sabato 27 novembre 2010

Approfondiamo la parola domenicale: Matteo 23,37-44

Le lectio del prete Carmine Miccoli
Chiesa del Purgatorio – Lanciano (CH)


“Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà” (Matteo 23,42)

+ O Padre, noi ti ringraziamo perché ci hai riuniti alla tua presenza per farci ascoltare

la tua parola: in essa tu ci riveli il tuo amore e ci fai conoscere la tua volontà. Fa’

tacere in noi ogni altra voce che non sia la tua e perché non troviamo condanna nella

tua parola, letta, ma non accolta, meditata, ma non amata, pregata, ma non custodita,

contemplata, ma non realizzata, manda il tuo Spirito Santo ad aprire le nostre menti e

a guarire i nostri cuori. Solo così il nostro incontro con la tua parola sarà rinnova -

mento dell’alleanza e comunione con te e con il Figlio e lo Spirito Santo, Dio benedetto

nei secoli dei secoli. A.: Amen.

L.: Ascoltiamo la Parola del Signore dal racconto dell'evangelista Matteo 23, [4a.36]37-44;
(trad. CEI 2008).

[4a Gesù rispose ai suoi discepoli: 36 «Quanto a quel giorno e a quell'ora, nessuno lo sa,

né gli angeli del cielo né il Figlio, ma solo il Padre.] 37 Come furono i giorni di Noè,

così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 38 Infatti, come nei giorni che precedettero il

diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al

giorno in cui Noè entrò nell’arca, 39 e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio

e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. 40 Allora due uomini saranno

nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. 41 Due donne macineranno

alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. 42 Vegliate dunque, perché non sapete

in quale giorno il Signore vostro verrà. 43 Cercate di capire questo: se il padrone di

casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe

scassinare la casa. 44 Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate,

viene il Figlio dell’uomo».

Note di esegesi per la comprensione del testo

Il brano del vangelo è un centone, raccoglie cioè idee e parole che Gesù ha pronunciato

in occasioni diverse e che Mt mette insieme per descrivere in termini

tragicamente apocalittici la fne di Gerusalemme come premessa della fne del

mondo. Lo fa con le categorie mentali del suo tempo. La domanda a cui Mt vuole

rispondere è: «Come può la comunità cristiana riconoscere i segni che annunciano

gli avvenimenti degli ultimi giorni?». A questa domanda, la comunità dell'evangelista

Mt risponde in modo articolato con tre piccole parabole: a) il fco che annuncia

la primavera (24,32-35, assente nella liturgia domenicale e nel brano ascoltato);

b) il diluvio di Noè (24,36-41) e infne il proprietario e il ladro (24,42-44).

La caduta di Gerusalemme è inevitabile perché il Figlio dell’uomo con la sua persona

ha sostituito il Tempio, cioè il centro della vita stessa della santa città (Mt

23,38-39; 26,61-64). In questo modo pare che la caduta della città santa coincida

con il «giorno del Signore» che si presenta improvvisamente, come avvenne per il

diluvio che piombò sull’umanità senza preavviso, creando inevitabilmente una discriminazione:

alcuni furono risparmiati, altri caddero vittime (vv. 40-41 con Mt

24,19-22; cf. Gen 7,23). Allo stesso modo, i sopravvissuti alla caduta di Gerusalemme

formeranno un «piccolo resto» (cf. Ger 44,12.28), premessa e sorgente di un

nuovo popolo rinnovato, quasi una riedizione della famiglia di Noè che ripopola la

terra dopo la distruzione delle acque. Questo ricordo del diluvio è un modo per

dire che gli stessi discepoli e la prima comunità cristiana usavano, nell'incertezza

sulla data della fne del mondo, cercando nella Bibbia esempi che potessero richiamare

la vigilanza e la consolazione: se, a differenza di quanto fecero i contemporanei

di Noè, ci prepariamo a questo giorno e stiamo pronti, noi possiamo essere

il «resto» che ha la missione di ricominciare la nuova umanità. La caduta di

Gerusalemme è quindi la fne di una religione «chiusa» particolaristica, mentre il

«resto» si apre ad una prospettiva di universalità senza limiti.

La breve parabola del proprietario e del ladro (vv. 43-44) è probabilmente la ripresa

di un fatto di cronaca che impressionò l’opinione pubblica. Gesù se ne serve

per illustrare il suo pensiero. Gerusalemme sarà sorpresa come il ladro ha

sorpreso il proprietario e lo ha derubato: chi è negligente ne paga le conseguenze

(1Ts 5,2-4; 2Pt 3,10; Ap 3,3) perché sarà sorpreso senza preavviso. Coloro che invece

vivono la vita consapevolmente, aspetteranno e sperimenteranno la venuta

del Signore senza angoscia e senza traumi: sarà un incontro vitale.

La caduta di Gerusalemme per la Chiesa primitiva ha avuto lo stesso valore di un

parto: si è staccata dal giudaismo e ha cominciato a camminare autonomamente

per le strade del mondo con un sentire senza confni e aprendosi ad ogni cultura

e popolo. Per uscire dall’isolamento che può diventare isolazionismo anche religioso,

è necessario vivere la vigilanza che è l’attenzione che si presta agli avvenimenti

che accadono e la capacità di coglierne la portata e il signifcato alla luce

della risurrezione del Signore.

Essere vigilanti non signifca quindi essere preoccupati di ciò che può succedere

di strano, ma unicamente essere capaci di vivere in profondità la vita che accade

comunque, anche a nostra insaputa. In linguaggio moderno possiamo dire che la

vigilanza è il discernimento attento e partecipato di ciò che viviamo sia come singoli

che come popolo. La vigilanza ha in sé anche una componente psicologica

che si chiama desiderio di andare oltre, di raggiungere uno scopo per cui vigilanza

e desiderio di futuro sono le due molle che spingono la nostra anima ad essere

sempre presente in ciò che siamo e che viviamo.

Ci domandiamo: per essere libero o libera devo assistere alla caduta della «mia»

Gerusalemme; so darle un nome? Quando e se vedo cadere la «mia» Gerusalemme

» come reagisco? Fuggo da me stesso, nascondendomi, oppure so stare «lì» in

attesa di prendere coscienza di ciò che sta accadendo per mettere in moto gli

strumenti e i sentimenti necessari per fare fronte alle diffcoltà? Come mi preparo

di fronte alle imprevedibilità che la vita porta sempre con sé? Mi lascio travolgere

dagli avvenimenti oppure vivo equipaggiandomi giorno dopo giorno, prestando

attenzione agli accadimenti ordinari e straordinari della vita? Vivo rassegnato o

cerco di cogliere in ogni cosa e persona che incontro ciò che c’è oltre la superfcialità

di apparenza? Ho coscienza che l'ascolto della Parola è il luogo sacramentale

che anticipa e prepara alla fne come ad un incontro con una Persona viva,

che qui ed ora possiamo già sperimentare? Se abbiamo coscienza di essere una

assemblea convocata dalla Parola e per questo resa sacramento che rappresenta

e vive la totalità dell’umanità, allora possiamo intraprendere di nuovo il cammino

per andare incontro al Signore che viene con fducia e gioia, pellegrini verso la

convergenza fnale insieme ai popoli della terra sul monte del Signore, ossia nell'esperienza

della conoscenza di Dio nella fraternità tra di noi.

- pro manuscripto -

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