fai conoscere la tua volontà. Fa’
tacere in noi ogni altra voce che non sia la tua e perché non troviamo condanna nella
tua parola, letta, ma non accolta, meditata, ma non amata, pregata, ma non custodita,
contemplata, ma non realizzata, manda il tuo Spirito Santo ad aprire le nostre menti e
a guarire i nostri cuori. Solo così il nostro incontro con la tua parola sarà rinnova -
mento dell’alleanza e comunione con te e con il Figlio e lo Spirito Santo, Dio benedetto
nei secoli dei secoli. A.: Amen.
Canto (facoltativo): Alleluia (Taizè).
L.: Ascoltiamo la Parola del Signore dal racconto dell'evangelista Matteo (Mt 17,1-9;
trad. CEI 2008; tra [] le parti omesse dalla liturgia).
[1 Sei giorni dopo,] Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li
condusse in disparte, su un alto monte. 2 E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto
brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3 Ed ecco apparvero
loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4 Prendendo la parola, Pietro disse a
Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te,
una per Mosè e una per Elia». 5 Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa
li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il mio
Figlio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!». 6 All’udire ciò, i
discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7 Ma Gesù si
avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». 8 Alzando gli occhi non videro nessuno,
se non Gesù solo. 9 Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non
parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai
morti».
Segue la meditazione della Parola proposta dalla guida della celebrazione; dopo un momento personale di
silenzio per la lectio, si prosegue con la condivisione comune sulla Parola ascoltata. Al termine, ognuno
dei presenti può proporre un’intenzione di preghiera; ad ognuna, l’assemblea canta o risponde con un’acclamazione.
Si conclude con la preghiera del Padre nostro… [e la benedizione finale].
Note di esegesi per la comprensione del testo
Il brano del vangelo riporta l'episodio centrale della Trasfigurazione; il nucleo originario
comune ai tre Sinottici (Marco, Matteo e Luca) è stato rielaborato da ogni
evangelista per le fnalità specifche del proprio vangelo nella propria comunità. In
origine il racconto descriveva solo la scoperta da parte dei discepoli della personalità
di Gesù come realizzazione della fgura misteriosa del Figlio dell’Uomo descritta
da Daniele (cf. Mt 17,2 e Dn 10,4-6; Mt 17,6 e Dn 10,9; Mt 17,7 e Dn 10,10;
Mt 19,9 e Dn 12,4); successivamente, si collegò alla festa ebraica di Sukkôt (delle
Capanne o dei Tabernacoli), che celebrava l’alleanza del Sinai e la conseguente dimora
nel deserto del popolo d’Israele (v. 4); nel giudaismo del dopo esilio, ai tempi
di Gesù, cominciò a celebrarsi in questa festa anche l’intronizzazione del Mes -
sia sofferente (cf. Is 40,3-5; Zc 14; Ap 7,9-11).
Il racconto di Mt mette in evidenza Gesù come nuovo Mosè. Se il popolo non
poteva guardare il volto di Mosè che aveva parlato con Dio (cf. Es 34,25), i discepoli
cadono in ginocchio pieni di timore come si fa quando si sta davanti a Dio
(cf. Mt 17,6; cf. Sal 95[94],6; Es 3,6). Là è Dio che chiama, qui è Dio che si manifesta
e si rivela; là è il deserto, qui è un monte, uno dei sette monti citati da Matteo
nel suo vangelo; là c’è solo Abram e una Voce, qui c’è Gesù con alcuni dei suoi
apostoli e due fgli di Abram, Mosè ed Elia; là la Toràh deve ancora venire, qui la
Toràh fa da testimone qualifcata alla personalità di Gesù; là c’è la Voce che ordina
la separazione, qui c’è la Voce che invita all’ascolto; là c’è Dio che parla al futuro,
qui c’è Dio che parla al presente.
Ci troviamo su un monte, dove avviene una teofania a cui assistono due testimoni
d’eccezione che a loro volta hanno sperimentato la vicinanza di Dio, Mosè ed Elia
(cf. Es 19,3.14.18.20; 1Re 19,8-13). Essi sono l’attesa e la speranza d’Israele che garantiscono
quanto sta avvenendo sul monte Tabor: la Toràh e la profezia garantiscono
che Gesù è il Messia promesso e fnalmente giunto. Mt nel suo vangelo cita
sette monti reali e due in parabola o come esempio1: il monte della trasfgurazione
è il quinto2. Se ci fermiamo solo alla lettura che ne fa un raccontino edifcante
1 Cf. Mt 4,8; 5,1; 17,1; 21,1; 24,3; 26,30; 28,16.
2 I numeri 7 e 5 sono molto cari a Mt, nel suo utilizzo della ghematria ebraica. Il numero 5
è 6-1, quindi rappresenta l’imperfezione che cammina verso la totalità del mondo perfetto
di Dio, espresso dal numero 7. Simbolicamente, è connesso ai 5 libri della Toràh, ai 5 libri
del Salterio e alle 5 Meghillot (o rotoli: Cantico, Rut, Lamentazioni, Qoelet, Ester): la Scrittura fa
da pedagogo che guida verso la conoscenza di Dio, espressa da Gesù che fa, in questa visione,
5 discorsi (Mt 5,1-7,28; 10,5-11,1; 13,3-53; 18,1-19,1; 24,1-26,1). Per esprimere il
compimento, la pienezza della rivelazione di Dio, ai 5 discorsi di Gesù, Mt aggiunge il libretto
del vangelo dell'infanzia e il libretto finale del racconto della passione e della risurrezione coche
termina con lo stupore di Pietro, fniamo per concludere che Pietro non ci fa
una bella fgura perché dimostra di non avere capito nulla (e con lui anche noi...).
Se invece leggiamo il testo dal punto di vista di Mt, scopriamo che è un
capolavoro letterario: da una parte abbiamo l’intronizzazione di Gesù fatta
davanti alla Toràh (Mosè) e alla Profezia (Elia); dall’altra sappiamo, grazie alle
parole stupite di Pietro, che questa intronizzazione messianica avviene nella festa
della Capanne. Pietro non vuole stare comodo, ma vuole celebrare con Gesù,
Mosè ed Elia la festa ebraica delle Capanne che si svolgeva in quei giorni3. Il
racconto della Trasfgurazione è dunque il modo cristiano di dire con modalità
ebraiche che Gesù è il Messia atteso da Israele e riconosciuto dai suoi discepoli e
discepole, che hanno anche la testimonianza autorevole e decisiva di Mosè ed
Elia.
C’è Gesù e vi sono tre discepoli i quali hanno la funzione di testimoni, perché secondo
la Legge giudaica ogni fatto o situazione deve essere garantita da due o tre
testimoni per avere valore legale (Dt 17,6; 19,15; Mc 1,14-20 e par.; Mt 18,16.20;
2Cor 13,1; 1 Ti 5,19; Eb 10,28). Accanto a Gesù troviamo Mosè ed Elia, che nella
tradizione giudaica rappresentano la Toràh e i Profeti, ossia tutta la Scrittura (cf. Lc
24,27): tutta la tradizione di Israele è testimone di ciò che sta avvenendo. In Mt
(vv. 3-4; cf. Lc 9,30.33) Mosè è citato per primo, mentre in Mc 9,4 è citato prima
Elia. Secondo la tradizione, Elia, il profeta che non è morto, ma che è stato rapito
in cielo da Dio su un carro di fuoco (2Re 2,11), sarebbe ritornato prima del Messia
per preparargli la strada (cf. Lc 1,17); ancora oggi, durante la Pasqua ebraica, a
tavola è lasciato vuoto un posto, il posto di Elia, che può manifestarsi sotto le
sembianze di chiunque entri e venga a sedersi alla cena. La tradizione sinottica ha
individuato Elia nella persona di Giovanni il Battista (Mt 11,14). Lc aggiunge un
particolare: dice che Gesù, Mosè ed Elia «parlavano dell'esodo di Lui» (9,31).
Mosè è il protagonista assoluto dell’esodo; Elia, inseguito dalla polizia della regina
Gezabèle, ripercorre all’indietro la stessa strada dell’esodo fno alla montagna di
sicché l’intera ossatura evangelica si compone di 7 parti. Ancora: 7 volte è citato Mosè
(Mt 8,4; 17.3.4; 19,7.8; 22,24; 23,2); 7 (+1) sono le beatitudini (5,2-10: l’ottava è aggiunta
posteriore); 7 sono le domande del Padre nostro (6,9-13); 7 sono le parabole del Regno
(13,3-52); 7 sono i pani moltiplicati e 7 le ceste avanzate (15,34-37); 7 sono i «guai» contro
gli scribi e i farisei (23,13-32); 7 sono le «parole» che Gesù dice nel Getsemani (26,36-46),
etc.
3 Il mese di Tishri è il 1° mese del calendario ebraico, durante il quale si celebrano alcune
delle maggiori feste ebraiche: Rosh Ha-Shanàh (Capodanno), Yamim Noraìm (Giorni di Paura)
che sfociano nel digiuno di Yom Kippur (Giorno dell’Espiazione). Il 15 del mese si celebra
anche la festa di Sukkôt (Capanne o Tabernacoli) che si conclude con altre due festività:
Sheminì Atzereth (Ottavo [giorno di] Conclusione) e Simchàt Toràh (Gioia della Toràh).
Durante questa festa, per otto giorni tutto il popolo si trasferisce ai margini dell’abitato e
vive e prega in capanne di paglia, per ricordarsi dei quaranta anni che gli antenati vissero
nel deserto del Sinai.
Dio: Gesù, come loro, sta per intraprendere l’esodo con la sua morte e
risurrezione.
Il rapporto tra trasfgurazione ed esodo, già visibile da questi primi riferimenti, è
ancora più profondo e diretto di quanto non appaia. Vediamone alcuni.
a. Il monte Tabor4 richiama il monte Sinai che è testimone del momento decisivo
della storia della salvezza, perché è il monte della Toràh scritta e orale in cui è sigillata
l’Alleanza; è anche identifcato con il monte Horeb dove si rifugia Elia durante
la persecuzione e dove viene consolato dalla manifestazione di Dio (1Re
19,11-14).
b. La trasfgurazione è descritta al capitolo 17 di Mt; il capitolo 18 propone il discorso
sulla comunità, cioè sulla futura assemblea messianica ed escatologica che
è la Chiesa, come primizia del Regno. Come ai piedi del Sinai il popolo attese la
proclamazione della Parola, così oggi il Cristo chiama la Chiesa nascente ad essere
il segno della Parola nuova e defnitiva di Dio.
c. Per Mt la trasfgurazione avviene «sei giorni dopo» (v. 1), mentre sul Sinai la
teofania si svolge «il terzo giorno», che corrisponde al «sesto giorno» secondo
lo schema 3+3 (Es 19,1-17).
d. La nube avvolge sia il Tabor che il Sinai; il volto di Mosè è raggiante, tanto che
nessuno può guardarlo, così come il volto di Gesù si trasfgura davanti ai suoi discepoli
che restano attoniti e folgorati (Es 34,29-35; 2Cor 3,7-11); la voce celeste
che parla dalla nube esprime un comando: “Ascoltatelo!” (v. 5), che richiama la
descrizione di Dt 18,15. Mosè accanto a Gesù vede realizzarsi la profezia che egli
stesso ha pronunciato su Israele ed Elia che ha il compito di introdurre il Messia
nel cuore d’Israele è sua volta garante di questo compimento.
e. La trasfgurazione è un anticipo della risurrezione, ma avviene poco prima della
morte. La croce non è facoltativa: essa è la via che Dio accetta di percorrere per
indicare a ciascuno di noi la mèta della propria trasfgurazione. All’udire la voce
(v. 5) gli apostoli cadono con la faccia a terra perché «sentono» la presenza di
Dio e da giudei sanno che chi vede Dio muore (Es 3,6; Lv 9,24; ecc.), ma ancora
non sanno che la visione di Gesù, volto del Padre (cf. Gv 1,18), ha sconftto la
morte e Dio può essere guardato faccia a faccia.
L'ascolto della Parola è il luogo della nostra trasfgurazione: essa diventa un progetto
di trasformazione della nostra vita che deve impegnarci nella storia umana,
per portare il mondo intero alla piena manifestazione luminosa del Regno, passando
per la Pasqua di Gesù, Figlio amato che ci dona il suo amore.
- pro manuscripto -
4 Il vangelo non dice dove Gesù si trasfgurò, ma parla solo di «un alto monte» della Galilea
(Mt 17,1; cf. Mc 9,2); Pietro, che cita il fatto della trasfgurazione, parla di «monte santo»
(1Pt 1,18), dandogli così una connotazione teologica. La localizzazione sull’attuale monte
«Tabor» si deve alla costante tradizione cristiana di Palestina.
sabato 19 marzo 2011
Le lectio del prete Carmine Miccoli: Matteo 17,1-9 (Domenica II/A di Quaresima - 20 marzo 2011)
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La Parola che si fa vita
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