lunedì 15 novembre 2010

Approfondiamo la Parola domenicale. Luca 21,5-19 - La lectio del prete Carmine Miccoli

Note di esegesi per la comprensione del testo


Il brano del vangelo che abbiamo letto ci invita a rifettere sulla visione del disegno

di Dio che naturalmente si riversa sul senso della vita cristiana. Noi usiamo

espressioni come «fne del mondo», «giudizio universale», «risurrezione fnale dei

corpi», etc. senza precauzioni, come se fossero contenuti e moduli così diffusi da

appartenere ad un bagaglio culturale e religioso evidente. Così non è: l’ignoranza

delle Scritture ci ha portato a leggere parole, espressioni e testi attraverso le categorie

culturali del nostro tempo, dimenticando che leggiamo testi in una lingua

non nostra e di una cultura antica di almeno duemila anni fa, che esige il nostro

rispetto e la nostra attenzione. Al testo biblico ci si accosta come ci si avvicina ad

una persona: con disponibilità, accoglienza, rispetto, ascolto.

Il vangelo di Lc è il meno apocalittico degli altri perché questo argomento, che

era vivissimo e vivacissimo al tempo di Gesù per tutta la cultura religiosa giudaica,

non era signifcativo per la cultura greca, che non sapeva niente dell’attesa del

Messia davidico, della lotta tra i fgli della luce e quelli delle tenebre, di rivelazioni

conclusive e così via. Per motivo Lc, pur non rinunciando al contenuto del vangelo,

lo adatta al suo uditorio omettendo, ridimensionando, adattando. L’ultima parte

del vangelo di Lc prima del racconto della passione riguarda la vicinanza della

venuta di Cristo, o meglio della sua seconda venuta, quando prenderà possesso

della terra e dell’umanità per costituire il Regno defnitivo di Dio. Questa sezione

letteraria comincia in Lc 19,47, che presenta Gesù nel Tempio ad insegnare e i

sommi sacerdoti, gli scribi e i notabili che «cercavano di farlo morire», ma senza

sapere come perché avevano paura della folla che «era sospeso ad ascoltarlo».

Notiamo di passaggio che l’idea di assassinio è formulata da quelli che formavano

allora l’alta società, cioè uomini e sistemi dalla facciata integerrima, ma con il cuore

putrido perché votato ad ogni nefandezza. La sezione sulla venuta di Gesù si

conclude in Lc 21,38 dove ritroviamo di nuovo Gesù nel Tempio ad insegnare,

mentre tutto il popolo lo ascoltava. Di seguito in parallelo di due testi:

Lc 19,47-48 Lc 21,37-38

47 Ogni giorno insegnava nel tempio. 37 Durante il giorno insegnava nel tempio;

I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano

di farlo morire e così anche i capi del popolo;

48 ma non sapevano che cosa fare, la notte, usciva e pernottava all’aperto sul

monte detto degli Ulivi [Gesù sa cosa fa].

perché tutto il popolo pendeva dalle sue

labbra nell’ascoltarlo.

38 E tutto il popolo di buon mattino andava

da lui nel tempio per ascoltarlo.

Lo scopo di questo parallelismo tra l’inizio e la fne della sezione vuole presentarci

l’opposizione fnale e defnitiva tra Gesù e l’autorità religiosa del tempio che

viene rimossa perché dichiarata decaduta. All’inizio si citano scrupolosamente i

capi religiosi che vogliono impedire l’affermazione di Gesù di fronte al popolo

che lo considera come unico vero capo credibile; alla fne i capi non sono più citati

e sulla spianata del tempio restano solo Gesù e il popolo nella continuità dell’ascolto.

Il popolo che all’inizio «era sospeso» ad ascoltarlo, alla fne andava al

mattino presto per ascoltarlo, riconoscendo così che lui era il vero signore del

Tempio e la vera autorità. L’autorità non sa cosa fare perché vuole ucciderlo, ma

senza farsene accorgere; Gesù, invece, se ne va al monte degli Ulivi, cioè sa sempre

dove è e dove vuole andare.

Il brano del vangelo di oggi si colloca alla fne di questa sezione e a sua volta forma

quasi un'introduzione al discorso di Gesù sull’escatologia, cioè sulla fne del

mondo e la costituzione fnale del Regno di Dio. Il discorso che accompagna questo

annuncio della fne è catastrofca: guerre, pestilenze, malattie, persecuzione

che sono immagini devastanti prese dal nostro immaginario descrittivo. Mt 24,5

sottolinea la venuta dei falsi messia, mentre Lc addolcisce questo riferimento che

sarebbe stato oscuro per i suoi lettori greci; egli, invece, sottolinea di più le false

escatologie che seminano terrore annunciando una fne che non verrà. Lo scopo

dei falsi predicatori è diffondere il panico per potere meglio governare le folle:

una forma di tortura che ogni potere usa per mantenersi fno alla fne. Sia Lc che

Mt s’ispirano al profeta Daniele (cf. 2,28), ora sostituito da Gesù che non spiega

più i sogni del re, ma spiega egli direttamente che cosa avverrà alla fne dei giorni,

esortando a non lasciarsi impressionare dalle apparenze: la verità delle cose non

è mai in superfcie, ma abita sempre nel profondo dell’intimo di noi stessi. Tutte le

manifestazioni di Dio nella Scrittura sono accompagnati da segni cosmici (fuoco,

vento, turbine, nubi), quasi a dire che la natura stessa accompagna come una corte

regale il Signore della storia (cf. Es 19,18-24; 1Re 19,11-13). Queste immagini

sono comprensibili dal mondo ebraico, ma sono assurde per la cultura greca e

per questo Lc le elimina, sottolineando di più lo scontro tra i popoli e la persecuzione

dei discepoli, che diventa così una solenne testimonianza perché fondata

sulla nonviolenza e sull’abbandono allo Spirito di Dio che suggerirà le parole necessarie

da dire. Ciò che viene chiesto è la perseveranza, cioè la fedeltà disarmata

e dinamica: alla fne essa supererà ogni diffcoltà. La persecuzione diventa così la

chiave di comprensione del mondo escatologico, perché vi sono uomini e donne

che rischiano la vita in vista di un appuntamento con il Signore della vita. I cristiani

stabiliscono così il rapporto tra risurrezione e escatologia perché la fne del

mondo non è altro che la risurrezione di Gesù estesa all’universo intero. Il senso

fnale del brano evangelico è il seguente: di fronte alla magnifcenza del tempio, illuminato

dal sole, si resta d’incanto e abbacinati da tanto splendore. Gesù dice:

non lasciatevi ingannare dalle apparenze che sono effmere, non accontentatevi

della superfcie che porta solo polvere, non fermatevi al signifcato immediato e

più evidente. Ogni apparenza è un camuffamento della realtà. I capi del popoli, infatti,

insieme ai sommi sacerdoti e agli scribi, cioè l’autorità religiosa e politica del

tempo, si lascia ingannare dalla maestosità del tempio di cui sono parte, ma non

sanno andare oltre le pietre splendide e gli ornamenti d’oro perché non sanno

cogliere la Presenza di Colui che abita nel tempio. Essi hanno identifcato se stessi

con la magnifcenza e ne sfruttano la visibilità, ma hanno dimenticato Dio che è

dentro il Tempio. La prova di ciò è che sono tesi solo a difendere il loro potere e

non a conoscere i segni che Dio manda: essi vogliono uccidere Gesù perché destabilizza

il loro autoritarismo e ristabilisce l’autorità di Dio, riportandoli nell’alveo

della loro funzioni: servi di Dio e servi del popolo. Se avessero avuto stima e

ammirazione per il tempio avrebbero dovuto interrogarsi sulle parole e sulla predicazione

di Gesù che parla con autorità e che in ogni atteggiamento di appella a

Dio e non ad un suo tornaconto. Tutti coloro che hanno una responsabilità nei

confronti degli altri - politica, sociale, economica o religiosa - e vi hanno anche un

minimo tornaconto o interesse, sono «falsi messia», ossia ingannatori e violenti.

Per essere annunciatori della «fne dei tempi» secondo l’ordine di Dio, non bisogna

avere confitti d’interesse di sorta, bisogna essere liberi di vivere e di morire,

così come la parola che si annuncia deve essere gratuita e liberante. C’è nella

Chiesa dei nostri giorni il culto demoniaco della «carriera» come celebrazione

della personalità che ha a cuore solo l’apparenza di vestiti anacronistici e l’abuso

di titoli onorifci che sono sempre la negazione dell’essenza del vangelo (cf. Mt

23,2-7). Contro costoro che oggi occupano la Chiesa, scambiata per un negozio

di onorifcenze e che si servono della Chiesa piuttosto che servire il Signore,

Gesù nel vangelo di Matteo pronuncia per sette volte la maledizione perpetua:

«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti…» (Mt 23,13.15.16.23.25.27.29). D'altronde,

tutta la scrittura, nel Primo o nel Nuovo Testamento, si pronuncia con forza contro

la corruzione dei potenti (cf. Is 1,2-31), segno di una sapienza del mondo contraria

alla conoscenza di Dio (1Cor 1,27-29). Dio è presente e attivo nella storia e

ci ha dato lo Spirito per cercare e trovare il suo volto e scorgere i segni del suo

cammino con noi. Egli ci guida fno alla fne, che sarà una fne senza fne; anzi, ci

guida al fne della nostra vita terrena che è l’anteprima della vita senza fne nella

contemplazione del Volto di Dio in cui sapremo riconoscere e amare i volti che

sulla terra ne hanno formato l’immagine. Guardiamo la Storia, viviamola con tutto

l’impegno e l’interesse che merita, senza preoccuparci di cosa accadrà o non accadrà.

Lungo il cammino impariamo sempre più a leggere i segni dei tempi, senza

mai fermarci alla superfcie di ciò che appare: quando verranno falsi messia è diranno

«sono io» (cf. Mt 24,23-27; Lc 17,22-24; cf. 1Cor 15,15) come soluzione alternativa,

andiamo alla ricerca di Gesù di Nàzaret che ha detto «Io-Sono» (cf. Gv

18,5-6), garantendo così la sua identità di Figlio del Padre, ma anche la nostra di

fgli/e di Dio.

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