martedì 16 giugno 2009

Il Rinnovamento della catechesi in Italia (CEI 1970)

Il "Documento base" per la catechesi in Italia dopo il concilio vaticano II
Prima Parte
Introduzione

Il popolo di Dio nel mondo...
1. La storia del popolo di Dio è storia dell’amore divino. Le ragioni dell’esistenza di questo popolo singolare sono le misteriose ragioni per cui Dio “ha cosi amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, affinché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna”. Sono le ragioni della missione stessa di questo popolo, sempre ricca e feconda di fermenti rinnovatori e vivificanti per la umanità.
. . . cresce nella pazienza e nella speranza
2. Sospinto dagli avvenimenti e dalle tensioni del secolo, nel quale è inserito, il popolo di Dio cresce nella pazienza, e nella speranza, maturando la coscienza di sé e della propria missione, in “adesione fedelissima alle parole e al pensiero di Cristo, nel ricordo riverente dell’insegnamento autorevole della tradizione ecclesiastica e nella docilità alla interiore illuminazione dello Spirito Santo”. È un’esperienza di continua conversione, di purificazione e di carità, che muove la Chiesa a una fedeltà sempre più piena al suo Signore e sostiene la sua missione di pace e di salvezza per gli uomini.
Il rinnovamento della pastorale catechistica 3. Anche il proposito di rinnovare la pastorale catechistica conduce la Chiesa a questa esperienza di vita interiore, che le consente di “ritrovare in se stessa, vivente ed operante nello Spirito Santo, la parola di Cristo” e di proclamarla con ferma fiducia agli uomini del nostro tempo.


La Chiesa e il Ministero della Parola di Dio

I - Le Rivelazioni di Dio agli uomini

Dio stesso raduna il suo popolo...
4. Nella storia, la Chiesa è l’universale sacramento della salvezza e della vita che viene da Dio. Dio stesso la raduna da tutti i popoli, rivelando il mistero della sua volontà, per ammettere tutti gli uomini alla comunione con Sé, nello Spirito Santo, per mezzo del Figlio suo.
... per mezzo del Figlio suo fatto uomo
5. Di questo mistero, Cristo è il Mediatore e insieme la pienezza, il Sacerdote, il Profeta, l’Alfa e l’Omega. Soprattutto in Lui, Dio si intrattiene con gli uomini come con amici, dopo aver loro parlato a più riprese e in più modi. Egli è il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato; nella sua incarnazione, nella sua vita, soprattutto nella sua passione, morte e risurrezione, l’umanità intera è chiamata alla pace, alla comunione intima con Dio in un vincolo di amore universale che coinvolge tutte le creature.
Lo Spirito Santo dona la pace di Cristo...
6. La pace con Dio, ristabilita in Cristo, è data in eredità a tutti gli uomini mediante lo Spirito Santo, inviato dal Padre e dal Figlio, per santificare la Chiesa senza interruzione. Lo Spirito, che opera nel mondo intero fin dall’inizio della creazione, dal giorno della pentecoste prende dimora fra i credenti come in un tempio. Li riunisce in comunione gerarchica; li vivifica nella carità; in essi suscita la memoria della vita, della morte e risurrezione del Signore e ne attualizza la presenza salvifica, soprattutto con la parola e nella frazione del pane eucaristico. In tal modo, abilita e muove i credenti a dare testimonianza al Vangelo, sicché, vedendo le loro opere buone, tutti glorifichino il Padre comune.
... perché la Chiesa la viva e la diffonda
7. Questo è il mistero di cui la Chiesa ha esperienza, il messaggio di cui resta sempre discepola, custode e interprete; ad esso dà perenne testimonianza nella storia, pregustando e preannunciando la pienezza della vita nell’eternità. Tutti coloro che, attratti dal Padre e mossi dallo Spirito Santo, rispondono liberamente all’amore rivelato e comunicato nel Figlio, formano la Chiesa, assemblea degli eletti in Cristo. Sono pienamente incorporati nella Chiesa quanti “sono congiunti con Cristo. i. dai vincoli della professione della fede, dei sacramenti, del regime ecclesiastico e della comunione”.
La Chiesa è missionaria
8. Tutta la Chiesa è missionaria, in forza della stessa carità con la quale Dio ha mandato il suo Figlio per la salvezza di tutti gli uomini. E unica è la sua missione, quella di farsi prossimo di tutti gli uomini e di tutti i popoli, per diventare segno universale e strumento efficace della pace di Cristo.
Il triplice ministero della Chiesa
9. La missione della Chiesa si fa testimonianza e servizio, con la varietà di uffici e la ricchezza di doni che Cristo le elargisce, per mezzo dello Spirito Santo, e che convergono nel triplice ministero: profetico, regale, sacerdotale. Sono tre ministeri dell’unica missione della Chiesa, intimamente connessi tra loro. Il ministero della parola ha anche valore liturgico e regale; il ministero sacerdotale anche valore profetico e pastorale; il ministero regale anche valore liturgico e profetico.


II – La Chiesa e la Parola di Dio

Il ministero della parola
10. Il ministero della parola di Dio è l’esercizio della missione profetica di Cristo, che continua nella Chiesa. “Dio, il quale ha parlato nel passato, non cessa di parlare con la Sposa del suo Figlio diletto, e lo Spirito Santo, per mezzo del quale la viva voce del Vangelo risuona nella Chiesa e, per mezzo di questa, nel mondo, introduce i credenti a tutta intera la verità e in essi fa risiedere la parola di Cristo in tutta la sua ricchezza”.
La Chiesa ascolta religiosamente la parola di Dio
11. La Chiesa è sempre in religioso ascolto della parola di Dio che, quale seme, “germogliando nel buon terreno irrigato dalla rugiada divina, assorbe la linfa vitale e la trasforma e l’assimila, per produrre finalmente un frutto abbondante”. Dalla parola di Dio, la Chiesa viene adunata ed i suoi figli rigenerati. La Chiesa dipende dalla parola di Dio: per questo, gli Apostoli si sentirono essenzialmente ministri della parola, dispensatori dei misteri di Dio.
Tutta la Chiesa è responsabile della parola di Dio
12. La comunità dei cristiani è una comunità profetica. Ad essa Cristo partecipa il suo profetico potere. Nella Chiesa ogni credente è, per la sua parte, responsabile della parola di Dio. Ognuno riceve lo Spirito Santo per annunciarla fino alla estremità della terra. A tal fine, lo Spirito Santo dispensa a ciascuno grazie, carismi e uffici, secondo la posizione che occupa nella Chiesa.
Il magistero della Chiesa
13. I Pastori hanno la missione di annunciare autorevolmente e autenticamente la parola di Dio. Ad essi spetta anche riconoscere gli autentici carismi profetici, che lo Spirito Santo distribuisce a tutto il popolo di Dio. Il Sommo Pontefice è costituito da Cristo pastore e maestro di tutti i fratelli: “e tu, quando ti sarai convertito, conferma i tuoi fratelli”. Ecco l’ufficio del magistero. Gli Apostoli e i loro successori lo esercitano per la Chiesa e per il mondo, in comunione gerarchica con il Vicario di Cristo e in comunione tra loro. In forza del mandato divino e con l’assistenza dello Spirito Santo, attingono dall’unico deposito della fede tutto Ciò che Dio ha rivelato; alimentano, riconoscono e garantiscono il senso della fede nel popolo cristiano e lo guidano con amore sulla via della verità. Ad essi non deve mancare l’apporto convergente e attivo dei sacerdoti, dei fedeli, dei teologi, in gerarchica comunione di carismi e di doni.
La Chiesa è discepola e testimone di tutta la parola di Dio
14. La Chiesa è discepola e testimone di tutta la parola di Dio, poiché è discepola e testimone di Cristo, pienezza di tutta la Rivelazione. Perciò, in Cristo religiosamente ascolta e fiduciosamente proclama la voce di Dio che si leva dal creato, i presentimenti e gli echi della sua parola nella storia e nella cultura dei popoli, la rivelazione del suo mistero e del suo patto con Israele e della eterna alleanza con il nuovo popolo di Dio, la profezia della pace eterna con Lui. Nella sacra Tradizione e nella sacra Scrittura dell’uno e dell’altro testamento, la Chiesa trova la fonte, la forza e la regola della sua missione profetica.

III – La pedagogia di Dio e della Chiesa

La pedagogia di Dio
15. Nell’esercizio della sua missione profetica, la Chiesa si lascia guidare dalla pedagogia di Dio. Egli, fin dall’inizio, ha condotto il suo colloquio con gli uomini “con eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, e le parole dichiarano le opere e Chiariscono il mistero in esse contenuto”. Con provvida radualità, ha svelato il mistero del suo amore, muovendo gli uomini attraverso la storia e l’antica alleanza verso l’incontro con Cristo. Ha soccorso gli uomini con eventi e con parole ad essi familiari, parlando al suo popolo secondo il tipo di cultura proprio delle diverse situazioni storiche, mostrando la sua “condiscendenza ” al massimo grado nel Figlio suo fatto carne.
La Chiesa proclama una parola che si fa carne
16. La Chiesa, pertanto, non proclama un’astratta ideologia, ma la parola che si è fatta carne in Cristo, Figlio di Dio, Maestro e Redentore di tutti gli uomini. Dallo Spirito Santo la Chiesa viene introdotta sempre più pienamente nella verità. Progredisce nella comprensione tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, finché venga a compimento il disegno di Dio. Né può esimersi, per il mandato ricevuto da Cristo, dal confrontare con la parola e con il disegno di Dio le realtà mutevoli della storia, per interpretarle e giudicarle nella luce del medesimo Spirito, secondo le esigenze del regno di Dio che viene. In tal modo, il messaggio rivelato mantiene la sua integrità e viene proclamato sempre vivo a tutte le generazioni.

IV – L’itinerario di Fede

La conversione cristiana
17. Il ministero della parola riunisce gli uomini nella Chiesa mediante la fede. Questa convergenza verso la Chiesa produce tra gli uomini una misteriosa divisione, poiché Cristo “è posto per la caduta e la risurrezione di molti in Israele, e come segno a cui si contraddirà”. Chi, mosso dallo Spirito, si fa attento e docile alla parola di Dio, segue un itinerario di conversione a Lui, di abbandono alla sua volontà, di conformazione a Cristo, di solidarietà nella Chiesa, di vita nuova nel mondo. È itinerario che può comportare, nello stesso tempo, la letizia dell’incontro e la continua esigenza di ulteriore ricerca; la compunzione per l’infedeltà e il coraggio per la ripresa; la pace della scoperta e l’ansia di nuove conoscenze; la certezza della verità e il costante bisogno di nuova luce.

Dio stesso accompagna nell’itinerario della fede
18. Lungo il cammino della fede, nessuno è solo. Dio stesso alimenta e conforta la riflessione e l’esperienza delle cose spirituali, mediante il suo Spirito presente nella Chiesa. Egli sostiene ciascuno anche con la testimonianza di tutti i fratelli, guida con la “predicazione di coloro che con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità” e accoglie come offerta gradita le gioie e le fatiche del pellegrinaggio. Così, nella pazienza e nella speranza, ciascuno porta con sé il dono di Dio, come in fragili vasi, fino a quando Dio stesso concederà nuovi cieli e nuova terra: “questa è la vita eterna: che conoscano te, unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo”.

La principali espressioni del ministero della Parola di Dio

I – La missione profetica e il ministero della Parola

La missione profetica della Chiesa
19. La Chiesa proclama il messaggio della salvezza con la parola, con la celebrazione liturgica, con la testimonianza della vita. Tutto ciò che deriva dalla sua fedeltà a Cristo è glorificazione di Dio e comunicazione di pace per gli uomini. Anche i suoi limiti e le sue imperfezioni sono, implicitamente, annuncio della misericordia di Dio, che alla fine la farà apparire davanti a Sé “tutta gloriosa, senza macchia, né ruga, ... ma santa e immacolata”. Pertanto, tutta la vita della Chiesa, come già tutta la vita del suo Signore, è manifestazione profetica per il mondo. Gli uomini possono, così, entrare in comunione con Cristo attraverso le molteplici e impenetrabili vie di Dio.

La fede dipende dall’ascolto
20. La Chiesa esercita la missione profetica primariamente con la predicazione viva della parola di Dio. Fu questo il primo apostolato affidato da Dio al popolo dell’antica alleanza, soprattutto alle sue guide e ai suoi profeti. Nella pienezza dei tempi, Cristo lo esercitò con divina autorità e sapienza e continua a esercitarlo nei secoli mediante la Chiesa. Nessun’altra forma di diffusione del pensiero può sostituire la predicazione viva della parola di Dio. La via ordinaria che porta alla fede resta sempre quella indicata dall’Apostolo: “la fede dipende dunque dall’udire la predicazione, ma questa, a sua volta, dalla parola di Cristo”.

Le forme della predicazione sono molteplici
21. La predicazione della Chiesa assume forme molteplici, secondo le persone che annunciano la parola, coloro che la ascoltano, le celebrazioni e i tempi della liturgia, le circostanze di una concreta situazione sociale, la varietà di mezzi e di metodi che l’esperienza e la scienza pastorale Suggeriscono. I discepoli di Cristo sono inviati a tutto il mondo e sono responsabilmente presenti in tutte le strutture della società. Quando operano singolarmente, come quando si riuniscono in comunità locali o in gruppi di natura varia, essi obbediscono ad un interiore impulso di carità, che li porta a intrecciare un dialogo vivo, vario e personale con i fratelli nella fede, con gli altri cristiani, con tutti gli uomini.

Le forme della predicazione pubblica
22. La Chiesa predica la parola anzitutto mediante il ministero dei Pastori e di coloro che essi associano alla propria missione. Tale ministero assume espressioni pubbliche e ufficiali, quali sono, in primo luogo, le diverse forme di evangelizzazione e di catechesi, l’omelia e la celebrazione della parola.

Le occasioni dell’annuncio
23. Ciascun membro del popolo di Dio deve farsi attento ai suoi rapporti quotidiani con gli altri. Deve cioè superare la mentalità di chi, consciamente o meno, lascia l’esercizio dell’ufficio profetico ai sacerdoti, ai religiosi, ai catechisti, ai missionari, che operano in forme istituzionalizzate. La vocazione degli uomini alla fede e la loro stessa maturazione cristiana vengono decise sempre più frequentemente attraverso la testimonianza, che i battezzati possono rendere nelle più disparate occasioni d’incontro e di dialogo.

Alcuni esempi
24. Assumono oggi grande importanza i rapporti quotidiani con chi soffre crisi di fede, la consuetudine di vita con i cristiani di altre confessioni, la presenza dei battezzati tra le popolazioni che ancora non conoscono Cristo. Inoltre, cresce la responsabilità dei genitori, perché la fede dei figli ha bisogno di chiara testimonianza e di continuo confronto con le situazioni concrete della vita moderna. Negli ambienti della scuola, del lavoro e della professione, nei luoghi di cura e di rieducazione, in vacanza, nei momenti del tempo libero e del turismo, il cristiano rende ragione della speranza che è in lui, attraverso le esperienze e le fatiche quotidiane, sempre ricche di occasioni per una irradiazione della parola di Dio. Proficua opera di diffusione della fede possono svolgere, nel rispetto dell’etica professionale, i responsabili degli strumenti di comunicazione sociale e tutti coloro che in qualche modo influiscono sull’orientamento della pubblica opinione. Particolare efficacia assume la testimonianza della parola di Dio, che scaturisce dagli avvenimenti principali della storia contemporanea della Chiesa. L’opera pastorale del Sommo Pontefice, le iniziative di pace e di carità, il rinnovamento delle chiese locali, la costanza dei fratelli che soffrono per la fede, in un certo senso lo stesso travaglio della Chiesa, sono occasioni delle quali la parola di Dio si serve, per aprire un dialogo, o per illuminare l’esperienza cristiana.


II – L’evangelizzazione, lieto annuncio della Parola di Dio

L’evangelizzazione
25. L’evangelizzazione propriamente detta è il primo annuncio della salvezza a chi, per ragioni varie, non ne è a conoscenza o ancora non crede. Questo ministero è essenziale alla Chiesa oggi come nei primi secoli della sua storia, non soltanto per i popoli non cristiani, ma per gli stessi credenti. L’esperienza pastorale attesta, infatti, che non si può sempre supporre la fede in chi ascolta. Occorre ridestarla in coloro nei quali è spenta, rinvigorirla in coloro che vivono nell’indifferenza, farla scoprire con impegno personale alle nuove generazioni e continuamente rinnovarla in quelli che la professano senza sufficiente convinzione o la espongono a grave pericolo. Anche i cristiani ferventi, del resto, hanno sempre bisogno di ascoltare l’annuncio delle verità e dei fatti fondamentali della salvezza e di conoscerne il senso radicale, che è la “lieta novella” dell’amore di Dio.

La preevangelizzazione
26. L’evangelizzazione è normalmente preceduta ed accompagnata dal dialogo leale con quanti hanno una fede diversa o non hanno alcuna fede. I cristiani sono corresponsabili della vita sociale, culturale ed economica degli uomini con i quali vivono; conoscono la loro storia e le loro tradizioni, collaborano alle loro iniziative e ai loro piani di sviluppo, chiariscono i problemi critici e i pregiudizi che riguardano la naturale religiosità dell’uomo, fino a suscitare l’interesse per Cristo e per la Chiesa. È un dialogo, che alcuni chiamano preevangelizzazione. Esso precede logicamente la predicazione cristiana e tuttavia ne accompagna in concreto tutto lo sviluppo. Anche coloro che posseggono la fede debbono, infatti, riscoprirne costantemente la ragionevolezza e la mirabile armonia con le esigenze più profonde e più attuali dell’uomo e della sua storia. In altre parole: fin dall’inizio, la fede accolta dall’uomo diviene esperienza umana integrale. Essa è suscitata e sostenuta dai doni soprannaturali della Rivelazione e si inserisce e si integra nelle risorse naturali dello spirito e di tutto l’uomo, elevandone singolarmente le capacità.


III – La predicazione liturgica, culmine del mistero della Parola

La predicazione liturgica
27. La predicazione della parola e l’itinerario della fede raggiungono il loro vertice nella celebrazione liturgica. La liturgia è l’esercizio del sacerdozio di Cristo, culto pubblico integrale del suo Corpo Mistico, ossia del Capo e delle membra. Cristo associa a sé la Chiesa, rende gloria a Dio e santifica gli uomini nello Spirito Santo, soprattutto perpetuando sotto i segni eucaristici il sacrificio della croce: “sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l’anima viene ricolma di grazia e ci è dato il pegno della gloria futura”. Di quest’unica celebrazione, la parola è in vario modo parte integrante. La predicazione diventa essa stessa atto liturgico; la proclamazione delle sacre Scritture, le parole che danno “forma ” al rito, l’omelia, i canti, le preghiere e le professioni di fede dell’assemblea svelano e rendono attuale il mistero della salvezza operata da Cristo, Maestro, Sacerdote e Pastore del popolo di Dio.

La liturgia della parola
28. La Chiesa celebra in modo speciale la parola di Dio nella prima parte della santa Messa, aprendo ai fedeli i tesori delle sacre Scritture, guidandoli con la parola del celebrante a maggior comprensione dei doni del Signore, accompagnandoli alla professione di fede e disponendoli a partecipare al sacrificio, che Cristo offre perennemente al Padre, per la salvezza del mondo, mediante il ministero dei sacerdoti. Accogliendo la parola di Dio nella santa Messa, come pure nella celebrazione degli altri sacramenti, i fedeli riconoscono “che le meraviglie annunciate trovano il loro coronamento nel mistero pasquale” e sono portati, “nel rendimento di grazie, ad una partecipazione fruttuosa dei misteri della salvezza. Così la Chiesa si nutre del pane della vita sia alla mensa della parola di Dio che a quella del Corpo di Cristo”.
L’omelia
29. Anche l’omelia è parte integrante dell’azione liturgica, di cui assume i movimenti e le caratteristiche. Con l’omelia, il ministro competente annuncia, spiega e loda il mistero cristiano che si celebra, perché i fedeli lo accolgano intimamente nella loro vita e a loro volta si dispongano a testimoniano nel mondo. L’omelia deriva i suoi temi e i suoi motivi soprattutto dalla sacra Scrittura e dai testi liturgici della Messa o del sacramento che si celebra. Nel corso dell’anno liturgico, l’omelia illustra i misteri della fede e le norme della vita cristiana, riferendoli sempre alla pasqua di Cristo; essa tiene in debito conto l’azione liturgica che si sta svolgendo e assume una accentuata tonalità cherigmatica, dottrinale, morale o apologetica, secondo le particolari esigenze dei fedeli presenti. La fede e la speranza di chi si fa ministro della parola devono trasparire nel momento dell’omelia, di modo che chi ascolta possa cogliere la perenne attualità del mistero della salvezza, voglia assumerlo come norma di vita e perseveri in una convinzione operosa.


IV – La catechesi per l’itinerario della fede

La catechesi
30. La Chiesa sviluppa l’annuncio fondamentale della parola di Dio con la catechesi, per guidare l’itinerario degli uomini alla fede, dalla invocazione o dalla riscoperta del Battesimo fino alla pienezza della vita cristiana. La catechesi è esplicazione sempre più sistematica della prima evangelizzazione, educazione di coloro che si dispongono a ricevere il Battesimo o a ratificarne gli impegni, iniziazione alla vita della Chiesa e alla concreta testimonianza di carità. Essa intende portare alla maturità della fede attraverso la presentazione sempre più completa di Ciò che Cristo ha detto, ha fatto e ha comandato di fare. Abilita l’uomo alla vita teologale, vale a dire all’esercizio della fede, della speranza, della carità nelle quotidiane situazioni concrete: “dà luce e forza alla fede, nutre la vita secondo lo spirito di Cristo, porta a partecipare in maniera consapevole e attiva al mistero liturgico ed è stimolo all’azione apostolica”.
La precatechesi
31. La catechesi è rivolta a chi, sia pure implicitamente, ha già fatto l’opzione fondamentale per Cristo e per la sua Chiesa. È a servizio degli uomini: considera, cioè, il livello effettivo della loro maturazione cristiana, le loro crisi e i loro progressi spirituali e qui li raggiunge, con varietà di mezzi e di metodi, che l’autorità dei Pastori e l’esperienza degli adulti nella fede suggeriscono. Particolare attenzione si deve oggi riservare al contesto culturale e sociale, in cui nasce e si sviluppa la fede dei cristiani. Si tende a rimettere tutto in discussione per una radicale verifica; dal successo tecnico e scientifico emergono nuovi problemi critici; le tensioni sociali possono provocare disattenzione ed indifferenza; certo costume morale corrente può indebolire la volontà e l’onestà nella ricerca dei valori. In questo contesto, non sempre si spegne la fondamentale adesione a Cristo, che sta all’inizio della vita della fede. Pertanto, i fedeli vanno spesso aiutati a scrutare gli interessi contingenti del secolo, al fine di percorrere con amore l’itinerario della fede. Del resto, questa attenzione ispira tutta la catechesi e in certa misura anche l’omelia, suggerendo le leggi e i metodi della cosiddetta “precatechesi”. Soprattutto quando ci si rivolge ai giovani, ai lavoratori, alle persone di cultura, occorre spesso verificarne all’inizio gli atteggiamenti e gli interessi, per non seminare la parola di Dio in un terreno non preparato ad accoglierla e a farla fruttificare.



IV – Catechesi, predicazione liturgica e testimonianza della vita

Catechesi e liturgia
32. “Prima che gli uomini possano accostarsi alla liturgia, bisogna che siano chiamati alla fede e si convertano”. Poi, la catechesi inizia i cristiani a cogliere il valore dei segni liturgici, con i quali Dio si rivela e si comunica; li abilita alla professione di fede, che essi esprimono soprattutto nell’assemblea eucaristica; li dispone a compiere con Cristo l’offerta gradita al Padre. Anche ai fedeli che partecipano alla sacra liturgia, la Chiesa ha sempre il dovere di predicare la fede e la penitenza, mostrando come la liturgia è il culmine e la fonte della vita cristiana. Così, l’esperienza liturgica, che tocca in modo singolare tutto l’uomo, conforta l’azione catechistica: i fedeli crescono nell’intelligenza del mistero cristiano, nutriti dei sacramenti pasquali. La comunione con Cristo si prolunga efficacemente e fa, di ogni ulteriore riflessione, una conversazione con il Padre, nello Spirito Santo.

Catechesi e testimonianza cristiana
33. La catechesi illumina le molteplici situazioni della vita, preparando ciascuno a scoprire e a vivere la sua vocazione cristiana nel mondo. Infatti, crescendo nella conoscenza di Cristo mediante la fede, ciascuno fa proprio il pensiero di Lui, i suoi giudizi, la sua volontà, la sua croce e la sua gloria, in una operosa vita di carità. D’altro lato, l’esperienza cristiana della vita conferma la fede e apre la coscienza a nuovo desiderio di conoscere e amare il Signore e di rendergli testimonianza.

Il ministero della parola e uno
34. Unica è la parola di Dio, come uno è il Signore Gesù Cristo, al quale si rende testimonianza e unico l’ufficio profetico del quale, in diverso modo, si partecipa. Molteplici sono le forme della predicazione. Su un piano di studio o in determinate situazioni storiche, è spesso agevole e utile sottolineare le distinzioni. Ma, nella pratica pastorale, ogni forma di predicazione tende ad essere piena testimonianza della parola di Dio, con accentuazioni di volta in volta particolari. La catechesi non spegne, ma sostiene la letizia del primo annuncio. Non si limita a soddisfare le aspirazioni legittime dell’intelligenza, ma è celebrazione del mistero della salvezza, in modo suo proprio. L’esplicazione sistematica della fede è memoria degli eventi e delle parole della salvezza, santificazione in atto per ciascuno, annuncio della piena comunione con Dio nella vita eterna.

La predicazione è evento salvifico
35. La parola che viene da Dio, di Dio possiede la potenza e l’efficacia. Perciò, sia pure in modo diverso, secondo i momenti e le forme, ogni atto di predicazione è glorificazione di Dio ed evento salvifico per gli uomini. La predicazione non è semplice comunicazione di sapere, ma trasmissione di una parola che invita, interroga, provoca, consola, crea comunione e salva. Deve esserne consapevole, con trepidazione e con fiducia, chi assolve questo compito in qualsiasi modo e forma: nell’azione che egli compie, è presente la grazia della parola, potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede.


Finalità e compiti della catechesi

I – La mentalità di fede

L’obbedienza della fede
36. Chi accoglie il primo annuncio della salvezza, è chiamato a riconoscere l’amore di Dio, ad abbandonarsi liberamente a Lui e a prestargli il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà. Dio stesso lo previene e lo soccorre; lo Spirito Santo muove il suo cuore e apre gli occhi della sua mente, donando “dolcezza nel consentire e nel credere alla verità” e perfezionando continuamente la sua fede.
Fede esplicita e operosa
37. La catechesi è sempre ordinata a disporre e a guidare i credenti ad accogliere l’azione dello Spirito Santo per ravvivare e sviluppare la fede, per renderla esplicita ed operosa in una vita coerentemente cristiana. La catechesi è testimonianza sempre più completa e organica della parola che, mediante la Chiesa, lo Spirito Santo insegna e richiama alla memoria, per comunicare a ciascuno un possesso del pensiero di Cristo quale si addice a uomini nuovi.



La mentalità del cristiano
38. Con la catechesi, la Chiesa si rivolge a chi è già sul cammino della fede e gli presenta la parola di Dio in adeguata pienezza, “con tutta longanimità e dottrina”, perché, mentre si apre alla grazia divina, maturi in lui la sapienza di Cristo. Educare al pensiero di Cristo, a vedere la storia come Lui, a giudicare la vita come Lui, a scegliere e ad amare come Lui, a sperare come insegna Lui, a vivere in Lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo. In una parola, nutrire e guidare la mentalità di fede: questa è la missione fondamentale di chi fa catechesi a nome della Chiesa. In modo vario, ma sempre organico, tale missione riguarda unitariamente tutta la vita del cristiano: la conoscenza sempre più profonda e personale della sua fede; la sua appartenenza a Cristo nella Chiesa; la sua apertura agli altri; il suo comportamento nella vita.


II – Una conoscenza sempre più profonda e personale

Conoscere la propria fede
39. La fede è Conoscenza di Dio, del suo disegno d’amore, della sua volontà di salvezza. Per questo, la catechesi è insegnamento, esposizione chiara e sempre più profonda della dottrina rivelata, nel rispetto delle esigenze e delle capacità dei fedeli. Oggi si discute diffusamente sulle attitudini dell’intelligenza alla verità, sul valore educativo delle idee e della dottrina sistematica, sui rischi dell’intellettualismo e del nozionismo in tutti i settori dell’educazione. Anche i catechisti sono interessati a questa discussione, per cercare le leggi più sapienti della crescita spirituale. Essi, tuttavia, sono consapevoli che l’obbedienza della fede nasce dalla chiara conoscenza del disegno di Dio e dalla profonda coscienza del suo amore. C’è vera mentalità di fede, quando c’è capacità di comprendere e di interpretare tutte le cose secondo la pienezza del pensiero di Cristo.

La docilità allo Spirito Santo
40. In vista di tale obiettivo, i catechisti sono chiamati a farsi sempre più docili all’azione dello Spirito Santo, attenti e fedeli all’insegnamento dei Pastori. Nell’esercizio della loro missione, essi traggono aiuto da ogni valida ricerca teologica, come dalle indicazioni delle scienze profane. Soprattutto, si preoccupano che la dottrina rivelata diventi valore e motivo ispiratore per tutta la vita cristiana.

La ratifica personale
41. La mentalità di fede è radicata nella persona; anzi, in parte determinante, è frutto della sua libera attività spirituale. Con la grazia dello Spirito Santo, ciascuno sviluppa le sue facoltà di ammirazione, di intuizione, di contemplazione, di giudizio, di adorazione, fino a ratificare coscientemente la fede che ha avuto in dono. La presentazione organica del mistero cristiano va commisurata sapientemente alle condizioni di coloro ai quali è rivolta. Non di rado, essi sono come “bambini bisognosi ancora di latte e non di cibo solido”. Sempre sono in situazioni personali assai concrete e diverse. Il catechista deve saper toccare ciascuno nell’intimo della sua vocazione e condizione personale, perché ciascuno sia reso capace di sviluppare responsabilmente la conoscenza della fede e di conformarvi tutta la vita


III – Iniziazione alla vita ecclesiale

Vivere la propria fede
42. La fede è adesione a Dio, che parla e chiama gli uomini alla comunione, nel Figlio suo fatto carne. Promuovere la maturazione spirituale dei credenti, significa introdurli sempre più pienamente nella vita della Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, sacramento di unità e di salvezza per il mondo intero. Gli obiettivi della catechesi divengono così più precisi, in riferimento alle varie dimensioni della Chiesa, comunità di fede, di culto, di carità.

L’appartenenza a Cristo nella Chiesa
43. Formare la mentalità cristiana, significa nutrire il senso dell’appartenenza a Cristo nella Chiesa. La catechesi ridesta continuamente la coscienza del Battesimo ricevuto; apre l’anima alla parola che convoca e vivifica la Chiesa; invita alla preghiera e alla professione della fede; guida ad assumere la missione della Chiesa secondo la propria personale vocazione; promuove il dialogo con Dio, con i fratelli, con tutti gli uomini; rende capaci di giudicare gli eventi della storia con spirito profetico. L’uomo del ventesimo secolo può apparire quasi allergico all’esperienza della fede e proteso, spesso generosamente, all’impegno nel mondo. Da questa rilevazione, non di rado troppo esteriore, traspare l’urgenza di educare i cristiani a comprendere Che la fede non allontana dalla storia, ma svela in essa le intenzioni di Dio, riversando luce nuova sulla vocazione integrale dell’uomo.

L’iniziazione al culto della Chiesa
44. La fede abilita il credente al culto, che la Chiesa rende a Dio con la sacra liturgia e nella preghiera personale di tutti i suoi membri. Promuovere una matura mentalità di fede, significa educare i credenti all’adorazione, al rendimento di grazie, alla penitenza, al senso della comunità, alla familiarità con i segni che indicano la presenza di Dio e in vario modo lo comunicano; in una parola, introdurli alla comprensione e all’esercizio del sacerdozio regale, con il quale sono consacrati dallo Spirito Santo.

La partecipazione alle celebrazioni liturgiche
45. Più precisamente, la catechesi prepara la piena, consapevole, attiva partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche. In questo settore, oggi, la missione del catechista diviene quanto mai varia e decisiva per l’educazione dei credenti. Guidare la famiglia alla celebrazione del Battesimo dei figli; introdurre i fanciulli al mistero eucaristico, alla virtù e al sacramento della Penitenza, agli impegni della Confermazione; condurre la comunità cristiana a riscoprire i sacramenti del Matrimonio e dell’Ordine sacro; richiamare il valore dell’Unzione dei malati; riproporre il significato del giorno del Signore, dell’anno liturgico, della celebrazione dei santi: sono altrettanti impegni che il catechista è chi amato ad affrontare, nel clima di un profondo rinnovamento della vita liturgica della Chiesa.

Il mistero eucaristico
46. Al vertice di questa azione educativa, sta la preoccupazione di disporre i fedeli a fare del mistero eucaristico la fonte e il culmine di tutta la vita cristiana. Tutto il bene spirituale della Chiesa è racchiuso nell’Eucaristia, dove Cristo, nostra Pasqua, è presente e dà vita agli uomini, invitandoli e inducendoli a offrire se stessi con Lui e in sua memoria, per la salvezza del mondo. In questi ultimi decenni, la catechesi, accompagnandosi al movimento biblico e liturgico, ha messo in maggiore evidenza la centralità della Messa e con ottimi frutti ha tentato vie nuove per l’educazione dei fedeli. Si pensi ad alcuni fatti e aspetti fondamentali che, come idee madri, sempre più efficacemente ispirano il contenuto della catechesi: la storia della salvezza, l’alleanza, il regno di Dio, la comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Si pensi anche alla crescente attenzione che la catechesi riserva al tema della sacra liturgia e alla preparazione dei fedeli alla celebrazione dell’Eucaristia. La catechesi deve proporre il mistero eucaristico in tutta la sua realtà. La fede viva nel mistero eucaristico rivela al massimo grado l’autentica mentalità del cristiano.

Vocazione alla carità
47. La fede opera nella carità. Educare alla maturità cristiana significa, pertanto, insegnare che la fede, senza le opere, è morta. Tutta la vita dell’uomo deve apparire come vocazione a conoscere e ad amare Dio e il prossimo nelle concrete situazioni dell’impegno cristiano e, alla fine, nella beatitudine della comunione eterna. Dio stesso è il fondamento della carità: “se Dio ci ha amato così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo a vicenda, Dio rimane in noi e l’amore di Lui è perfetto in noi. Mostrando in sommo grado l’amore del Padre, Cristo, “per mezzo della sua croce, ha riconciliato tutti gli uomini con Dio e, ristabilendo l’unità di tutti in un solo popolo e in un solo corpo, ha ucciso nella sua carne l’odio e, nella gloria della sua risurrezione, ha diffuso lo Spirito di amore nel cuore degli uomini”. Santificati dallo Spirito Santo, i cristiani formano il popolo di Dio, la sua famiglia, il sacramento del suo amore universale. Il mondo li può riconoscere, se amano Dio e osservano i suoi comandamenti, fino a dare la vita per i fratelli. La catechesi educa a conoscere “la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi”, perché i fedeli crescano nella comunione e la loro comunione sia con il Padre, con il Figlio, con lo Spirito Santo. Mostra nella Chiesa la comunità di coloro che si amano in un solo Spirito e che sono “perseveranti nell’insegnamento degli Apostoli e nella unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere”. Supera ogni confine, svelando in tutti gli uomini e in ciascuno di loro l’immagine stessa di Cristo. Ricorda i comandamenti di Dio e proclama lo spirito delle beatitudini. Invita ad essere pazienti e benevoli, ad eliminare l’invidia, l’orgoglio, la maldicenza, il sopruso; sprona a tutto Credere, a tutto sperare, a tutto soffrire, perché l’amore mai tramonterà. Così il cristiano viene ad assumere in sé le aspirazioni di tutti gli uomini, per dedicarsi con spirito di povertà al loro servizio. Non pura filantropia, dunque, ma impulso a edificare sulla terra la famiglia di Dio, nella verità, nella giustizia, nella speranza.

Carità nella Chiesa
48. Il primo servizio di carità, che il cristiano è tenuto a prestare, riguarda la Chiesa. La carità unisce tutti i membri del popolo di Dio nella comunione della fede; trasforma i cristiani in comunità di culto, facendo dei loro sacrifici una sola offerta in Cristo; fa della Chiesa una comunità di amore, dando significato a tutti i ministeri e carismi, in modo che concorrano a edificare l’unico Corpo di Cristo, per la salvezza del mondo. La catechesi porta a scoprire e a vivere la Chiesa, come realtà di comunione, come sacramento di amore e di salvezza per tutti gli uomini. Ha cura che i cristiani vivano la loro comunione con tutta la Chiesa, uniti alla gerarchia, per mezzo della quale lo Spirito Santo raduna e guida il popolo di Dio. Li conduce a scoprire sempre ciò che unisce e a superare ciò che divide. Fa crescere l’impegno della santità ed è continuo alimento dell’apostolato.



IV – Una mentalità profondamente universale

Il movimento ecumenico
49. In questa linea di educazione cristiana, oggi assumono particolare importanza tre problemi della vita della Chiesa, che la catechesi deve attentamente considerare: il movimento ecumenico, l’attività missionaria, i rapporti con coloro che non hanno alcuna fede. Il movimento ecumenico, cioè “le attività e le iniziative che, a seconda delle varie necessità della Chiesa e opportunità dei tempi, sono suscitate e ordinate a promuovere l’unità dei cristiani”, è un segno dei tempi da scrutare con viva sensibilità. La catechesi educa a evitare parole, giudizi e opere, che non rispecchiano la vera condizione dei fratelli separati; porta a conoscere la loro storia e il loro pensiero; richiede una testimonianza più chiara della propria fede; invita alla preghiera; guida a comprendere le iniziative del dialogo che si va sviluppando; sollecita ciascuno alla collaborazione, entro i limiti della competenza personale, secondo le direttive del magistero. Ricorda continuamente il testamento di Gesù: “che tutti siano una sola cosa, come tu, Padre, sei in me, ed io in te; siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato”.

L’attività missionaria
50. L’attività missionaria, in senso stretto, è l’opera di evangelizzazione e fondazione della Chiesa tra le genti che non conoscono Cristo. La Chiesa è sacramento di unità e segno di salvezza per tutta la famiglia umana. Ne deve avere coscienza il cristiano, per ripetere in sé la parola dell’Apostolo: “l’amore del Signore ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti”. La catechesi sviluppa nel cristiano una mentalità profondamente cattolica. Educa a rilevare e a rispettare tutto ciò che c’è di buono nell’umanità, soprattutto in seno alle grandi religioni; esorta a edificare la pace, la comprensione e lo sviluppo, in uno spirito di famiglia; convince a partecipare responsabilmente all’attività missionaria della Chiesa, con la preghiera, con la testimonianza della vita, con l’aiuto generoso; stabilisce un clima di dialogo e di simpatia con le giovani chiese locali, invitando a riconoscere il contributo che esse portano alla crescita di tutto il popolo di Dio. Sempre la catechesi ricorda la volontà del Maestro: “ho ancora altre pecore che non sono di questo ovile; anche quelle io devo radunare; ed ascolteranno la mia voce, e si farà un solo gregge e un solo pastore”.

I rapporti con coloro che non credono
51. I rapporti con coloro che non hanno alcuna fede interessano oggi, in modo nuovo, la catechesi. Anche nel nostro paese, il fenomeno dell’ateismo assume forme e proporzioni prima sconosciute. Il cristiano deve saperlo giudicare nelle sue componenti storiche, sociologiche, dottrinali e morali, per assumere un atteggiamento responsabile. Secondo l’opportunità, la catechesi riserva un esame serio alle ragioni che si nascondono nella mente degli atei. Essa mostra che la dignità dell’uomo trova la sua radice e la sua perfezione nel riconoscimento di Dio; richiama i fondamenti razionali della fede, facendo soprattutto riferimento ai più profondi problemi dell’uomo; insegna che la speranza dei beni futuri dà nuovi motivi anche per gli impegni terreni; educa a respingere l’incredulità e insieme a riconoscere che tutti gli uomini debbono contribuire fraternamente alla retta edificazione del mondo; rivendica l’autentica libertà religiosa in tutte le sue dimensioni; guida i credenti a rivelare la presenza di Dio attraverso la testimonianza della vita. Così il cristiano diviene capace di un dialogo sincero e avveduto, nel contesto concreto del proprio ambiente. Consapevole che la sua fede è in armonia con le aspirazioni più segrete del cuore umano, egli è certo che la sua gioiosa speranza è destinata a diffondersi.


V – Una mentalità profondamente universale

Educare la virtù della fede
52. La fede è virtù, atteggiamento abituale dell’anima, inclinazione permanente a giudicare e ad agire secondo il pensiero di Cristo, con spontaneità e con vigore, come conviene a uomini “giustificati”. Con la grazia dello Spirito Santo, cresce la virtù della fede se il messaggio cristiano è appreso e assimilato come “buona novella”, nel significato salvifico che ha per la vita quotidiana dell’uomo. La parola di Dio deve apparire ad ognuno “come una apertura ai propri problemi, una risposta alle proprie domande, un allargamento ai propri valori ed insieme una soddisfazione alle proprie aspirazioni”. Diventerà agevolmente motivo e criterio per tutte le valutazioni e le scelte della vita.

Unità della coscienza
53. La fede deve essere integrata nella vita, come si ama dire per indicare che la coscienza del cristiano non conosce fratture, ma è profondamente unitaria. La dissociazione tra fede e vita è gravemente rischiosa per il cristiano, soprattutto in certi momenti dell’età evolutiva, o di fronte a certi impegni concreti. Si pensi ai momenti forti della preadolescenza e dell’adolescenza; al momento in cui i giovani maturano il loro amore, o entrano nel mondo del lavoro; alle preoccupazioni della vita familiare; agli impegni degli operai e dei professionisti sul piano della giustizia sociale; alle tensioni spirituali, che caratterizzano oggi la pubblica opinione e il comportamento morale. Quante volte il cristiano è costretto ad andare contro corrente! Il messaggio della fede lo può sorreggere, se diviene per lui prospettiva organica e dinamica di tutta l’esistenza, luce di Dio nella sua vita.

Dottrina e vita
54. Il catechista, dunque, non disperde il suo insegnamento in una serie interminabile di nozioni e di informazioni frammentarie; né agisce di volta in volta episodicamente, senza tenere presente il significato complessivo di tutta la sua azione. Egli si preoccupa di presentare la dottrina in un sistema sempre più organico ed adeguato. Conosce le tappe normali della crescita della fede e guida lo sviluppo armonico ed integrale del cristiano. In particolare, egli conosce le situazioni di vita più impegnative di coloro che gli sono affidati e non trascura di farle oggetto costante di riflessione e di conversazione. Ricorre a termini e a formulazioni dottrinali, non per allontanarsi dalla vita, ma per interpretarla con maggiore chiarezza ed autorità, nella luce della fede.

Il mistero del Verbo fatto carne
55. Del resto, tale è il mistero di Cristo: il Figlio di Dio, assumendo l’umana natura nell’unità della Persona divina, prende dimora tra noi, come Salvatore e Maestro ed entra, in forza del suo amore, nella esistenza di coloro ai quali si rivela, rivolgendo ad essi urgente appello per un nuovo modo di essere e di vivere. “Parola fatta carne” è il suo nome. E la parola di Dio “è viva ed efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; poiché essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla, e giudica i sentimenti e i pensieri del cuore”. Cristo può essere accolto, se è presentato come evento salvifico presente nelle vicende quotidiane degli uomini. Per questo il catechista opera la verità nella sua stessa vita. La sua azione, del resto, è sempre un atto ecclesiale: è la testimonianza della perenne presenza di Cristo nella Chiesa e nella storia del mondo.

Il messaggio della Chiesa è Gesù risorto

I – Gesù, centro vivo della catechesi

La catechesi, come la fede, deve svolgersi attorno a un nucleo centrale
56. La catechesi è diretta a formare nel cristiano una matura mentalità di fede; a rendere la sua fede sicura, esplicita, fattiva. Occorre, per questo, che i fedeli accolgano il messaggio rivelato, ordinandolo attorno a un centro vivo, ben assimilato e operante. Essi debbono compiere questo fondamentale atto di fede, dal quale far scaturire e al quale ricondurre ogni altro atto di fede. Chiamato a crescere nella fede tra molte difficoltà e vicissitudini, il cristiano ha bisogno di accogliere in sé questo germe, capace di sostenere tutti gli sviluppi successivi.
Il nucleo centrale della catechesi è Gesù Cristo
57. Il centro vivo della fede è Gesù Cristo. Solo per mezzo di Lui gli uomini possono salvarsi; da Lui ricevono il fondamento e la sintesi di ogni verità; in Lui trovano “la chiave, il centro e il fine dell’uomo nonché di tutta la storia umana”. Cristiano è chi ha scelto Cristo e lo segue. In questa decisione fondamentale per Gesù Cristo, è contenuta e compiuta ogni altra esigenza di conoscenza e di azione della fede. La Chiesa, quindi, deve predicare a tutti Gesù Cristo e fare in modo che ogni cristiano aderisca alla sua divina persona e al suo insegnamento, sino a conoscere e vivere tutto il suo “mistero”. Come appare chiaramente dal libro degli Atti, dalle tradizioni evangeliche, dalle lettere di san Paolo e di san Giovanni, il lieto annuncio di ogni catechesi è Gesù.

Gesù Cristo, vivo, “ieri, oggi, nei secoli”
58. Scegliendo Gesù Cristo come centro vivo, la catechesi non intende proporre semplicemente un nucleo essenziale di verità da credere; ma intende soprattutto far accogliere la sua persona vivente, nella pienezza della sua umanità e divinità, come Salvatore e Capo della Chiesa e di tutto il creato. Questa prospettiva ha una importanza pastorale di prim’ordine. Quando un messaggio viene dalla persona e la persona consacra per esso la vita, gli uomini del nostro tempo sono particolarmente disposti a farlo proprio e a dargli testimonianza. Si tratta di un aspetto molto caratteristico della sensibilità odierna, dal quale la catechesi può trarre grandissimo profitto. La via, corrispondente all’azione stessa di Dio e alle esigenze dell’uomo, è quella seguita dalla Chiesa fino dai primi tempi: predicare la persona di Gesù Cristo, Lui che è sempre presente e sempre il medesimo, “ieri, oggi, e in eterno”.


II - La catechesi annuncia Gesù Cristo, Uomo perfetto, Figlio incarnato di Dio, Salvatore e Capo di tutto il creato

Predicare Gesù uomo perfetto. . .
59. Evangelizzare Gesù significa anzitutto presentarlo nella sua esistenza concreta e nel suo messaggio, quale fu trasmesso dagli Apostoli e dalle prime comunità cristiane. Egli appare come “l’Uomo perfetto”, che “ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo”. “Nessun uomo ha mai parlato come parla costui”, con autorità, con libertà e dolcezza, indicando le vie dell’amore, della giustizia, della sincerità. Nessuno ha parlato agli uomini del mistero di Dio, come Lui, rendendo ad essi possibile un’alta esperienza del Padre, che è nel segreto e vede nel segreto, che è pronto alla misericordia.

...secondo le attese di coloro che ascoltano...
60. La catechesi deve introdurre i credenti nella pienezza dell’umanità di Cristo, per farli entrare nella pienezza della sua divinità. Lo può fare in molti modi, muovendo da premesse e da esperienze diverse, seguendo metodi diversi, secondo l’età, le attitudini, la cultura, la problematica, le angosce e le speranze di chi ascolta. La catechesi mette particolarmente in luce i lineamenti della personalità di Gesù Cristo, che meglio lo rivelano all’uomo del nostro tempo: la sua squisita attenzione alla Sofferenza umana, la povertà della sua vita, il suo amore per i poveri, i malati, i peccatori, la sua capacità di scrutare i cuori, la sua lotta contro la doppiezza farisaica, il Suo fascino di capo e di amico, la potenza capovolgitrice del suo messaggio, la sua professione di pace e di servizio, la sua obbedienza alla volontà del Padre, il carattere profondamente Spirituale della sua religiosità. In questa presentazione di Gesù Cristo, non si lasci mai pensare che Egli è Soltanto l’uomo, per quanto perfetto: sempre si dia risalto agli inquietanti interrogativi, che hanno una risposta esauriente solo nella scoperta e nell’accoglimento della sua divinità.

...dando cosi una prima risposta ai loro problemi
61. “Chiunque segue Cristo, l’Uomo perfetto, si fa lui pure più uomo” Questa catechesi su Cristo è già una prima risposta ai problemi umani, anche per coloro che non hanno il dono della fede. Essa poi vuole abilitare i credenti a riferirsi costantemente alla vita e alla parola di Cristo, nel quale trovano la pienezza di ogni grazia e verità.

Predicare Gesù Cristo, Figlio di Dio
62. Questo Gesù, infatti, “Dio lo ha costituito Signore”. Egli stesso si è proclamato Figlio di Dio e si è appropriato il nome di Dio. È il “Figlio proprio” di Dio, “l’immagine del Dio invisibile a; “inabita in Lui corporalmente tutta la pienezza della divinità”. È il Verbo di Dio che si è fatto carne e che abitò tra noi; è il Dio unigenito che ci ha fatto conoscere il Padre.

Così la Chiesa ha sempre...
63. Questo ineffabile contenuto della fede in Gesù Cristo deve apparire, esplicitamente o implicitamente, in ogni atto di catechesi, come del resto in ogni azione pastorale. Esso corrisponde alla presa di coscienza della prima comunità cristiana che, trasalendo di gioia, ha riconosciuto con quale sovrabbondanza Dio avesse adempiuto le promesse fatte al suo popolo, amando il mondo fino a dare il suo Figlio unigenito. La Chiesa ha proclamato e tuttora proclama agli uomini lo stesso insondabile evento: l’Uomo perfetto, nel quale essi già ricevono una risposta a molti problemi, può risolvere le loro attese con larghezza imprevista, perché è il Figlio di Dio, consostanziale al Padre, che tra essi ha preso dimora, per opera dello Spirito Santo.

e deve fare particolarmente oggi...
64. La fede nella divinità di Gesù Cristo va particolarmente difesa e corroborata in questo nostro tempo. La grande attenzione ai problemi umani rende attuale il pericolo che Cristo venga accolto soltanto per la sua testimonianza umana. Inoltre, le prospettive cosmiche, in cui gli uomini stanno rapidamente entrando, possono sollevare nuovi problemi per la fede nella incarnazione del Figlio di Dio sulla terra. Occorre una coraggiosa e rinnovata catechesi, che porti l’uomo a esclamare ancora oggi, con umiltà e veracità, dinanzi a Gesù Cristo: “mio Signore, e mio Dio!”.

... perché gli uomini abbiano il coraggio di presentarsi in piena confidenza a Dio
65. In Gesù Cristo, Figlio inviato dal Padre, l’uomo che cerca da sempre, quasi a tastoni, di afferrare Dio, scopre, alla fine, che Dio non è lontano da ciascuno di noi: Egli infatti si rivela pienamente nel Figlio suo Gesù Cristo. Questa catechesi ha grande significato per il nostro tempo. Oggi, molti uomini avvertono sensibilmente una nuova forma di lontananza da Dio, la sua “morte”, come si suol dire, e non hanno coraggio di avvicinarsi a Lui, benché siano agitati, per ragioni nuove, da un profondo assillo di valori spirituali e trascendenti. Questo doloroso peregrinare nel deserto, come sulle orme di Dio, trova in Gesù Cristo il termine promesso. L’annuncio di Lui, Verbo fatto carne che occhi d’uomo hanno veduto e mani d’uomo hanno toccato, ci è stato dato affinché, entrati in comunione con il Padre, la nostra gioia sia piena.

Predicare Gesù Cristo, Salvatore e Capo di tutto il creato
66. Figlio di Dio tra noi, per il suo amore e la sua obbedienza fino alla morte di croce, Gesù Cristo è colui nel quale il Padre ha voluto salvare e riunire tutti gli uomini e l’intero universo: è questa la “nuova creazione” inaugurata sulla terra, che si attuerà perfettamente alla fine del tempo. Chi crede in Gesù Cristo e lo “evangelizza”, deve riconoscerlo e proclamarlo Salvatore e Capo di tutte le cose, “piegando le ginocchia” insieme con ogni altra creatura. Gesù Cristo è Capo del Corpo, che è la Chiesa. Noi tutti siamo stati “creati in Gesù Cristo”, per costituire in Lui una sola famiglia e un solo popolo di Dio. In Lui sussistono riunite tutte le cose, “ricapitolate nel Cristo”, a lode della gloria di Dio.

Egli intatti è il Risorto...
67. Il primato di Gesù Cristo, centro di coesione di tutto ciò che Dio ha creato e redime, si manifesta con ogni potenza nella sua morte e risurrezione. Dal Signore risorto e gloriosamente asceso al cielo, “primogenito dei morti”, si riversa su tutti lo Spirito che dà la vita. Con la sua risurrezione, ha inizio la piena redenzione di tutto il Corpo, ossia della Chiesa, popolo di Dio. Dio ci ha “convivificati” e “conrisuscitati” con Cristo, noi morti a causa del peccato, per farci assidere con Lui nella vita eterna. E nella sua risurrezione si esprime e va compiendosi la restaurazione finale di tutto il creato, pronta a rivelarsi nella risurrezione dei figli di Dio. L’annuncio più completo e possente, che contiene ogni altra verità su Gesù Cristo, è quello sempre proclamato dagli Apostoli: “questo Gesù, Dio lo ha veramente risuscitato, e noi tutti ne siamo testimoni”. È la pasqua di Cristo: essa riprende e compie la pasqua del vecchio testamento; costituisce il centro dell’economia di salvezza del nuovo testamento, fondamento della Chiesa, primizia delle nuove terre e dei nuovi cieli.

...e in Lui gli uomini sono solidali con tutta la storia e con tutto il mondo
68. La fede in Gesù Cristo, come Capo e Signore della nuova creazione, è la proposta essenziale soprattutto per l’uomo moderno. In Gesù Cristo, egli può sentirsi solidale con tutta la storia, con tutti gli uomini, con tutto il mondo. Nessuno dei suoi onesti impegni temporali è vano. Egli sa di partecipare, con semplicità e lealtà, al movimento che, in virtù di Cristo, redime tutta la creazione e tende a sollevarla sino alla pienezza di Dio. “Perché tutto è vostro, sia Paolo, sia Apollo, sia Cefa, sia il mondo, sia la vita, sia la morte, sia il presente, sia il futuro: tutto è vostro. Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio”.


III – Il Mistero di Cristo è Mistero di comunione

Il “mistero di Cristo”...
69. Gesù Cristo, nella pienezza della Sua umanità e divinità, e come Salvatore e Signore di tutte le creature, è il “mistero” che Dio ha predisposto da tutta l’eternità e ha svelato al suo popolo, perché lo annunci e lo diffonda nel mondo. È il “mistero di Cristo”, del quale san Paolo si dichiara ministro: la Chiesa è incaricata di proclamarne e di metterne in luce, di fronte a tutti, le “insondabili ricchezze”. L’esperienza di fede dei cristiani ha come contenuto essenziale questo mistero. “Radicati e fondati” nella carità di Cristo, i fedeli sono chiamati a riconoscerlo e a viverne “l’ampiezza e la lunghezza, l’altezza e la profondità”, fino a essere “ripieni di tutta la pienezza di Dio”.

... è mistero di comunione tra gli uomini e con Dio
70. Il mistero di Cristo è mistero di comunione. Il disegno di Dio è di stabilire la pace in Gesù Cristo: di portare, in Gesù Cristo, tutti gli uomini al dialogo e alla comunione con Sé, di realizzare tra loro, prima disgregati dal peccato, una fraterna comunione, riunendoli nel Corpo Mistico del Figlio suo. Di dialogo, di comunione, di pace, gli uomini del nostro tempo sentono profondamente l’esigenza. Anche per questo, la catechesi deve avere il suo centro vivo nel “mistero di Cristo”.


IV – La catechesi annuncia il mistero di Cristo come mistero presente nella Chiesa

Gesù Cristo è vivo e presente...
71. Il mistero di Cristo è accolto dai cristiani come realtà operante oggi e per ciascuno. Così la catechesi deve annunciarlo. “Risuscitato dai morti, Cristo non muore più”: il dono ineffabile di Lui, che Dio ci ha fatto, è sempre vivo e presente.

...soprattutto nella celebrazione dell’Eucaristia
72. I fedeli partecipano al mistero di Cristo in modo abituale ed eminente con la celebrazione dell’Eucaristia La comunità cristiana, radunandosi attorno all’altare e traendo dal sacrificio di Cristo alimento per la propria vita spirituale, crede e testimonia che nella santa Messa si perpetua il sacrificio della croce, continua a compiersi il mistero della parola, la Chiesa continua a rinnovarsi e a crescere, il servizio della carità continua a sgorgare in funzione dell’unità. Così l’Eucaristia, mentre è memoria del passato e annuncio del futuro, “fino a quando Egli verrà”, è anche il momento più importante dell’incontro di Dio con gli uomini, degli uomini con Dio, degli uomini tra loro. Perciò la catechesi propone costantemente Gesù come centro vivo del proprio messaggio, e lo mostra presente e operante nella santissima Eucaristia.

Ogni atto, implicito o esplicito di fede, ha per termine il “mistero di Cristo”
73. La celebrazione dell’Eucaristia è il momento fondamentale per la crescita di tutta la comunità e di ogni suo membro nella fede di Cristo. Anche ogni altro gesto religioso e di carità è occasione e mezzo per accogliere e manifestare il mistero di Cristo, come realtà salvifica che opera nel presente. Il catechista sa scoprire e proporre ai suoi ascoltatori questi continui rapporti di attualità. Del resto, in ogni suo sforzo di bontà, in ogni suo gesto istintivamente religioso, in ogni suo impegno di perfezione e di progresso, qualsiasi uomo che vive onestamente sulla terra pone, in qualche modo, una implicita premessa all’accoglimento della parola di Cristo. Se poi è diventato discepolo del Signore, entra in contatto vivo con Lui mediante ognuna delle scelte concrete, anche le più umili e semplici, che la fede gli ispira e gli domanda. Un atto di elemosina, un proposito di fedeltà al proprio dovere, una parola di conforto o di perdono, un segno di croce, una semplice invocazione, hanno sempre come termine Gesù Cristo e, come frutto, una più profonda partecipazione alla sua vita e alla sua parola. Il centro unitario, cui pervengono per vie innumerevoli e varie la fede e la catechesi, è sempre Gesù Cristo. Egli “si manifestò nella carne, fu giustificato nello spirito, apparve agli angeli, fu annunziato alle genti, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria”.
Su Lui, come sulla pietra angolare, deve crescere e stare l’edificio della fede.


Per una piena predicazione del messaggio cristiano

I – Criteri per l’esposizione dell’intero messaggio di Cristo


Dall’adesione a Gesù Cristo, alla interezza del suo mistero
74. L’adesione a Gesù Cristo deve ampliarsi e approfondirsi in uno sviluppo organico, che soddisfi al bisogno di fede di ciascuno, secondo la sua vocazione e situazione, rendendo conto, quanto più possibile, dell’oggettiva ricchezza della Rivelazione. Così la fede si trasforma gradualmente in una sapienza cristiana viva e coerente. È compito della catechesi operare questa maturazione. Riferendosi sempre a Gesù Cristo, la catechesi ha cura di offrire una presentazione completa del mistero rivelato, orientando di continuo alla conformità della vita con la fede. In tal modo, essa presenta “l’intero mistero di Cristo”, con tutta la pienezza delle sue implicazioni e dei suoi sviluppi.

L’attenzione alle esigenze di fede dei credenti
75. La misura e il modo di questa pienezza sono variabili e relativi alle attitudini e necessità di fede dei singoli cristiani e al contesto di cultura e di vita in cui si trovano. La Chiesa ha sempre predicato con particolare sollecitudine quelle verità che, in un determinato contesto, possono essere integrate nel pensiero e nella vita dei vari ascoltatori, proponendole “secondo quanto conviene alla situazione e al dovere di stato di ciascuno”. Trova qui giustificazione la pluralità dei catechismi, quali verranno pubblicati anche in Italia, e la varietà dei testi didattici, da compilarsi in rapporto all’età, alle capacità, alla mentalità, alle responsabilità e al genere di vita, al grado di crescita ecclesiale dei vari destinatari. Nell’elaborare il contenuto della catechesi, è necessaria una continua ricerca, che, lasciando intatto l’essenziale, trovi ogni volta le formulazioni più adatte alle diverse categorie di fedeli. Essa è segno di fedeltà alla parola di Dio, inesauribile nella sua ricchezza, e al dialogo con gli uomini, le cui esigenze sono, almeno in parte, varie e mutevoli.

L’adattamento della parola rivelata, legge della catechesi
76. L’elaborazione di una catechesi sistematica deve rispondere alle doti intrinseche della parola di Dio, al suo carattere di parola viva e attuale. La catechesi dovrà servirsi di un linguaggio, che corrisponda alla cultura odierna e sappia far comprendere la Rivelazione agli uomini di oggi. “Altro, infatti, è il deposito o le verità di fede, altro è il modo con cui vengono enunciate, rimanendo pur sempre lo stesso il significato e il senso profondo”. La Chiesa, “sin dagli inizi della sua storia, imparò ad esprimere il messaggio di Cristo ricorrendo ai concetti e alle lingue dei diversi popoli, e inoltre si sforzò di illustrarlo con la sapienza dei filosofi: allo scopo cioè di adattare, quanto si conviene, il Vangelo sia alla capacità di tutti, sia alle esigenze dei sapienti. E tale adattamento della predicazione della parola rivelata deve rimanere legge di ogni evangelizzazione”. La preoccupazione di un linguaggio adatto alla mentalità contemporanea deve essere presente nell’elaborazione dei catechismi, dei testi didattici e più ancora nella catechesi viva.

I problemi umani debbono essere di continuo coinvolti nell’esposizione del messaggio cristiano
77. Uno dei caratteri più notevoli della cultura del nostro tempo è la singolare attenzione che essa dedica all’uomo e ai suoi problemi. Gli interrogativi capitali sono certamente quelli che riguardano il senso della vita umana, il perché del dolore, del male, della morte, il destino che dopo la morte attende l’uomo, il valore della legge morale, dei rapporti sociali e via dicendo. Questi interrogativi si confondono con i gravi problemi della felicità, della giustizia umana, della pace. Ciò rimane vero, anche se messo a dura prova da altri fenomeni in corso, come i processi di tecnicizzazione e di secolarizzazione; o se apparentemente smentito da alcune tendenze del nostro tempo, come il senso del concreto, il bisogno dell’immediato e del visibile, la preferenza data all’utile e al dilettevole. In realtà, l’esperienza giornaliera dimostra che basta una gioia o un dolore, per far emergere nell’uomo le sue ansie vive e le sue aspirazioni profonde. Chiunque voglia fare all’uomo d’oggi un discorso efficace su Dio, deve muovere dai problemi umani e tenerli sempre presenti nell’esporre il messaggio. È questa, del resto, esigenza intrinseca per ogni discorso cristiano su Dio. Il Dio della Rivelazione, infatti, è il “Dio con noi”, il Dio che chiama, che salva e dà senso alla nostra vita; e la sua parola è destinata a irrompere nella storia, per rivelare a ogni uomo la sua vera vocazione e dargli modo di realizzarla.

I vari temi della fede debbono lasciar trasparire le principali “dimensioni” del mistero cristiano. La dimensione comunitaria, storico-escatologica, sacramentale
78. Una profonda attenzione all’uomo si ritrova in tutte le dimensioni del messaggio cristiano, alle quali la catechesi deve dare risalto. Così, il mistero cristiano è un mistero di “comunione”. Nella catechesi, non ci si deve mai stancare di presentare in questa luce ogni verità e ogni atto. Tutto il cristianesimo, nelle affermazioni della sua fede, nella sua costituzione vitale, nella liturgia, negli impegni che propone, nelle mete che annuncia, ha una struttura eminentemente comunitaria, che non può mai essere disconosciuta. Del pari, va continuamente proposto il carattere “storico-escatologico” del cristianesimo. Il cristianesimo nasce ed è costituito da una serie ordinata difatti e di parole che rivelano e attuano il disegno di Dio: interventi divini e risposte umane, culminanti nell’evento supremo che è Cristo. È una storia presente, che realizza una promessa già fatta nell’antica alleanza, come pure, quasi incoativamente, in ogni altra religione e in ogni autentica esperienza spirituale; e anticipa e prepara, in segni variamente efficaci, una pienezza futura e definitiva. È un movimento storico pieno di significato, dove ogni generazione, rimanendo fedele al passato, svolge un suo compito proprio; dove, sotto la guida dello Spirito Santo, va preparandosi il regno senza fine, nel quale la “vita con Cristo in Dio”, quaggiù ancora nascosta, si paleserà pienamente. Anche la nota della “sacramentalità” qualifica tutto il cristianesimo. Ogni dono di Dio e ogni impegno dei credenti si esprime e si compie in segni di salvezza, che raggiungono la loro massima efficacia nei sette sacramenti, soprattutto nell’Eucaristia. Anzi, l’umanità stessa di Gesù è il grande sacramento della nostra salvezza; e la Chiesa, in tutta la sua realtà visibile, è “segno e strumento” di grazia e di redenzione.

La dimensione “spirituale” del mistero cristiano: la continua azione dello Spirito Santo.
79. La presenza operante dello Spirito Santo va riconosciuta in ogni momento del disegno divino. Egli è lo “Spirito creatore”, che edifica il Corpo di Cristo; è il dono messianico per eccellenza, che fa entrare l’uomo in un nuovo e definitivo rapporto con Dio e lo conforma a Cristo; conserva e alimenta la comunione di salvezza tra tutti gli uomini. Dono ottenuto e inviato a noi da Gesù Cristo, ne continua e completa la missione, animando e guidando la Chiesa e il mondo nel cammino verso l’ultimo compimento. È Lui che spinge la Chiesa a svilupparsi, a rinnovarsi, ad aggiornarsi, a capire i tempi, ad evangelizzare il mondo; è Lui che ne conserva la struttura organica e ne vivifica le istituzioni; è Lui che viene comunicato nei sacramenti, per mezzo dei quali santifica il popolo di Dio. Egli è principio di unità e di interiorità; distribuendo nella Chiesa ministeri e carismi, vi suscita vocazioni ed opere che l’autorità non estingue, ma discerne, giudica e coordina. Anche la catechesi si compie sotto l’azione dello Spirito Santo; per mezzo di Lui, la viva voce del Vangelo risuona nella Chiesa e nel mondo.
In una fede matura, ogni tema si armonizza nel mistero di Cristo
80. La catechesi sui diversi temi della fede è tanto più ricca e formativa, quanto meglio mette in evidenza queste permanenti dimensioni obiettive del messaggio della salvezza. In ogni caso, la catechesi deve svolgersi ricollegando ogni volta i singoli temi al mistero centrale di Cristo. In altre parole: deve apparire uno sviluppo della fondamentale esperienza di fede del cristiano, che ha per oggetto Gesù Cristo. In questo modo, il cristiano può illuminare con la fede tutta la sua cultura e la sua vita, senza smarrirsi nella molteplicità delle situazioni. Giunto a maturità, egli saprà trovare nella sua fede una risposta coerente e tempestiva ai molti interrogativi che gli si pongono.


Gli elementi essenziali del messaggio di Cristo

Introduzione

Intenzioni e limiti del presente documento
81. Centro vivo della catechesi è Gesù Cristo, primogenito di ogni creatura. In Lui si incontrano Dio e l’uomo, si compie la loro riconciliazione, si instaura la nuova alleanza di salvezza. Non si tratta di esporre in questo documento tutte le verità cristiane, né di indicare il modo di ordinarle procedendo dal mistero di Cristo; a ciò si provvederà con i catechismi. Qui si tracciano soltanto le grandi linee del contenuto di una catechesi organica e insieme si descrivono le leggi fondamentali del loro coordinamento. Vi è pure l’esigenza di ricondurre tutto il deposito della fede a una breve sintesi, facendone quasi una “professione di fede”, quale si trova nei simboli più venerati della tradizione cristiana, o quale è apparsa, in forma nuova e più ampia, nel “credo” di Paolo VI. La catechesi vi provvede, muovendosi con giusta libertà di metodo. Del resto, nelle sue formali articolazioni, il simbolo di fede non esprime tutta la materia che deve essere trasmessa nella catechesi. Anche le linee sintetiche, che verranno ora proposte, debbono essere interpretate nella luce di quella esigenza e insieme di quella libertà.


1 – Gesù Cristo introduce nel mistero di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo

La catechesi cristologica è una catechesi trinitaria
82. Gesù Cristo ci introduce nel mistero di Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo. Rivelandosi come il Messia e il Figlio di Dio, Egli ha rivelato, nello stesso tempo, il Padre e lo Spirito Santo. Il Dio che dobbiamo riconoscere e benedire è il “Padre del Signore nostro Gesù Cristo”, che in Cristo ci ha predestinati a essere suoi figli e in Lui ci ha donato lo Spirito di adozione, pegno della nostra eredità e salvezza. Noi conosciamo l’intima vita trinitaria di Dio, mediante la comunicazione che ce ne viene fatta nella Persona, nell’opera, nella parola di Gesù Cristo. Il sublime mistero della vita di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, deve essere proposto dalla catechesi nella maniera con cui è stato rivelato al mondo, e cioè, supremamente, attraverso la conoscenza e l’esperienza che ne ebbe Gesù Cristo e che Egli ha annunciato e offerto agli uomini.

Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, protagonisti del piano di salvezza
83. La catechesi si serve dei grandi testi del nuovo testamento, che contengono questa rivelazione di Cristo e propongono la meditazione che ne ha fatto la prima comunità cristiana, sotto l’azione dello Spirito Santo e la guida degli Apostoli. In particolare, usa le “formule” cherigmatiche della comunità apostolica; la catechesi sinottica, che inizia con il Battesimo di Gesù e si conclude con l’ordine di annunciare la remissione dei peccati, mediante il Battesimo nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo; le grandi pagine paoline, ove l’Apostolo traccia la sintesi del piano di Dio, e quelle in cui presenta l’opera dello Spirito Santo inviato dal Padre per mezzo di Gesù; l’insegnamento di san Giovanni, soprattutto la catechesi sullo Spirito Santo, che egli colloca tra i discorsi di Gesù all’ultima cena. L’incontro con il mistero trinitario avviene, allora, mediante il riconoscimento del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, viventi in perfettissima comunione d’amore e protagonisti di quel piano di salvezza, che trova il suo momento culminante nella morte e risurrezione di Gesù. Alla rivelazione, che Gesù fa del suo rapporto con il Padre e lo Spirito Santo, corrisponde nel cristiano la consapevolezza che la sua vita è, sin dal Battesimo, una consacrazione alle tre Persone divine, che richiede una comunione sempre più stretta con loro. È evidente l’importanza che ha, nella catechesi su Dio, il ricorso alle altre fonti cui la catechesi si ispira, in particolare alla celebrazione della liturgia. La liturgia, infatti, si svolge davanti a Dio santo ed eterno, ed è tutta pervasa della convinzione profonda che la vita cristiana consiste in una familiarità sempre più intima con le tre Persone divine.

Il Dio della Rivelazione è il “Dio vivente”
84 .Per mezzo di Gesù Cristo, giunge a pienezza la concezione di Dio che scaturisce da tutta la Scrittura, fin dai libri dell’antico testamento. Il Dio della Rivelazione è il Dio vivente: trascende infinitamente gli uomini e ogni altra realtà, eppure è autore della loro storia e in essa continuamente interviene, mostrandosi come il Dio che offre e vuole l’alleanza, il Dio santo, giusto, misericordioso, che vede, libera e salva, il Dio che ama come sposo e padre. E questa la vera “personalità” di Dio, che traspare da ogni pagina rivelata e si manifesta pienamente nell’insegnamento e nell’opera del suo Unigenito, venuto a dimorare tra noi. E questa la vita delle tre divine Persone: vita di sapienza e di amore, secondo una misura che la ragione umana, da sola, non avrebbe mai concepito e raggiunto. La catechesi deve gioiosamente predicare questo Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il Dio dei giudici e dei profeti, il Dio del Signore nostro Gesù Cristo. E lo fa proponendo, nei modi suoi propri, il grande e consolante discorso che Dio stesso, con le parole e le azioni, ha fatto progressivamente di Sé, agli Ebrei prima e poi, pienamente e definitivamente in Gesù Cristo, a tutta l’umanità.

La catechesi su Dio e la situazione del mondo di oggi
85. Presentando il mistero di Dio come è stato comunicato in Gesù Cristo, non si possono ignorare nella catechesi i gravi problemi posti dalla situazione e dalla riflessione del mondo d’oggi. Il fenomeno chiamato di secolarizzazione, al quale il mondo è sottoposto, fa sorgere in generale molte difficoltà, ma insieme può facilitare la comprensione della fede in Dio. La catechesi si propone di purificare, quanto è possibile e secondo le esigenze di coloro cui si rivolge, la nozione di Dio da contaminazioni culturali, che ne ostacolano l’accoglimento. Il catechista cerca di essere molto umile dinanzi al mistero di Dio, perché il Dio di Israele è veramente un Dio nascosto; ma, insieme, egli è pieno di fiduciosa consapevolezza che il Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che lo ha risuscitato da morte, è il “Dio vivente”, nel quale l’uomo può riporre sempre la sua speranza. Inoltre, la catechesi su Dio non può ignorare che “tra i fatti più gravi del nostro tempo va annoverato l’ateismo”; e che alla genesi di questo fenomeno “possono contribuire non poco i credenti, in quanto per aver trascurato di educare la propria fede, o per una presentazione fallace della dottrina, o anche per i difetti della propria vita religiosa, morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e non che manifestano il genuino volto di Dio e della religione”. Senza dubbio, l’intelligenza umana è naturalmente capace di cogliere e proporre alcune verità fondamentali su Dio, come sull’uomo e sul mondo: questo impegno razionale dev’essere esplicato anche nella catechesi. Ma è ancora più doverosa la “ testimonianza di una fede viva e matura”, che si manifesti nelle opere della giustizia e della carità: essa rappresenta un efficace invito rivolto agli atei “a prendere in considerazione il Vangelo di Cristo con animo aperto”.


2 – Gesù Cristo genera la Chiesa, suo Corpo Mistico e popolo di Dio

La catechesi sulla Chiesa, come “popolo adunalo nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”
86. Con la sua morte e risurrezione, Gesù Cristo ha fatto nascere la Chiesa: popolo di Dio, mirabilmente preparato nella storia di Israele, fondato su Pietro e sugli Apostoli, popolo che Cristo genera e fa crescere mediante l’effusione pentecostale del suo Spirito, il quale continuamente rinnova e dirige la Chiesa, con i suoi doni gerarchici e carismatici; “popolo adunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Nella Chiesa, Dio offre agli uomini come un sacramento, cioè un segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano. La Chiesa è “il germe e l’inizio” della perfetta comunione che si realizzerà nel regno di Dio, quando l’umanità, disgregata dal peccato, sarà definitivamente riunita e salva e il mistero di Cristo avrà pieno compimento. La catechesi deve presentare instancabilmente la Chiesa in questa sua misteriosa realtà di “comunione” e di “missione”. Il popolo di Dio è “un germe validissimo di unità, di speranza e di salvezza per tutta l’umanità. Costituito da Cristo per una comunione di vita, di carità e di verità, è pure da Lui assunto ad essere strumento della redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale della terra, è inviato a tutto il mondo”. Nella sua stessa organizzazione esterna, socialmente ordinata, nella gerarchia da Gesù stabilita, nelle sue strutture visibilmente operanti, la Chiesa accoglie e manifesta lo Spirito di Dio, che la riunisce e l’accresce per la salvezza di tutto il genere umano.



La compaginazione gerarchica e sacramentale del popolo di Dio
87. La Chiesa è un popolo sacerdotale. Gesù Cristo la rende partecipe del suo sacerdozio, facendo di tutti i battezzati “un regno e dei sacerdoti per Dio e per il Padre suo”. “Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo”. Questa distinzione e questa unità devono essere ugualmente asserite se si vuol dare risposta al problema, oggi più vivo che mai anche nel nostro paese, della funzione e missione propria di chi è insignito del sacerdozio ministeriale. “L’indole sacra e organica della comunità sacerdotale viene attuata per mezzo dei sacramenti e delle virtù”. I sacramenti sono le azioni fondamentali, con le quali Gesù Cristo dona ai fedeli il suo Spirito, facendone un popolo santo che si offre, in Lui e con Lui, in oblazione gradita al Padre. È molto importante che la catechesi, mentre presenta i sette sacramenti come incomparabili beni della Chiesa, li ricolleghi continuamente a Gesù Cristo, dal quale “traggono la loro efficacia” e allo Spirito Santo, che in essi agisce. In questa luce, si comprenderà ancora meglio il primato dell’Eucaristia su tutti i sacramenti e sugli altri atti liturgici, nella edificazione della Chiesa. Nell’Eucaristia, infatti, Gesù Cristo è presente nel modo più misteriosamente reale e più efficace; mediante l’Eucaristia, lo Spirito Santo, invocato per la santificazione dei doni, riunisce in un solo corpo coloro che comunicano al Corpo e al Sangue del Signore. Nella catechesi sul carattere sacerdotale della Chiesa e sulle azioni nelle quali si esprime, non si può ignorare la diffidenza del mondo d’oggi verso ogni espressione cosiddetta “sacrale”. Si deve mostrare come nell’esercizio del suo potere sacerdotale, mediante i sacramenti e la preghiera di lode, e soprattutto mediante l’Eucaristia, la Chiesa non intende affatto estraniarsi dal mondo e dai suoi gravi problemi. Dall’esercizio di quel potere essa trae la grazia di trasformare il mondo con opere di giustizia e di carità, costituenti esse pure il culto verace che Dio richiede e che Lo glorifica.

Il carattere missionario del popolo di Dio
88. Tutti gli uomini, “dal giusto Abele fino all ’ultimo eletto”, sono chiamati a riunirsi presso il Padre nell’unico Corpo di Cristo, che sussiste nella Chiesa cattolica; e fin da quaggiù tutti gli uomini, sia pure per ragioni e in modi diversi, sono congiunti con la Chiesa cattolica o comunque ad essa ordinati. In questo senso, la catechesi deve muoversi nella luce di quanto ha insegnato il Concilio Vaticano Il, circa l’universalità dell’unico popolo di Dio, che “non solo si raccoglie da diversi popoli, ma nel suo stesso interno si compone di vari ordini”; e circa il rapporto che hanno con la Chiesa cattolica coloro che appartengono alle altre chiese cristiane o anche ad altre professioni religiose. Questa catechesi tiene conto delle peculiari condizioni religiose del nostro paese, dando prova, al tempo stesso, di chiarezza dottrinale e di prontezza al dialogo, di ansia per la diffusione della verità e di rispetto per la coscienza. Non verrà meno, in tal modo, l’impegno missionario che deve sospingere tutta la Chiesa “a cooperare perché sia eseguito il piano di Dio, che ha costituito Cristo principio della salvezza per il mondo intero”. Piuttosto, questo impegno deve attuarsi nello spirito e con le modalità indicate dal Vaticano II: “la grazia del rinnovamento non può avere sviluppo alcuno nelle comunità, se ciascuna di esse non allarga la vasta trama della sua carità sino ai confini della terra, dimostrando per quelli che sono lontani la stessa sollecitudine che ha per coloro che sono i suoi propri membri”.

La Chiesa, popolo in cammino verso la pienezza del mistero di Cristo
89. La catechesi deve inculcare profondamente nei fedeli l’idea della Chiesa peregrinante. In questa luce, essi si renderanno conto che la Chiesa è bensì adornata quaggiù di vera santità, ma ancora imperfetta, e quindi sempre bisognosa di purificazione e di rinnovamento. Essa è gioiosa e gloriosa nel suo Signore, e insieme umile e paziente ogni giorno. I fedeli, sapendosi incamminati verso la Chiesa celeste, possono consolidare la loro speranza, benedicendo Dio per quello che già posseggono, mentre lo pregano fiduciosamente di accordare loro il possesso definitivo. La Chiesa prosegue in tal modo il suo pellegrinaggio tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, annunziando a tutti Gesù Cristo. Dal Signore risorto trae “forza per vincere con sapienza e amore le sue interne ed esterne afflizioni e difficoltà, e per svelare al mondo, con fedeltà, anche se non perfettamente, il mistero di Lui, sino che alla fine dei tempi sarà manifestato nella pienezza della sua luce”.

La Madonna è la “piena di grazia” e il modello della Chiesa
90. Unita in modo ineffabile al Signore è Maria, che “nella Chiesa santa occupa, dopo Cristo, il posto più alto e il più vicino a noi”. In Lei, la “piena di grazia” e il “modello della Chiesa”, si manifesta in modo eminente il dono dello Spirito Santo. In Lei, preservata da ogni macchia di peccato originale, liberamente e totalmente fedele al Signore, assunta alla gloria celeste in anima e corpo, lo Spirito Santo ha già pienamente attuato e manifestato la sua missione. Ella è “pienamente conformata con il Figlio suo, Signore dei dominanti, vincitore del peccato e della morte”. Madre di Dio e “madre a noi nell’ordine della grazia”, vergine e madre, figura della verginità e maternità di tutta la Chiesa, segno di certa speranza e di consolazione per il “peregrinante popolo di Dio”, Ella “riunisce per così dire e riverbera in sé i massimi dati della fede” e “chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all’amore del Padre”. La santa Vergine è onorata in maniera particolarissima dal nostro popolo. La catechesi deve costantemente collegarla con il mistero di Cristo e della Chiesa, in Lei già pienamente compiuto, e deve guidare i fedeli a comprendere e vivere, nella devozione alla Madonna, quel medesimo mistero. Per questo, la catechesi mariana deve copiosamente attingere all’insegnamento proposto dal Concilio Vaticano II e dal più recente magistero.


3 – Gesù Cristo fa nuovo l’uomo mediante il dono del suo Spirito

La catechesi parla di un “uomo nuovo”
91. “Rivelando il mistero del Padre e del suo amore”, Gesù Cristo “spiega anche pienamente l’uomo all’uomo”: gli fa noti gli elementi essenziali della sua vocazione, nonché le tappe del suo itinerario nella comunità di salvezza. Così, nel mistero di Cristo “trova vera luce il mistero dell’uomo”. L’uomo, unità di anima e di corpo, è stato creato in Cristo per una nuova vita: per ricevere dal Padre il dono dello Spirito di Cristo e diventare in tal modo figlio di Dio, configurato al Figlio proprio e bene amato, Gesù Cristo. Con un termine ricco di significato, che si può ricavare dalle pagine del nuovo testamento, questo dono viene chiamato “grazia santificante”. È il dono per il quale l’uomo viene trasformato dallo Spirito Santo, ed entra con Dio in un rapporto di vita assolutamente gratuito: nasce la “nuova creatura”, l’“uomo nuovo”. Questa elevazione soprannaturale è l’aspetto essenziale e specifico che caratterizza l’antropologia cristiana nei confronti di ogni altra antropologia. L’uomo della storia della salvezza è situato nell’ordine soprannaturale. Tale prospettiva fondamentale deve essere tenuta costantemente presente nella catechesi cristiana sull’uomo.

La creazione dell’uomo libero, come appello alla sua glorificazione in Cristo
92. Anche la creazione divina dell’universo e dell’uomo, già insegnata dalla prima pagina della Bibbia, deve essere illuminata da quella prospettiva. La verità della creazione non va considerata semplicemente come dottrina a sé stante, ma in funzione della salvezza soprannaturale operata da Gesù Cristo. La creazione del mondo è la prima tappa della storia della salvezza; e in particolare, la creazione dell’uomo costituisce il primo dono e il primo invito a lui verso il supremo traguardo della glorificazione in Cristo. Per questa ragione, ogni elemento costitutivo dell’uomo nella sua realtà creaturale, soprattutto la sua libertà spirituale, riceve il pieno significato in ordine al dono della grazia. La grazia richiede all’uomo libera risposta e libera adesione in Gesù Cristo all’iniziativa di Dio. Perciò il cristianesimo, per intrinseca vocazione, mira a proteggere, fortificare, promuovere la libertà della persona, indispensabile condizione alla sua crescita nella grazia; e nella libertà, racchiude e promuove, come nel loro vertice, tutti i valori umani che sono ordinati a costruirla. L’uomo d’oggi, attento ai valori umani e soprattutto al valore della libertà, trova risposta nel messaggio cristiano, che è messaggio di suprema libertà. Occorre però convincerlo, con una catechesi adatta, che il supremo esercizio di questa libertà, affrancata dal peccato e da ogni condizionamento, sta nella fondamentale opzione con la quale egli si apre al dono soprannaturale di Dio.

La catechesi sul peccato, alla luce della vocazione soprannaturale dell’uomo
93. Il libero aprirsi dell’uomo alla salvezza soprannaturale è radicalmente ostacolato dal peccato. Nella catechesi deve essere chiaramente affermato questo aspetto tragico della storia della salvezza. In Adamo, per una misteriosa solidarietà, tutti gli uomini hanno peccato ribellandosi a Dio, sicché il peccato ha invaso dolorosamente l’umanità, scatenando in essa altre innumerevoli ribellioni personali e procurandole ogni altra sofferenza e rovina. È il peccato originale: un mistero reale e unico, che la fede della Chiesa non consente di ridurre alla somma dei peccati personali o alla influenza negativa di ogni colpa sulla comunità. Tacendo questo aspetto dell’antropologia cristiana, non si renderebbe pienamente ragione della missione di Cristo, che è posta in relazione con il peccato e si svolge attraverso il mistero della croce. La catechesi sul peccato è tanto più necessaria nel nostro tempo, che non sa riconoscerne il significato religioso, o presume di trovare salvezza solo nel progresso tecnico e scientifico, anziché nella conversione spirituale. Il peccato è rifiuto della comunione con Dio e disgregazione del popolo che Dio ha convocato; offesa a Dio e perciò vera e radicale alienazione dell’uomo. Tuttavia, anche alla comprensione del peccato, originale e personale, non si arriva se non muovendo dalla vocazione soprannaturale dell’uomo. La catechesi sul peccato deve essere svolta nella convinzione che “si è riversata su tutti, con ben più grande abbondanza, la grazia di Dio e il dono conferito per merito di un solo Uomo, Gesù Cristo”. Il disegno di Dio è di comunicare se stesso in Gesù Cristo, con una ricchezza che trascende ogni comprensione e travolge ogni ostacolo: l’attuazione di questo straordinario disegno di amore non si arresta dinanzi alla colpa degli uomini. Per tale motivo, il cristiano, anche se è assillato dal la necessità e dal dovere di combattere contro il peccato e ogni sua conseguenza, è sostenuto ogni giorno da una speranza che non delude: egli partecipa, per mezzo dello Spirito di Gesù, alla vita stessa di Dio.

La vita morale è un “sì” alla legge dello Spirito, nella fedeltà ai comandamenti di Dio
94. Anche la catechesi morale deve essere sviluppata nella luce della vocazione soprannaturale dei fedeli. L’impegno morale cristiano è di portare a maturo sviluppo la nuova realtà, operatasi nell’uomo mediante la grazia. Tale sviluppo avviene sotto la guida dello Spirito Santo, che configura il cristiano a Gesù Cristo, ed è la vera e suprema legge della condotta morale. Gesù ci comunica lo Spirito Santo per operare in noi con tutta la sua potenza e vita; e lo Spirito Santo s’incarica incessantemente di farci appartenere a Cristo, di conformarci a Lui, di renderci “n solo spirito con Lui”. La vita morale cristiana è una vita “nello Spirito” docile perciò allo Spirito, che è donato da Cristo “a guisa di legge”; gioisce della libertà di cui lo Spirito è fonte e pegno; si traduce nella carità, che Egli diffonde nei cuori, che riassume e adempie tutta la legge. Ciò comporta la fedeltà ai comandamenti di Dio e al comandamento nuovo dell’amore, con il quale Cristo li porta a compimento. Comporta, altresì, la fedeltà alle direttive di vita date dal Maestro, soprattutto nel discorso della montagna. La catechesi deve presentare questo doveroso impegno di fedeltà, come via per seguire Gesù Cristo, persona viva, nella disponibilità, mai del tutto attuata, allo Spirito Santo. Nella medesima prospettiva, deve collocare le altre concrete norme morali, che provengono dalla autorità e dalla convergente riflessione di tutta la comunità, sia nella Chiesa, sia nella società civile.

Carità e preghiera
95. L’inesausta azione dello Spirito di Cristo è bene espressa, quando si mette in luce l’originalità propria della vita morale cristiana, che consiste nel riassumere e accentrare ogni impegno etico nel grande e nuovo comandamento dell’amore del prossimo. Esso ha, come sublime ideale, su cui modellarsi, l’amore stesso col quale Dio ama tutti gli uomini in Gesù Cristo e li chiama a una corrispondente testimonianza di carità nello Spirito. A questo modo, la vita del cristiano è risposta grata e gioiosa all’iniziativa di salvezza che viene dall’amore del Padre. Tutta la condotta morale assume allora un essenziale significato religioso: e “a gloria di Dio”, è ringraziamento a Dio Padre, per mezzo di Gesù Cristo. Questa situazione si esprime, in maniera pienamente consapevole, nei momenti della preghiera. La catechesi deve educare i fedeli a un tale riconoscimento esplicito della potenza e bontà di Dio, manifestatasi in Gesù Cristo, insegnando loro i contenuti e le vie della preghiera personale e comunitaria, soprattutto della preghiera liturgica.


4 – Il messaggio di Cristo e i problemi della situazione storica dei fedeli

Temi suggeriti dalle condizioni di tempo e di luogo
96. Nel fare catechesi, la Chiesa propone ai credenti non soltanto i grandi contenuti della fede che scaturiscono in ogni tempo e luogo da una meditazione attenta del mistero di Cristo; ma, con viva sensibilità pastorale, svolge anche i temi, che le condizioni storiche e ambientali rendono particolarmente attuali e urgenti. Anzi, il messaggio cristiano non sarebbe credibile, se non cercasse di affrontare e risolvere questi problemi. Né si tratta di una semplice preoccupazione didattica o pedagogica. Si tratta invece di un’esigenza di “incarnazione”, essenziale al cristianesimo. La Chiesa deve sempre raccogliere gli appelli che la storia rivolge alla coscienza cristiana, perché si compia interamente il disegno divino di ricapitolare ogni cosa in Gesù Cristo.


I grandi problemi del mondo contemporaneo
97. Il Concilio Vaticano II ha esplicitamente indicato alcuni dei grandi problemi del mondo contemporaneo. Così, i temi della pace, della libertà, della giustizia sociale, dell’impegno culturale e politico, della collaborazione internazionale in particolare verso i popoli in via di sviluppo, debbono entrare nella catechesi della Chiesa, senza temere di presentare il messaggio della fede, ove è necessario, nel suo significato di fecondo scandalo e di rottura. Si tratta di un vasto impegno di coerenza al Vangelo, dalla cui attuazione dipende la sorte stessa del cristianesimo, particolarmente presso le generazioni dei giovani. Non è compito del presente documento elaborare questa catechesi nei suoi precisi contenuti, il che sarà fatto nei diversi catechismi, ma soltanto indicarne la doverosa e non dilazionabile urgenza. Per analoghe ragioni, debbono trovare un adeguato sviluppo nella catechesi i problemi propri della Chiesa nel tempo presente, in particolare il dialogo ecumenico e quello con le religioni non cristiane.

Un’attenzione particolare ai temi riguardanti la famiglia
98. Fra i temi più vivi e attuali di cui la catechesi deve occuparsi, vi sono quelli riguardanti il matrimonio e la famiglia. Attenta alle parole della fede, e insieme sensibile alle indagini antropologiche o sociologiche del nostro tempo, la catechesi deve presentare la famiglia nei suoi valori di unità e stabilità, nei suoi impegni di amore e fecondità, nella sua vocazione di comunità aperta al mondo e alla Chiesa. Si tratta di una catechesi che, gradualmente e adeguatamente, deve accompagnare sempre lo sviluppo umano dei fedeli.

La problematica umana, sociale, religiosa del nostro paese
99. Infine, va dedicata peculiare attenzione a quei temi che corrispondono alla problematica umana e sociale del nostro paese, o alle manifestazioni tipiche della sua religiosità. E un’esigenza che qui basta segnalare, affidandone la formulazione più precisa ai catechismi, ai testi didattici, alla catechesi viva.


5 – Gesù Cristo conclude la storia della salvezza

La catechesi presenta le ultime realtà sotto il segno della consolazione e dell’incontro comunitario col Padre
100. In Gesù Cristo e per il suo mistero, i credenti vivono fin d’ora, come in embrione, le ultime realtà della storia della salvezza. Esse però diverranno palesi e perfette nella parusia, quando Cristo verrà Con potenza, giudice dei vivi e dei morti, a concludere la storia e a consegnare il regno al Padre. Verranno allora la nuova terra e i nuovi cieli. Il disegno di Dio, di ricapitolare ogni cosa in Cristo, sarà compiuto e Dio sarà tutto in tutti. La catechesi sui “novissimi” deve quindi avvenire sotto il segno della consolazione e della speranza, che sorreggono la Chiesa: di questa consolazione e di questa speranza, gli uomini del nostro tempo sentono un bisogno segreto, struggente. Inoltre, come del resto si rileva nella Bibbia, un maggiore rilievo deve essere dato all’aspetto comunitario di questi eventi conclusivi: è tutta la Chiesa che, nel “giorno del Signore”, giunge al suo compimento ed entra nella “pienezza di Dio”. I novissimi dell’uomo singolo non devono esaurire l’attenzione dei fedeli, lasciando nell’ombra quelli dell’intera umanità e del mondo, che sono l’oggetto primario della vivente speranza, alla quale è rinato il popolo di Dio. Infine, la catechesi sulle realtà escatologiche deve essere ferma e verace. Non ne tace né sminuisce alcuna, nemmeno la tragica realtà della morte eterna: poiché tutti compariranno “davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la retribuzione delle opere compiute col corpo, sia in bene che in male”, e “ne usciranno, quanti fecero il bene in risurrezione di vita, e quanti fecero il male in risurrezione di condanna”.

Gesù inizio, centro e fine della storia della salvezza
101. Gesù, che è all’inizio e al centro della storia della salvezza, ne è dunque la conclusione e il fine. La Chiesa, sua Sposa, mossa dallo Spirito Santo, ne attende e ne invoca il ritorno: “Vieni, Signore Gesù”. Chi fa catechesi alimenta instancabilmente quest’attesa e questa preghiera, che predispone, nella carità dello Spirito, al “nostro adunarci con Cristo” e al beatificante possesso finale di Dio.


Le fonti della catechesi

I - La parola di Dio e la sua pienezza in Cristo

Cristo Parola vivente di Dio
102. Il mistero di Cristo, contenuto integrale della catechesi, viene da Dio comunicato nella sua pienezza alla Chiesa in molti modi. Infatti, “piacque a Dio, nella sua bontà e sapienza, rivelare Se stesso e manifestare il mistero della sua volontà, mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della natura divina”. I fatti, i segni e le parole, intimamente fra loro connessi, coi quali Dio interviene nella storia degli uomini, per invitarli e ammetterli alla comunione con Sé, costituiscono tutta intera la Rivelazione e sono, nel significato più ampio, la parola di Dio. Fin dall’inizio, e con la promessa della redenzione, Dio non ha mai cessato di prendersi cura del genere umano; in particolare, “a più riprese e in più modi”, ha parlato al popolo che si è scelto per farsi riconoscere come il solo Dio vivo e vero, e per preparare, nell’attesa del Salvatore promesso, la via al Vangelo. Tutta la storia della salvezza, anche nella sua fase preparatoria e nell’antica alleanza, è rivelazione dell’amore del Padre e fonda il dialogo salvifico degli uomini con Lui. Ma l’intera verità, sia di Dio sia della nostra salvezza, risplende a noi in Cristo, il Figlio unigenito del Padre, che ha preso dimora fra noi. Egli è la Parola vivente di Dio.

In Cristo, Verbo fatto carne, tutto è rivelazione del Padre per il mondo
103. Gesù Cristo è il Verbo fatto carne, che è stato mandato “uomo agli uomini”, e che ad essi parla le parole di Dio. Egli compie in se stesso tutto ciò che l’antico testamento ha preannunciato di Lui, e completa la Rivelazione portandola alla pienezza. Egli stesso è questa pienezza: in Lui, ogni opera e ogni parola diviene rivelazione di Dio e del suo disegno di salvezza. Tutto ciò che Cristo è ed ha operato tra noi, è contenuto nella Rivelazione e nei mezzi di salvezza che Egli ha affidato alla Chiesa, perché questa sveli e realizzi il mistero dell’amore di Dio verso l’uomo. Quanto Cristo ha fatto e insegnato o in Lui si è compiuto per la salvezza del genere umano, deve essere annunciato e diffuso nel mondo intero, perché si realizzi compiutamente nei secoli.

La Rivelazione trasmessa nella Chiesa della parola viva della Tradizione
104. Gli Apostoli appresero dalla voce stessa di Cristo che tutto l’antico testamento convergeva verso di Lui e in Lui si era compiuto. Perciò, Egli ordinò ad essi di trasmettere al mondo il suo Vangelo, già promesso per mezzo dei profeti e ora da Lui adempiuto e promulgato. A tutti dovevano predicarlo, come fonte di ogni verità salvifica e di ogni regola di vita vissuta secondo Dio, comunicando i doni divini. Gli Apostoli trasmisero fedelmente tutto ciò che avevano ricevuto dalla parola del Maestro, dalla convivenza con Lui, dalle sue opere; e ciò che in seguito appresero dallo Spirito Santo, che li guidava alla comprensione piena di Cristo e della sua opera. Questa trasmissione fu compiuta dagli Apostoli per mezzo della predicazione orale, dei loro esempi personali, delle istituzioni che stabilirono nella Chiesa. Alcuni di essi e alcuni loro discepoli trasmisero l’annuncio della salvezza anche con gli scritti, che formano il nuovo testamento. Per disposizione di Cristo, gli Apostoli affidarono ai loro successori, i Vescovi, il proprio ufficio di Maestri e Pastori, perché il Vangelo venisse sempre trasmesso in modo integrale e vivo nella Chiesa. Così, per l’assistenza operosa dello Spirito Santo, tutti ricevono dagli Apostoli la genuina parola di Cristo e i beni che Egli ha destinato a nostra salvezza. Perciò, nella Chiesa, i legittimi Pastori trasmettono autenticamente la parola di Dio, coadiuvati dai sacerdoti, dai diaconi, da tutti i fedeli; tutti Cristo, per mezzo del suo Spirito, costituisce suoi testimoni, provvedendoli, in vario modo e grado, del senso della fede e della grazia della parola. Tutti i fedeli riconoscono, nell’unità della Rivelazione, le testimonianze vive che Dio dà del suo amore per gli uomini, nella Tradizione, nella Scrittura, nella liturgia, nella vita della Chiesa e in tutte le cose create.



II - La sacra Scrittura, anima e “Libro” della catechesi

La Scrittura, vera parola di Dio, fonte eminente del mistero di Cristo
105. La Scrittura è il documento preminente della predicazione della salvezza, in forza della sua divina ispirazione. Essa contiene la parola di Dio; perché ispirata, è veramente parola di Dio per sempre. Questa parola, che manifesta la condiscendenza e benignità di Dio, in quanto il suo linguaggio si è fatto simile al linguaggio dell’uomo, contiene la rivelazione del mistero di Cristo e, in esso, di tutto il mistero di Dio. Alla Scrittura la Chiesa si riconduce per il suo insegnamento, la sua vita e il suo culto; perciò, la Scrittura ha sempre il primo posto nelle varie forme del ministero della parola, come in ogni attività pastorale. Ignorare la Scrittura, sarebbe ignorare Cristo.

I caratteri fondamentali della Scrittura
106. Perché la Scrittura sveli realmente la pienezza del mistero di Cristo, si devono tenere presenti i suoi caratteri fondamentali. Tali sono l’origine stessa della Scrittura, la quale esprime in linguaggio umano la genuina parola di Dio; la concretezza della rivelazione biblica, nella quale eventi e parole sono intimamente connessi e reciprocamente si integrano; la progressività della manifestazione di Dio e della sua iniziativa di salvezza; la profonda unità dei due testamenti; la tensione dell’antica alleanza verso Gesù Cristo, nel quale si compiono tutte le attese e tutte le promesse; il rapporto continuo tra la Scrittura e la vita della Chiesa, che la trasmette integra, la interpreta autorevolmente e la adempie, mentre riconosce in essa il suo fondamento e la sua regola.

Come va usata e interpretata la Scrittura
107. La Scrittura è il e Libro ”; non un sussidio, fosse pure il primo. Per comprenderne il messaggio, occorre anche conoscere i modi storicamente diversi di cui Dio si è servito per rivelarsi. L’interpretazione sicura può essere fatta solo tenendo presente l’unità di tutte le Scritture e ricorrendo alla fede e alla mente della Chiesa, che sono manifeste nella sua Tradizione e nell’insegnamento vivo del magistero. Né va mai dimenticato che la Scrittura deve essere letta e interpretata con l’aiuto dello Spirito Santo, che l’ha ispirata e fa ancora risuonare la viva voce del Vangelo nella Chiesa.

Che cosa attingere dalla Scrittura
108. La catechesi sceglie nella Scrittura, specialmente nei Vangeli e negli altri libri del nuovo testamento, i testi e i fatti, i personaggi, i temi e i simboli che maggiormente convergono in Cristo, quelli che in genere sono più familiari alla liturgia. Dei fatti divini, esposti nella Scrittura, si deve ricercare la portata religiosa, mettendo in evidenza come in essi Dio rivela Se stesso e il suo amore per gli uomini che vuole salvare. Questi fatti non possono essere usati solo come illustrazione o esempio, quasi fossero semplici fatti umani. Nei personaggi, si deve vedere la scelta che Dio ha fatto perché divenissero suoi collaboratori, sia nel preparare la venuta del Salvatore, sia nel prolungarne la missione. Va messa in risalto la loro corrispondenza alla sua chiamata, l’orientamento verso Cristo, l’atteggiamento religioso di fronte a Dio. Le figure e i simboli vanno usati rispettando l’esegesi accolta nella Chiesa, per non svisare ciò che Dio rivela per mezzo di essi o per non correre il rischio di vederli dove non sono. Altrettanto si deve dire riguardo ai generi letterari. Tutta la Scrittura è pervasa da un vivo senso di Dio, è ricca di sapienza per la vita dell’uomo e contiene mirabili tesori di preghiere. Accostarsi così alla Scrittura, induce a poco a poco a impregnarsi del suo linguaggio e del suo spirito. È perciò necessario che anche nella catechesi l’accostamento alla sacra Scrittura avvenga in clima di preghiera, affinché il colloquio tra Dio e l’uomo possa svolgersi nella luce e nella grazia dello Spirito Santo.


III - La Tradizione, luogo vivo di incontro con la parola di Dio

Perennità e contenuto della Tradizione apostolica
109. La predicazione apostolica, espressa in modo speciale nei libri ispirati, perdura ininterrotta nella Chiesa. Gli Apostoli ammonirono, perciò, i fedeli di attenersi alle tradizioni che avevano da loro appreso a viva voce o per lettera, perché in esse è trasmesso tutto il mistero della salvezza. La Chiesa ha quindi ricevuto dagli Apostoli quanto le è necessario per l’incremento della fede e per la santità della vita. A sua volta, la Chiesa trasmette tutti questi doni di generazione in generazione, con la capacità che Cristo trasfonde nel suo Corpo Mistico, perché cresca nella verità e nella carità verso la pienezza di Lui, suo Capo. Con la sua dottrina, con la sua vita, con il suo culto, la Chiesa trasmette tutto ciò che essa è e crede. La Tradizione apostolica cresce in lei per l’assistenza dello Spirito Santo che la rende feconda, sviluppando in vari modi la comprensione della Rivelazione e di tutto ciò che è stato trasmesso in nome di Cristo. In questo contesto, momento vivo della Tradizione è ogni atto di catechesi, che dalla Tradizione e dalla Scrittura trae il suo messaggio e il suo metodo, per far crescere la comprensione e l’esperienza della fede. Per questo, la catechesi si ispira agli scritti dei Padri e al magistero, che attestano la vivificante presenza della Tradizione nella Chiesa.

Tradizione, Scrittura e magistero
110. La Tradizione apostolica e la sacra Scrittura offrono alla Chiesa un unica visione di Dio e del suo disegno. La Tradizione fa conoscere alla Chiesa la Scrittura autentica, la interpreta con la voce viva di ogni tempo e la rende sempre operante, così che il Padre continua a manifestarsi nel suo popolo, Cristo annuncia ancora il suo Vangelo, lo Spirito fa progredire i credenti nella verità. Tradizione e Scrittura sono fra loro strettamente congiunte e comunicanti, perché provengono dall’unica divina sorgente e costituiscono l’unico deposito della fede. Riferendosi a questa fonte, la Chiesa persevera nell’insegnamento degli Apostoli, nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Nella carità, Pastori e fedeli concordano nel conservare, praticare e professare la fede. Al vivo magistero dei Pastori è affidato da Cristo l’ufficio di interpretare autenticamente in suo nome la parola di Dio, contenuta nella Tradizione e nella Scrittura. Essi servono la parola e ad essa fedelmente si attengono con l’assistenza dello Spirito Santo.

Nell’alveo della Tradizione: la teologia
111. Nell’alveo della Tradizione, si colloca l’impegno con cui le scienze teologiche cercano di meditare la parola di Dio. Con i suoi vari compiti e sviluppi, la teologia è un sussidio indispensabile della catechesi; anzi, può rappresentare una forma di catechesi specializzata. Essa spiega e approfondisce i singoli enunciati della fede, cercando di coglierne il senso vero e permanente e tutte le implicazioni di dottrina e di vita. Mira, inoltre, a scoprire le connessioni interiori tra queste verità e ad elaborare una sistemazione ordinata di tutto il messaggio rivelato. Si tratta di un impegno mai portato a termine. Particolarmente oggi, nel suo sforzo di rinnovamento, la teologia si mette a servizio della fede e presenta il mistero di Cristo come centro che unifica tutta la Rivelazione. Lo studio della teologia interessa, ormai, una cerchia molto vasta di fedeli. Di tale rinnovamento tutta la catechesi può e deve beneficiare, soprattutto facendo propri gli apporti della teologia biblica, della cristologia ed ecclesiologia, della teologia morale e spirituale, della teologia degli impegni terreni del cristiano.

La storia della Chiesa e dei popoli
112. Anche la storia della Chiesa è vera Tradizione, a cui la catechesi deve riferirsi per attingervi, quasi in atto, la verità della nostra salvezza in Gesù Cristo. Tale riferimento è possibile ed efficace, se si sa cogliere e si illustra il mistero della Chiesa, come convocazione messianica e missionaria; come comunità sacerdotale e profetica, tratta in salvo e chiamata alla santità, pur essendo composta di uomini peccatori; come popolo di Dio, che lo Spirito Santo guida con la multiforme azione dei suoi doni. In questa luce, la catechesi può particolarmente arricchirsi, quando presenta, con sentimento religioso e con obiettività storica, le grandi pagine della carità e della santità cristiana lungo i secoli. Destinata a tutti gli uomini, la Chiesa entra nella storia e si impegna a purificare, elevare e perfezionare il patrimonio spirituale dei popoli. In questo senso, anche nei costumi e nelle religioni dei popoli si possono trovare valori che esprimono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini. Tali valori, al di fuori di ogni sincretismo, divengono preparazione e testimonianza al Vangelo.


IV - La liturgia, espressione viva del mistero di Cristo

La liturgia, fonte di catechesi
113. Espressione culminante di Tradizione e di vita, la liturgia è ne]la Chiesa una sorgente inesauribile di catechesi. Essa permette di cogliere in unità tutti gli aspetti del mistero di Cristo, parlando con linguaggio concreto alla mente come ai sensi. E azione e non solo lezione, è azione di vita. Anche quando si fa semplice riferimento alla liturgia, si considera un insieme di elementi religiosi ai quali prendiamo viva parte, di azioni che noi stessi compiamo. La liturgia infatti vuole una partecipazione il più possibile cosciente, attiva, comunitaria, piena, fruttuosa, perché Dio vuole gli uomini suoi collaboratori nell’opera che egli compie a loro salvezza.

La liturgia, catechesi in atto
114. La liturgia celebra ed esprime il mistero di Cristo, quale mistero di salvezza che si realizza oggi nella Chiesa, in una azione sacramentale, significativa ed efficace. La viva partecipazione all’azione liturgica consente ai credenti di penetrare sempre più nel mistero di Cristo, di coglierne l’ampiezza e la mirabile unità. Le nuove preghiere eucaristiche mettono bene in risalto la convergenza della rivelazione creaturale e di quella biblica nel mistero pasquale di Cristo, e l’unità dell’iniziativa di salvezza che il Padre, per opera del Figlio, nello Spirito Santo, prosegue con misericordiosa determinazione, sino alla fine dei tempi. Tutto ciò è efficacemente istruttivo e formativo, in quanto viene espresso in una preghiera di lode. Inoltre, tutto il passato e tutto il futuro della storia della salvezza si concentrano nel presente delle celebrazioni liturgiche, dell’Eucaristia e di tutti i sacramenti, mentre la comunità e i singoli raccolgono i frutti della redenzione, pregando e impegnandosi perché essa si estenda sempre più all’umanità, per la vita eterna. Ciò viene espresso in forma universale specialmente nella preghiera eucaristica e, in forma commisurata alle necessità del momento o della comunità orante, nella comune preghiera dei fedeli. Con tutti i suoi caratteri, la liturgia è una preziosa catechesi in atto.

Catechesi liturgica
115. Perché se ne possa cogliere con efficacia l’insegnamento, la celebrazione liturgica deve essere adeguatamente preparata. E innanzi tutto necessario far bene capire che la liturgia realizza ciò che significa. A questo scopo, il catechista deve studiare e spiegare attentamente il senso, talora recondito, ma inesauribile e vivo, dei segni e dei riti liturgici, osservando non tanto il loro simbolismo naturale, ma considerando piuttosto il valore espressivo proprio che essi hanno assunto nella storia della antica e della nuova alleanza. L’acqua, il pane, il radunarsi in assemblea, il camminare insieme, il canto, il silenzio, lasceranno trasparire più chiaramente le verità di salvezza, che evocano e che misticamente realizzano. Occorre poi che venga assiduamente proposto l’insegnamento sulla natura e i compiti del sacerdozio: è l’unico sacerdozio di Cristo che viene esercitato nella liturgia, sia nella forma ministeriale di chi presiede all’assemblea e compie il sacrificio eucaristico in nome di Cristo, sia nella forma comune propria di tutti i fedeli.

I tempi forti della catechesi liturgica
116. La domenica deve essere presentata come festa primordiale e pasqua settimanale, fondamento e nucleo dell’anno liturgico. Il giorno del Signore risorto e asceso al cielo raduna in assemblea i credenti per renderli sempre più Chiesa: è giorno di gioia, di riposo dal lavoro, di fraternità. L’anno liturgico è celebrazione continuata e progressiva di tutto il piano della salvezza, in una forma che è ad un tempo evocazione delle mirabili opere di Dio, culto filiale al Padre per mezzo del Figlio nello Spirito, istruzione e santificazione della Chiesa: un intreccio che offre la più vasta tematica ad ogni forma di catechesi, soprattutto nei tempi forti dell’Avvento e del Natale, della Quaresima e della Pasqua, orientati alla celebrazione della manifestazione del Signore e del suo mistero pasquale. Attingendo a questa fonte, la catechesi ha modo di presentare, con ricchezza di insegnamenti, Maria santissima e i santi, nei quali Dio manifesta la sua presenza, Cristo riproduce la sua immagine di Figlio di Dio incarnato, la Chiesa ammira modelli di vita e venera intercessori presso il Padre.

Fonte inesauribile
117. La liturgia è una fonte inesauribile per la catechesi. Difficilmente si potrebbe trovare una verità di fede cristiana, che non sia in qualche modo esposta nella liturgia: le celebrazioni liturgiche sono una professione di fede in atto. Gli stessi testi liturgici, riccamente intessuti di espressioni bibliche, sono formule preziose per la fede e per la preghiera. Le preghiere liturgiche e i canti ispirano gli atteggiamenti spirituali di pietà filiale, di adorazione, di azione di grazie, di offerta, di contrizione; esprimono in lode e preghiera i sentimenti di fede, di speranza, di carità dei credenti. La catechesi vi ricorre con saggia frequenza, anche per rendere più cosciente la partecipazione all’azione liturgica.




V - Le opere del creato parlano di Dio

Dio si rivela nelle sue opere
118. Tutto è stato creato in Cristo, per mezzo di Cristo, in vista di Cristo. Perciò ogni aspetto di verità, di bellezza, di bontà, di dinamismo, che si trova nelle cose e in tutto l’universo, nelle istituzioni umane, nelle scienze, nelle arti, in tutte le realtà terrene e in particolare nell’uomo e nella storia: tutto questo è segno e via per annunciare il mistero di Cristo.

Il mondo ha verità e bellezza
119. Cristo, nel servirsi della natura per parlare del Padre provvidente e donatore, insegna che tutte le cose sono rispondenti al disegno di Dio: sono vere e belle, sono opere riuscite. Egli invita ad ammirare la verità nelle creature e la loro bellezza. In questa prospettiva, ogni arte ha una sua finalità educativa anche nei riguardi della fede, secondo il costante uso della Chiesa, che ne ha fatto espressione di culto e se ne è valsa per parlare di Dio all’uomo in bellezza di forme. La fede diviene così più consapevole e gioiosa per il dono di Dio, in un ampio respiro, che dalla immensità del nostro mondo apre l’uomo sul mondo infinito di Dio.

La bontà delle creature esprime l’amore di Dio
120. Le cose create sono buone in se stesse, degne di Dio e della sua compiacenza. Dio crea per amore dell’uomo; tutto esprime all’uomo l’amore di Dio. In questa luce, ha la sua forza rivelatrice soprattutto la coppia umana, immagine somigliante di Dio. “Redento infatti da Dio e diventato nuova creatura nello Spirito Santo, l’uomo può e deve amare anche le cose che Dio ha creato. Da Dio le riceve, e le guarda e le onora come se al presente uscissero dalle mani di Dio”. Per chi fa catechesi vi è qui motivo di mostrare l’ottimismo e il realismo della fede, l’equilibrio cristiano che addita solo nel peccato la fonte del male, il giusto senso del distacco e della rinuncia. La fede è alimentata dalla certezza che tutto è creato da Dio per l’uomo, e tutto coopera alla sua salvezza, perché tutto ha un valore reale conforme al volere di Dio.

Il dinamismo dell’universo stimola l’uomo all’azione
121. Il cosmo, animato da Dio con un interiore dinamismo e lanciato verso un crescente perfezionamento, di cui Dio solo conosce il termine, è stato da Lui dato all’uomo perché lo domini e ne tragga quanto il suo genio e la sua inventiva gli ispirano. L’uomo si scopre collaboratore di Dio, artefice del proprio destino sulla terra, perché tutto è stato messo a sua disposizione. In tali prospettive, tutto il valore dell’attività umana, il perfezionamento che l’uomo apporta al cosmo con la sua ’opera, il continuo progresso della civiltà, la solidarietà umana che il lavoro comporta, divengono rivelatori del disegno di Dio sull’uomo e sul mondo, e del nuovo valore che Cristo ad essi conferisce.

L’uomo, rivelazione di Dio in Cristo
122. La verità, la bellezza, la bontà e il dinamismo delle creature rifulgono soprattutto nella creatura umana. Dio stesso, quando si rivela personalmente, lo fa servendosi delle categorie dell’uomo. Così Egli si rivela Padre, Figlio, Spirito di amore; e si rivela supremamente nell’umanità di Gesù Cristo. Per questo, non è ardito affermare che bisogna conoscere l’uomo per conoscere Dio; bisogna amare l’uomo per amare Dio. Chi fa catechesi, vede nelle manifestazioni dell’intelligenza, della volontà, dell’amore dell’uomo, nei suoi molteplici sentimenti e gusti, un aiuto a capire Cristo e in Cristo a rendere più vicino e comprensibile Dio. Anche il corpo dell’uomo è buono e degno di onore; Cristo, che ha offerto il suo per la nostra redenzione, ne ha fatto lo strumento vivo della nostra più intima comunione con Lui. A più forte ragione, la socialità dell’uomo e il nascente nuovo umanesimo, di cui parla anche il Concilio, sono segni rivelatori di Cristo e della comunione a cui il Padre chiama gli uomini nello Spirito e mostrano come in Gesù Cristo l’umanità può divenire più responsabile, più impegnata e fraterna.

I soggetti della catechesi

I - La catechesi è destinata a tutti i fedeli


Tutti i battezzati hanno bisogno di una catechesi adeguata
123. Tutti sono chiamati da Dio alla salvezza nella verità e nella grazia. La fede in Cristo e il Battesimo, che sono l’inizio della vita cristiana, hanno una dinamica interiore, che deve svilupparsi sino a far raggiungere al battezzato la misura della maturità perfetta in Cristo. Oggi, più che in altri tempi, la catechesi per tutti i battezzati è compito urgente della comunità cristiana. Nati nella fede della Chiesa, anche nel nostro paese i fedeli hanno bisogno di conoscere la grandezza della loro vocazione, per giungere personalmente a una ratifica del Battesimo.

Gli adulti nella fede
124. Per molti, i termini catechismo o catechesi evocano un insegnamento rivolto quasi esclusivamente ai fanciulli, senza sviluppi nelle età successive. Crescerebbe così l’uomo e non crescerebbe in lui il cristiano. Occorre invece comprendere che, in tutte le età, il cristiano ha bisogno di nutrirsi adeguatamente della parola di Dio. Anzi, gli adulti sono in senso più pieno i destinatari del messaggio cristiano, perché essi possono conoscere meglio la ricchezza della fede, rimasta implicita o non approfondita nell’insegnamento anteriore. Essi, poi, sono gli educatori e i catechisti delle nuove generazioni cristiane. Nel mondo contemporaneo, pluralista e secolarizzato, la Chiesa può dare ragione della sua speranza, in proporzione alla maturità di fede degli adulti.

L’aiuto ai meno dotati
125. Con premura speciale, i catechisti devono prendere cura di coloro che hanno maggiore bisogno, perché più poveri, più deboli, meno dotati Proprio a loro Cristo ha voluto mostrarsi strettamente vicino e unito, annunciando che la lieta novella data ai poveri è segno dell’opera messianica. Essi vanno avvicinati con zelo e simpatia. Si devono studiare e attuare forme di catechesi, che meglio rispondano alle loro condizioni.

La catechesi ai poveri e ai deboli
126. La povertà e la debolezza colpiscono intimamente la persona umana in vari modi. C’è chi è povero di verità, di amore, di speranza; chi è ignorante o sviato, dubbioso o lontano e c’è perfino chi ignora di soffrire per la mancanza di un bene superiore. Questi poveri si trovano in tutti gli strati sociali, anche in ambienti di censo e di cultura. Ci sono i poveri e disagiati materialmente, quelli che per la loro stessa indigenza sono come inceppati in problemi di penosa sopravvivenza, sì che, assillati dall’urgenza del pane materiale, potrebbero trascurare di procurarsi il nutrimento dello spirito. Altri vivono ai margini delle comuni strutture sociali, come gli immigrati, i nomadi, gli esuli, i profughi, i meno dotati, gli incapaci di un lavoro qualificato, gli esclusi. Tutti costoro, in particolare, Dio ha scelto “per farli ricchi con la fede, ed eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano”. La sollecitudine dimostrata a tutte queste categorie di persone è un segno di autenticità della catechesi.

La catechesi ai disadattati e ai subnormali
127. La povertà e la debolezza dei disadattati e subnormali, per difficoltà di carattere fisico, psichico e sociale, appaiono, sotto molti aspetti, ancora più gravi. Soprattutto a fanciulli in tali condizioni, bisogna assicurare forme appropriate di catechesi ed educatori pedagogicamente specializzati. L’esperienza avverte che, in gran parte, essi sono recuperabili, sempre che si sappiano creare le condizioni educative richieste dal loro peculiare ritmo di sviluppo, dalle loro capacità di acquisizione e di espressione, dalle loro reazioni specifiche.

II - La catechesi deve raggiungere l’uomo nelle situazioni concrete della vita

La catechesi, nel contesto sociologico del nostro paese
128. Per alimentare una mentalità di fede, che consenta di vivere da figli di Dio, la catechesi deve raggiungere gli uomini nel tempo nel luogo in cui essi operano, vale a dire nella situazione di vita che è loro propria. Anche nel nostro paese, influiscono fortemente le profonde e rapide trasformazioni, che caratterizzano l’epoca in cui viviamo. Esse costituiscono un fenomeno che si manifesta in tutti gli aspetti della vita: economico, sociale, politico, psicologico, morale e religioso, determinando una nuova mentalità e una nuova concezione dell’uomo, del suo posto e del suo compito nel mondo. Sono pertanto da studiare fenomeni come la rivoluzione scientifica e tecnologica, il processo di secolarizzazione la diffusione del benessere e della civiltà dei consumi, gli squilibri sociali ed economici, il nuovo volto della famiglia nella società, la diffusione della cultura, la trasmissione di idee e di valori attraverso gli strumenti di comunicazione sociale, il pluralismo culturale e religioso, la urbanizzazione, la democratizzazione della società, la nuova coscienza della dignità e della responsabilità personale dell’uomo.

La catechesi interpretai segni dei tempi
129. Questi fenomeni hanno in sé una radicale ambivalenza e ambiguità. Perciò, se ne devono considerare con maturità tanto gli aspetti positivi, quanto quelli negativi. Essi costituiscono i segni dei tempi che occorre scrutare con l’atteggiamento aperto, fiducioso e consapevole del Concilio Vaticano II, del magistero, della esperienza pastorale contemporanea, per coglierne il significato profondo e valutarne le prospettive alla luce della parola di Dio. E compito della catechesi aiutare i fedeli a interpretare i segni dei tempi alla luce del Vangelo, in modo adatto a ciascuna generazione, così che essi possano rispondere ai perenni interrogativi dell’uomo. Grande vantaggio i catechisti possono trarre dalla riflessione più seria delle scienze antropologiche moderne, sempre tutto confrontando con la divina Rivelazione, poiché una è la verità, unico il Dio che crea e salva.

La catechesi e le situazioni di vita più comuni
130. La catechesi dedica particolare attenzione alle più comuni situazioni di vita dei fedeli, perché ciascuno sia guidato a interpretarle e a viverle con sapienza cristiana. Si pensi, tra l’altro, alla santificazione del giorno del Signore; alle iniziative più importanti della propria comunità ecclesiale; alla responsabilità di vita cristiana in famiglia e nel lavoro; all’impiego del tempo libero; alla visione cristiana dei problemi dell’amicizia e dei rapporti affettivi; alla comprensione cristiana della sofferenza, della malattia e della vecchiaia; all’uso degli strumenti di comunicazione sociale. Sono situazioni nelle quali il cristiano viene a trovarsi ogni giorno, situazioni normali, ma spesso decisive per le sorti della sua fede. Egli deve essere messo in condizioni di saperle valutare e risolvere, conformemente al pensiero e al comportamento di Cristo.

La catechesi va da persona a persona
131. Il catechista si rivolge all’intera personalità di ciascuno, a tutto quanto ciascuno è per natura e per grazia. Si stabilisce così un rapporto da persona a persona, che impegna tutta la vita. La catechesi è rivolta all’intelligenza, alla capacità e al bisogno di agire del cristiano, alla sua esigenza di esperienza personale, alla sua affettività e immaginazione; alla sua fede, alla sua speranza, alla sua carità. In una parola: riguarda la sua coscienza e la sua vocazione concreta nella Chiesa e nel mondo. In tal modo, egli avverte di essere personalmente al centro dell’interesse di Cristo e della Chiesa e di avere un compito tutto proprio da realizzare.

Conoscere l’uomo con simpatia
132. Per conoscere le persone, al catechista non bastano le indicazioni preziose e insostituibili, che gli vengono dalle relazioni umane. Egli ha bisogno di chiarirle e di svilupparle mediante riflessione approfondita e sistematica. Non basta neppure una concezione statica della condizione umana. E necessaria una continua ricerca, condotta con saggezza e con simpatia, perché il volto delle generazioni contemporanee va assumendo lineamenti nuovi di giorno in giorno, con imprevedibile accelerazione.

Mediatori tra Dio e gli uomini
133. L’attenzione personale e concreta, che i discepoli meritano, non deve oscurare nei catechisti la consapevolezza di agire come mediatori dell’incontro tra Dio e l’uomo. Per accogliere con libertà e docilità la parola di Dio, l’uomo ha bisogno della grazia e dell’impulso soave e forte dello Spirito Santo, che muove al consenso e dà la gioia del credere. È lo Spirito Santo, che dà all’uomo luce e forza perché risponda alla sua suprema vocazione, lo mette in contatto con il mistero pasquale di Cristo e lo rende capace di adempiere la nuova legge dell’amore.

III - La catechesi illumina tutte le età dell’uomo

Significato dello sviluppo umano
134. Ogni età dell’uomo ha il suo proprio significato in se stessa e la sua propria funzione per il raggiungimento della maturità. Questa è veramente tale quando è armonica, integrale e quindi fonte di coerenza personale nei pensieri e nelle azioni. Errori o inadempienze, verificatisi a una certa età, hanno talora conseguenze molto rilevanti per la personalità dell’uomo e del cristiano. Così pure, una sana educazione umana e cristiana consente a ciascuno di vivere sempre come figlio di Dio, secondo la sua misura, ed è garanzia del progresso spirituale. Pertanto, in ogni arco di età i cristiani devono potersi accostare a tutto il messaggio rivelato, secondo forme e prospettive appropriate.

I bambini
135. Il mondo interiore del bambino si presenta con fisionomia tutta sua. Ricco di viva immaginazione, bisognoso di caldo clima affettivo, il bambino è ancora incapace di pensiero logico astratto. Vive in stretta dipendenza dall’ambiente, che scopre soprattutto mediante i sensi. Assimila più per affetto che per ragionamento. Si identifica con la persona che stima e ama e ne fa propri i valori, gli atteggiamenti, i gesti, il modo di considerare la vita. Tutto questo avviene con immediatezza, attraverso un linguaggio interiore che non ha bisogno di utilizzare le parole come strumento primo per comunicare. Non c’è da preoccuparsi che il bambino pensi da bambino. Preoccupazione vera del catechista è quella di accompagnare la sua crescita spirituale. In questa fase, hanno un ruolo fondamentale la personalità dei genitori, la loro armonia, la loro fede, la sicurezza del loro comportamento, così come la personalità di ogni altro educatore. Vale soprattutto ciò che gli educatori sono, prima ancora di ciò che essi dicono e fanno.

I fanciulli
136. Il fanciullo raggiunge gradatamente la prima capacità di ragionamento; non di un ragionamento astratto, ma ancora legato a immagini ed esperienze concrete. Egli allarga la sfera dei suoi interessi sociali al di fuori della propria famiglia. Notevole è la sua curiosità e vivo il desiderio di esplorare il mondo, sul quale si affaccia. La catechesi ha modo di soddisfare questa sua sete di conoscenza, collegandosi con i suoi interessi e con le sue esperienze e svelandogli il senso religioso delle cose e della vita. L’egocentrismo logico e psicologico sono ancora presenti nel fanciullo e la sua incapacità di mettersi dal punto di vista degli altri può portarlo a stabilire delle prospettive parziali, anche in ordine ai suoi rapporti con Dio. La preghiera, ad esempio, può diventare solo richiesta di favori, anziché comunione col Padre, e può apparire espressione di individualismo, se non addirittura di egoismo. Si tratta, evidentemente, di atteggiamenti spontanei e naturali, che occorre gradualmente educare, perché non compromettano la crescita spirituale. Può essere particolarmente interessante per il catechista conoscere la genesi del concetto di Dio nel fanciullo, per arricchire le motivazioni, chiarire i fondamenti e indirizzare opportunamente il suo itinerario verso il Padre. Conviene parlargli in forma concreta di Dio: non di un Dio inimmaginabile, né di un Dio fantastico, ma di preferenza del Padre, di Cristo, dell’Amore di Dio per noi. In questa età, il fanciullo assimila profondamente i valori, quando egli stesso fa ed esprime qualcosa. Perciò la catechesi evita il verbalismo, per guidare l’attività, in modo che la parola sveli al fanciullo la realtà e la realtà dia, a sua volta, concretezza alla parola. L’esperienza intellettuale del fanciullo è ancora fortemente legata alla vita affettiva ed emotiva. Per apprendere, il fanciullo ha bisogno di vivere in un clima di calma e di serenità. In questo senso, è decisiva la testimonianza di bontà e di gioia, resa dal catechista che vive intensamente la sua comunione con Cristo.

Gli adolescenti
137. Durante l’adolescenza e la giovinezza, va delineandosi in maniera sempre più determinante la personalità dell’uomo e del credente. L’adolescente avverte assai nitidamente l’esigenza di giustificazione e di sistemazione delle proprie conoscenze. Egli passa da uno stato di dipendenza dall’adulto, e in particolare dalla famiglia, a uno stato autonomo, avviando così il suo confronto con la società e cercando in essa il suo posto. Si sviluppa in lui la vita affettiva e sessuale. Egli soffre l’insicurezza e l’inquietudine che accompagnano la sua età. In definitiva, l’adolescente cerca il senso della propria esistenza. Ha bisogno di certezza, anche se è portato a rimettere tutto in discussione; ama dimostrare la sua capacità critica; scopre e realizza se stesso nell’azione e nella vita di relazione. Si accosta a chi sa mettersi, senza pregiudizio e con vera amicizia, al suo livello. L’educazione sessuale in questa età pone problemi particolarmente seri e specifici e determina, in larga parte, l’armonia della crescita umana e cristiana.

I giovani
138. Nel progredire verso l’età adulta, i giovani si fanno attenti, soprattutto oggi, ai problemi della libertà personale e religiosa, al dialogo, all’apertura verso i valori universali. Essi sono sensibili alla dignità dell’uomo e ambiscono partecipare alle responsabilità del mondo sociale. Stimano altamente i valori del corpo, dell’amicizia e dell’amore; capiscono il senso del servizio e apprezzano e perseguono la ricerca della giustizia e della pace nel mondo. Questa autentica sensibilità ai valori e agli ideali si presenta sovente assai rigida; a volte, non consente di cogliere le sfumature, può portare a indebite generalizzazioni, a valutazioni nette e irremovibili. I valori religiosi possono trovare una loro collocazione pregnante e dinamica, se opportunamente presentati e motivati. Altro tratto tipico della giovinezza è l’ambivalenza di sentimenti e di opinioni su persone e cose. Il contrasto con i genitori si accompagna spesso al bisogno di averli vicini. A volte gli atteggiamenti negativi sono pura difesa, e nascondono possibilità interiori molto positive. In ogni caso, l’educatore aperto e sereno può scoprire nei giovani una grande disponibilità e ricchezza, quando sa cogliere la valenza positiva della loro condotta e della vita. I giovani cercano nel catechista un fratello e un amico, che sappia animare con spirito di servizio le loro aspirazioni e la loro ricerca. Sono aperti ad ogni forma di impegno generoso e alla novità. Per progredire nella fede, hanno bisogno di scoprire che la novità è Cristo.

Gli adulti
139. La maturità, in senso umano e cristiano, è contrassegnata da più profonda armonia della personalità, da più ricco e consapevole possesso della verità, dal saper far dono di sé nell’amore, dalla piena coscienza di precise responsabilità nella Chiesa e nella convivenza sociale. La testimonianza cristiana nella famiglia, nella professione, nel mondo sociale e politico, nella comunità ecclesiale, rappresenta l’impegno fondamentale di una fede che deve animare ogni momento della vita. Oggi, questa testimonianza deve essere quanto mai viva, perché i rapidi mutamenti socio-culturali costringono ad una continua revisione di mentalità e al superamento di posizioni costituite, imponendo un attento confronto della propria fede con le nuove situazioni. La catechesi non può ignorare i problemi specifici, che investono e talora travagliano l’adulto del nostro tempo: la preoccupazione per la casa, per il lavoro, per i figli; il disagio di fronte a un mondo e a una cultura vertiginosamente in progresso; l’insicurezza e la tensione per il mancato raggiungimento della pace e della giustizia sociale; l’attuale crisi religiosa e i suoi riflessi sulla fede e sulla posizione del laico nella Chiesa. Evidentemente, tutti questi problemi si presentano e vanno accostati in modo diverso, secondo l’età degli adulti, le loro diverse situazioni di vita e di ambiente, e i vari aspetti della cultura del nostro paese.

L’uomo e l’ambiente
140. L’attenzione che il catechista rivolge all’uomo non riguarda soltanto l’individuo, ma abbraccia tutti i suoi rapporti con la società. Ciascuno cresce e si forma in un contesto sociale, in varie comunità e gruppi, che contribuiscono al suo sviluppo. La comunità e i gruppi non sono un fatto marginale. Nessun uomo può sviluppare pienamente la sua personalità, se non ha relazioni normali con il suo ambiente. L’individuo non solo riceve l’influsso dell’ambiente, ma, essendone egli stesso parte, lo costruisce ed è chiamato a trasfondervi il suo stile di vita e a trasformarlo.

Cercare e soffrire con gli altri
141. L’uomo concreto che il catechista cerca è l’uomo che non vive soltanto e prevalentemente in famiglia e in parrocchia. Nella società contemporanea, altri ambienti contribuiscono a formare la mentalità corrente. Si pensi, in particolare, all’influsso esercitato dagli ambienti di studio e di lavoro, ove i giovani e gli adulti trascorrono gran parte della loro giornata. Si pensi alle suggestioni, che provengono dalla civiltà delle immagini e dagli strumenti di comunicazione sociale. Il catechista sa seguire con impegno e attenzione lo sviluppo dei fenomeni che caratterizzano la realtà moderna, partecipando alle ansie, alle attese, alle gioie di tutta l’umanità, a cominciare dalla comunità in cui vive ed opera. Egli studia l’uomo che avverte anche in sé, riflette su problemi che affiorano anche nell’intimo del suo spirito; vivendo gli stessi problemi dei fratelli che cercano e soffrono, cammina con loro lungo la strada che conduce a Cristo.

La catechesi nella pastorale della chiesa locale

I - La catechesi, momento essenziale dell’attività pastorale


La catechesi e la chiesa locale
142. La catechesi raggiunge gli uomini nel modo che è proprio dell’unica Chiesa di Cristo, la quale si fa presente ed opera in ciascuna chiesa locale. La chiesa locale è il luogo, in cui l’economia della salvezza entra più concretamente nel tessuto della vita umana. Intorno ai Pastori, nella diocesi, si fonda, si alimenta e si manifesta la vita del popolo di Dio, perché ivi si celebra con tutta pienezza il mistero di Cristo. Quanto più questo mistero è vissuto in tutte le sue dimensioni, tanto più cresce il senso dell’unità della Chiesa, che ha la sua espressione visibile nell’unica parola, nell’unico sacrificio, nell’unica carità di Cristo.

Tutto è ordinato allo sviluppo dell’uomo e del cristiano
143. La catechesi è momento centrale di ogni attività pastorale, di ogni solidarietà e istituzione ecclesiale, di ogni struttura che possa contribuire alla edificazione del Corpo Mistico di Cristo. La parola di Dio è essenziale per ogni esperienza cristiana: non c’è iniziativa o struttura pastorale, che non rifletta l’esigenza di ascoltare, di presentare e di approfondire il messaggio evangelico. Maestro e pastore della diocesi, il Vescovo, insieme con la sua comunità, si adopera a conoscere le condizioni sociali e spirituali dei fedeli e stimola ciascuno ad assumere i compiti che gli spettano nella Chiesa. Il discorso si allarga così alla parrocchia, alla famiglia, alle associazioni, alla scuola e ad ogni altra struttura o strumento di educazione. Nel disegno di Dio, tutto può essere ordinato alla salvezza degli uomini e allo sviluppo della loro personalità, anche le cose terrene e le umane istituzioni.

Riconoscere le finalità proprie delle diverse istituzioni
144. Ciascuna istituzione ha compiti educativi particolari, in riferimento alla propria natura, alle esigenze dei fedeli e all unica missione pastorale della Chiesa. Nel contesto vivo della chiesa locale, è necessario che ciascuno sia in grado di assumere le sue specifiche responsabilità, nel rispetto delle strutture in cui è chiamato ad agire e nella volontà di operare concordemente per il bene comune. Caratterizzare il contenuto e il metodo della catechesi secondo le varie istituzioni, significa evitare disarmonie, equivoci e squilibri e assicurare ai fedeli una formazione armonica e integrale. A maggior ragione, questo si deve dire in riferimento a quelle strutture educative che, per loro natura, non appartengono direttamente alla Chiesa e che, pertanto, sono atte a sostenere solo un’azione catechistica del tutto particolare.

II - Le finalità educative delle istituzioni ecclesiali

Il Vescovo e la sua diocesi
145. Innanzi tutto, si deve riconoscere la responsabilità dell’intera chiesa locale, in ordine alla catechesi. Né va dimenticato che la chiesa locale fa catechesi principalmente per quello che essa è, in progressiva, anche se imperfetta coerenza, con quello che dice. In modo specifico e istituzionale, la diocesi garantisce l’autenticità del servizio della parola di Dio, affidato ai Vescovi, come successori degli Apostoli; e offre a tutti i fedeli l’ampiezza della carità pastorale, di cui il Vescovo è primo modello ed artefice, in virtù della ordinazione episcopale.

I problemi della catechesi a livello diocesano
146. Sorretta, ispirata e guidata dal Vescovo, la catechesi diocesana si conserva fedele alla Tradizione e al magistero, nella comunione di fede con la Chiesa universale. In forza della carità pastorale che anima tutta la chiesa locale, l’annuncio e l’approfondimento della parola si estendono a tutti i fedeli, anche a quelli che, a motivo delle loro condizioni di vita, non possono godere dell’ordinario ministero dei parroci o sono privi di qualsiasi assistenza. In sede diocesana, vengono presi in considerazione i fenomeni sociali che più caratterizzano la vita moderna. Sono fenomeni che, da una parte, trascendono i limiti della famiglia, della parrocchia e di molte altre istituzioni; dall’altra, sfuggono ad una analisi concreta e realistica, quando vengono studiati in dimensioni troppo vaste e generiche. La chiesa locale li può avvertire nelle giuste proporzioni, non per catalogare dei dati statistici, ma per trovare le vie della carità. Da questa sensibilità derivano la scelta e l’adattamento dei programmi della catechesi.

Coordinamento dell’attività diocesana
147. Nella carità pastorale che fa capo al Vescovo, tutta la diocesi cura che le opere apostoliche siano opportunamente coordinate, “di modo che tutte le iniziative ed attività di carattere catechistico, missionario, caritativo, sociale, familiare, scolastico ed ogni altro lavoro mirante ai fini pastorali, tendano ad un’azione concorde dalla quale sia resa ancora più palese l’unità della diocesi”. Con la guida e la responsabilità del Vescovo, coadiuvato dagli organismi collegiali diocesani e dall’Ufficio Catechistico, tutte le strutture e le istituzioni disponibili possono mettersi in azione per moltiplicare le iniziative ed accrescerne l’efficacia. Ogni altro servizio catechistico non può facilmente raggiungere il suo fine, se non è sorretto dalla solidarietà con il Vescovo e dalla attività degli organi diocesani. Questi devono essere un servizio autorevole e qualificato a chiunque svolge catechesi nella diocesi. Sono organi tecnici di studio e di coordinamento, luogo d’incontro di tutta la comunità locale.

Il ruolo fondamentale della parrocchia
148. La parrocchia è la cellula viva della diocesi. Essa t<>III - La catechesi nelle strutture della società civile

La scuola
154. La scuola fa parte propriamente delle strutture civili, in certa proporzione anche quando essa è organizzata dalle diocesi o da istituti religiosi. Interessa la catechesi nella misura in cui anche le umane istituzioni possono essere ordinate alla salvezza degli uomini e concorrere alla edificazione del Corpo di Cristo. Nella scuola, la catechesi deve caratterizzarsi in riferimento alle mete e ai metodi propri di una struttura scolastica moderna. La formazione integrale dell’uomo e del cittadino, mediante l’accesso alla cultura, è la preoccupazione fondamentale. L’educazione della coscienza religiosa si inserisce in questo contesto, come dovere e diritto della persona umana che aspira alla piena libertà e come doveroso servizio che la società rende a tutti.

Il messaggio cristiano nella scuola
155. Nella scuola, il messaggio cristiano va presentato con serietà critica e con rispetto delle diverse situazioni spirituali degli alunni. Si devono curare il confronto con le diverse culture e il dialogo tra quanti onestamente cercano, in proporzione alle esigenze e alle capacità di ciascuno. Si deve promuovere il senso dei valori, mostrando come tutto si ricapitola in Cristo. Particolare attenzione va riservata ai problemi dell’età evolutiva. Occorre favorire la partecipazione degli alunni alla ricerca della verità, guidandoli all’esercizio responsabile delle loro facoltà spirituali, sviluppando la loro capacità di giudizio, invitandoli all’espressione personale e di gruppo, al dialogo, al confronto con la vita. Soprattutto nelle scuole cattoliche, l’ambiente comunitario, permeato di spirito evangelico, tende a sviluppare la personalità degli alunni, secondo la nuova creatura che in essi ha realizzato il Battesimo.

I catechisti nella scuola
156. In vario modo, sono catechisti nella scuola non soltanto gli insegnanti di religione, ma tutti coloro che vi esercitano una testimonianza di fede: gli stessi alunni, le loro famiglie, tutti i loro insegnanti, le loro associazioni. In maniera esplicita e peculiare, la catechesi scolastica si esprime attraverso il ministero dei sacerdoti e dei laici che insegnano la dottrina della salvezza. Nel rispetto della struttura scolastica, essi devono farsi promotori di un coordinamento delle attività educative che consenta agli alunni una piena esperienza del mistero cristiano.

Le nuove strutture
157. La Chiesa, come la società civile, segue l’evoluzione della comunità e delle sue strutture con viva attenzione per ogni nuovo problema o nuova esigenza. La diocesi, la famiglia, la parrocchia restano strutture sempre aperte a tutti e sempre cariche di grandi valori. Molti, tuttavia, possono facilmente restare estranei al loro benefico influsso, a motivo della mobilità della vita, dei pressanti impegni di lavoro, delle difficoltà della fede, della distrazione dell’ambiente. L’esperienza pastorale suggerisce, per questo, di rinnovare fiduciosamente le strutture organizzative della vita cristiana e di cercare con sensibilità nuove forme di incontro e di servizio. Particolare importanza assume la catechesi nel mondo del lavoro e della professione, dove, con grande rispetto per l’ambiente e le sue norme, i cristiani possono dare ragione della loro speranza in un clima di fraternità e di solidarietà. Si rivelano assai opportuni gli incontri di categoria, gli incontri specializzati, le riunioni di quartiere, nei caseggiati o nei cascinali, la presenza nei movimenti giovanili, le scuole di teologia, i centri di orientamento dell’opinione pubblica, la diffusione della stampa cattolica, l’uso attento degli strumenti della comunicazione sociale. Servirsi di questi ultimi “per predicare l’annuncio della salvezza” è un impegno da perseguirsi sia dando vita a iniziative locali, sia soprattutto servendosi delle strutture professionali e sociali esistenti. Tutto questo apre la diocesi, la parrocchia, la famiglia e la scuola ad una visione ampia dell’ambiente educativo; esige attenzione alla natura dei mezzi e degli strumenti che si adottano e impegna a portare sempre il messaggio di Cristo con dignità e con onore.


IV - Il coordinamento dell’attività catechistica

Necessità del coordinamento
158. La varietà delle strutture nelle quali, in diversa misura, la Chiesa si fa presente per dare testimonianza della verità, lascia trasparire la larghezza con cui Dio riversa il suo amore sugli uomini. Egli è a loro vicino raggiungendoli in ogni situazione di ambiente e di vita. La grazia della sua parola si diffonde con una ricchezza, che nessuna struttura può contenere: il pluralismo delle istituzioni educative, sotto questo profilo, è assai provvidenziale. D’altro lato, occorre preoccuparsi di un sapiente coordinamento educativo, per evitare dispersioni e disarmonie e per consentire a tutti una esperienza spirituale unitaria e feconda. E quanto si va facendo da anni anche nel nostro paese: la compilazione dei nuovi catechismi potrà rispondere più concretamente a questa esigenza.

L’unità interiore della persona
159. Sul piano psicopedagogico, principio fondamentale, che ispira il coordinamento della catechesi è l’unità interiore della persona. Per sviluppare la sua mentalità, il cristiano attinge i valori ovunque si trovino, ma deve poter costruire nella sua coscienza una visione unitaria e ordinata dei misteri della fede, della storia, della vita. In questa prospettiva si possono e si debbono cercare programmi e metodi adatti per ciascuna istituzione, con rispetto delle competenze educative. Il coordinamento non può, dunque, ridursi ad una distribuzione quantitativa di compiti o della materia da insegnare, né a espedienti metodologici esteriori. L’attenzione degli educatori è sempre rivolta ai livelli di maturazione dei fedeli: rivela carenze, ritardi, possibilità ed esigenze di sviluppo, per assicurare un programma educativo, che metta armonicamente in esercizio tutta la persona. Gli educatori devono soprattutto conoscersi, stimarsi, studiare insieme. Essi accettano l’ambito di azione delle strutture nelle quali agiscono, ma assumono solidali la responsabilità di una piena educazione. Accogliendo tutte le esigenze e le aspirazioni dei soggetti, ciascun educatore si preoccupa di promuovere le esperienze giuste al momento giusto, di far superare le esperienze sbagliate, di estendere la propria influenza educativa mediante il dialogo e la collaborazione con gli altri educatori. Mai un educatore o una comunità educatrice hanno concluso il loro lavoro: una tensione spirituale profonda li tiene continuamente desti, sempre pronti a trovare il loro nuovo posto nella vita di coloro, dei quali devono avere cura. Tutto diviene servizio e ansia di carità apostolica.


Il metodo della catechesi

I - Originalità del metodo catechistico


La legge fondamentale del metodo catechistico
160. A fondamento di ogni metodo catechistico, sta la legge della fedeltà alla parola di Dio e della fedeltà alle esigenze concrete dei fedeli. E questo il criterio ultimo sul quale i catechisti devono misurare le loro esperienze educative; questo il fondamentale motivo ispiratore di ogni ipotesi di rinnovamento. Fedeltà a Dio e fedeltà all’uomo: non si tratta di due preoccupazioni diverse, bensì di un unico atteggiamento spirituale, che porta la Chiesa a scegliere le vie più adatte, per esercitare la sua mediazione tra Dio e gli uomini. E l’atteggiamento della carità di Cristo, Verbo di Dio fatto carne.

Originalità del metodo catechistico
161. Questa prospettiva integrale dell’amore mette in luce la radicale originalità del metodo catechistico, quale emerge anche dal Concilio Vaticano Il e dal movimento pastorale che l’accompagna. La fede nasce e si sviluppa attraverso le vie di Dio, della sua parola, della sua grazia. Nella familiarità e nella comunione con Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, la Chiesa scopre l’ispirazione ultima di ogni scelta metodologica ed accresce la sua sapienza educativa, poiché, nel quadro della economia della salvezza, prende luce piena anche il processo spirituale dell’uomo. Gli stessi principi naturali delle scienze dell’educazione vengono assunti in questo ordine superiore, dove acquistano nuove motivazioni e nuova fecondità. Amare Dio significa trovare e servire “l’uomo, l’uomo vero, l’uomo integrale”; amare l’uomo e fare il cammino con lui significa trovare Dio, “termine trascendente, principio e ragione di ogni amore”. In ogni espressione, il metodo della catechesi diviene guida a narrare la gloria di Dio per donare pace agli uomini, a servire gli uomini per amore di Dio.

Il riferimento ultimo del metodo catechistico
162. I punti di partenza e i procedimenti della catechesi possono essere diversi, secondo le esigenze e le possibilità dei fedeli. Così, si può partire dalla parola di Dio, o dalla esperienza quotidiana; si può procedere secondo - i criteri strettamente dottrinali, o seguendo interessi di attualità; si può accentuare il bisogno di allargare le conoscenze, o di scoprire la realtà ecclesiale, o di approfondire il rapporto tra fede e vita. Non basta, comunque, trovare le vie che rendono accessibile una semplice scienza della religione; né, d’altro lato, è sufficiente scoprire le tecniche che sviluppano le attitudini spirituali e religiose dell’uomo, senza aprirlo decisamente alla luce superiore della fede. Il riferimento, che dà valore a tutto il percorso catechistico, è sempre ad una realtà piena e concreta: la situazione viva del cristiano, la sua vocazione, la sua mentalità di fede, la sua comunione con Cristo nella Chiesa, la sua storia nel mondo, la sua destinazione all’eternità.


II - Fare posto all’iniziativa di Dio

Chi fa crescere è Dio
163. Il primo atto di sapienza del catechista, che cerca il suo metodo educativo, è il riconoscimento dell’azione di Dio. Dio non soltanto si rivela e si dona, ma apre e sostiene le vie della fede: “io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere. Ora né chi pianta è qualcosa, né chi irriga, ma chi fa crescere, Iddio”. Tanto più è valido il metodo del catechista, quanto più egli, consapevole della propria debolezza, sa mostrare l’autorità di Dio che si rivela. Anch’egli deve poter dire: “in realtà venni in mezzo a voi nella debolezza e con molto timore e tremore; e la mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla efficacia dimostrativa dello Spirito e della potenza, affinché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”. E questo non solo un dovere di fedeltà a Dio, ma un necessario riguardo alle esigenze dei cristiani: essi possono crescere nella fede, se avvertono che, per mezzo del catechista, è Dio che esorta.
La consuetudine con i testi della divina Rivelazione
164. Gli eventi e le parole raccolti dagli agiografi, trasmessi dalla Tradizione, vissuti dal popolo di Dio, autenticamente interpretati dal magistero, sono la base e quasi il tessuto del discorso catechistico. Non sempre è possibile partire dalla divina Rivelazione; anzi, soprattutto in questi nostri tempi, occorre spesso muovere dalle situazioni di vita dei fedeli, per disporli gradualmente all’ascolto religioso e all’obbedienza della fede. Ma la consuetudine con i testi della Rivelazione conferisce al metodo catechistico una efficacia, che inutilmente si cercherebbe in altre parole, poiché in essi è lo Spirito Santo che parla ed agisce.

Indicazioni pratiche
165. Ben conoscendo i grandi criteri della pedagogia divina, il catechista si muove su questo terreno con sapiente attenzione all’età e alle situazioni spirituali dei fedeli. Inizialmente, preferisce l’episodio biblico, il racconto, la rievocazione dei grandi personaggi, le preghiere più semplici, soprattutto la vita e gli insegnamenti di Gesù. Guida poi a scoprire l’unità e il significato spirituale di tutta la Rivelazione, scegliendo specialmente le pagine che meglio presentano la centralità della pasqua di Cristo, che documentano l’unità e la continuità del piano della salvezza e che la liturgia ripropone ai fedeli. Orienta la riflessione dei fedeli, richiamando l’insegnamento del magistero, mostrando la fede comune del popolo di Dio, offrendo i dati certi delle scienze teologiche. Insegna a pregare con le parole, che Dio stesso ha ispirato. Per questa via, con grande gioia, i fedeli possono comprendere che “tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra edificazione, affinché in virtù della costanza e della consolazione che ci provengono dalle Scritture, teniamo viva la speranza”.

Rendere presente la Chiesa
166. Ancora: il discorso catechistico deve rendere evidente la presenza della Chiesa, la sua fede, la sua vita misteriosa. Si parla oggi a ragione di una impostazione ecclesiologica non solo del contenuto, ma anche della metodologia della catechesi, e l’espressione evoca una ricca gamma di proposte educative. L’attenzione del catechista è rivolta a testimoniare un messaggio, che l’intero popolo di Dio vive con trepidazione e gioia.
Sempre attento alle capacità dei fedeli, egli si presenta come un membro responsabile della comunità locale, che mostra di conoscere e di amare, con animo aperto alla Chiesa universale. Parla con tono di familiarità della storia della Chiesa, si riferisce con spontaneità ai segni e alla celebrazione dei divini misteri, rievoca l’esempio e la sapienza dei santi, descrive la carità e le preoccupazioni del popolo di Dio, illustra i problemi e le vie del dialogo con il mondo contemporaneo. Con grande convinzione e competenza didattica, il catechista fa risuonare nel suo insegnamento la voce dei Pastori, poiché è Cristo che parla in loro per confermare tutti nella fede. Il suo discorso non nasconde le debolezze della Chiesa, ma guida a comprenderle con carità e a superarle generosamente.

Sapersi ritirare e saper attendere
167. Fare posto a Dio, a Cristo, alla Chiesa, significa anche sapersi ritirare al momento opportuno, saper attendere, rispettare l’azione dello Spirito Santo. In molte occasioni, il catechista deve essere più abile a tacere che a parlare. Il metodo della catechesi non porta all’invadenza e alla presunzione. Ci sono dei momenti, in cui il catechista avverte di avere detto abbastanza e di non potere insistere. Egli deve piuttosto promuovere nei fedeli il silenzio interiore, l’attesa, addirittura la capacità di soffrire. Soprattutto allora, il catechista sa arricchire il suo metodo con la proposta di qualche esperienza di carità, da esercitarsi senza ostentazione, “con gravità e convinzione”; sa condurre alla preghiera, “preparata e compiuta con molta cura”; sa indicare qualche esercizio di carità, “di audacia, di sacrificio, di bellezza morale”. Così il percorso catechistico ha modo di uscire da vicoli ciechi e così si arricchisce: è un’arte che nasce da profonda docilità a Dio e da grande rispetto per la libertà personale dei fedeli.


III - A servizio degli uomini

Servizio fraterno
168. Il catechista deve essere un acuto conoscitore della persona umana, dei suoi spirituali processi, della comunità in cui ciascun uomo vive e cresce. Assecondando le intenzioni di Dio e seguendo le vie dello Spirito Santo, egli sa raggiungere i fedeli nelle loro concrete situazioni e a loro si accompagna giorno per giorno, lungo un itinerario sempre singolare. Il suo metodo diventa servizio fraterno, in una ricchezza di insegnamenti, di proposte e di suggestioni, che sviluppano e adattano le facoltà spirituali del cristiano, per meglio abilitarlo all’atto di fede.

La personalizzazione
169. Una capacità di guidare l’assimilazione, l’interiorizzazione e l’espressione personale del mistero cristiano: tale è il metodo della catechesi. Su questo piano, il catechista considera attentamente i rischi del relativismo e del soggettivismo; ma li sa superare, trovando la regola della sua azione nella natura stessa del messaggio che annuncia. E un messaggio destinato agli uomini, un appello alla conversione personale, all’edificazione di una comunità nuova, animata dallo Spirito Santo: “per noi uomini e per la nostra salvezza” il Figlio di Dio si è incarnato, ha patito, è morto, è risorto, è salito al cielo. La dottrina che il catechista insegna acquista tanto maggior vigore e splendore, quanto più, in forza della sua autenticità ed integrità, viene destinata a servire l’uomo in ogni sua condizione, in ogni sua infermità, in ogni sua necessità.

L’individualizzazione
170. Il metodo della catechesi è attento alle esigenze singolari dell’individuo. La natura umana è comune in tutti, ma ciascuno è inconfondibile, per le sue caratterizzazioni originarie e il ritmo di sviluppo; per i condizionamenti che lo avvolgono e le attitudini che sa sviluppare; per le sofferenze e le gioie che continuamente lo plasmano e per la originalità della chiamata che Dio gli rivolge. Con trepidazione e fiducia, il catechista deve entrare in questo mondo interiore. Il suo metodo parte dalla sintonia con i singoli fedeli, che sono conosciuti nelle loro personali capacità, negli ostacoli, nei ritardi e negli anticipi del loro cammino, nelle situazioni decisive per il loro progresso spirituale. Di qui deriva la tonalità di un insegnamento che non è incolore, non corre sulla linea di un discorso medio, ma cerca l’individuo anche quando è rivolto al gruppo, impiegando con sapienza le tecniche didattiche più opportune. Terminalmente, ciascuno potrà così sentirsi chiamato per nome da Dio e a Lui vorrà dare l’adesione, con gli accenti caldi della propria convinzione.

La socializzazione
171. La vocazione della persona umana è intrinsecamente legata alla vita comunitaria, sia sul piano naturale, sia sul piano della grazia. Ciascuno è chiamato a dare, ciascuno riceve. Il catechista conosce il grado di socialità di ciascuno, osserva gli stimoli e le reazioni che costituiscono il dinamismo del gruppo e interviene con un metodo che sviluppa le risorse della comunità, servendosi abilmente delle tecniche più opportune. Il momento educativo diviene così inserimento nella vita, palestra di costume sociale ed ecclesiale: ciascuno cresce con gli altri, a comune vantaggio.

Le attività
172. Il processo spirituale della persona coinvolge tutte le sue facoltà e tutta la sfera della sua esperienza. Sarebbe per questo fortemente lacunoso un metodo catechistico poco attento al valore pedagogico delle attività pratiche. Esse consentono una più decisa e libera partecipazione di ciascuno al proprio progresso spirituale. Sono spesso una verifica concreta e una conferma della riflessione dottrinale ed un esercizio armonico di tutte le risorse personali. Educano, almeno implicitamente, alla adesione a Dio e alla integrazione della fede nella vita. Il catechista le sa proporre con abilità didattica, in relazione all’età dei fedeli, ai loro interessi, ai loro impegni. Evita un attivismo scomposto e fine a se stesso e, al momento opportuno, si preoccupa di rilevare il valore delle diverse esperienze per la maturazione spirituale.

La sistemazione
173. Il modo di procedere della persona è graduale e fondamentalmente induttivo. Ciascuno tende a muoversi dall’esperienza di ieri, verso l’esperienza di oggi e quella di domani. Il catechista ne tiene conto. Per quanto è possibile, non parte mai senza sapere se il valore da cui muove appartiene o meno all’esperienza dei fedeli, per non far mancare il fondamento al suo discorso educativo. Inoltre, quando passa dal concreto all’astratto, dal particolare all’universale, da ciò che è semplice a ciò che è più complesso, egli si preoccupa di verificare sempre se la sistemazione che si va componendo è adatta e sufficiente per i fedeli, se viene assimilata con maturità, se lascia trasparire, sempre più chiaramente, la realtà viva del mistero cristiano.

Il principio di concentrazione
174. Con queste avvertenze metodologiche, il catechista punta senza riserve alla sistemazione delle conoscenze e delle esperienze di fede, concentrando progressivamente tutto attorno al naturale nucleo unificatore: il mistero di Cristo; dando significato e gerarchia di valore alle varie parti, integrando gli elementi nuovi con quelli acquisiti. Assai fecondo, su questo piano, appare il criterio di servirsi di grandi idee madri e di prospettive unitarie su tutto il mistero cristiano, come pure la distribuzione della materia in chiare unità didattiche. In riferimento alle tappe progressive della maturità cristiana, la sistemazione delle conoscenze e delle esperienze deve avvenire secondo programmi ciclici che, sulla base dei progressi spirituali acquisiti, allargano sempre meglio l’orizzonte della fede.

La pedagogia dei segni
175. Per evitare il disagio di sistemazioni impersonali e lontane dalla vita di fede, grande risalto occorre dare alla pedagogia dei segni, la quale trova la sua ultima ragione nella natura stessa del mistero rivelato. Il catechista sa rendere familiare ai fedeli il passaggio dai segni visibili agli invisibili misteri che in essi Dio fa conoscere e comunica. Distingue perciò la diversa natura dei segni ed il diverso valore che ciascuno di essi ha in ordine al mistero. Annuncia la singolare e mirabile efficacia salvifica, che Dio stesso ha voluto annettere, in misura varia, alle parole degli agiografi, all’umanità di Cristo, al corpo della Chiesa, alla parola dei Pastori, ai segni della Eucaristia e degli altri sacramenti, alla fede comune del popolo di Dio. Come evita di presentare i segni senza riferimento al mistero, così evita di parlare del mistero senza il ricorso ai segni, in modo che l’incontro dei fedeli non sia con il Dio dei filosofi, ma con il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, con il Dio di Gesù Cristo e della sua Chiesa.

Teologia e catechesi
176. Il buon metodo catechistico consente ai fedeli di portare le loro sistemazioni culturali anche a livelli di valore scientifico. Se la teologia non viene considerata come arida serie di nozioni astratte, ma viene messa a servizio della fede, essa può dare forma più organica alle cognizioni personali e diviene indice di maturità e fonte di grande consolazione spirituale. Il catechista misura attentamente le capacità dei fedeli e trova la strada per portare a loro anche questo dono, oggi soprattutto, mentre si proclama che l’accesso alla cultura e alla scienza è un diritto della persona umana.

Le formule dottrinali
177. Le formule dottrinali sono, in misura varia, elemento fondamentale della metodologia catechistica. Sono da considerare in tutto il loro valore pedagogico: non solo come strumento didattico per la memoria, ma come momenti di annuncio autentico della fede, di proposta autorevole, illuminante e stimolante per l’intelligenza, di professione di fede di fronte a se stessi e alla comunità, di dialogo con Dio e con i fratelli, di guida alla preghiera. In riferimento all’età e alle esigenze dei fedeli, le formule dottrinali possono essere un punto di arrivo e un punto di partenza, quasi un momento di sintesi personale e di sosta spirituale, che conclude una tappa dell’itinerario della fede e sollecita a ulteriori conquiste.

Necessità di indicazioni ulteriori
178. Tutte queste indicazioni metodologiche hanno, per forza di cose, un carattere generale. Altre importanti considerazioni possono provenire da un riferimento alle circostanze più concrete dell’azione catechistica; devono essere tenute presenti per la compilazione dei catechismi e dei testi didattici e, più ancora, nella catechesi viva. Si pensi all’insegnamento della religione nei diversi tipi e gradi delle istituzioni scolastiche, alle conversazioni religiose che si svolgono nell’ambiente di lavoro, alle caratterizzazioni della catechesi nelle associazioni cattoliche, oltre che alle precise deduzioni metodologiche necessarie per l’iniziazione dei fedeli alla vita liturgica e per il loro inserimento responsabile nel mondo.

Aspetti metodologici della catechesi occasionale
179. Si pensi con attenzione anche alla metodologia della catechesi occasionale. L’occasione è una favorevolissima situazione educativa, perché è un momento vivo, carico di interesse e di apertura spirituale. Essa può nascere spontanea, non solo per i fanciulli, ma per tutti i fedeli; e può presentarsi improvvisa, anche nel corso di una catechesi sistematica. A volte, invece, può e deve essere abilmente provocata, sia nei soggetti tendenzialmente chiusi o in ritardo nel loro ritmo di sviluppo, sia in coloro che si mostrano avidi di sapere e di approfondire. Sempre le occasioni vanno colte con tempestività e competenza, perché l’invito che Dio rivolge a tutte le ore della giornata sia accolto: dopo, può essere troppo tardi.

Il dialogo
180. Nella pratica pastorale, le diverse indicazioni metodologiche si compenetrano, per dare luogo ad una azione catechistica profondamente unitaria, che assume con spontaneità il tono del dialogo. Il dialogo è l’espressione che la carità assume sul terreno pedagogico. La sua origine trascendente si trova nelle intenzioni stesse dell’amore di Dio. Le sue forme sono molteplici: “esso obbedisce a esigenze sperimentali, sceglie i mezzi propizi, non si lega a vani apriorismi, non si fissa in espressioni immobili, quando queste avessero perduto virtù di parlare e di muovere gli uomini”. Il suo clima è l’amicizia; anzi, il servizio. Non può essere debolezza, poiché la carità non è finzione, ma verità. Il dialogo si alimenta nella profonda fedeltà a Dio e nella fraterna solidarietà spirituale. I suoi caratteri fondamentali sono sempre la chiarezza, la mitezza, la fiducia, la prudenza.


IV - La responsabilità personale e la fiducia del catechista

Sensibilità pastorale del catechista
181. In questi ultimi decenni, la scienza della metodologia catechistica si è ampiamente sviluppata ed ora offre leggi ed orientamenti che meritano attento studio. All’interno di questa scienza, come del resto della stessa esperienza pastorale, si trova un sapiente principio: quello della responsabilità e della competenza ultima dell’educatore, della sua intelligente capacità inventiva. L’educazione catechistica si svolge in contesti concreti, nei quali il catechista, alla fine, è l’ultimo responsabile. Tutto gli può essere utile, ma nulla può sostituire la sua competenza a dare un giudizio ultimo e a fare le scelte pratiche. Il catechista sa preparare nella riflessione e nella preghiera le sue ipotesi didattiche. E suo dovere anche misurare i risultati ottenuti, non per scoraggiarsi, ma per trarre nuovo slancio apostolico e per affidare ogni cosa a Dio. Egli, poi, non è solo: la sua azione è inserita nel quadro delle responsabilità pastorali di tutta la Chiesa, alle quali fa appello con sapienza, dando il suo contributo. L’azione educativa, tuttavia, rimane sua, inconfondibile, viva, quasi creatrice. Può essere modesta e umile; se sorretta dalla carità, essa è sempre feconda.


I Catechisti

I - La Chiesa, comunità profetica


Il popolo profetico
182. Gesù Cristo adempie la sua missione di Verbo e di Maestro, fino alla piena manifestazione del regno di Dio. Egli effonde lo Spirito ricevuto dal Padre su tutta la Chiesa, facendone un popolo di profeti. Ciascuno dei suoi fedeli, accogliendo con gratitudine e gioia il proprio dono spirituale, coopera alla crescita del suo Corpo Mistico, con la testimonianza della vita e la grazia della parola. Unico è il Maestro, Cristo: da Lui l’intera comunità cristiana apprende la verità e in suo nome la proclama al mondo. La vita di fede nasce, si sviluppa e raggiunge la sua pienezza, mediante il concorso di tutta la Chiesa, sotto la guida del magistero.

Il cristiano è un catechista
183. Ogni cristiano è responsabile della parola di Dio, secondo la sua vocazione e le sue situazioni di vita, nel clima fraterno della comunione ecclesiale. È una responsabilità radicata nella vocazione cristiana. Scaturisce dal Battesimo; è solennemente confermata nella Cresima; si qualifica in modi singolari con il Matrimonio e l’Ordine sacro; si sostiene con l’Eucaristia. Ha di mira la gloria di Dio e la santificazione degli uomini e si esprime attraverso le molteplici vie della carità. Il cristiano è, per sua natura, un catechista: deve prendere coscienza della sua responsabilità e deve essere esortato e preparato ad esercitarla.

I catechisti qualificati
184. Per una catechesi sistematica, la comunità cristiana ha bisogno di operatori qualificati. E un problema che la interessa profondamente: la sua vitalità dipende in maniera decisiva dalla presenza e dal valore dei catechisti, e si esprime tipicamente nella sua capacità di prepararli. Del resto, poiché i catechisti operano in nome della Chiesa, devono sentirsi sostenuti dalla stima, dalla collaborazione e dalla preghiera dell’intera comunità.


II - La fisionomia apostolica e spirituale del catechista

Umiltà e fiducia
185. Nell’assolvimento del loro compito, i catechisti fanno molto più che insegnare una dottrina. Sono testimoni e partecipi di un mistero, che essi stessi vivono e che comunicano agli altri con amore. Questo mistero li trascende infinitamente; e tuttavia esso si compie anche attraverso la loro azione, che lo attesta, lo spiega, lo fa rivivere. Nell’adempiere la sua missione, chi fa catechesi nutre profonda umiltà e ferma fiducia. Testimone di Cristo Salvatore, ogni catechista deve sentirsi e apparire, lui pure, un salvato: uno che ha avuto non da sé, ma da Dio, la grazia della fede, e si impegna ad accoglierla e a comprenderla, in un atteggiamento di umile semplicità e di sempre nuova ricerca. Educatore dei fratelli nella fede, egli è debitore verso tutti del Vangelo che annuncia; dalla fede e dalla testimonianza di tutti, egli si lascia a sua volta educare. Il catechista è consacrato e inviato da Cristo e può fare affidamento su questa grazia: deve anzi sollecitarne l’abbondanza, per divenire, nello Spirito, strumento adatto della benevolenza del Padre. Egli è consapevole portavoce della Chiesa, dalla cui esperienza di fede gli viene sicurezza.

Il catechista è un testimone
186. Il catechista si caratterizza anzitutto per la sua vocazione e il suo impegno di testimone qualificato di Cristo e di tutto il mistero di salvezza. Le doti di psicologo, di sociologo, di persuasore, di pedagogista, che egli si impegna ad acquistare e coltivare, hanno efficacia, se sono assunte in questa dimensione. Oltre a conoscere adeguatamente il messaggio che espone, egli ne è segno visibile, mediante la sua vita. Quanti lo ascoltano, devono poter avvertire che, in certo modo, i suoi occhi hanno visto e le sue mani hanno toccato; dalla sua stessa esperienza religiosa devono ricevere luce e certezza. Una concreta coerenza di vita è necessaria al catechista per “vedere” la fede, prima di proclamarla: poiché solo chi opera la verità, viene alla luce. Le verità di fede interessano intimamente l’esistenza umana, la toccano nella sua più profonda realtà: per comprenderle, occorre anche impegnarsi a tradurle in atti di vita. La testimonianza della vita è essenziale, nel momento in cui si vuol proclamare e diffondere la fede. E questa la via, per la quale la verità cristiana si fa riconoscere nella Chiesa: attraverso i cristiani, in una testimonianza umana, nella quale risplende la testimonianza di Dio. La vita del catechista è una manifestazione delle invisibili realtà, alle quali egli richiama i suoi fratelli di fede.

Il catechista è insegnante
187. La testimonianza specifica che il catechista rende alla fede, è quella dell’insegnamento. In varia misura, egli esercita nella Chiesa il compito di maestro, a edificazione del Corpo Mistico di Cristo, per la piena conoscenza dell’amore divino. Il catechista è chiamato a rendere esplicita tutta la ricchezza del mistero di Cristo, colta in modo globale, fin dall’inizio, nell’atto di fede. Egli deve insegnare: far percepire e capire, per quanto è possibile, la realtà di Dio che si rivela e si comunica. Alla sua catechesi il catechista deve premettere un’accurata preparazione immediata, tutta orientata a “come dire”, a “come insegnare” le realtà e le verità della fede, a “come far vedere” l’amore e l’opera di salvezza delle divine Persone. Egli non può improvvisare, né tanto meno recitare una lezione; deve impartire un insegnamento vivo, che lo renda interprete del colloquio di Dio con gli uomini. Tale insegnamento è un annuncio organico ed efficace. Il contenuto della fede non viene soltanto trasmesso perché sia conosciuto; la catechesi lo rende attuale, perché chi ascolta entri concretamente in comunione con Dio, per mezzo di Gesù Cristo. Il catechista sa che la parola di Dio si è attuata una volta per sempre e si attua ogni giorno; che, anche “oggi”, questa parola riceve compimento in chi l’ascolta.

Il catechista è educatore
188. L’insegnamento catechistico mira all’educazione cristiana integrale di quanti lo ascoltano: deve cioè portarli a una coerente testimonianza di vita. A questo riguardo, il catechista si propone come termine il pieno sviluppo della personalità cristiana dei fedeli. La fede, la speranza, la carità sono le virtù prime e fondamentali alle quali deve condurli, per fare scaturire la vita di preghiera e l’impegno di ogni altra virtù: la giustizia, il coraggio, la veracità, il dominio di sé, il servizio agli altri, la fedeltà, la gioia. Stimolare la libertà e la responsabilità dei discepoli, guidarli attraverso l’esperienza alla verifica delle verità proposte, alimentare l’attività apostolica e lo spirito comunitario, introdurre alla vita liturgica, sono altrettante mete spirituali, più volte ricordate, in ordine alle quali il catechista esplica la propria opera educativa. La qualifica di segno della volontà di Dio appare soprattutto, quando il suo insegnamento diviene educazione. Mai egli dimentica che lo sviluppo della “nuova creatura” verso la pienezza di età di Cristo, voluta per tutti dal Padre, è opera dello Spirito Santo: lo deve sempre riconoscere, con umiltà e gratitudine.

La preparazione dei catechisti
189. La vocazione profetica richiede ai catechisti una solida spiritualità ecclesiale, una seria preparazione dottrinale e metodologica, una costante comunione con il magistero, una profonda carità verso Dio e verso il prossimo. Soprattutto nella formazione dei futuri sacerdoti, bisogna ricordare quanto il Concilio Vaticano Il richiama: “le discipline teologiche, alla luce della fede e sotto la guida del magistero della Chiesa, siano insegnate in maniera che gli alunni possano attingere accuratamente la dottrina cattolica della divina Rivelazione, la studino profondamente, la rendano alimento della propria vita spirituale, e siano in grado di annunciarla, esporla e difenderla nel ministero sacerdotale”, imparando inoltre “ad applicare le verità eterne alle mutevoli condizioni di questo mondo e a comunicarle in modo appropriato agli uomini contemporanei”. È compito delle chiese locali promuovere le istituzioni e le iniziative tendenti a perfezionare sempre meglio quei catechisti, che dedicano totalmente la propria vita a questa missione, e a valorizzare anche gli apporti più umili; questi non sono meno preziosi, poiché “Dio ha scelto ciò che è stoltezza del mondo per confondere i sapienti”.


III –I catechisti del popolo di Dio

Il Sommo Pontefice
190. Nella Chiesa, sacramento di unità, anche i vari ministeri si esercitano in comunione: se ciascun fedele è partecipe degli uffici di Cristo, nessuno lo è indipendentemente dagli altri. Anche la catechesi è espressione della comunione gerarchica, perché i membri del popolo di Dio sono vincolati tra loro, in vario ordine e in varia misura, dalla partecipazione al sacerdozio di Cristo e dal mandato apostolico. Ministro supremo della parola di Dio è il Sommo Pontefice. Successore di Pietro, egli è posto a pascere il gregge di Cristo e a confermare nella fede i fratelli. Tutte le chiese sono affidate alla sua cura pastorale e al suo magistero. E tutta la predicazione acquista efficacia, se viene svolta sotto la sua guida, perché a lui fu commesso in modo singolare il compito di propagare il nome cristiano. Il suo magistero e la sua predicazione ordinaria sono una solenne catechesi, un dono incomparabile per la Chiesa. Tutti i catechisti vi attingono con docilità, con fiducia e con gioia.

Il corpo episcopale
191. In comunione gerarchica con il Papa, nel vincolo dell’unità, della carità e della pace, i Vescovi esercitano il loro mandato apostolico con sollecitudine per tutte le chiese e per tutti gli uomini, facendo segno di particolare premura i poveri e i deboli. Essi sono costituiti membri dell’unico corpo episcopale, che succede al collegio degli Apostoli nel magistero e nel governo pastorale, ed è, anzi, l’ininterrotto prolungamento del corpo apostolico nel tempo. Tutta la Chiesa deve poter godere di questo dono, che Cristo ha fatto per mostrare autenticamente la fede da credere e da applicare nella pratica della vita. Di qui deriva la connessione di tutte le chiese che, oggi soprattutto, è necessaria per l’opera di evangelizzazione e che porta alla reciproca edificazione, nella stima fraterna, nel rispetto e nella solidarietà cristiana. Tra gli atti di magistero del corpo episcopale, assumono particolare solennità i Concili Ecumenici, ai quali sempre tutti i catechisti sanno attingere veri tesori spirituali.

Il Vescovo diocesano
192. In forza della consacrazione che gli conferisce la pienezza del sacerdozio di Cristo, ciascun Vescovo diviene successore degli Apostoli e membro del corpo episcopale. Quando un Vescovo assume il mandato di governare una diocesi, egli riceve una autorità propria, eminente e visibile. In comunione gerarchica con il Papa e in spirito di fraternità con il collegio episcopale, il Vescovo nella sua diocesi è segno dell’unità e dell’universalità della Chiesa; con tutta verità, deve essere considerato il pastore, il sacerdote, il maestro di coloro che sono affidati alla sua cura. La sua predicazione e la sua catechesi sono norma ispiratrice di tutta l’azione educativa, che si svolge nella comunità locale.

I sacerdoti e i diaconi
193. “I presbiteri, in virtù della sacra ordinazione e della missione che ricevono dai Vescovi, sono promossi al servizio di Cristo Maestro, Sacerdote e Re, partecipando al suo ministero”. Essi formano un unico corpo sacerdotale con il Vescovo, che ne è capo e pastore. In modo singolare, sono zelanti ministri della parola, educatori della fede del popolo di Dio. Secondo le mansioni affidate a ciascuno, essi portano con gioia il peso più grave della predicazione del Vangelo, dedicando a questa missione gran parte delle loro risorse. Stretti collaboratori del Vescovo e del presbiterio, fin dai tempi apostolici, sono i diaconi. Ad essi sono imposte le mani per il ministero del popolo di Dio, a servizio di Cristo e della Chiesa, in unione con il Vescovo e con tutto il presbiterio.

I religiosi e le religiose
194. In forza del loro stato, i religiosi e le religiose sono chiamati a svolgere un’intensa azione catechistica. La loro professione religiosa trae copiosi frutti dalla grazia battesimale, li dona a Dio e li consacra al suo servizio per un nuovo titolo di carità, congiungendoli in modo speciale alla Chiesa e alla sua missione. Essi sono un segno tipico della vocazione cristiana, immagini della vita terrena del Cristo, testimoni e profeti della nuova vita ecclesiale. Molti di loro si dedicano, per specifica vocazione, alla evangelizzazione, alla catechesi, all’educazione cristiana. Con l’apporto di una matura preparazione, possono svolgere efficacemente l’opera d’insegnamento e di formazione personale propria del catechista. Tutto ciò vale anche per gli appartenenti agli Istituti secolari. Essi possono dare nella vita una speciale testimonianza dell’universale vocazione alla santità.
I genitori e i padrini
195. Oltre che per il Battesimo e la Cresima, sono catechisti, in forza del sacramento del Matrimonio, i genitori, i quali, in quella “che si potrebbe chiamare chiesa domestica, devono essere per i loro figli i primi maestri della fede”. Nella famiglia cristiana, arricchita dalla grazia e dalla missione del Matrimonio-sacramento, fin dalla più tenera età, i figli imparano a conoscere e ad amare Dio e il prossimo, secondo la fede che hanno ricevuta nel Battesimo. Complementare a quella dei genitori, è la missione catechistica dei padrini: secondo la tradizione della Chiesa, essi sono rappresentanti qualificati della comunità cristiana che accoglie il nuovo membro, e detentori di particolari responsabilità.

Tra i laici cristiani
196. I laici, membri vivi del popolo di Dio, consacrati dal Battesimo, dalla Cresima, e molti anche dal Matrimonio, partecipano con particolari compiti e carismi alla missione salvifica di tutta la Chiesa e sono chiamati a collaborarvi con ogni energia. La loro azione si svolge pure nel campo della catechesi, dove possono essere assunti dai Vescovi anche ad alcuni specifici compiti di evangelizzazione. Se diventano maestri e insegnanti di religione, essi compiono la loro missione con l’impegno particolare di chi, vivendo nel mondo, conosce a fondo il contesto culturale del nostro tempo, le mete educative che la società propone per i fanciulli, gli adolescenti e i giovani, gli adulti, i metodi propri delle diverse strutture scolastiche ed educative.

Il mandato
197. La vocazione profetica di ciascun membro del popolo di Dio nasce dalla consacrazione battesimale a Cristo; si sviluppa e si specifica, attraverso gli altri sacramenti, in ministeri diversi e si distingue in modo essenziale con il sacramento dell’Ordine. I Pastori hanno autorità di riconoscere e di alimentare la vocazione di ciascuno, come pure di assegnare compiti specifici nel servizio alla comunità. Ogni missione catechistica è così confortata anche dalla chiamata che, in vario modo, i Pastori rivolgono per associare tutti al loro ministero apostolico: negli incarichi che il Vescovo e il parroco affidano, è sempre possibile scorgere il mandato che, riconoscendo i doni del Signore, i Pastori affidano in suo nome ai fedeli, per confermare la loro missione. Tale mandato è anche titolo assai fecondo per il coordinamento dell’azione educativa in seno alla Chiesa.


III – Ogni vero cristiano sa fare catechesi

L’annuncio dell’amore del Padre, impegno quotidiano dei suoi figli
198. Il compito profetico della Chiesa è vasto e si dispiega in ricchezza di compiti e di forme. Eppure, ogni vero cristiano lo sa svolgere; perfino il fanciullo tra i suoi coetanei. Chi sa riconoscere l’opera di Dio e intuisce la soavità e potenza del suo amore per gli uomini, con bontà e rispetto può farne partecipi gli altri, anche in un contatto occasionale. Chi ha in sé il “senso di Cristo”, per un misterioso e spontaneo impulso, sa esprimerlo e proporlo anche negli incontri più consueti. Chi è mosso alla carità dallo Spirito del Signore, trova sempre i modi per comunicare il suo assillo, geniale e struggente, a coloro che lo circondano. Chi ha scoperto il valore della vita ecclesiale, ogni giorno sa condividerne l’esperienza di impegno e di speranza con quanti camminano con lui. Per chi è figlio di Dio, non dovrebbe trascorrere giorno, senza che in qualche modo sia stato annunciato il suo amore per tutti gli uomini in Gesù Cristo. E una trama che va tessuta quotidianamente. E la fitta e misteriosa trama entro cui si incontrano Dio, che si rivela e l’uomo, che lo va cercando per varie strade.
Conclusione


Il documento è nato dalla comunità e torna alla comunità
199. Questo documento pastorale sul rinnovamento della catechesi in Italia, risultato di lunga e diligente riflessione, nulla ha risparmiato pur di fare nascere ogni sua affermazione dallo spirito del Concilio e per inserirsi fedelmente nella nostra attualità religiosa. Per questo ha fatto ricorso a vasta collaborazione e ad una consultazione che ha interessato tutte le chiese locali. Si è andato così delineando un orientamento pastorale, cui l’Episcopato italiano - guida responsabile in ogni fase della comune riflessione - non ha esitato ad attribuire dignità di documento magisteriale; il suo valore sta nell’indicare autorevolmente la strada, senza tuttavia arrestare la ricerca. Nato nel cuore della comunità ecclesiale, il documento ritorna ora nel vivo della comunità ecclesiale; partecipa a tutti i frutti della prima comune esperienza e sollecita una nuova comune maturazione. Ancora sotto la guida dei Vescovi, con il servizio degli appositi organismi, con il contributo e l’opera di tutti, il documento apre le vie di un rinnovamento che sia lievito di crescita nella fede dell’intera Chiesa italiana.

Proposta spirituale e testo di studio per un rinnovato impegno comunitario
200. Dalle prospettive catechistiche tracciate nel presente documento, dovranno nascere i nuovi catechismi e i testi didattici. Ma essi presuppongono che questa fase di preparazione sia compiuta; che tutti i membri della comunità ecclesiale siano messi in grado di rinnovare la propria mentalità e testimonianza alla luce di questi principi. La esperienza catechistica moderna conferma ancora una volta che prima sono i catechisti e poi i catechismi; anzi, prima ancora, sono le comunità ecclesiali. Infatti come non è concepibile una comunità cristiana senza una buona catechesi, così non è pensabile una buona catechesi senza la partecipazione dell’intera comunità. Il presente documento ha per destinatari tutti coloro che attendono alla edificazione del Corpo Mistico di Cristo: gli organismi pastorali, gli uffici catechistici diocesani, i centri di studio, gli istituti di formazione; i sacerdoti, gli studenti di teologia, i religiosi, le religiose, i coniugi cristiani, i gruppi di apostolato, i catechisti e tutti i laici. Si offre ad essi come testo di studio, come guida operativa e come autentica proposta spirituale, per suggerire un nuovo atteggiamento interiore dinanzi alla parola di Dio, un nuovo senso di responsabilità cristiana, un rinnovato impegno missionario. Tutto questo faciliterà anche la comunione di linguaggio e di intenti pastorali, la convergenza nello studio dei problemi e nell’impostazione dei programmi, il coordinamento delle iniziative e la collaborazione nelle opere. Ma, a fondamento di tutto sta la piena adesione a Cristo nella “accresciuta venerazione della parola di Dio, che permane in eterno”.

Nessun commento: