lunedì 8 febbraio 2010

Le lectio del prete Carmine Miccoli: Domenica 7 febbraio 2010 - Luca 5,1-11

Chiesa del Purgatorio – Lanciano (CH)
LECTIO DIVINA
“Non temere, d’ora in poi sarai pescatore di uomini” (cf. Lc 5,10)

P.: O Padre, noi ti ringraziamo perché ci hai riuniti alla tua presenza per farci ascoltare
la tua parola: in essa tu ci riveli il tuo amore e ci fai conoscere la tua volontà. Fa’
tacere in noi ogni altra voce che non sia la tua e perché non troviamo condanna nella
tua parola, letta, ma non accolta, meditata, ma non amata, pregata, ma non custodita,
contemplata, ma non realizzata, manda il tuo Spirito Santo ad aprire le nostre menti e
a guarire i nostri cuori. Solo così il nostro incontro con la tua parola sarà rinnovamento
dell’alleanza e comunione con te e con il Figlio e lo Spirito Santo, Dio benedetto
nei secoli dei secoli. A.: Amen.

L.: Ascoltiamo la Parola del Signore dal racconto dell'evangelista Luca
(Lc 5,1-11[12-16]; trad. CEI 2008).

1 Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, 2 Gesù, stando
presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano
scesi e lavavano le reti. 3 Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi
un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. 4 Quando ebbe finito di
parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». 5 Simone
rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla
tua parola getterò le reti». 6 Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le
loro reti quasi si rompevano. 7 Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che
venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi
affondare. 8 Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo:
«Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». 9 Lo stupore infatti aveva
invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; 10 così pure
Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone:
«Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». 11 E, tirate le barche a terra,
lasciarono tutto e lo seguirono.
[12 Mentre Gesù si trovava in una città, ecco, un uomo coperto di lebbra lo vide e gli si gettò dinanzi,
pregandolo: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi». 13 Gesù tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio,
sii purificato!». E immediatamente la lebbra scomparve da lui. 14 Gli ordinò di non dirlo a nessuno:
«Va’ invece a mostrarti al sacerdote e fa’ l’offerta per la tua purificazione, come Mosè ha prescritto,
a testimonianza per loro». 15 Di lui si parlava sempre di più, e folle numerose venivano per
ascoltarlo e farsi guarire dalle loro malattie. 16 Ma egli si ritirava in luoghi deserti a pregare.]

Note di esegesi per la comprensione del testo

Il brano della pesca miracolosa, che viene letto nella liturgia, è inserito nella più
ampia sottosezione che arriva al v. 16 con il racconto della guarigione del lebbroso1.
Solo così si può vedere la struttura letteraria del brano, composto in forma
circolare o, come si dice solitamente, a incrocio o chiasmo, dove la prima affermazione
richiama l’ultima, la seconda la penultima e così via, in forma concentrica
fno all’affermazione centrale che sta al cuore della struttura, che qui è, appunto,
la vocazione della comunità apostolica. L’autore ha voluto impostare i due racconti
in un’unica prospettiva, che passa dall’insegnamento di Gesù all’ascolto delle folle,
mediante un capovolgimento della situazione (da una notte di fatica senza pesca e
una pesca abbondante; dallo stato di lebbra allo stato di guarigione), attraverso le
dichiarazioni dei due protagonisti (Simone/Cefa e il lebbroso). Lo schema è il seguente:
A Lc 5,1-3: Gesù insegna
B Lc 5,4-7: (Capovolgimento della situazione): dal niente alla pesca
C Lc 5,8: Dichiarazione di Pietro: «...sono un peccatore!»
D Lc 5,10-11: Vocazione apostolica comunitaria
C’ Lc 5,12: Dichiarazione del lebbroso: «...se vuoi, puoi purifcarmi»
B’ Lc 5,13: (Capovolgimento della situazione) dalla lebbra alla vita
A’ Lc 5,15-16: Le folle ascoltano
Il cuore di questa struttura è il punto D: la vocazione apostolica, che non è un
fatto eclatante, ma un processo di avvicinamento. Se osserviamo attentamente il
comportamento di Gesù, vediamo che non chiama subito Pietro e i suoi colleghi
pescatori, ma si muove all’interno di una strategia: Gesù è sul lago di Gennèsaret
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1 È evidente che la scelta della liturgia voglia mettere in evidenza la caratteristica «spirituale
» della vocazione degli apostoli, avulsa dalla sua connessione logica con la sua missione
di «liberazione» dalle malattie e quindi di condivisione con l'umanità di coloro a cui
sono inviati.
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in mezzo ad una folla grande, che fa ressa per ascoltare; i pescatori non fanno
parte della folla, ma lavorano separati dalla folla che ascolta; Gesù coinvolge Pietro
in modo esterno, prendendo in prestito una barca. Pietro si coinvolge e si allontana
dal suo mondo, con Gesù che gli impone la scelta di andare a pescare;
Pietro oppone resistenza, ma alla fne si fda dell’autorevolezza di Gesù che ordina.
La pesca è inverosimile, va oltre ogni aspettativa; Pietro confessa la sua indegnità,
e qui Gesù gli offre la sua “investitura”: da pescatore di pesci a «cacciante»
di esseri umani; con lui, seguono Gesù anche i suoi soci.
Per gli Ebrei, come per i semiti in genere, il mare è il luogo delle «acque inferiori»
ed è dimora di satana, poiché è la sede dei mostri marini2 pronti a ghermire la
vita degli esseri umani. Con Gesù, è arrivato un rabbi che siede su una barca che
galleggia scostata da terra: il mare è dominato, il male è sottomesso. Ora si può
pescare con una abbondanza tale che si possono riempire anche due barche. Nella
1Pt 3,19 si dice che, dopo morte, Gesù «andò ad annunciare la salvezza anche
agli spiriti che attendevano in prigione» e che sono coloro che erano stati inghiottiti
dalle acque del diluvio. Diventare pescatori di esseri umani signifca condividere
con Gesù il salvataggio di tutti coloro che sono oppressi e sottomessi dal male
(cf. Ger 16,15-16a). Compito della Chiesa è questo: contribuire con tutte le sue
forze a salvare l’umanità dal male che è sempre in agguato e la sovrasta. Purtroppo
l’espressione «pescatore di uomini» ha fnito per assumere nella Chiesa un
senso molto ristretto perché riservato a specialisti «missionari», inviati a reclutare
le persone attraverso il battesimo come marchio di garanzia e di lotta; da qui
la corsa alla conquista del mondo in termini di conversioni, di battezzati, di iscritti
alle varie organizzazioni della Chiesa. È una concezione molto individualista della
religione che fnisce per essere clericalismo: il battesimo, da dono dello Spirito
Santo, diventa certifcato di appartenenza e ragione di differenziazione. Lc non
aveva questa immagine della pesca miracolosa, che è un modo orientale per dire
che Gesù viene per associare i suoi discepoli nella lotta per la liberazione dell’umanità.
È un intervento liberatore che contrasta non il mondo, ma con le forze
negative che voglio dominare il mondo mettendo diabolicamente gli uni contro
gli altri. La visione di Lc è nella prospettiva della «teologia della storia», che signifca
che Dio agisce e vive e si muove a suo agio solo all’interno della storia degli
uomini e delle donne, di cui assume la condizione e solidarizza con la loro lotta.
In questo senso per Lc il termine «pesca» è equivoco e può indurre a errate conclusioni.
Infatti, pescare signifca togliere il pesce dal suo ambiente vitale che è
l’acqua e farlo morire, mentre la missione degli apostoli è fnalizzata alla liberazione
e quindi alla vita. La risposta la troviamo se accettiamo di scendere più in profondità
nel testo lucano, che è la sintesi di due tradizioni distinte e testimoniate,
la prima da Mc 1,16-20 e l’altra da Gv 21,1-11. La tradizione giovannea ci dice che
gli apostoli pescarono 153 grossi pesci (cf. Gv 21,11), lasciandoci perplessi di fronte
ad una quantità così inverosimile e nello stesso tempo così precisa.

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2 Gen 1,21; 7,17-24; Sal 74[73],13.23-24; Gb 38,16-17; Gn 2,2-4; Ap 9,1-3; 13,1; 20,3.
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Sapppiamo, però, che ogni volta che in Gv troviamo un dato fuori dell’ordinario, dobbiamo
fermarci e domandarci se vuole condurci da qualche parte. Il primo a rendersene
conto è Agostino di Ippona che, commentando la pesca miracolosa (cf. Lc 5,6), ci
dice che il numero 153 è simbolico della missione apostolica che deve rivolgersi a
tutta l’umanità3. La stessa idea si concretizza da un altro punto di vista: se prendiamo
l’espressione «fgli di Dio» in ebraico (benê Ha’Elohîm), vediamo che il valore
numero delle lettere che la compongono è 153 e simboleggia tutta l’umanità.
Alla stessa conclusione si arriva se confrontiamo la tradizione sinottica, mettendo
a confronto il testo greco di Lc con quello greco di Mc, che in italiano la
traduzione riporta in forma uguale, mentre in greco ha una piccola, decisiva variante.
L’evangelista Mc (cf. 1,17), che non ha una grande padronanza della lingua
greca, per descrivere la professione e la missione di Pietro e soci usa sempre lo
stesso termine haliêis, che signifca «pescatori», coloro cioè che prendono i pesci
e li fanno morire fuori dal loro ambiente naturale che è l’acqua; Lc, invece, che conosce
bene il greco e scrive nella prospettiva della «teologia della storia», vuole
descrivere la chiamata degli apostoli come attività proiettata al bene dell’umanità
e quindi alla sua liberazione che è vita, usa due termini differenti: al v. 2 defnisce il
mestiere con il termine abituale della pesca, usato anche da Mc: (haliêis); al v. 10,
dove Cristo conferisce la missione di liberazione, Lc modifca il termine e usa il
participio presente attivo del verbo zogréo, un verbo tecnico riservato alla caccia
con l’arco, perché ferisce, ma non uccide come la pesca. La ferita che comporta è
il cambiamento come conseguenza della conversione. La lettera agli Ebrei dirà che
la «Parola di Dio è una spada afflata a doppio taglio» (cf. 12,4). Possiamo tradurre
più consapevolmente: «Tu sarai cacciante uomini vivi»4. La conferma che la prospettiva
del racconto sia questo lo si vede immediatamente dal fatto che segue, il
racconto del lebbroso guarito, che invoca la liberazione dalla sua esclusione civile
e religiosa in ragione della sua impurità irreversibile5.
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3 Cf. In Iohannem, Homilia 122, 7-8 (CCL 36, 671); Agostino espone lo stesso concetto, in
modo più sintetico, in Sermones, 270,7 (PL XXXVIII, 1244).
4 Se ne accorge anche la Bibbia della CEI, nella revisione del 1997, che più puntualmente
traduce Lc 5,10 con «D’ora in poi saranno uomini quelli che prenderai», mentre nell’ultima
edizione del 2008 ritorna al vecchio «sarai pescatore di uomini». Il verbo zogréo ricorre
solo un’altra volta in tutto il NT, in 2Tm 2,26, dove si parla dell’atteggiamento del credente
che deve testimoniare in modo tale che gli oppositori prendano coscienza della necessità
della conversione e quindi si aprano al vangelo della liberazione. In tutti e due i testi
permane l’idea della caccia a prede vive.
5 Lv 13 stabilisce la minuziosa casistica a riguardo della lebbra (diagnosi, isolamento e
riammissione). Al tempo di Gesù i lebbrosi dovevano portare un campanello legato al piede
per impedire eventuali incontri con altri non lebbrosi. Non potevano avvicinarsi all’abitato,
ma erano costretti a vivere ai margini, in grotte o immondezzai. Il lebbroso di cui
parla Lc rompe i divieti e con coraggio si presenta a Gesù, chiedendo la piena liberazione.
Il miracolo ha lo scopo di mettere in pratica la missione appena affdata a Simone/Cefa e
agli altri.
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Gesù compie davanti agli apostoli quella liberazione che aveva poco prima dato come missione. Questa è la
novità del vangelo: da una parte gli apostoli sono mandati non nel Tempio, ma nel
mondo, a sostenere e compiere gli aneliti di liberazione dell'umanità, mentre il
lebbroso, che vive nel non-mondo dell’emarginazione, è inviato al sacerdote,
rappresentante del culto e della religione uffciale, perché prenda atto che è fnita
ogni discriminazione ed esclusione, quand'anche essa fosse invocata in nome di
Dio.
La Chiesa è inviata alla storia umana e se resta fuori dagli sforzi degli uomini e
delle donne e dai loro tentativi di realizzare la liberazione integrale di ciascuno e
di tutti/e, qualunque sia la loro condizione e il loro stato, essa viene meno alla sua
vocazione di «pescante prede vive». Non esiste un processo di liberazione umano
in contrapposizone a quello che può predicare la Chiesa: ogni tentativo di liberazione
è ispirato dallo Spirito, sia che esso abbia l’etichetta della laicità, sia che
abbia quella della fede. Compito della Chiesa, ieri come oggi, è affancare e riconoscere
la presenza dello Spirito nella storia e rivelare il Nome del Dio che vuole
la vita abbondante (cf. Gv 10,10), senza appropriazioni indebite, senza presunzione
di avere il monopolio della volontà di Dio che, al contrario, va cercata, trovata
e condivisa con tutti gli uomini e le donne di buona volontà. La Chiesa missionaria
e pescatrice è la chiesa che ha coscienza di essere peccatrice e inviata ad
annunciare il vangelo della libertà da ogni forma di schiavitù, anche religiosa.
Signifcativo il comportamento del Signore, che quando può mietere il
successo perché ha le folle in mano e potrebbe cavalcare l’onda del populismo, fa
un passo indietro e si stacca da tutto per ritirarsi, nella solitudine, per pregare,
per illuminare il suo sguardo e verifcare i suoi obiettivi con quelli del Padre. Egli
prega per essere certo di non correre a vuoto e di non correre per se stesso e
per il suo tornaconto; prega per essere libero da se stesso e dalla sua vanagloria
e totalmente disponibile alla missione del Regno. Sia questo per noi il modello
della nostra preghiera in ascolto della Parola e della nostra vita comune a
servizio della liberazione del mondo.

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