Le lectio del prete Carmine Miccoli
Chiesa del Purgatorio – Lanciano (CH)
“Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà” (Matteo 23,42)
+ O Padre, noi ti ringraziamo perché ci hai riuniti alla tua presenza per farci ascoltare
la tua parola: in essa tu ci riveli il tuo amore e ci fai conoscere la tua volontà. Fa’
tacere in noi ogni altra voce che non sia la tua e perché non troviamo condanna nella
tua parola, letta, ma non accolta, meditata, ma non amata, pregata, ma non custodita,
contemplata, ma non realizzata, manda il tuo Spirito Santo ad aprire le nostre menti e
a guarire i nostri cuori. Solo così il nostro incontro con la tua parola sarà rinnova -
mento dell’alleanza e comunione con te e con il Figlio e lo Spirito Santo, Dio benedetto
nei secoli dei secoli. A.: Amen.
L.: Ascoltiamo la Parola del Signore dal racconto dell'evangelista Matteo 23, [4a.36]37-44;
(trad. CEI 2008).
[4a Gesù rispose ai suoi discepoli: 36 «Quanto a quel giorno e a quell'ora, nessuno lo sa,
né gli angeli del cielo né il Figlio, ma solo il Padre.] 37 Come furono i giorni di Noè,
così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 38 Infatti, come nei giorni che precedettero il
diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al
giorno in cui Noè entrò nell’arca, 39 e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio
e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. 40 Allora due uomini saranno
nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. 41 Due donne macineranno
alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. 42 Vegliate dunque, perché non sapete
in quale giorno il Signore vostro verrà. 43 Cercate di capire questo: se il padrone di
casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe
scassinare la casa. 44 Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate,
viene il Figlio dell’uomo».
Note di esegesi per la comprensione del testo
Il brano del vangelo è un centone, raccoglie cioè idee e parole che Gesù ha pronunciato
in occasioni diverse e che Mt mette insieme per descrivere in termini
tragicamente apocalittici la fne di Gerusalemme come premessa della fne del
mondo. Lo fa con le categorie mentali del suo tempo. La domanda a cui Mt vuole
rispondere è: «Come può la comunità cristiana riconoscere i segni che annunciano
gli avvenimenti degli ultimi giorni?». A questa domanda, la comunità dell'evangelista
Mt risponde in modo articolato con tre piccole parabole: a) il fco che annuncia
la primavera (24,32-35, assente nella liturgia domenicale e nel brano ascoltato);
b) il diluvio di Noè (24,36-41) e infne il proprietario e il ladro (24,42-44).
La caduta di Gerusalemme è inevitabile perché il Figlio dell’uomo con la sua persona
ha sostituito il Tempio, cioè il centro della vita stessa della santa città (Mt
23,38-39; 26,61-64). In questo modo pare che la caduta della città santa coincida
con il «giorno del Signore» che si presenta improvvisamente, come avvenne per il
diluvio che piombò sull’umanità senza preavviso, creando inevitabilmente una discriminazione:
alcuni furono risparmiati, altri caddero vittime (vv. 40-41 con Mt
24,19-22; cf. Gen 7,23). Allo stesso modo, i sopravvissuti alla caduta di Gerusalemme
formeranno un «piccolo resto» (cf. Ger 44,12.28), premessa e sorgente di un
nuovo popolo rinnovato, quasi una riedizione della famiglia di Noè che ripopola la
terra dopo la distruzione delle acque. Questo ricordo del diluvio è un modo per
dire che gli stessi discepoli e la prima comunità cristiana usavano, nell'incertezza
sulla data della fne del mondo, cercando nella Bibbia esempi che potessero richiamare
la vigilanza e la consolazione: se, a differenza di quanto fecero i contemporanei
di Noè, ci prepariamo a questo giorno e stiamo pronti, noi possiamo essere
il «resto» che ha la missione di ricominciare la nuova umanità. La caduta di
Gerusalemme è quindi la fne di una religione «chiusa» particolaristica, mentre il
«resto» si apre ad una prospettiva di universalità senza limiti.
La breve parabola del proprietario e del ladro (vv. 43-44) è probabilmente la ripresa
di un fatto di cronaca che impressionò l’opinione pubblica. Gesù se ne serve
per illustrare il suo pensiero. Gerusalemme sarà sorpresa come il ladro ha
sorpreso il proprietario e lo ha derubato: chi è negligente ne paga le conseguenze
(1Ts 5,2-4; 2Pt 3,10; Ap 3,3) perché sarà sorpreso senza preavviso. Coloro che invece
vivono la vita consapevolmente, aspetteranno e sperimenteranno la venuta
del Signore senza angoscia e senza traumi: sarà un incontro vitale.
La caduta di Gerusalemme per la Chiesa primitiva ha avuto lo stesso valore di un
parto: si è staccata dal giudaismo e ha cominciato a camminare autonomamente
per le strade del mondo con un sentire senza confni e aprendosi ad ogni cultura
e popolo. Per uscire dall’isolamento che può diventare isolazionismo anche religioso,
è necessario vivere la vigilanza che è l’attenzione che si presta agli avvenimenti
che accadono e la capacità di coglierne la portata e il signifcato alla luce
della risurrezione del Signore.
Essere vigilanti non signifca quindi essere preoccupati di ciò che può succedere
di strano, ma unicamente essere capaci di vivere in profondità la vita che accade
comunque, anche a nostra insaputa. In linguaggio moderno possiamo dire che la
vigilanza è il discernimento attento e partecipato di ciò che viviamo sia come singoli
che come popolo. La vigilanza ha in sé anche una componente psicologica
che si chiama desiderio di andare oltre, di raggiungere uno scopo per cui vigilanza
e desiderio di futuro sono le due molle che spingono la nostra anima ad essere
sempre presente in ciò che siamo e che viviamo.
Ci domandiamo: per essere libero o libera devo assistere alla caduta della «mia»
Gerusalemme; so darle un nome? Quando e se vedo cadere la «mia» Gerusalemme
» come reagisco? Fuggo da me stesso, nascondendomi, oppure so stare «lì» in
attesa di prendere coscienza di ciò che sta accadendo per mettere in moto gli
strumenti e i sentimenti necessari per fare fronte alle diffcoltà? Come mi preparo
di fronte alle imprevedibilità che la vita porta sempre con sé? Mi lascio travolgere
dagli avvenimenti oppure vivo equipaggiandomi giorno dopo giorno, prestando
attenzione agli accadimenti ordinari e straordinari della vita? Vivo rassegnato o
cerco di cogliere in ogni cosa e persona che incontro ciò che c’è oltre la superfcialità
di apparenza? Ho coscienza che l'ascolto della Parola è il luogo sacramentale
che anticipa e prepara alla fne come ad un incontro con una Persona viva,
che qui ed ora possiamo già sperimentare? Se abbiamo coscienza di essere una
assemblea convocata dalla Parola e per questo resa sacramento che rappresenta
e vive la totalità dell’umanità, allora possiamo intraprendere di nuovo il cammino
per andare incontro al Signore che viene con fducia e gioia, pellegrini verso la
convergenza fnale insieme ai popoli della terra sul monte del Signore, ossia nell'esperienza
della conoscenza di Dio nella fraternità tra di noi.
- pro manuscripto -
sabato 27 novembre 2010
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