Chiesa del Purgatorio – Lanciano (CH)
LECTIO DIVINA
“Io-Sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà...» (cf. Gv 11,25)
Canto (facoltativo), a scelta della comunità.
Dopo un’opportuna introduzione, si può invocare lo Spirito Santo con il canone Veni Sancte Spiritus o
Vieni, Spirito Creatore (Taizè), o altra preghiera simile, come la seguente.
P.: O Padre, noi ti ringraziamo perché ci hai riuniti alla tua presenza per farci ascoltare
la tua parola: in essa tu ci riveli il tuo amore e ci fai conoscere la tua volontà. Fa’
tacere in noi ogni altra voce che non sia la tua e perché non troviamo condanna nella
tua parola, letta, ma non accolta, meditata, ma non amata, pregata, ma non custodita,
contemplata, ma non realizzata, manda il tuo Spirito Santo ad aprire le nostre menti e
a guarire i nostri cuori. Solo così il nostro incontro con la tua parola sarà rinnova -
mento dell’alleanza e comunione con te e con il Figlio e lo Spirito Santo, Dio benedetto
nei secoli dei secoli. A.: Amen.
Canto (facoltativo): Alleluia (Taizè).
L.: Ascoltiamo la Parola del Signore dal racconto dell'evangelista Giovanni (Gv 11,1-
45[54]; trad. CEI 2008; tra [] la parte che non viene letta nella liturgia).
1 Un certo Lazzaro di Betania, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato.
2 Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi
capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3 Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù:
«Signore, ecco, colui che tu ami è malato». 4 All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia
non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio
venga glorificato». 5 Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6 Quando sentì che era
malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7 Poi, disse ai discepoli: «Andiamo
di nuovo in Giudea!». 8 I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano
di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9 Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore
del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo
mondo; 10 ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». 11 Disse
queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io
vado a svegliarlo». 12 Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si
salverà». 13 Gesù aveva parlato della morte di lui, essi invece pensarono che parlasse
del riposo del sonno. 14 Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15 ed io
sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da
lui!». 16 Allora Tommaso, chiamato Didimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche
noi a morire con lui!». 17 Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni
era nel sepolcro. 18 Betania distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19 e molti
Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20 Marta dunque,
come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa.
21 Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!
22 Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà».
23 Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24 Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella
risurrezione dell’ultimo giorno». 25 Gesù le disse: «Io-Sono la risurrezione e la vita; chi
crede in me, anche se muore, vivrà; 26 chiunque vive e crede in me, non morrà in
eterno. Credi tu questo?». 27 Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il
Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». 28 Dette queste parole, andò a chiamare
Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29 Udito
questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30 Gesù non era entrato nel villaggio, ma si
trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31 Allora i Giudei, che erano in
casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono
pensando che andasse a piangere al sepolcro. 32 Quando Maria giunse dove si trovava
Gesù, appena lo vide, si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui,
mio fratello non sarebbe morto!». 33 Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere
anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto
turbato, domandò: 34 «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!».
35 Gesù scoppiò in pianto. 36 Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37 Ma
alcuni di loro dissero: «Lui che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì
che costui non morisse?». 38 Allora Gesù, ancora una volta commosso
profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una
pietra. 39 Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto:
«Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40 Le disse Gesù: «Non ti
ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41 Tolsero dunque la pietra. Gesù
allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42 Io
sapevo che mi dài sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno,
perché credano che tu mi hai mandato». 43 Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro,
vieni fuori!». 44 Il morto uscì, i piedi e le mani avvolti con bende, e il viso avvolto da
un sudario. Gesù disse loro: «Liberatelo e lasciatelo andare». 45 Molti dei Giudei che
erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
[46 Ma alcuni andarono dai farisei e riferirono loro quel che Gesù aveva fatto. 47 Allora i sommi
sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dicevano: «Che facciamo? Quest’uomo compie
molti segni! 48 Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e
distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione». 49 Ma uno di loro, di nome Càifa,
che era sommo sacerdote in quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla, 50 e non considerate
come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca nazione intera».
51 Questo però non lo disse di suo, ma, essendo sommo sacerdote, profetizzò che Gesù
doveva morire per la nazione, 52 e non per la nazione soltanto, ma anche per radunare insieme
i figli di Dio che erano dispersi. 53 Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo. 54 Gesù
pertanto non si faceva più vedere in pubblico tra i Giudei; egli si ritirò di là nella regione
vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove si trattenne con i suoi discepoli.]
Segue la meditazione della Parola proposta dalla guida della celebrazione; dopo un momento personale di
silenzio per la lectio, si prosegue con la condivisione comune sulla Parola ascoltata. Al termine, ognuno
dei presenti può proporre un’intenzione di preghiera; ad ognuna, l’assemblea canta o risponde con un’acclamazione.
Si conclude con la preghiera del Padre nostro… [e la benedizione finale].
Note di esegesi per la comprensione del testo
Il capitolo 11 del Vangelo di Giovanni è una vera e propria perla dentro lo scrigno
del IV Vangelo, non solo per il tema, quello della risurrezione di Lazzaro, in cui l'evangelista
riporta l'elaborazione teologica della prima comunità cristiana sulla risurrezione
della carne vista alla luce della “pasqua” di Gesù, ma anche per la ricchezza
di segni che il testo riporta, profezia dell'ora in cui il Figlio di Dio manifesterà,
sulla croce, la gloria, ossia il dono stesso della vita di Dio offerta all'umanità
tutta. Il termine «ora» è stato anticipato nel racconto dello sposalizio di Cana (cf.
Gv 2,4.14), ma come momento non maturo, in attesa di diventare «tempo propizio
» (gr. kairòs) dell’intronizzazione regale di Cristo, che non passa attraverso le
regole e le immagini umane, i riti e le liturgie esteriori, ma attraverso la croce che
diventa il trono regale del Messia rifutato e ucciso. Si capovolge la realtà: da simbolo
e strumento di supplizio abominevole, la croce diventa il luogo del Cristo
regale che manifesta il volto vero di Dio, ove Egli svuota se stesso in nome dell’amore
totale, senza condizioni, su cui si è lasciato crocifggere. Il racconto di Làzzaro
anticipa tutto questo e, infatti, gli stessi nomi dei protagonisti ne sono un assaggio
e un indizio:1
Lazzaro = Dio aiuta Maria = Dio ama
Betània = casa dell’implorazione/della misericordia Gesù = Dio salva.
Marta = (Dio è mio) Signore/sposo/marito
Nella casa dell’implorazione Dio aiuta: è il mio Signore dell’alleanza (marito) che ama e
viene a salvare.
Il fatto narrato in Gv 11 è semplice: c’è un uomo di nome Làzzaro e le due sue
sorelle, Maria e Marta; essi sono amici intimi di Gesù che spesso ospitano nella
loro casa a Betània, alle soglie del deserto di Giuda. Gesù viene informato della
morte dell’amico mentre si trova dall’altra parte del Giordano e invece di partire
subito, appositamente si intrattiene ancora «due giorni»2. Quando arriva nelle vi-
1 Gv 11 è un capitolo molto complesso, che negli ultimi anni ha suscitato grande interesse,
soprattutto sulla sua struttura e collocazione; per approfondire, si veda F. MANNS, L’Evangile
de Jean, Gerusalemme 1991, 235-242.
2 In Gv 10,40 Gesù si trova «al di là del Giordano»: il luogo in cui Gesù si ritira è forse
«Betània, al di là del Giordano» (cf. Gv 1,28), dove Giovanni aveva iniziato a battezzare; da
cinanze della casa degli amici, intavola due dialoghi in successione con le sorelle
del morto. La folla preme e Gesù prega il Padre suo per aprire il sepolcro, nonostante
l’amico Làzzaro sia morto da quattro giorni. Dopo l’intervento di Gesù
che sveglia Làzzaro dalla morte attraverso la forza della sua parola, il morto si
mette a camminare. La folla è entusiasta e riconosce in lui la presenza di Dio.
Nella parte che poi non viene letta nella liturgia, il sinedrio decide la morte di
Gesù per togliere di mezzo un pericoloso destabilizzatore: il sommo sacerdote
giustifca l’assassinio come una «necessità» di difesa delle istituzioni, ma non si
rende conto che egli proclama una profezia (cf. Gv 11,50-51): Gesù dà la vita all’umanità
e per questo deve morire3.
L’evangelista, all’inizio del capitolo, per dire chi era Maria, la sorella di Làzzaro, anticipa
un fatto che deve ancora accadere, ma che la comunità che leggeva il vangelo
conosceva dalla predicazione orale: «Maria era quella che cosparse di profumo
il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli» (cf. Gv 11,2). L’unzione si verifca
in Gv 12,3 ed è un chiaro anticipo della morte e risurrezione di Gesù, perché non
vi sarà tempo per gli adempimenti della sepoltura prescritti dalla Legge. Questo
anticipo è uno dei tanti elementi che ci dice come c’è un legame stretto tra Gv
11 e 12, per cui possiamo concludere che il racconto della morte e risurrezione
di Lazzaro appartiene alla conclusione della prima parte del vangelo, il «libro dei
segni» (cf. Gv 1-12) in cui svolge il ruolo di «prolessi», cioè di anticipazione della
morte e risurrezione di Gesù così come verrà descritta nella 2a parte, cioè il «libro
dell’ora» (cf. Gv 13-19). A ben guardare, scopriamo che i capi religiosi, compreso
il sommo sacerdote, decidono di «uccidere Gesù» senza sapere che stanno
profetizzando l’uccisione dell’agnello pasquale (Gv 11,47-53). All’interno di questa
prospettiva della convenienza della morte di uno per la salvezza di tutti, vi sono nel
capitolo ben quattro temi che la illustrano: li esaminiamo lasciandoci aiutare dalla
tradizione giudaica4.
1. Gesù Messia riunifica i dispersi, giudei e pagani
Alla profezia del sommo sacerdote, l’evangelista aggiunge un suo commento con
cui estende la morte di Gesù oltre i confni d’Israele con l’obiettivo preciso di
«riunire insieme i fgli di Dio che erano dispersi» (Gv 11,52). Le parole del sommo
sacerdote sono riprese alla lettera durante il processo ebraico a Gesù (cf. Gv
18,14). La doppia ripetizione ci dice che dietro alle parole c’è un contenuto importante:
la morte di Gesù è una morte che ha valore universale perché destinata
a raccogliere Giudei e Greci, presenti e simmetrici nei due capitoli di Gv 11 e
quella località Gesù parte per andare da Lazzaro, a Betània di Gerusalemme, in cui si svolge
il racconto di Gv 11.
3 Gv 11 è collegato strettamente a Gv 12: nel primo capitolo si parla di Giudei, nel secono
di Greci, perché sviluppa il senso di criterio di universalità che è insito nella morte di
Gesù. Tutto il mondo vi è simboleggiato: i fgli della promessa ad Israele e i Gentili, che
Gesù è venuto a riunire in un solo popolo.
4 Cf. F. MANNS, L’Evangile..., 243-263.
Gv 12 che hanno la stessa struttura narrativa. Noi sappiamo anche che in Gv l’espressione
«fgli di Dio» è applicata ai credenti (cf. Gv 1,12; 1Gv 3,1-2.10; 5,2). In
Gv 21,11, quindi dopo il racconto della risurrezione, leggiamo che Gesù assiste
alla pesca miracolosa dopo una notte infruttuosa, invitando i suoi apostoli a gettare
le reti sul lato destra della barca. L’evangelista annota che pescarono «153
grossi pesci», espressione che ci lascia alquanto perplessi per la precisione del numero
così puntuale, se non fosse che in ebraico, applicando la ghematrìa (=scienza
dei numeri), quel numero corrisponde all’espressione ebraica Benê Ha’Elohìm, «fgli
di Dio», che qui ha il valore universale dell'umanità intera. Pesca (e rete per
pescare) sono simboli dell’escatologia e si riferiscono a tutta l’umanità non solo
in Gv, ma anche nei racconti della vocazione degli apostoli che Gesù farà «pescatori
di uomini» (cf. Mt 4,19; 13,48; Mc 1,17; Lc 5,2)5. Con la stessa espressione, in
contesti e signifcati diversi, Gv dice che la morte di Gesù ha una portata universale
che riguarda «i fgli di Dio», Giudei e Greci. Facendo profetizzare il sommo
sacerdote, Gv colloca la morte di Gesù all’interno della storia della salvezza, dentro
la quale dobbiamo cercare di capirne la portata teologica, fondandoci sul contesto
giudaico del tempo di Gesù.
Il profeta Ezechiele, durante l’esilio di Babilonia (597-538 a.C.), cioè nel pieno marasma
della dispersione, aveva profetizzato che Dio stesso avrebbe suscitato un
pastore dalla discendenza di Davide (cf. Ez 34,23-24). Coloro che Dio «riunisce,
raduna» sono chiamati con nomi differenti: «fgli d’Israele» (Is 27,12); «dispersi di
Giuda» (Is 11,12); «dispersi d’Israele» (Is 56,8); «resto d’Israele» (Mi 2,12; Ger
31,7). Il loro raduno manifesta la potenza di Dio (cf. Is 12,5) che realizza per essi
un nuovo esodo per un popolo ri-creato (cf. Is 11,15-16; 41,18; 43,20; 50,2; Sal
102[101],19; Ger 31,10). Il raduno avverrà nel Tempio, che è il cuore di Gerusalemme
(cf. Is 2,1-5; Ger 31,6; Ez 22,17-22; Tb 13,12) e comprenderà Giudei e Pagani,
il popolo d’Israele e i popoli delle nazioni (cf. Is 2,1-5; Zc 2,15; Mc 13,27; Mt
25,32). Il compito di questo raduno è affdato al «Servo di YHWH» descritto da
Isaia nel 2° canto a lui dedicato (Is 49,5). La missione affdata al Servo è dunque il
raduno del popolo dalla dispersione in cui si trova; allo stesso tempo, Isaia ci dice
che «il giusto mio Servo è stato traftto per le nostre colpe… Noi tutti eravamo
sperduti come un gregge… perciò gli darò in premio le moltitudini» (cf. Is
53,11.5.6.12). Il raduno di Israele e delle moltitudini è legato alla morte del Servo,
anzi ne è il frutto e la conseguenza. Dio stesso, secondo il profeta Zaccaria, parteciperà
alla battaglia escatologica stando in piedi ritto sul monte degli ulivi a fanco
di Gerusalemme invasa dalla genti: i sopravvissuti celebreranno la feste delle Capanne
e in questa occasione da Gerusalemme sgorgherà acqua senza fne. In quel
giorno, il Signore sarà unico in tutta la terra (cf. Zc 14,1.21). Tutte queste reminiscenze
sono presenti anche nella liturgia sinagogale, come si svolgeva al tempo di
5 Cf. AGOSTINO, In Iohannem, Hom. 122,7-8 (CCL 36, 671); ID., Sermones, 270,7 (PL XXXVIII,
1244); J.A. Romeo, «Ghematrìa and John 21:11 – The Children of God», in Journal of Biblical Literature
97(1978),263-264.
Gesù: nella preghiera giudaica detta Shemòne esre, «Diciotto [Benedizioni]», che si
recitava in piedi due volte al giorno, la 10a benedizione invoca così: «Fai risuonare
lo shofàr della nostra liberazione e porta lo stendardo per la riunifcazione dalle
nostre diaspore. Benedetto sei tu, YHWH, che riunisce i dispersi del suo popolo
Israele». Il senso proprio è diretto: quando verrà il Messia, le tombe si apriranno
e i morti risorgeranno per ricomporre il santo Israele di Dio6. La risurrezione di
Lazzaro, con la scena della tomba che si spalanca davanti alla folla, ha lo scopo di
dire a tutti che è giunto il tempo del Messia e la prova è la tomba che si apre e il
morto che risorge.
2. Il secondo/terzo giorno
Alla notizia che il suo amico è morto, Gesù «rimase per due giorni nel luogo
dove si trovava» (Gv 11,6). Il vangelo di Giovanni usa molto il simbolismo dei numeri
come veicolo particolare d’insegnamento. L’espressione «per due giorni» è una
variante dell’espressione «il terzo giorno». Qui è chiaro il riferimento alla risurrezione
di Gesù. Nella chiesa delle origini, l’espressione «terzo giorno» era diventata
una formula tecnica per indicare la Pasqua: si trova nel vangelo di Gv alle nozze
di Cana (cf. 2,1.19) e, nella forma «due giorni», nel racconto della donna samaritana
(cf. 4,43). Il riferimento è anche qui al profetismo d'Israele, come, ad esempio,
Osea, che aveva invitato alla conversione al Signore dicendo: «Venite, ritorniamo
al Signore… Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare e noi vivremo
alla sua presenza» (Os 6,1-2). Questo testo nella sinagoga veniva tradotto
così: «Egli ci farà rivivere nei giorni della consolazione futura, egli ci risusciterà e
noi vivremo davanti a lui»7. Il Targum proietta le parole del profeta nella risurrezione
escatologica e mette in stretta correlazione il raduno con la risurrezione.
Lo stesso avviene per Os 14,8, che il Targum traduce esplicitandolo: «Essi saranno
radunati dalla loro dispersione, abiteranno all’ombra del Messia e i morti vivranno
e la bontà abbonderà nel paese». Qui troviamo altri temi: la dispersione e l’esilio
sono collegati al raduno, al Messia, alla risurrezione dai morti e all’abbondanza
della bontà8. Perché la salvezza viene il «terzo giorno»? Applicando una delle
6 Vd. più avanti il Targum a Os 6,1-2 nel contesto del «terzo giorno».
7 In altre parole, al tempo di Gesù il terzo giorno era identifcato espressamente con la risurrezione
fnale dai morti. Il «terzo giorno» è associato al sacrifcio d’Isacco (cf. Gen
22,4), a Giuseppe e suoi fratelli (cf. Gen 42,18), alla rivelazione del Sinai (cf. Es 19,16), alle
spie di Giosuè (cf. Gs 2,16), alla conversione di Nìnive (cf Gn 2,1), al ritorno dall’esilio di
Babilonia (cf. Esd 8,36), alla regina Ester che salva il suo popolo dalla distruzione (cf. Est
5,1), etc.: in breve, è un'espressione sintetica della storia della salvezza.
8 Il Targum a Zc 3,7-8 sostituisce il tema del raduno con quello del tempio che è il luogo
del raduno, ma il signifcato è lo stesso: l’arrivo del Messia e la risurrezione dei morti
sono collegati insieme. Il tema del raduno dei dispersi, della risurrezione dai morti e del
Messia si trova diffusamente nella letteratura giudaica (cf., ad es., Targum Gionata Es 13,17;
Targum Is 26,19; Targum Ct 8,5; Targum Mi 5,1-3; Targum Lam 2,2; 4,22).
regole dell’esegesi giudaica9, i rabbini associano il «terzo giorno» di Abramo che
immola Isacco (cf. Gen 22,4) al «terzo giorno» di cui parla Os 6,2, in modo che la
liberazione di Isacco dalla morte viene interpretata come una risurrezione dai
morti. Il Targum di Gerusalemme I a Gen 22,4 (terzo giorno relativo al sacrifcio
d’Isacco) aggiunge al «terzo giorno» anche il richiamo alla nube sulla montagna,
che è un modo delicato di richiamare la rivelazione del Sinai con il dono della
Toràh (cf. Es 19,1-3). Il sacrifcio d’Isacco (aqedàh, «legatura»), già dal sec. II a.C. era
associato alla Pasqua, come troviamo testimoniato nell’apocrifo Libro dei Giubilei
(18,1-17): non fa quindi meraviglia se il tema del «terzo giorno» è ripreso nel NT
nello stesso senso della tradizione giudaica, con la novità che ora non è più
applicata a Isacco, ma a Gesù Cristo: «È risorto il terzo giorno secondo le
Scritture» (1Cor 15,4), formula che ricorre 13 volte nel NT. La risurrezione di
Lazzaro al terzo giorno è dunque non solo una premessa, ma una descrizione
anticipata della morte e risurrezione di Gesù che di lì a poco sarebbe stato
ucciso e sepolto, senza che la corruzione della morte abbia il sopravvento su di
lui (At 13,35; cf. Sal 16[15],10), perché sarà svegliato dalla potenza di Dio per
essere il «principio» dei risorti da morte (cf. Col. 1,18).
Il tema del «terzo giorno», nella Bibbia come nella tradizione giudaica, è connesso
con il tema dell’esodo: giunti al Sinai, gli Ebrei per ordine di Dio devono purifcarsi
«oggi e domani… e si tengano pronti per il terzo giorno, perché nel terzo giorno
il Signore scenderà sul monte Sinai, alla vista di tutto il popolo» (cf. Es 19,10-11).
Alcune testimonianze ci confermano che il viaggio dall’Egitto al Mare Rosso durò
tre giorni10. Il libro dei Giubilei, detto anche Piccola Genesi, databile sec. I a. C., tramanda
una curiosa tradizione e cioè che anche il giardino di Eden fosse stato
creato «nel terzo giorno». L’espressione dunque diventa quasi una formula sintetica
per descrivere l’insieme della storia della salvezza: in esso abbiamo un legame
tra creazione, esodo/pasqua, legatura di Isacco, risurrezione dai morti; attraverso
Gesù, ritorna a noi tutta la storia di Dio e del suo popolo rinnovata e restituita al
suo senso e signifcato originario. La risurrezione di Lazzaro prefgura la risurrezione
di Cristo, l’Inviato del Padre che porta a compimento l’Alleanza.
3. Il Messia di Èfraim, nuovo Giosuè
Il capitolo 11 si chiude con una nota geografca apparentemente senza particolare
signifcato: «Gesù [...] non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò
nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i suoi
discepoli» (cf. Gv 11,53-54). I nomi geografci non sono mai superfciali, ma hanno
in sé sempre echi teologici11. Gesù va nel deserto, oltre frontiera e quindi esce
9 La regola è detta ghezeràha shawàh (“stessa norma, stessa sentenza”), più semplicemente
conosciuta come legge dell’analogia: due testi che riportano una stessa parola, sono intercambiabili.
10 FILONE, Vita di Mosè I,163; GIUSEPPE FLAVIO, Antichità Giudaiche II,315; Midrash Es 3,8, etc.
11 Cf. A. LOISY, Le quatrième Evangile, Paris 1903, 637; in epoca più moderna, vd. J. MATEOS – J.
BARRETO, Il Vangelo di Giovanni, Assisi 1982, 496; entrambi sono sulla stessa linea e fanno un
dall’abitato e dai confni di Israele per ripetere simbolicamente l’ingresso nella
terra promessa che fece Giosuè, attraversando il Giordano. Sembra che l’Èfraim
di cui si parla nel vangelo sia da identifcare con Ofra (cf. Gs 18,23; in Gs 15,9 è
detta Efron). Dopo il rifuto dell’autorità religiosa, Gesù va nel deserto per ricevere
direttamente da Dio l’eredità della terra d’Israele, di cui prende possesso entrando
dal deserto. Con questa annotazione l’evangelista ci dice che Gesù è il
nuovo Giosuè che porta a compimento l’esodo di Mosè (cf. Gs 19,49-51).
Un altro elemento signifcativo è che la missione di riunire i dispersi in un solo
popolo abbia come obiettivo di riportare l’unità tra il Regno del Nord (con capitale
Samarìa) e il Regno di Giuda (con capitale Gerusalemme). Sappiamo che Giovanni
annette molta importanza alla missione ai Samaritani (cf. At 8,14), per cui la
citazione di Èfraim potrebbe essere un’allusione alla ricostruzione del Regno nell’unità
originaria che gli avevano dato Davide e Salomone. La menzione di Èfraim,
però, più di tutto, ci riporta alla personalità del Messia che la tradizione del giudaismo
antico conosce come «fglio di Èfraim». Il Targum Gionata a Es 40,9-11
parla di ungere e consacrare «la vasca [delle abluzioni] e le sua base a motivo di
Giosuè, tuo servo, il capo del Sinedrio del tuo popolo, per le cui mani la terra d’Israele
è destinata ad essere divisa, e del Re-Messia fglio di Èfraim che uscirà da
lui e per le cui mani Israele è destinato a riportare la vittoria su Gog e le sue
schiere, alla fne dei giorni». La conclusione dell’esodo e l’eredità della terra si
fondono dunque con la lotta escatologica che la riunione dei due regni del Nord
e del Sud devono anticipare. A Qumran si parla espressamente di due Messia, uno
discendente di Aronne e quindi di stirpe sacerdotale e l’altro laico, preveniente di
stirpe regale, della discendenza di Davide12. Anche il Targum a Ct 4,5 riporta questa
tradizione: «I tuoi due liberatori, che ti salveranno nel futuro, il Messia di Davide
e il Messia di Èfraim, riuniranno Mosè e Aronne» (cf anche Targum a Ct 7,4). In
questo contesto messianico, la risurrezione di Lazzaro è un anticipo diretto e immediato
della morte di Gesù, Messia sofferente che entra nella terra promessa
non per impossessarsene, ma per liberarla dalla schiavitù della religione del dovere,
offrendo la sua vita di Messia-Servo di YHWH.
4. Il potere di Gesù
Gesù dice a Marta: «Io-Sono la risurrezione e la vita» (cf. Gv 11,24). Usando questa
formula di autorivelazione che ha un'importanza teologica primaria in Gv, Gesù si
rivela come la chiave che apre i sepolcri (cf. Gv 11,33-34) per nutrire e dissetare
con il dono della vita che è il suo Spirito. In Gv 11,41-42 Gesù prega e svela che la
parallelo tra Gesù e Giosuè; d'altrone, in ebraico «Gesù» e «Giosuè» si dicono e si scrivono
alla stesso modo (Yoshuàh/Yeoshuàh), che la Bibbia della LXX traduce sempre con
Iesoûs, «Gesù».
12 Cf. IQS 9,11; CD 12,23; 19,10; 20,1. Il re Messia dal Targum Gerusalemme a Es 40,9 è
identifcato non con la casa di Giuda, come ci si aspetterebbe, ma con la corona del regno,
cioè con la promessa diretta a Davide, nella cui persona il Messia ricompone l’unità in -
franta di Israele.
forza da cui attinge è il Padre, ma riprende anche la preghiera di Elia prima del sacrifco
del Carmelo: richiamandosi al profeta, Gesù annuncia se stesso come Messia
perché tutta la tradizione vede in Elia il profeta che deve venire prima del
Messia (cf. Mc 9,11 e parr.).
Gv 11,41-42 1Re 18,36-37
41 Tolsero dunque la pietra. Gesù allora
alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo
grazie perché mi hai ascoltato. 42 Io sapevo
che mi dai sempre ascolto, ma
l’ho detto per la gente che mi sta attorno,
perché credano che tu mi
hai mandato».
36 Al momento dell’offerta del sacrifcio
si avvicinò il profeta Elia e disse: «Signore,
Dio di Abramo, di Isacco e d’Israele,
oggi si sappia che tu sei
Dio in Israele e che io sono tuo
servo e che ho fatto tutte queste
cose sulla tua parola. 37 Rispondimi,
Signore, rispondimi e questo
popolo sappia che tu, o Signore,
sei Dio e che converti il loro
cuore!»
Risuscitando Lazzaro, Gesù manifesta di avere ricevuto dal padre la chiave dei sepolcri
e quindi della risurrezione, alludendo così alla sua risurrezione13. In Gesù
tutto ritorna alla sintesi originaria e defnitiva. La tradizione giudaica, almeno in
parte, ricollega le quattro chiavi alle quattro grandi feste d’Israele che coincidono
con i quattro giudizi che riceve la terra: a Pasqua il mondo è giudicato per i prodotti
della terra (chiave del nutrimento); a Pentecoste è giudicato per i frutti (chiave
della sterilità); a Sukkôt (Capanne) il mondo è giudicato per la pioggia (chiave
della pioggia); a Rosh Ha-shanàh (Capodanno), non il mondo, ma l’uomo è giudicato
per l’espiazione che è collegato al giudizio della vita che risorge dopo la conversione
e il perdono (chiave del sepolcro).
Che questa sia l’interpretazione giusta, ne abbiamo la prova nella stessa espressione
«Io-Sono», che è autorivelazione di Gesù in quanto YHWH, perché è il
Nome santo di Dio, rivelato a Mosè sul Sinai (cf. Es 3,14-16). In Gv diventa una
formula tecnica per defnire la divinità di Gesù di Nàzaret: in tutto il IV vangelo,
infatti, ricorre 26 volte14, numero che, secondo la ghematrìa, è il valore numerico
del Nome di YHWH (=Io-Sono), affermando con questo che Gesù si presenta
13 Il riferimento è alla tradizione giudaica per cui Dio ha riservato a sé quattro chiavi: la
chiave della pioggia, del nutrimento, dei sepolcri e dell’utero, cioè della vita; cf. Targum Neofiti,
o anche Targum a Gen 30,22 e, in parte, Targum Gionata a Dt 28,12. Di tutte e quattro le
chiavi troviamo la realizzazione in Gesù: a. acqua (cf. Mc 4,39); b. nutrimento (cf. Gv
6,35.48.51); c. sepolcri (cf. Gv 11,25); d. utero/vita (Gv 14,6; 15,5.2.4.8.16; cf. Gv 12,24; Mt
13,23; Mc 4,20).
14 Dispiace che anche l’ultima edizione della Bibbia CEI (2008) non sappia cogliere la por -
tata giovannea dell’espressione rivelativa «Io-Sono», traducendola banalmente con «sono
io» e fnendo per degradare l’enorme pàthos teologico che la formula racchiude.
come la rivelazione dell’«Io-Sono» del Sinai. Anche con i numeri Giovanni ci dice
che la personalità dell’uomo Gesù si manifesta nella sua divinità: Egli è sullo
stesso piano di YHWH perché Egli è YHWH.
Gesù si rivela a Betania e si ritira ad Èfraim. Betania può avere il signifcato etimologico
di «casa dei poveri», ma anche di «casa dell’obbedienza», mentre Èfraim è il
nome del secondo fglio del patriarca Giuseppe avuto insieme a Manasse dalla
moglie egiziana Asenèt (cf. Gen 41,52; 46,20; Nm 26,28). Pur essendo secondogenito,
ricevette la primogenitura da Giacobbe al posto del primogenito Manasse
che ne aveva diritto per legge. Autorivelandosi nella «casa dei poveri», Gesù si
presenta come il Primogenito di tutta la creazione (cf. Col 1,15,18; Rm 8,29; Eb
1,6) che guida i poveri alla casa dell’obbedienza che è il Regno di Dio, perché questa
è la volontà del Padre: nulla vada perduto di ciò che il Padre ha dato al suo Figlio
Unigenito (cf. Gv 6,39).
In conclusione, questo brano ci offre l’unica interpretazione possibile dell’articolo
di fede con cui diciamo: «credo la risurrezione dei morti»; parlando di Gesù risorto,
infatti, la teologia non parla di un corpo materiale, ma sente il bisogno di
dire che Gesù ha assunto un «corpo glorioso» che è distinto dal corpo terreno
tanto che ha prerogative particolari come entrare in un luogo a porte chiuse (cf
Gv 20,19.26). Il racconto della risurrezione di Lazzaro ci consola perché la nostra
vita non è un incidente del destino a cui la morte pone rimedio, ma, al contrario,
la morte è il «segno» più grande che la nostra vita vale non solo il tempo della
nostra esperienza, ma anche l’eternità di Dio.
- pro manuscripto -
sabato 9 aprile 2011
Le lectio del prete Carmine Miccoli: Giovanni 11: la risurrezione di Lazzaro
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La Parola che si fa vita
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