sabato 20 marzo 2010

Una comunità che celebra: La liturgia domenicale della V Domenica di Quaresima C - 21 marzo 2010

Gesù, il Figlio amato, ci ama senza condizioni

Ci avviamo sempre più verso la notte santa di Pasqua. Oggi come pellegrini che tornano dall’esilio a casa, sostiamo all’oasi della 5a e ultima domenica di Quaresima C, dove riceviamo le parole di consolazione del Secondo Isaia che ci invita a guardare in avanti e in alto perché la Pasqua è vicina.
Alla 1a lettura fa eco il vangelo odierno che è tratto da Giovanni, ma è un aggiunta posteriore inserita nel contesto del IV vangelo: si tratta del racconto della donna accusata di flagrante adulterio da uomini che vogliono lapidarla in nome del formalismo della loro religione, che consiste nell’eseguire alla lettera i dettati della legge di Mosè (cf. Lv 20,10; Dt 22,22-24) senza domandarsi le ragioni e le cause della situazione che stanno giudicando. È il fondamentalismo: osservare ciecamente la legge materiale senza valutarne le condizioni e le circostanze collaterali, senza cuore.
Questa donna è stata «sorpresa in adulterio» (Gv 8,4): è lecito domandarsi come hanno fatto a coglierla in quel momento perché vi sono solo due possibilità: o erano presenti e quindi complici o hanno sbirciato dal buco della serratura. I difensori della morale pubblica, pur di mettere Gesù in difficoltà, non esitano a presentare la donna come un agnello sacrificale su cui scaricare le proprie colpe. La donna non si difende e si staglia come un gigante davanti ai suoi accusatori. Potrebbe fare i nomi dei suoi complici in adulterio, «cominciando dai più anziani» (Gv 8,9), ma non lo fa e si attorciglia nella vergogna della sua colpa resa pubblica per essere un monito esemplare: «I pubblicani e le prostitute gli hanno creduto» (Mt 21,32). L’autore lascia supporre che ce ne sarebbe per tutti: se la donna poteva cominciare ad accusare i suoi «giudici» dalla doppia morale «dai più anziani», significa che poteva proseguire fino ai più giovani, segno che la frequentazione era anche notoria.
Coloro che in pubblico difendono la morale e i «valori non negoziabili» ammantati di cattolicità e pretendono di punire l’adultera (o le prostitute o i clandestini) sono gli stessi che in privato vilipendono quei valori che dovrebbero difendere. Il vangelo di oggi ci dice che è intollerabile questa schizofrenia etica che è principio di deriva e di dissoluzione morale e sociale. Oggi, guardando all’«icona» della povera adultera, non possiamo non essere solidali con tutte le donne che in tutto il mondo sono vittime di violenze sessuali da quegli uomini che subito dopo ne decretano la condanna a morte, anche per lapidazione, purché si salvi la facciata esterna di una morale immorale.
L’insegnamento di Gesù a cui fa eco e da sponda la 1a lettura è semplice: la disperazione non è un sentimento legittimo perché è estraneo al progetto di vita di ogni persona. Il motivo è elementare: di ciascuno di noi Dio si fa carico e quando sembra che tutto sia perduto perché la morte è nelle pietre che sono già nelle mani degli assassini, difensori di moralità effimere, allora e proprio allora si vede all’orizzonte la luce del silenzio di Dio che sembra assente, ma attira e chiama e difende e convoca all’appuntamento con la vita e con la salvezza. Gesù non condanna la donna, ma la protegge come persona e la salva dal moralismo degli amorali giudici improvvisati che esigono il rispetto pubblico della legge nello stesso momento in cui la disattendono in privato. Ieri come oggi. Gesù rimanda quanti presumono di rappresentare Dio alla loro coscienza liberandoli dall’obbedienza passiva ed esteriore alla legge. Impone una riflessione, una valutazione, un giudizio su se stessi (cf. Lc 6,41- 42).
Il brano della lettera di Paolo ai Filippesi si colloca in questo contesto e Paolo ci offre gli strumenti di valutazione e i criteri di discernimento. Forse in origine non faceva parte della lettera e potrebbe essere stato un biglietto autonomo come tutto il capitolo 3 che fu in seguito inserito nella lettera ufficiale. Paolo affronta il tema della sofferenza che può essere vissuta in due modi: passivo e partecipe. Il modo passivo significa subire i colpi della vita, scaricandone le conseguenze sugli altri e reagendo con fastidio e rabbia. Questo modo non solo vanifica la sofferenza nel senso che l’aggrava e le dà più spazio, ma annulla qualsiasi prospettiva di superamento. Il secondo modo è quello attivo: integrare la sofferenza nella vita e viverla come espressione della vita e come momento della fragilità umana, trasformandola in punto di forza e di speranza. Come?
Ricordando che nel passato vi sono stati momenti sereni, gioiosi, anche felici, comunque belli. Se vi sono stati nel passato possono accadere anche oggi e domani, per cui nessuna condizione è definitiva e negativa.
Se la sofferenza è un dolore che appartiene alla vita, possiamo condividerlo con gli altri e in modo particolare, attraverso quel misterioso scambio che appartiene alla mistica del corpo ecclesiale, possiamo condividerlo con Gesù sofferente per amore e per accettazione. Con lui che ha redento la sofferenza e la morte possiamo essere vicini, anche se lontani, con quanti soffrono e patiscono sofferenze ingiuste per mano di altri esseri viventi o per mano di religioni che usurpano il nome santo di Dio. La sofferenza invece di essere buttata via come spazzatura inutile, diventa preghiera di offerta, strumento di comunione, mezzo di partecipazione al mistero della croce che illumina il senso della vita. Soffrire in comunione con Cristo significa raggiungere la «sublimità della conoscenza» (Fil 3,8) della sua persona e della direzione della sua e della nostra vita.
Vivendo l’Eucaristia non adempiamo un rito, non osserviamo un precetto, ma compiamo l’atto d’amore più sublime che il nostro cuore possa immaginare: impariamo la conoscenza di Dio in Gesù Cristo, attraverso il quale apprendiamo a conoscere la misura della nostra stessa vita per essere come lui testimoni credibili della passione di Dio che arde per noi e si consuma fino a farsi Pane e Vino e Parola: una sola comunione perfetta. Lo Spirito Santo che invochiamo con tutto l’anelito della nostra anima, ci apra a questa dimensione e ci mantenga in questa comunione.




INVOCAZIONE PENITENZIALE

Signore, anche a noi dici: Ti perdono molto, perché molto ami.
Signore pietà!

Cristo, anche a noi dici: Non ti condanno, va’ in pace. Non peccare più.
Cristo pietà!

Signore, anche a noi dici: Non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori.
Signore pietà!

PREGHIERA DELL’ASSEMBLEA

+ Padre di infinità bontà che in Cristo tutto rinnovi: davanti a te sta la nostra miseria. Tu che hai mandato il tuo Figlio unigenito, non per condannare, ma per salvare l’umanità, risana il nostro cuore ferito e fa' vi che fiorisca il canto della gratitudine e della gioia.
Per il nostro Signore… Amen!

LITURGIA DELLA PAROLA

Dal libro del profeta Isaìa
43, 16-21

Così dice il Signore che aprì
una strada nel mare e un sentiero
in mezzo ad acque possenti,
che fece uscire carri e cavalli,
esercito ed eroi a un tempo (…):
«Non ricordate più questi fatti passati,
non pensate più ai fatti antichi!
Ecco, io faccio qualcosa di nuovo:
proprio ora germoglia,
non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada,
immetterò fiumi nella steppa.
Mi glorificheranno le bestie selvatiche,
sciacalli e struzzi, perché avrò fornito acqua al deserto,fiumi alla steppa,
per dissetare il mio popolo, il mio eletto.
Il popolo che io ho plasmato per me
celebrerà le mie lodi».
Parola di Dio!
Salmo responsoriale - 125

[Canto: Grandi cose ha fatto il Signore]

1. Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.

2. Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.

3. Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.

4. Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 3,8-14

Fratelli e sorelle. Ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti. Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.
Parola di Dio!

Lode e onore a te, Signore Gesù!
Ritornate a me con tutto il cuore, dice il Signore, perché io sono misericordioso e pietoso.
Lode e onore a te, Signore Gesù!

+ Dal vangelo secondo Giovanni
8,1-11

In quel tempo. Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel Tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?».
Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei».
E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Parola del Signore!

PROFESSIONE DI FEDE - SIMBOLO APOSTOLICO

Io credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.

LA PAROLA SI FA PREGHIERA

+ Fratelli e sorelle. Gesù ha la sua vita perché ognuno di noi viva, non più per se stesso, ma per Lui che per noi è morto e risorto. Uniti a Gesù preghiamo:

R./ Rinnovaci con il tuo amore.

- Rinnova la Chiesa: accolga, come te, chi non si sente amato e rispettato perché debole; ti preghiamo.

- Rinnova costantemente tra i popoli “la voce di diritti” e la tolleranza nella difesa di ogni individuo; ti preghiamo.

- Rinnova nella nostra società il senso del bene comune basato sulla giustizia e sulla condivisione; ti preghiamo.

- Rinnova la speranza delle donne costrette alla prostituzione, con nuove prospettive di vita; ti preghiamo.

- Rinnova in ciascuno di noi il desiderio di un nuovo slancio spirituale, vincendo tutto ciò che ci condiziona nella vita quotidiana; ti preghiamo.

- Rinnova nella nostra assemblea l’esperienza del tuo amore senza limiti, che continui ad ardere dentro di noi di fronte ad ogni persona e situazione;
ti preghiamo.

Intenzioni particolari della comunità

DALLA PAROLA ALL’EUCARISTIA

+ Ti ringraziamo, o Padre, perché sei misericordioso e ci perdoni, non con una legge, ma con il cuore del tuo Figlio Gesù che ci ha amati morendo in croce per noi. Egli è la Vita che ci rinnova e ci fa rinascere con la forza di questo Pane e Vino che oggi presentiamo a te. Ora e per sempre. Amen!

PREGHIERA EUCARISTICA - Acclamazioni

+ Prendete, e mangiate… e bevetene tutti…
- Grazie, Gesù che ci vuoi bene!

+ Mistero della fede!
- Tu ci hai rendenti con la tua Croce e la tua Risurrezione.
Salvaci, o Salvatore del mondo!

ALLA COMUNIONE

“Donna, nessuno ti ha condannata?”.
“Nessuno, Signore”.
“Neppure io ti condanno;
d’ora in poi non peccare più”.

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