+ O Padre, noi ti ringraziamo perché ci hai riuniti alla tua presenza per farci ascoltare la tua
parola: in essa tu ci riveli il tuo amore e ci fai conoscere la tua volontà. Fa’ tacere in noi ogni
altra voce che non sia la tua e perché non troviamo condanna nella tua parola, letta, ma non
accolta, meditata, ma non amata, pregata, ma non custodita, contemplata, ma non realizzata,
manda il tuo Spirito Santo ad aprire le nostre menti e a guarire i nostri cuori. Solo così il nostro
incontro con la tua parola sarà rinnovamento dell’alleanza e comunione con te e con il
Figlio e lo Spirito Santo, Dio benedetto nei secoli dei secoli. A.: Amen.
L.: Ascoltiamo la Parola del Signore dal racconto dell'evangelista Luca (23,[33]35-43; trad. CEI 2008).
[33 Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, [i soldati] vi crocifissero lui e i malfattori,
uno a destra e l'altro a sinistra. 34 Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché
non sanno quello che fanno». Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.]
35 Il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri!
Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36 Anche i soldati lo deridevano, gli si
accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: 37 «Se tu sei il re dei Giudei, salva te
stesso». 38 Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
39 Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso
e noi!». 40 L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu
che sei condannato alla stessa pena? 41 Noi, giustamente, perché riceviamo quello che
abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42 E disse:
«Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». 43 Gli rispose: «In verità io
ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Note di esegesi per la comprensione del testo
Il brano che abbiamo appena letto è tratto dal racconto della passione di Gesù, il
nucleo più imporante e più antico del Vangelo; con esso siamo invitati a rifettere
sulla realtà del Regno di Dio e sulla messianicità singolare di Gesù che bisogna
ben intendere, per cogliere la novità della fede nel Risorto.
Il versetti che parlano della crocifssione (vv. 33-34, non riportati dalla liturgia domenicale)
sono seguiti dal nostro brano, che si divide in due parti distinte: i vv. 35-38
descrivono la parodia della investitura regale di Gesù; i vv. 39-43 l’episodio dei
due ladroni, dove si può vedere la mano propria di Lc. Gesù è re, ma esercita la
sua regalità in maniera particolare, perché non somiglia a nessun sovrano e potente
di questa terra, come egli stesso dice a Pilato (cf. Gv 18,36-37). Il suo trono
non è un seggio di oro e pietre preziose, ma il supplizio della croce; la sua corte
non sono dignitari e nobili, ma i rifuti dell’umanità, malfattori e assassini. Sul trono
della gogna c’è il suo stemma: «“Costui” è il Re dei Giudei» (v. 38), ma Lc non
dice che è il motivo della condanna come invece afferma Mt 27,37. I capi lo
scherniscono, come anche i soldati pagani, mentre il popolo «sta a guardare»: il
popolo sta sempre a guardare e non si sporca mai le mani direttamente, ma si
predispone a correre dietro come massa a chi ha in animo di ingannarlo e coinvolgerlo
in un’avventura di potere, pronto a saltare sul carro del vincitore di turno.
L’intronizzazione da burla diventa, come sempre nel vangelo, una profezia che
i presenti non sanno cogliere (cf. Gv 19,1-3). L’iscrizione sulla croce sostituisce la
formula di consacrazione e di investitura, come avvenne nel battesimo, quando il
Padre fece udire la sua voce: «Tu sei il mio Figlio, il prediletto: in te mi sono compiaciuto
» (Lc 3,22), o come nella trasfgurazione, prima d’intraprendere l’esodo
verso Gerusalemme, quando dalla nube si udi la voce del Padre che investiva il Figlio
come suo Messia: «Questi è il mio Figlio, l’eletto; ascoltatelo» (Lc 9,35). Ora
non c’è più la voce del Padre perché il Figlio deve sperimentare la condizione
umana fno alla feccia, senza sconti e senza scorciatoie: per incontrare gli esseri
umani, anche Dio deve passare attraverso la solitudine, l’abbandono, il fallimento,
la disperazione, la morte. Gesù è solo con la sua missione di Figlio e con la sua
regalità derisa: chi può credere a questo re crocifsso, tra due malfattori? Gesù fa
paura al potere civile e religioso e per questo deve essere eliminato. I soldati, custodi
armati di un potere fasullo perché non si regge senza armi, chiedono che dimostri
i veri titoli della sua regalità. Essi pretendono i titoli esteriori, espressione
della prepotenza del potere: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso» (v. 37)1.
Per salvarsi dalla morte, Gesù avrebbe dovuto venire meno alla sua identità di Figlio
che offre la vita per amore fedele. Il popolo è accecato da chi lo manovra e
1 Lc mette in bocca ai soldati le parole che invece in Mt 27,42-43 più logicamente mette
in bocca ai capi del popolo; è questo un altro segno che Lc vuole addolcire le responsabilità
della morte di Gesù da parte dei Giudei.
lo inganna, come sempre, e non sa vedere quello che è davanti ai suoi occhi,
come vero e proprio «spettacolo» terribile e sublime (v. 35).
La seconda parte, che riguarda il racconto dei due ladroni (vv. 39-43), è propria di
Lc, sebbene la notizia scarna appartenga alla tradizione sinottica (cf. Mt 27,38; Mc
15,28). La Toràh di Mosè stabilisce che la morte deve essere testimoniata da due
o tre testimoni (Dt 17,6). Nella trasfgurazione i testimoni furono Mosè ed Elia,
cioè la Legge e la Profezia (Lc 9,28-36); nella risurrezione i testimoni saranno due
personaggi misteriosi, angelici (Lc 24,4). Qui i testimoni sono soltanto due volgari
briganti, condannati a morte: la beffa da un punto di vista umano è totale. Chi è il
Cristo? Egli è Re solo percorrendo fno in fondo l’investitura beffarda, fno a toccare
l’abisso dell’ignominia, bevendo il calice fno alla feccia.
Quale messaggio arriva alla noi, alla Chiesa intera da questo trono di scherno?
Quando la Chiesa si schiera con i potenti o fa la corte al potere e a chi lo esercita,
si allontana dal trono della croce; forse diventa importante, forse raggiunge accordi
vantaggiosi, certamente è circuita, adulata e riverita come «potenza», ma
rinnega il suo Signore e Re, il re dei briganti e dei malfattori, il re degli esclusi e
dei reclusi, il re di coloro che non contano nulla, il re dei falliti e dei diseredati: il
Cristo di Dio. La Chiesa è rappresentativa di Cristo quando è perseguitata, insultata
e derisa, mai quando è richiesta di essere alleata di sistemi e di strutture di
peccato. Cristo è un re che anche quando è beffato e deriso, sul trono della croce,
trova ancora la forza di perdonare e accogliere, liberare e salvare. Al brigante
che lo implora non chiede di convertirsi, non chiede nemmeno il pentimento
come premessa del suo perdono, ma lo include nella sua vita e nel suo regno senza
alcuna condizione.
«Oggi con me sarai nel paradiso!» (v. 43): Gesù non afferma che oggi il ladrone sarà
salvo, libero di tornare a casa, ma solo che sarà con lui; le due vite si fondono insieme
nella prospettiva della grazia e del regno. Insieme, nell’unico mondo possibile:
quello del perdono e dell’accoglienza, della dignità che sa riscattare con una
parola anche un brigante sull’orlo della morte. «Io sarò con te» è la formula di fedeltà
di Dio con i patriarchi, con Giosuè, con Israele (Gen 26,3; 31,3; Es 3,12; Dt
31,23; Gs 1,5; 1Re 11,38, etc.), una formula che ora sulla croce si ribalta: non è più
Dio che scende, ma è il brigante che sale a Dio. Nella risposta di Gesù c’è una parola,
«oggi», che teologicamente e spiritualmente è tanto pregnante da formare
un criterio di lettura di tutto il vangelo di Lc che, infatti, può essere letto alla luce
di questo «oggi» (gr. sémeron), che ci dà la dimensione dell’attualità della Parola di
Dio. Il termine ricorre 41 volte nel NT e 11 volte solo nel vangelo di Lc, di cui 8
volte nello stesso senso pregnante del brano odierno:
1. Lc 2,11 Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un salvatore, che è Cristo
Signore.
2. Lc 4,21 Allora cominciò a dire: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che
voi avete ascoltato».
3. Lc 5,26 Tutti furono colti da stupore e davano gloria a Dio. Pieni di timore,
dicevano: «Oggi abbiamo visto cose prodigiose».
4. Lc 19,5 Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo,
scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».
5. Lc 19,9 Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché
anch’egli è fglio di Abramo».
6. Lc 22,34 Gesù gli rispose: «Pietro, io ti dico: oggi il gallo non canterà prima
che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi».
7. Lc 22,61 Allora il Signore si voltò e fssò lo sugardo su Pietro, e Pietro si
ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: «Prima che il
gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte».
8. Lc 23,43 Gesù gli rispose: «In verità ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Oggi, noi dove siamo? Dove vogliamo essere? Con chi vogliamo essere? Qual è il
nostro «oggi» di persone, di coppia, di genitori, di fgli, di amici, di testimoni della
vita donata e liberatrice di Cristo nel mondo? Abbiamo «quest'oggi» per rifettere
e pregare e stare ai piedi della Croce, il trono del fallimento di Dio come premessa
della sua investitura regale e nello stesso tempo il trono del perdono senza
condizioni. «Oggi» è il nostro giorno, l’unico che conta per dar senso a tutta la
nostra vita, a tutta la storia umana.