sabato 4 settembre 2010

Approfondiamo la Parola domenicale. Le lectio del prete Carmine Miccoli

“...chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo” (cf. Luca 14,33)


+ O Padre, noi ti ringraziamo perché ci hai riuniti alla tua presenza
per farci ascoltare la tua parola: in essa tu ci riveli il tuo amore e ci fai conoscere la tua volontà.
Fa’tacere in noi ogni altra voce che non sia la tua e perché non troviamo condanna nella
tua parola, letta, ma non accolta, meditata, ma non amata, pregata, ma non custodita,
contemplata, ma non realizzata, manda il tuo Spirito Santo ad aprire le nostre menti e
a guarire i nostri cuori. Solo così il nostro incontro con la tua parola sarà rinnovamento
dell’alleanza e comunione con te e con il Figlio e lo Spirito Santo, Dio benedetto nei secoli dei secoli.
A.: Amen.

Ascoltiamo la Parola del Signore dal racconto dell'evangelista Luca 14,25-33 (trad. CEI 2008).

25 Una folla numerosa andava con lui [=Gesù]. Egli si voltò e disse loro: 26 «Se uno

viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i

fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27 Colui che

non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

28 Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere

se ha i mezzi per portarla a termine? 29 Per evitare che, se getta le fondamenta e

non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30 dicendo:

«Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro».

31 Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare

se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32 Se

no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.

33 Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».


Note di esegesi per la comprensione del testo

Il brano evangelico prosegue la catechesi di Gesù e della sua comunità cristiana

nel suo itinerario verso Gerusalemme. Ogni brano, sia esso parabolico o sentenzioso

come questo, cerca di delineare i tratti del discepolo, per indicare alla comunità

dei credenti quale dev'essere lo “stile” che identifca il Figlio dell'Uomo

che cammina ancora nella storia umana mediante ciascuno/a di noi.

vv. 25-26 - Al Signore non interessa contare le persone che vanno a lui. Le sue

parole sono forti e liberano da ogni illusione. Chi non sa cosa signifca odiare? Se

io odio una persona, ne sto lontana. Questa discriminazione tra il Signore e gli affetti

parentali è la prima esigenza del discepolato. Per imparare da Cristo è necessario

ritrovare in lui il nucleo di ogni amore e interesse. L'amore di chi segue il Signore

non è un amore di possesso, ma di libertà. Andare dietro a una persona

senza la sicurezza che può dare un legame di sangue come è quello dei vincoli familiari

e del legame con il proprio sangue cioè con la propria vita equivale al farsi

discepoli, luogo di vita che nasce dalla Sapienza divina.

v. 27 - L'unico legame che aiuta il seguire Gesù è la croce. Questo simbolo dell'amore

che non si tira indietro, capace di essere parola anche quando il mondo

mette tutto a tacere con la condanna e la morte, è la lezione del Rabbì nato nella

più piccola borgata di Giudea e diventa qui il secondo segno del discepolato fedele

e radicale di Gesù.

vv. 28-30 – I due esempi (la torre da costruire e la guerra da condurre) sono

due tipici mashal, un genere usato spesso dai maestri d'Israele per poter poi condurre

ad una rifessione, che qui viene formulata come la terza condizione necessaria

per essere davvero discepoli del Nazareno. Costruire una torre richiede

una spesa non indifferente per chi ha poche risorse. Il buon desiderio di costruire

se stessi non è suffciente per farlo, è necessario sedersi, calcolare le spese, cercare

i mezzi per portare il lavoro a compimento. La vita dell'uomo resta incompiuta

e insoddisfatta perché tanto il progetto della costruzione è meraviglioso quanto i

debiti del cantiere enormi! Un progetto su misura: non saper calcolare ciò che è

in nostra capacità di compiere non è la saggezza di chi dopo aver arato attende la

pioggia, ma l'incoscienza di chi attende la foritura e il raccolto da semi gettati tra

sassi e rovi, senza fare la fatica di dissodare il terreno. La derisione degli altri che

arriva come grandine sui sentimenti di speranza di chi voleva arrivare in alto con

le sue sole forze è il compenso alla propria arroganza vestita di buona volontà.

Quante umiliazioni ognuno porta con sé, ma quanto poco frutto da queste esperienze

di dolore! Avere le fondamenta e non ultimare la costruzione, serve a ben

poco. I desideri che si infrangono qualche volta sono buoni tutori al nostro ingenuo

affermarci... ma noi non li comprenderemo fnché tentiamo di coprire l'insuccesso

e la delusione del risveglio dal mondo fabesco dei sogni dell'infanzia. Gesù

ci chiede di diventare bambini sì, ma un bambino non pretenderà mai di costruire

una torre "vera"! Si accontenterà di una piccola torre sulla riva del mare, perché

conosce bene le sue capacità.

vv. 31-32 - Nessuna battaglia si potrà mai vincere senza ambascerie di pace.

Combattere per avere supremazia regale su ogni altro è di per sé una battaglia

perduta. Perché l'uomo non è chiamato ad essere re di dominio, ma signore di

pace. E avvicinarsi all'altro mentre è ancora lontano è il segno più bello della vittoria

dove nessuno perde e nessuno vince, ma tutti si diventa servi dell'unica vera

sovrana del mondo: la pace, la pienezza dei doni di Dio.

v. 33 – Si può qui riassumere la condizione che Gesù pone, quella della libertà

da se stessi e da ogni bene materiale, con una rifessione tratta dalla tradizione

spirituale cristiana. Se si declinano i vizi capitali, si scoprono le modalità dell'avere

di cui parla qui Gesù: un essere umano che modula la sua vita sull'avere è prigioniero

del vizio: pretende di avere potere su tutto (superbia), di godere a piacimento

(lussuria), di uscire dal limite come diritto che gli appartiene (ira), di essere

ingordo di beni (gola), di rubare ciò che è di altri (invidia), di tenere per sé

(avarizia), di accoccolarsi nell'apatia senza impegnarsi per alcuna cosa (accidia). Il

discepolo, invece, che vive la profonda libertà di essere legato al suo Maestro,

viaggia sui binari delle virtù vive dei doni dello Spirito: che ha il senso delle cose

di Dio (sapienza) e lo dona senza trattenerlo, che penetra il signifcato essenziale

di tutto ciò che è Vita (intelletto), che ascolta la voce dello Spirito (consiglio) e si

fa eco di ogni discernimento (consiglio), che sa lasciarsi proteggere dal limite del

suo essere uomo (fortezza) e non cede alle lusinghe della trasgressione, che sa

conoscere i segreti della storia (scienza) per costruire orizzonti di bene, che non

si arroga il diritto di dare senso, ma accoglie la sorgente del divino (pietà) che

scaturisce negli abissi del silenzio, che rende grazie di fronte alle meraviglie di grazia

del suo Creatore (timor di Dio) senza temere la sua piccolezza.

Appartenere più che possedere è il segreto dell'amore gratuito del Maestro e del

discepolo. Chi segue Gesù non è un discepolo qualsiasi che impara una dottrina,

ma diventa il discepolo amato, capace di narrare le meraviglie di Dio quando il

fuoco dello Spirito farà di lui una luce che illumina il mondo nel suo cammino

verso la pienezza della pace.

- pro manuscripto -

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