sabato 21 marzo 2009

Cristiani: discepoli di Gesù con san Paolo - Catechesi parrocchiale per gli adulti sulla Lettera ai Galati - Anno paolino 2008-2009

Il Vangelo di Paolo: Gesù Cristo, il Crocifisso Risorto.

febbraio 2009: p. Roberto Geroldi

Riprendiamo la Lettera ai Galati

1,1-3 Paolo è un apostolo, “mandato” da Gesù Cristo e da Dio Padre che lo ha risuscitato dai morti.
1,4 Gesù Cristo è colui che ha sacrificato se stesso per liberarci dai nostri peccati e per strapparci da questo mondo malvagio.
1,11-12 Paolo annuncia un messaggio di salvezza (= il Vangelo) che non segue un modello umano “Nessun uomo me l'ha trasmesso o insegnato! È Gesù Cristo che me l'ha rivelato”.

Il Vangelo

La parola greca eu – anghélion significa buona/bella/lieta – notizia/messaggio.
La troviamo già utilizzata dal profeta Isaia (40,9; 52,7: 61.1): “l’annunzio di buone notizie” a Gerusalemme e a tutto il popolo di Israele esiliato in Babilonia: il Signore viene, avanza, come un pastore (40,10-11)].
Solo dopo il I secolo viene utilizzata per indicare i racconti che ci parlano di Gesù e della sua vicenda terrena (Matteo – Marco – Luca – Giovanni), ma sono gli apostoli che già lo proclamano in Gerusalemme e a tutto il popolo. Il V. degli apostoli è contenuto nella loro predicazione i primi giorni dopo la passione-morte di Gesù: ”Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso” (Atti 2.36; 3.13-15; 4.10-11).
L’annuncio della risurrezione di Gesù costituisce la nuova e bella notizia che porta gioia a tutti perché Dio ha compiuto in Gesù tutte le promesse dei profeti: è l’Inviato di Dio!
Ben presto i cristiani capiscono che tutta la vicenda di Gesù, tutto quello che lui ha compiuto e detto sono il Vangelo di Dio. Non solo, Gesù stesso è il Vangelo di Dio che Egli proclama (Marco 1.14s; Matteo 4.23; 9.35; Ebrei 4.2)
Per Paolo il V. è rivolto a tutti (Galati 2.7s; Romani 16.25) e lui si sente scelto (Galati 1.12,15) e mandato proprio per questo (Efesini 3.7) e ciò costituisce “un obbligo” (1Corinzi 9.16) tanto da predicarlo in ogni maniera (9.19s), soprattutto ai pagani (Galati 1,16; Romani 1,1).
Il V. di Paolo (Romani 16,25; 2Corinzi 4,3) si concentra soprattutto nell’annuncio della morte e risurrezione di Gesù (1Corinzi 15.1-11; Romani 1,1; 5,6-11); da questa predicazione dipende la fede di chi lo ascolta perché comunica la salvezza (Galati 2.16-17; 3.1-2): l’amore gratuito di Dio donato da Dio per mezzo di Cristo (1.6) a tutti, dovunque l’uomo si trovi.
Di fronte al V. l’uomo è chiamato ad una risposta da cui dipende il suo destino.

Il Vangelo annunziato da Paolo

“E’ Gesù Cristo che mi ha rivelato il Vangelo della salvezza che io annunzio!”
Quest’affermazione (Gal 1,12) racchiude l’originalità apostolica di Paolo: non è stato testimone oculare della vicenda di Gesù (primo requisito apostolico Atti 1,21-22) ma lo ha incontrato e conosciuto “direttamente”, per un suo intervento nella propria esistenza (Atti 9,1-19a; 22,3-21; 26,2-23).
Per Paolo, quindi, consegna del V. da predicare, da trasmettere e incontro con Cristo sono la stessa esperienza. Il V. che Paolo ha “ricevuto” e che “trasmette” è la sua stessa esperienza “pasquale” di Cristo.

Leggiamo insieme 1Corinzi 15, 1-11 e vediamo le analogie con Galati.
v.1. Il Vangelo è annunziato da Paolo e ricevuto dai Corinzi
v. 3a. Paolo trasmette ciò che ha lui stesso ricevuto

“Nessun uomo me l'ha trasmesso o insegnato! È Gesù Cristo che me l'ha rivelato”.
(Galati 1.12)
v.3b-5 Paolo ripete lo schema tradizionale del kerygma (l’annuncio pasquale che ritroviamo anche in Atti): - Cristo morì per i nostri peccati
secondo le Scritture (Atti 2,2s)
- fu sepolto
- ed è risorto il terzo giorno
secondo le Scritture (Matteo 28,10+; Luca 24,34s)
- e apparve a Cefa e quindi ai Dodici
“Cristo e la sua morte in croce vi sono stati annunziati
con la massima chiarezza!” (Galati 3,1 = al vivo – CEI)

L’esperienza pasquale di Paolo

“Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto” (1Corinzi 15,8)
Interessante è che Paolo racchiuda nel kerygma anche le apparizioni come momento diretto di un’esperienza del Signore da parte dei discepoli che invera tutta la loro precedente conoscenza di Gesù.
Per annunciare/predicare/trasmettere/insegnare il V. non basta aver conosciuto Gesù nella sua vicenda terrena è fondamentale sperimentarlo risorto.
Paolo accenna a due modalità: le apparizioni ai singoli e al gruppo dei discepoli in Gerusalemme di cui ci danno attestazione anche i vangeli e la sua personale che avviene fuori della città, per via, con gli stessi connotati delle guarigioni operate dagli apostoli dopo la pasqua (Atti 3,1ss.).
Sarà la lettura lucana in Atti, comunque è un percorso battesimale-pasquale altamente simbolico:
- la caduta

- una luce dall’alto
- una voce
- la cecità
- tre giorni di buio
- l’intervento della comunità
- la “nuova” vista
- la testimonianza

“…come ad un aborto”
Immagine cruda ma molto efficace! Abortito da chi?... dalla Legge mosaica e quindi nato, in realtà “come morto”; nato fuori tempo, ma tenuto in vita dalla gratuita misericordia di Dio; da persecutore ad apostolo…
Il linguaggio rende perfettamente l’esperienza “traumatica”, nella sua carne, della morte-sepoltura e risurrezione del Signore che qui P. formalizza nel suo V. ma che costituirà la base di tutta la sua teologia pasquale e battesimale (Romani 6.3-11). Paolo annuncia e insegna ciò che ha capito per sua esperienza diretta, nella sua stessa persona.

1. 15-16 “Dio decise (=si compiacque) di rivelarmi suo Figlio
perché lo facessi conoscere ai pagani”.

La vita nuova di Paolo è Cristo stesso

2. 18-21 19 “In realtà per me non c'è vita nella pratica della Legge.
Essa non mi riguarda più: ora vivo per Dio.
Sono stato crocifisso con Cristo.
20 Non son più io che vivo: è Cristo che vive in me.
La vita che ora vivo in questo mondo la vivo per la fede nel Figlio di Dio che mi ha amato e volle morire per me.
21 Io non rendo inutile la grazia di Dio.
Ma se fosse vero che siamo salvati perché osserviamo le norme
della Legge, allora Cristo sarebbe morto per niente.

Anche qui ritorna su un’esperienza personale e sull’intervento gratuito (=grazia) da parte di Dio che lo aveva amato-chiamato.
Appaiono qui i termini ricorrenti del vocabolario paolino: fede e grazia che troviamo tematizzati a lungo e in profondità nella lettera ai Romani.

2.16.1.1 “Noi sappiamo che Dio salva l'uomo non perché questi osserva le pratiche della Legge di Mosè ma perché crede in Gesù Cristo. E noi abbiamo creduto in Gesù Cristo, per essere salvati da Dio per mezzo della fede in Cristo, e non per mezzo delle opere comandate dalla Legge. Nessuno infatti sarà salvato perché osserva la Legge”.

Sappiamo bene che il motivo ricorrente della lettera ai Galati è il rapporto tra Legge mosaica e Fede in Cristo… non entriamo in questa argomentazione; ci interessa invece sottolineare il rapporto tra gratuità e fiducia.
Prima che tematizzarlo ed esporlo, Paolo lo ha vissuto!

3. 2-5 “Una cosa vorrei sapere da voi: Dio vi ha forse dato il suo Spirito
perché avete ubbidito alla Legge, o non piuttosto perché avete ascoltato la parola della fede? 3 Siete proprio così sciocchi? Avete incominciato a vivere
con lo Spirito di Dio e ora volete andare avanti con sforzi umani?
4 Avete dunque fatto invano tante esperienze? È impossibile!
5 Dio vi dà lo Spirito e opera miracoli in mezzo a voi, perché avete ubbidito alla Legge o perché avete ascoltato il messaggio della fede?”

Nella sua argomentazione Paolo racchiude nella Legge l’impossibilità di salvarsi, anche compiendo le sue prescrizioni e quindi è una maledizione.
3. 13b Solo la Fede in Cristo può salvare l’uomo e liberarlo dalla Legge con tutte le sue conseguenze, perché “Cristo ha preso su di sé la maledizione della Legge (=si è fatto lui stesso maledizione) [con la croce].

3.26-29 26 Voi tutti siete figli di Dio per mezzo di Gesù Cristo, perché credete in lui.
27 Con il battesimo infatti siete stati uniti a Cristo, e siete stati rivestiti di lui come di un abito nuovo.
28 Non ha più alcuna importanza l'essere Ebreo o pagano, schiavo o libero, uomo o donna, perché uniti a Gesù Cristo siete diventati un sol uomo.
29 E se appartenete a Cristo, siete discendenti di Abramo: ricevete l'eredità che Dio ha promesso.

L’esperienza di apostolo che annunzia il Vangelo: un dare la vita!

4.13-14 13 Vi ricordate la prima volta, quando vi annunziai la parola di Cristo (=il Vangelo)? Ero malato. 14 La mia malattia fu per voi una vera prova.
Ma non mi avete disprezzato né cacciato via. Anzi!
Mi accoglieste come un angelo di Dio, come Gesù Cristo stesso!
19 Figli miei, per voi io soffro di nuovo i dolori del parto, finché non sarà chiaro che Cristo è in mezzo a voi (=che Cristo sia formato in voi).
20 In questo momento vorrei essere tra voi e potervi parlare con un tono di voce diverso. Non so più che fare per voi!

Per un approfondimento personale e di gruppo

Suggerirei di rileggere questi appunti con calma, soprattutto di leggere sulla Bibbia i passi di san Paolo qui riportati.
Annotiamoci qualche parola che ci colpisce, quale riflessione nostra o domanda. Facciamo questo con calma, non una sola volta. Quando siamo stanchi sospendiamo e riprenderemo in seguito.
Possono essere utili alcune tracce:
- Il Vangelo è un messaggio di salvezza e di gioia per me! Lo ascolto, lo leggo, lo vivo così? Quando mi è capitato di fare quest’esperienza?
- Il mio incontro con Cristo. Ho chiaro in me quando è avvenuto?
Cosa ha lasciato nella mia esistenza? E oggi…?
- “Cristo mi ha amato e a dato se stesso per me”. E’ la mia esperienza quotidiana, oppure la croce e risurrezione di Gesù mi vengono in mente solo in quaresima o a pasqua?
- “Vi annunziai la parola di Cristo”. Sento l’esigenza di annunziare il Vangelo?
Come lo faccio o potrei farlo?

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